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Commentario al Nuovo Testamento I
Klaus Berger

Commentario al Nuovo Testamento I

Vangeli e Atti degli apostoli

Prezzo di copertina: Euro 73,00 Prezzo scontato: Euro 69,35
Collana: Grandi opere
ISBN: 978-88-399-0116-3
Formato: 17 x 24 cm
Pagine: 656
Titolo originale: Kommentar zum Neuen Testament, 11-494
© 2014

In breve

Edizione italiana a cura di Flavio Dalla Vecchia

Questo Commentario esegetico agli scritti del Nuovo Testamento è opera, in due volumi, di Klaus Berger, uno dei più noti biblisti di lingua tedesca, fra i pochi a essere raccomandati da Benedetto XVI nei suoi libri su Gesù.
Il primo volume contiene il commento ai quattro vangeli e agli Atti degli apostoli.
Il secondo volume contiene il commento alle epistole e all’Apocalisse.

Descrizione

Un articolato commentario a tutti gli scritti del Nuovo Testamento ad opera di un solo autore, il biblista tedesco Klaus Berger, uno dei massimi specialisti in campo internazionale.

Nell’avvicinare ciascuno scritto vengono brevemente affrontate e discusse le principali questioni introduttive: quando ha avuto origine, chi l’ha redatto, a quali destinatari è rivolto, a partire da quali contesti storici e sociali si è sviluppato, qual è il suo profilo teologico, in quale regione dell’impero romano si è diffuso inizialmente.
Prende poi avvio il commento vero e proprio di ciascun brano: il lettore viene condotto a scoprire man mano le linee di pensiero e le affermazioni teologiche salienti del testo. Quando si incontrano punti difficili o particolarmente discussi, la spiegazione si fa più dettagliata, versetto per versetto.
L’opera di Berger ha svariati tratti di originalità: l’esegeta si serve, oltre che dei ben noti metodi storico-critici, della cosiddetta “critica della composizione” (ossia, guardando alla specifica disposizione dei temi e dei materiali, si chiede: quale concezione teologica traspare?). Berger assume poi il giudaismo dell’epoca quale contesto per tutte le teologie neotestamentarie, come loro più vasto sfondo storico-religioso. Nell’interpretazione, fa altresì ricorso a scritti pagani, a testi apocrifi, alla letteratura extracanonica della chiesa primitiva e alle antiche liturgie cristiane (illuminanti “testi paralleli”, che hanno funzione costruttiva). Infine, andando a fornire una datazione nuova degli scritti protocristiani, rispetto all’esegesi tradizionale, l’autore propone in realtà al lettore nuovi spunti di riflessione.
Un’opera esegetica che, lontana da una rigidità freddamente tecnica, sarà apprezzata per la concretezza spirituale e la profondità dei riferimenti al vissuto.

Recensioni

Opera che si potrebbe definire monumentale questa dell’esegeta tedesco Klaus Berger, pubblicata dapprima in Germania nel 2011 in un unico ampio volume e adesso messa a disposizione del pubblico italiano in due volumi, sotto la cura meritoria di Flavio Dalla Vecchia.

L’ordine è il primo pregio di questo Commentario. Il lettore se ne accorge dall’indice e poi dai commenti all’interno del testo. L’introduzione ad ogni libro del Nuovo Testamento è spesso succinta: affronta senza fronzoli le questioni principali che consentono al lettore di cogliere la cornice storica. In questo senso, una particolare attenzione viene accordata al background giudaico dei libri neotestamentari. Inoltre, i temi classici – autore, destinatario e datazione – vengono spesso collegati sapientemente con gli aspetti teologici che rivelano nel Nuovo Testamento nel suo complesso un documento di fede. Alle introduzioni segue il commento vero e proprio alle singole parti. Quando è necessario, alcune sezioni di rilievo ricevono una trattazione a parte: è il caso, per esempio, dei racconti della passione (vol. I, pp. 258-266). Mettendo da parte le questioni più o meno capziose sulla stratificazione redazionale, Berger predilige il messaggio teologico. Il suo non sembra esclusivamente un metodo sincronico, perché sa far tesoro anche dalla critica della composizione: in questo modo, mostra quali siano le intenzioni degli autori nella disposizione del materiale letterario.

Inoltre, il commento è arricchito da paralleli con altri testi biblici dell’Antico e del Nuovo Testamento. Ma sono soprattutto i testi extra-biblici, dalla letteratura di Qumran a quella dei padri della chiesa o degli antichi libri liturgici, a fornire intuizioni interessanti. Il testo resta comunque sempre sobrio ed essenziale, frutto evidentemente di una perizia esegetica matura sui libri neotestamentari. Un testo che soddisfa lo studioso, ma che può essere molto utile anche per gli studenti.


D. Candido, in Parole di Vita 2/2017, 54

Fin dal titolo del libro si comprende che K. Berger ha l’intenzione di fornire un commento ai primi libri del Nuovo Testamento (Vangeli e gli Atti degli Apostoli). Il volume molto articolato offre, per ogni singolo testo, informazioni generali per favorire un contatto con le questioni principali riguardanti l’autore, la datazione, i destinatari e il contesto sociale e storico in cui è stato concepito lo scritto. A completamento di ogni introduzione vi è un commento alle singole sezioni del testo per fornire le linee teologiche generali dello stesso.

Approfondendo il contenuto del lavoro notiamo che l’autore esordisce con la presentazione del Vangelo di Matteo per il quale offre un’ipotesi di datazione piuttosto bassa (50-60 d.C.) basandosi su alcuni dati quali l’insistenza della continuità tra giudei e credenti in Cristo e per la quasi assoluta assenza delle questioni sulla circoncisione. La Cristologia, rintracciata a partire dai titoli, è legata alle immagini del pastore di Israele e degli altri, del maestro e taumaturgo e del Messia di Israele. Il commento è offerto per grandi sezioni, sebbene si tocchino tutti i capitoli. La metodologia di analisi è quella classica con un apporto specifico del confronto con la letteratura giudaica e cristiana, biblica ed extra-biblica, per fornire un’interpretazione profonda del testo. Nota l’insistenza dell’evangelista Matteo sui tratti di educatore riguardanti Gesù, sottolineando come egli unifichi varie sezioni dell’insieme (Mt 5-7; 8-10) intorno al topos dei dialoghi. Molto entusiasmante è l’interpretazione delle parabole in relazione ad alcune categorie quali la “crescita”, la “decisione” e il “lasciar andare” e l’evidenza data alle parole differenti per il racconto dell’ultima cena, rispetto agli altri evangelisti. Infine è offerta una rilettura della sepoltura di Gesù mediante il confronto con il vangelo apocrifo di Pietro per accentuare il carattere drammatico dell’evento.

Nel presentare il Vangelo di Marco, Berger esordisce con un elenco di dati negativi per sostenere un’ipotesi di datazione. In effetti, a partire dal rifiuto del titolo di figlio di Davide da parte di Gesù, dalla constatazione che il Vangelo di Marco scagioni Pilato dalla responsabilità della morte del nazareno e dall’evidente diversificazione nel racconto tra i disordini nelle città e le attese future dei credenti, l’autore paventa la possibilità che l’ambiente di nascita e il tempo di redazione del Vangelo sia in un contesto di persecuzione, visto il tentativo di “tenere buoni” i romani (cf 159). A questo dato l’esegeta aggancia i riferimenti di Mc 10,35-45 che descrivono un clima di tensione nell’ambiente sociale e storico della vita comunitaria. Identifica questo periodo di tensione con gli anni di Erode Agrippa (41-44 d.C.) e propone come data di redazione del Vangelo il 45 d.C., presentando i destinatari come “giudeo/etnico cristiani” mediamente istruiti. Analizzando alcune affermazioni interessanti per la riflessione, frutto del commento al testo, evidenziamo la proposta di rileggere la categoria del “segreto messianico” non come espediente letterario, legato alla teologia dell’evangelista, bensì come paradigma pedagogico utilizzato da Gesù per educare i discepoli alla sofferenza del Messia e diversificarli da altri suoi seguaci (cf 222). Egli fa ruotare l’intera teologia dell’evangelista intorno all’identità di Gesù, Messia e Figlio di Dio, dapprima velata e poi progressivamente svelata mediante la sofferenza. A tal proposito attribuisce notevole rilevanza all’episodio della trasfigurazione (Mc 9). Esprime una sua opinione, non distante da quella della maggioranza degli esegeti, circa la doppia conclusione del Vangelo di Marco. Circa quella più antica (Mc 16,1-8) la ritiene enigmatica per il lettore, giacché invitato a prendere posizione rispetto al silenzio delle donne, partendo dall’evento della tomba vuota che enuncia l’avverarsi delle predizioni di Gesù di morte e resurrezione. Per le apparizioni del risorto (Mc 16,9-20) riscontra dipendenze con gli altri evangelisti e aggiunge che esse sono una chiusura tematica, aggiunta in seguito, con il tentativo di fare da ponte tra il Vangelo e l’annuncio.

Per il Vangelo di Luca, considerando che è concepito come opera insieme agli Atti degli Apostoli, ma cronologicamente è anteriore, e che gli Atti sono redatti prima della morte di Paolo, poiché essi riportano solo il processo a Paolo e non l’esecuzione di una condanna a morte, Berger individua come margine di redazione dei due libri gli anni tra il 66-70 d.C., optando per una data intermedia 66/67, escludendo il 70 d.C., vista la trascrizione sommaria della distruzione del tempio riportata nel Vangelo (Lc 21). Elementi contenutistici emergenti sono legati dall’autore all’analisi dei testi che ricorrono solo nel Vangelo di Luca in quanto salienti per identificare la cristologia lucana. Tra essi suggerisce il ruolo di Gesù come redentore, liberatore che riconcilia l’uomo con Dio e che invia i discepoli dopo averli istruiti. Individua come particolarmente rivelativa la sezione del viaggio verso Gerusalemme per esprimere i termini attraverso cui Gesù, come agnello immolato, redime l’uomo. Anche per i racconti di passione l’esegeta lascia emergere i particolari del racconto per rintracciare l’attenzione dell’evangelista per la preghiera, la carità, il perdono, eventi probabilmente significativi per la comunità cui il Vangelo era destinato.

Evidente il cambiamento di struttura del Vangelo di Giovanni, basato, secondo Berger, non sulle parabole, ma sulle metafore, secondo lo schema “Io-sono + metafora” (cf 412). Il fine esegeta ritiene che, l’evangelista Giovanni, faccia emergere quegli aspetti cristologici lasciati ai margini dagli altri evangelisti a partire dallo spostamento di attenzione dall’annuncio del regno alla persona stessa di Gesù. L’attenzione principale del Vangelo verte su alcune questioni rilevanti, quali il rapporto Gesù-Dio e il contenuto delle affermazioni di Gesù per verificare se sono bestemmie. Appoggiandosi ai dati degli scavi di Qumran identifica i destinatari del Vangelo come giudeo-cristiani della prima ora e propone come data di redazione il 68/69 d.C., in quanto il Vangelo attribuisce a una donna, Marta, la principale confessione di fede (Gv 11,27), non menziona la necessità di più persone per autenticare una testimonianza, facendo andare solo Maria di Magdala al sepolcro, non accenna alla caduta del tempio durante l’episodio della sua purificazione. L’esegeta accenna un’ipotesi di riformulazione dell’ordine delle lettere di Giovanni, sia storicamente sia teologicamente secondo questa successione: 2Gv; 3Gv; 1Gv; Gv. Mentre nelle lettere i temi sono l’ospitalità e la fraternità, nel Vangelo è sviluppato l’unico tema della Cristologia. La redazione di Giovanni sarebbe quindi indipendente dagli altri Vangeli.

Un’unica nota si sottolinea per la presentazione degli Atti degli apostoli, così come descritta dall’autore, legata alla teologia lucana, ovvero il tentativo di includere il più possibile posizioni diverse. Berger vede il libro degli Atti come un’opera di mediazione tra il giudaismo farisaico e la missione ai pagani; tra cristianesimo antiocheno e gerolosomitano; tra la missione Petrina e quella Paolina; tra l’azione dello Spirito Santo e la pianificazione umana (cf 538). Elenca, tra i motivi per unificare intorno a un unico autore il terzo Vangelo e gli Atti, il prologo, l’attenzione ai poveri e la sostanziale continuità organica tra Israele e la Chiesa. Circa la data di redazione è ipotizzato un periodo tra il 66-67, prima della morte di Paolo, perché non è descritta.

Il contenuto dell’opera in analisi si presenta ricco, affascinante e stimolante per ulteriori approfondimenti e consegna al lettore la possibilità di comprendere il nucleo essenziale dei Vangeli e degli Atti degli Apostoli. Tra gli aspetti innovativi del lavoro va evidenziato l’aver affiancato all’analisi mediante i criteri della critica-storica, quella condotta tenendo conto della prospettiva giudaica, quale sfondo principale in cui si sono sviluppate le teologie dei diversi scritti. Un ulteriore aspetto di novità è il tentativo ben riuscito di avvicinare all’analisi dei testi evangelici, scritti antico-testamentari, apocrifi dell’Antico e del Nuovo testamento e gli scritti dei padri, alla ricerca di conferme per l’interpretazione offerta. Tali approfondimenti consegnano al lettore intuizioni complementari a quelle di altri studi dello stesso genere.

Un aspetto critico dell’insieme è legato alle notizie introduttive ai singoli libri. In particolare si evince la scarsa argomentazione offerta a sostegno delle ipotesi innovative quali la datazione dei testi anticipata di diversi anni rispetto a quella generalmente condivisa e offerta da tanti studiosi. Ad esempio ritenere Marco redatto nel 45 d.C., solo per il clima di persecuzione che si respira nel testo e l’atteggiamento accomodante rispetto ai romani, ci sembra fare un torto alla previsione della caduta del tempio (Mc 13), che necessita un contesto più prossimo all’evento stesso, per poterlo oggettivamente prevedere. Lo stesso vale per le altre ipotesi basate su dati facilmente criticabili, perché non supportati da corrispondenti argomentazioni.


B. Puca, in Rassegna di Teologia 56 (4/2015) 677-680

Nous recevons la trad. italienne du nouveau commentaire néotestamentaire de Klaus Berger, théologien évangélique allemand né en 1940 à Hildesheim, enseignant à l’univ. de Leiden (Pays Bas) avant de devenir le célèbre prof. de NT à la Fac. de théol. évangélique de Heidelberg. Depuis 2010, il enseigne au monastère cistercien de Mariawald à Heimbach. Il a écrit de nombreux articles scientifiques et de vulgarisation mais s’est surtout fait connaître par ses ouvrages sur l’herméneutique du NT, par l’histoire des origines chrétiennes et par une remarquable vie de Jésus.

Ce commentaire du NT consiste en une lecture réflexive des quatre évangiles et des Actes, comme si le prof. accompagnait son lecteur, lui ouvrant progressivement des perspectives nouvelles, des interrogations, des comparaisons, des parallèles, et l’introduisant ainsi dans une vraie profondeur théologique qui rend ce lecteur intelligent. C’est un vrai régal pour celui qui ne craint pas de se laisser désarçonner par un questionnement continu. Avec un tel guide, on avance dans la connaissance globale du NT comme la mémoire fidèle des disciples du Christ puis des premiers chrétiens qui ont tenté de mettre par écrit l’inimitable et l’indicible du mystère de Jésus de Nazareth. L’éd. italienne a demandé des quatre traducteurs un lourd travail sous la direction de Flavio dalla Vecchia, prof. d’hébreu et d’Écriture à l’univ. du Sacré-Coeur et au séminaire de Brescia.

Les lecteurs qui se laisseront tenter par l’aventure de relire les quatre évangiles et les Actes à l’aide de ce précieux commentaire feront une véritable expérience théologique à la fois décapante et bénéfique.


J. Radermakers, in Nouvelle Revue Théologique 138/2 (2016) 304-305

L’esegeta cattolico in genere, pur non negando l’ispirazione della Bibbia, la trascura di fatto, come irrilevante, nell’esercizio concreto del suo lavoro. Così si lamentava qualche decennio fa Karl Rahner. La situazione oggi non è cambiata tantissimo. Accostarsi a un libro di esegesi biblica o un commentario fatto da un esegeta “serio”, comporta sovente due rischi: la noia o l’apostasia.

La premessa, volutamente ludica, vuole fare un’affermazione non scontata: è sempre edificante vedere un esegeta che interpreta la Bibbia tenendo a mente il suo genere letterario unico (e non semplicemente raro): quello di essere parola di Dio in parole umane. Quello di essere scritta a quattro mani. Quello di avere di Dio come autore, ma di avere, allo stesso tempo, gli agiografi umani come «veri autori» (cfr. Dei Verbum 11), perché la loro parola e le loro menti non sono state violate, bensì custodite e illuminate dall’intervento di Dio.

Il Commentario al Nuovo Testamento di Klaus Berger è un esempio di attenzione a questi due volti inscindibili del testo biblico: il volto umano e il volto divino. Il primo volume dedica l’attenzione ai Vangeli e Atti degli apostoli. Dopo aver presentato precedentemente su theologhia.com il secondo volume, dedichiamo qui qualche paragrafo al primo volume.

Dal volume di Berger, e senza mancare di rigore scientifico, traspare il duplice volto dell’ispirazione della Scrittura. L’ispirazione, infatti, è da intendersi in senso attivo e passivo, nel senso che le Scritture non sono solo ispirate ma anche ispiranti. Così leggiamo ad esempio in 2Tm 3,16-17: «Ogni Scrittura infatti è ispirata da Dio» (πᾶσα {ogni} γραφὴ {scrittura} θεόπνευστος) e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare nella giustizia, affinché l’uomo di Dio sia ben formato, perfettamente attrezzato per ogni opera buona».


R. Cheaib, in www.theologhia.com 3/2016

«Autore di Gesù (2006), opera giunta alla terza edizione, Klaus Berger propone al lettore italiano un nuovo studio: il suo commentario sui Vangeli e gli Atti degli Apostoli, primo volume di un'impresa editoriale che intende prendere in considerazione tutto il Nuovo Testamento. Per quanto possa apparire singolare - il libro supera le seicento pagine - uno dei tratti distintivi del commentario è la ricerca dell'essenzialità. Scorrendone anche rapidamente le pagine, si coglie lo sforzo dell'autore per assicurare all'opera una certa snellezza, rifuggendo dalle trattazioni tipiche dei commentari tradizionali. Le questioni introduttive sono ridotte al minimo: solo poche pagine per presentare la posizione dell'autore riguardo alla datazione e ai destinatari del testo in esame, insieme alla sottolineatura di alcuni temi o aspetti particolari, giudicati rilevanti per la comprensione dello scritto nella sua globalità. Fatto questo, l'autore entra subito in medias res, offrendo il suo commento, articolato su due livelli: il primo consiste nell'individuazione di una sezione di testo piuttosto ampia, quella che può essere considerata un'unità letteraria, di cui viene fornito un commento generale; il secondo livello, invece, propone un'analisi più dettagliata delle sotto-unità in cui si struttura il testo individuato. Il commentario ha uno stile proprio e originale, la lettura è piacevole perché l'autore ha il dono di “semplificare” in modo intelligente le questioni sulle quali gli specialisti discutono da tempo, senza tuttavia giungere a un accordo. Il lettore troverà molti spunti di riflessione, suggeriti dall'innegabile capacità di Berger di indicare prospettive interessanti e mai banali. In generale, si tratta di un'opera che offre un sguardo panoramico sulle diverse questioni, offrendo un primo orientamento all'interpretazione dei testi; per ulteriori approfondimenti, rimane necessario il confronto con gli altri commentari, di cui l'autore offre un'ampia rassegna all'inizio di ognuna delle diverse sezioni che compongono l'opera».


G. Scaglioni, in CredereOggi 208 (4/2015) 127

«Uno dei più importanti biblisti di lingua tedesca – tra quelli "raccomandati" da Benedetto XVI nei suoi libri su Gesù – pubblica un commentario esegetico agli scritti del Nuovo Testamento in due voll., che è l’opera della maturità. Di ogni scritto si affrontano le principali questioni introduttive e viene offerto il commento brano per brano (e talora di singoli versetti). L’opera si serve, «oltre che dei ben noti metodi storico-critici, della cosiddetta “critica della composizione”»; in particolare, l’a. assume il giudaismo inter-testamentario (anziché rabbinico) quale contesto per comprendere le teologie dei singoli scritti. Nell’interpretazione si fa ricorso a scritti pagani, testi apocrifi, alla letteratura extracanonica e alle antiche fonti liturgiche. Il secondo vol. conterrà il commento alle lettere e all’Apocalisse».


In Il Regno n. 1/2015