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Sacramentalità
Karl-Heinz Menke

Sacramentalità

Essenza e ferite del cattolicesimo

Prezzo di copertina: Euro 38,00 Prezzo scontato: Euro 36,10
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Collana: Biblioteca di teologia contemporanea 172
ISBN: 978-88-399-0472-0
Pagine: 384
Titolo originale: Sakramentalität. Wesen und Wunde des Katholizismus
© 2015

In breve

Cosa vuol dire essere “cattolico”? Vuol dire praticare i sette sacramenti che accompagnano l’uomo dalla culla alla tomba, o affidare la propria salvezza a una gerarchia piuttosto che a novene, indulgenze e pellegrinaggi? No, questa sarebbe una caricatura. In realtà, il cattolicesimo non è una determinata dottrina cristiana né, tantomeno, una data organizzazione religiosa. Il cattolicesimo è un certo modo di vivere e di pensare il cristianesimo. È viverlo e pensarlo in termini di sacramentalità.

Descrizione

La sacramentalità, ossia la forma di pensiero sacramentale, è l’essenza del cattolicesimo: questa la tesi centrale del libro.
Se il cattolicesimo sta o cade con la sacramentalità – che, si badi, è ben di più del rozzo sacramentalismo – è indispensabile mettere a fuoco che la mediazione sacramentale poggia sulla distinzione (non sulla identificazione) fra il piano visibile e il piano invisibile, pur ritenendoli inseparabili. L’autorità di Cristo e l’autorità del ministero apostolico, la verità in sé e il dogma che la indica sono come il significato e il significante in un simbolo: distinti, ma inseparabili. Ecco perché la chiesa cattolica concepisce come sacramento non solo i suoi sette atti fondamentali, ma pure se stessa.
Karl-Heinz Menke prosegue però oltre. Se davvero l’essenza del cristianesimo va individuata nel principio di sacramentalità, allora bisogna riconoscere che al centro più intimo dell’identità cattolica, negli ultimi decenni, sono state inferte delle ferite più profonde di quelle dei tempi della Riforma protestante e dell’Illuminismo europeo. E questo soprattutto per due motivi: in ragione della cosiddetta postmodernità, qui intesa nella sua complessità; e anche a motivo di un ecumenismo irenico e superficiale, che chiude gli occhi di fronte alla differenza fondamentale esistente fra le confessioni cristiane.
La riflessione di Menke a proposito di questa sacramentalità sotto attacco (e a volte incrinata) non si limita al piano teorico e ideale, ma tocca anche temi di spinosa attualità. Si possono accogliere a cuor leggero le aperture di chi chiede di ammettere le donne al sacerdozio, di chi riduce l’eucaristia a banchetto conviviale, di chi relativizza l’indissolubilità del matrimonio e di chi vorrebbe trasformare la “chiesa dall’alto” in una “chiesa dal basso”? Chi non riconosce nella sacramentalità l’essenza del cattolicesimo, risponderà di sì e non vedrà in questo alcun rischio di perdere la propria identità. Il presente libro sostiene invece la concezione opposta: in termini, se necessario, volutamente provocatori.

Commento

Il prof. Karl-Heinz Menke è vincitore della settima edizione del Premio Ratzinger - istituito dalla “Fondazione Joseph Ratzinger - Benedetto XVI” (18 novembre 2017). A questo link è possibile leggere un'intervista all'Autore.

Recensioni

Qual è l’essenza del cattolicesimo? Esiste un nucleo fondamentale che definisce non solo in parte, ma tutto il cattolicesimo nella sua estensione e nella sua intensità? Su questa domanda si sono cimentati fior di teologi, da J.H. Newman a R. Guardini, da A. Dulles a H.D. von Balthasar, fino a W. Kasper. Ora ci prova anche Menke, professore a Bonn, in questo libro sulla sacramentalità.

Per l'A., «la forma di pensiero e di vita cattolica è essenzialmente sacramentale» (14). Il suo argomento è duplice: da un lato, riconoscere al cattolicesimo il carattere di forma di pensiero e di vita unitaria, "cattolica" nella sua capacità elastica ed espansiva, ma sempre identificabile e mai modificabile nella sua struttura fondamentale; dall'altro rinvenire nella sacramentalità il centro di questa forma (Denkform). Nelle sue parole, «II pensiero sacramentale del cattolicesimo è la differenza che contribuisce a spiegare tutto il resto» (p. 27).

Citando con approvazione il suo maestro G. Greshake, l'A. conviene che «La fede cristiana non è un guazzabuglio di singole verità: qui un dogma, là un dogma, qui una conoscenza esegetica, là una norma morale ecc. La fede è piuttosto un tutto strutturato e coerente. Ciò ha delle conseguenze importanti per il dialogo teologico interconfessionale: alla fine giova poco parlare di volta in volta (solo) di singoli temi e cercare il consenso a loro riguardo, piuttosto bisogna domandarsi: qual è il motivo ultimo della diversa visione a proposito di questo o di quel singolo tema? Se si procede così, ci si imbatterà in una diversità ultima nella concezione complessiva della rivelazione, diversità che si concretizza nelle varie singole differenze categoriali. Questo significa che tra le singole confessioni in ultima anolisi non esistono differenze ma esiste una differenza di fondo che si dispiega poi in una serie di differenze» (p.12, corsivi nel testo).

Non potrebbe essere più chiaro. Di fronte ad approcci atomistici, selettivi, parziali al cattolicesimo, Menke (con Greshake) indica la necessità di interrogarsi sul motivo utimo, sulla concezione complessiva che si manifesta in tutte le espressioni del cattolicesimo. Per l'A., la sacramentalità del cattolicesimo si manifesta in tre modi: 1. la rappresentazione sacramentale della chiesa di Gesù Cristo nello spazio e nel tempo; 2. l'attualizzazione sacramentale dell'umanità di Gesù Cristo mediante la liturgia, il ministero e ildogma, e della chiesa di Cristo mediante l'istituzione visibilmente unita nei successori degli apostoli; 3. la presenza sacramentale dell'assoluto nella storia di Gesù (sacramento originario) e della sua chiesa (sacramento fondamentale) (p. 40). Tutto un universo teologico è qui evocato.

L'A. si confronta con le "ferite" della sacramentalità che lui rinviene nel protestantesimo. Purtroppo, i suoi interlocutori protestanti sono autori e correnti del protestantesimo liberale (da von Harnack a Troeltsch, fino a Paul Tillich), mentre manca un'interazione con la teologia evangelicale. Rimane il richiamo a pensare il cattolicesimo come sistema unitario incentrato su una concezione del rapporto tra natura e grazia e sulla relazione tra Cristo e la chiesa (romana).


L. De Chirico, in Studi di Teologia 62 (2019) 173

Philosophe et théologien, K.-H. Menke enseigne à la Faculté de théologie catholique de l'Université de Bonn. Membre de la Commission théologique internationale, il collabore avec la Conférence épiscopale d'Allemagne. Il est un des théologiens de langue allemande parmi les plus connus. Sa thèse est ici énoncée clairement: la sacramentalité compri se comme une manière de penser et de vivre le catholicisme fait partie de son essence même. Perdre cette dimension serait une blessure mortelle pour le catholicisme.

On l'aura compris: cette réflexion appartient au XX siècle où la théologie a redécouvert la signification élargie du terme «sacrement» qui désigne non seulement les rites chrétiens majeurs mais d'une certaine manière toute la ritualité el les réalités évangéliques essentielles. Les sacrements, actes de salut, ne sont tels que parce que l'Église est elle-meme de nature sacramentelle. Cette vision était déjà celle d'Augustin et de Hugues de St-Victor. La postmodernité et un œcuménisme superficiel pourraient détruire cette marque identitaire ou essentielle de l'Église catholique, déclare K.-H.M. L'Église du Christ n'est-elle pas à la fois terrestre et céleste, humaine par ses membres et divine par l'habitation en elle de l'Esprit Saint? Si le lien étroit entre «visible » et « invisible » venait à être rompu, il n'y aurait plus de sacrement, ni d'identité chrétienne, ni de mystère de l'Incarnation, ni de foi en la Résurrection.

Selon K.-H.M., la critique protestante constitue une menace pour l'identité de l'Église catholique, comme autrefois déjà le Nominalisme. Ce livre n'est donc pas centré directement sur les sacrements mais sur la nature sacramentelle de l'Église, de la vie chrétienne, du ministère pastoral, de l'agir pastoral, etc. De cette sacramentalité fondamentale dépend la sacramentalité des sacrements eux-mêmes. À condition d'éviter toute polémique stérile, ce livre pourrait inspirer l'action des conseils pastoraux, des plans pastoraux des diocèses, des Synodes diocésains et généraux, etc.


A. Haquin, in Ephemerides Theologicae Lovanieneses 3/2017, 554-555

La tesi centrale del saggio teologico di Menke può essere così sintetizzata: il cattolicesimo non è una determinata dottrina cristiana né una organizzazione religiosa, ma un modo specifico e particolare di vivere e pensare il cristianesimo, ossia viverlo e pensarlo in termini di sacramentalità.

C’è un “di più” della comunicazione sacramentale con Cristo rispetto a quella non sacramentale. Tuttavia, per comprendere questo, è necessario distinguere la sacramentalità dal sacramentalismo. Mentre il sacramentalismo è l’identificazione della Chiesa visibile con quella invisibile, la sacramentalità «poggia sulla distinzione tra il piano indicante e il piano indicato, tra la Chiesa invisibile e quella visibile, tra l’autorità di Cristo e l’autorità del ministero apostolico, tra la verità in sé e il dogma che la indica» (5). Il piano indicante/significante, nella prospettiva sacramentale, non è mero simbolo convenzionale, ma è inseparabile, nonostante tutta la diversità, da quello indicato/significato.

Il testo di Menke è strutturato in cinque ampi capitoli. Nel primo capitolo il teologo prende in considerazione l’essenza del cattolicesimo secondo la critica protestante. È il tentativo di scandagliare la propria essenza mettendosi dal punto di vista dell’altro, cercando di vedersi con gli occhi di un protestante. Sono analizzate le teologie protestanti di R. Sohm, A. von Harnack, E. Troeltsch, alla luce delle quali l’essenza del cattolicesimo appare come l’identificazione della Chiesa con una organizzazione, l’identificazione della parola di Dio con l’uomo Gesù, del Vangelo con il dogma, l’identificazione dell’assoluto con un fatto storico (cf 40). Attraverso l’analisi e il confronto tra la teoria cattolica del simbolo (K. Rahner) e quella protestante (P. Tillich), Menke prepara la tesi esposta nel capitolo secondo: il cattolicesimo sta o cade con la sua sacramentalità. La Chiesa, con e in Cristo come sacramento, è il mezzo e lo strumento da lui inseparabile per salvare anche l’ultimo fratello e l’ultima sorella. La Chiesa è «sacramento e simbolo reale, perché non solo allude a Cristo come al totalmente Altro, ma perché Cristo si lega talmente ad essa da essere solo con essa e niente affatto senza di essa la salvezza del mondo» (120). Nel terzo capitolo del suo lavoro, Menke riflette sull’essenza sacramentale della Chiesa come popolo di Dio, nato dal Corpo di Cristo. Egli polemizza contro una ecclesiologia talvolta esplicitamente antisacramentale. Partendo dall’intimo legame tra Eucaristia e Chiesa, tra la sacramentalità del dono di sé fatto da Cristo nell’Eucaristia e la sacramentalità della Chiesa, è illustrato il “di più” della comunicazione sacramentale con Cristo rispetto a quella non sacramentale: «questo “di più” sta nel fatto che la comunicazione sacramentale è una comunicazione visibile e, quindi, una pubblica professione di fede. Il cristiano che si comunica sacramentalmente si identifica pubblicamente con la comunità professante la propria fede, che è rappresentata dal vescovo locale menzionato per nome in ogni celebrazione dell’Eucaristia e dal successore di Pietro, parimenti menzionato per nome» (122).

Il quarto capitolo affronta la delicata questione del rapporto fra Cristo e lo Spirito, tra concezione cristocentrica e pneumatocentrica della Chiesa. Si tratta di una questione controversa che, nel campo del dialogo cattolico-protestante, si presenta nella forma dello specifico problema della definizione del rapporto tra Chiesa visibile e Chiesa invisibile. Gran parte del capitolo è consacrata alla descrizione in chiave sacramentale delle proprietà ecclesiali dell’unità, dell’apostolicità, della cattolicità e della santità (cf 181-272). Il capitolo conclusivo si occupa delle conseguenze di una sacramentalità incrinata, ovvero dei fenomeni diffusi della desacralizzazione, del funzionalismo, del misticismo e dell’integralismo, vere e proprie ferite inferte al cuore dell’identità cattolica.

Pian piano si è passati da una ecclesiologia sacramentale a una ecclesiologia funzionale, che finisce per svuotare di significato l’Eucaristia e il ministero. La tentazione misticistica del cattolicesimo e quella integralistica rappresentano una perversione dell’essenza del cattolicesimo, perché giudicano e pensano in modo antisacramentale: il misticismo e l’integralismo hanno in comune l’antisacramentalismo; in entrambi non esiste la distinzione tra realtà significante (sacramentale, rappresentante) e realtà significata (trascendente, rappresentata). Per il paradigma misticistico, reale è ciò che è sperimentato dal singolo soggetto; per il paradigma integralistico, reale è solo quello che l’autorità oggettivamente presenta (cf 308).

Il saggio di Menke è particolarmente interessante perché rimette al centro del pensare teologico la categoria della sacramentalità, in un contesto socio-culturale in cui il pensiero sacramentale è fortemente in crisi ed estraneo al pensiero postmoderno.

Il pensiero sacramentale e il pensiero postmoderno – nota il teologo tedesco – si comportano tra loro come due opposti, si escludono a vicenda, perché il pensiero postmoderno non riesce a custodire la distinzione antropologica tra io e non-io e quella ontologica tra un piano indicante e un piano indicato, che sono presupposte dal pensiero sacramentale (cf 321).

Il libro di Menke è provocatorio, soprattutto dal punto di vista ecumenico; esso sembra aprire fossati da lungo tempo creduti colmati e parla senza mezzi termini di una differenza fondamentale tra cristianesimo protestante e cristianesimo cattolico: da un lato l’azione esclusiva diretta (pneumatica) da parte di Dio, dall’altro l’attività congiunta sacramentalmente mediata. Menke non ama compromessi ecumenici fatti a spese della verità, è contrario a un ecumenismo, talvolta irenico, di dichiarazioni congiunte e di pezzi di carta che mette a tacere la differenza fondamentale tra protestantesimo e cattolicesimo. I documenti elaborati dai teologi delle diverse parti interessate mostrano un crescente consenso in ambito ecumenico e una comprensione reciproca sempre più profonda. Sono passi importanti e necessari, ma non sufficienti, perché la differenza fondamentale può essere superata non con la riflessione teologica (l’unione concettuale non è un’unione reale), ma unicamente mediante la traduzione dell’incarnazione di Cristo nell’incarnazione sacramentale della Chiesa (cf 7).


A. Porreca, in Rassegna di Teologia 57 (2/2016) 346-348

En estas paginas presentamos la traducción italiana de la obra del Profesor Karl-Heinz Menke que lleva por titulo Sacramentalità. Ordenado sacerdote en 1978, es profesor de Teologia dogmatica y Propedéutica filosófico-teológica en la Universidad de Bonn. Esta convencido de que las problematicas que se han presentado y se presentan al catolicismo (desde fuera y desde dentro) giran en torno a lo que él considera la esencia del catolicismo: La Sacramentalidad. La comprende como una "forma de pensar y actuar (Denkform)" que sería esencial al Cristianismo (p.13), y que se habría mantenido en el Catolicismo a pesar de las crisis sufridas a lo largo de la historia, en particular durante la crisis de la Reforma y la actual influencia del pensamiento postmoderno.
La obra es una investigación teológica de alto nivel, en la que se menciona, se cita, o se entra en cuestión con una cantidad enorme de autores. La mayoría son de lengua alemana y reflejan las distintas corrientes de pensamiento teológico, tanto en el Protestantismo como en el Catolicismo. La intención del autor es ciertamente abarcar el ámbito general de las problemáticas. Pero no puede evitar la influencia del contexto cultural alemán en el que escribe y que caracteriza claramente la obra.
La lectura no es facil. Las problematicas tratadas son numerosas y complejas, y se requiere la atención propia de un estudio para captar adecuadamente la riqueza del contenido. Nos atrevemos a dar unas indicaciones sobre la comprensión de la Sacramentalidad (la "esencia del Catolicismo") reflejada en la obra. La acción de Dios tiene una mediación esencialmente sacramental; su gracia alcanza su finalidad cuando quien la recibe la encarna en la propia realidad; el signo es el elemento de mediación, lo significado es la gracia (realidad significada), el signo es significante cuando quien recibe la gracia la incorpora a su realidad (pp. 110-115), sin duda se constata la presencia de los elementos de la teología tradicional de los sacramentos.
La obra tiene cinco capítulos. En el primero se estudia lo que sería la "esencia del Catolicismo" segun la crítica protestante. En el segundo se presenta la Sacramentalidad como el modo de pensar esencial propio del catolicismo. En efecto, la creación estaría destinada a ser sacramento de la acción de Dios y la pareja humana estaría destinada a ser sacramento del amor de Dios por su pueblo; Israel sería signo sacramental de la Iglesia. En Cristo Dios da su gracia; pero Cristo es la gracia "en persona", y seria el "sacramento original"; la gracia es comunicada en la Iglesia en cuanto es el "sacramento fundamental" que representa al sacramento original. Los capítulos tercero y cuarto tratan de la sacramentalidad de la Iglesia. Primero, en una eclesiologia eucaristica fundada en la sacramentalidad de la Eucaristia, y, luego, en una eclesiologia de carácter cristocéntrico, expresado en el sacramento del Orden, es decir, en la sacramentalidad del obispo, del presbítero y del diacono. En el quinto capítulo se indican las "heridas" que sufre la esencia del catolicismo en su "sacramentalidad" debido a la desacralización, el funcionalismo y el integralismo. En una breve conclusión (pp. 315-323) se indican las diferencias entre el "pensamiento sacramental" y el "pensamiento postmoderno".
En el conjunto se puede constatar la cercanía del pensamiento del autor a la teología de J. Ratzinger y U. Von Balthasar. Creo, además, que podríamos preguntarle sobre la necesidad o conveniencia de aplicar a Cristo la denominación de "sacramento original" (p. 114ss) y de conservar elementos de la filosofia griega para la adecuada comprensión de la Sacramentalidad (p. 133). Podemos también preguntarnos: Constituye la forma de pensar y actuar, tal como la entiende el autor, la esencia del Catolicismo? En todo caso, la obra merece ser leída y estudiada, y estamos convencidos de que su lectura será, sin duda, enriquecedora para quien la lleve a cabo con la debida atención.
J.M. Millás, in Actualidad Bibliografica 1/2016, 74-75

Presupposto dell'opera è la focalizzazione di una fondamentale differenza tra il cristianesimo protestante e quello cattolico, da cui non si può prescindere, neppure in nome di una correttezza ecumenica. L'A. ne precisa i contenuti in poche parole: «Da un lato azione esclusiva diretta (pneumatica) da parte di Dio, dall'altro attività congiunta sacramentalmente mediata» (p. 6). Il cattolicesimo non è né una determinata dottrina, né un'organizzazione di carattere religioso: è piuttosto un certo modo di vivere e pensare il cristianesimo, cioè in termini di sacramentalità, la cui cifra è la distinzione fra il piano visibile e quello invisibile, pur ritenendoli inseparabili.

Dopo alcune pagine introduttive, il primo capitolo mette a tema la questione dell'essenza del cattolicesimo secondo la critica protestante. Menke presenta dapprima il pensiero di tre autori protestanti (Sohm, von Harnack e Troeltsch), rilevando l'uso erroneo della parola «identificazione», che andrebbe invece sostituita con il termine «sacramentalità». L'A. introduce poi la questione della sacramentalità, esaminando la teoria del simbolo di K. Rahner (cattolico) e di Tillich (protestante). Nella parte conclusiva indaga la questione dell'umanità di Gesù come sacramento originario dell'autorivelazione di Dio o strumento con cui Dio si rende presente, alla luce del pensiero di Lutero, Calvino, Barth, Jüngel, Ebeling e Wenz.

Il secondo capitolo è dedicato all'essenza del cattolicesimo, cioè al pensiero sacramentale, di cui si propongono quattro esemplificazioni. La prima è la questione dell'ordinazione sacerdotale delle donne, illustrata da un triplice punto di vista: la rappresentazione della priorità di Cristo rispetto alla Chiesa; il significato teologico della differenza sessuale; il rapporto tra la rappresentazione della succitata priorità di Cristo con il sesso maschile. La seconda concerne l'iscrizione sacramentale dell'alleanza fra YHWH e Israele e di quella fra Cristo e la Chiesa nell'alleanza matrimoniale fra l'uomo e la donna. La terza esemplifica il carattere sacramentale della storia biblica della salvezza nel rapporto fra Israele, Maria e la Chiesa. La quarta, infine, concerne i recettori come sacramenti della grazia.

Nel terzo capitolo, la sacramentalità del dono che Cristo fa di sé nell'Eucaristia e quella della Chiesa sono rilette nella prospettiva dell'ecclesiologia eucaristica e delle sue implicazioni. Si rileva quindi il progressivo distacco dalla tradizione greca, che ha come correlato la dissociazione fra sacramento e realtà. L'A. si impegna poi in una riflessione retrospettiva sull'ecclesiologia eucaristica dei Padri, ponendo, per un verso, una particolare attenzione al tema dell'unità, questione ecumenica decisiva, e, per un altro verso, introducendo il pensiero di Afanas'ev, Ratzinger e Mühlen.

Il quarto capitolo prende le mosse dalla definizione del rapporto fra Cristo e lo Spirito. Si tratta di una questione controversa fra l'ecclesiologia cattolica e quella ortodossa che, nel discorso fra tradizione cattolica e protestante, implica una differente comprensione del rapporto fra la Chiesa invisibile e quella visibile. L'A. introduce dapprima la questione del rapporto tra il corpo pneumatico di Cristo e la Chiesa visibile; si delinea qui la questione del ministero apostolico, a proposito del quale l'A. rileva il radicamento nel mistero cristologico, ribattendo la posizione pneumatocentrica di alcuni autori.

Il quinto capitolo mette in evidenza le conseguenze della sostituzione del Gesù storico con il Cristo pneumatico. Esse non riguardano soltanto la concezione della Chiesa e del ministero, ma anche la comunicazione della Chiesa con Cristo: in altre parole, la liturgia. Queste conseguenze sono raccolte dal teologo tedesco sotto la cifra della desacralizzazione, del funzionalismo, del binomio «misticismo e integralismo».

Data la complessità e la specificità delle questioni esaminate dall'A., il volume è destinato a un pubblico di iniziati. Il testo è apprezzabile per la ripresa di alcuni punti nodali del dialogo ecumenico tra la tradizione cattolica e quella protestante, come pure per lo sviluppo dei temi nell'ottica della sacramentalità, che il Menke sviluppa ponendosi variamente a confronto con posizioni e autori di diverse tradizioni ed epoche. Il risultato è un percorso coerente nel suo insieme, ma non per questo meno problematico a livello sia contenutistico, sia metodologico.


S. Mazzolini, in La Civiltà Cattolica 3979 (09 aprile 2016) 94-95

Le catholicisme, énonce Karl-Heinz Menke, n’est pas une doctrine chrétienne déterminée, et pas davantage une organisation religieuse proposée. C’est une certaine manière de vivre et de penser le christianisme : c’est le vivre et le penser en termes de sacramentalité. Telle est la thèse centrale du livre. Si le catholicisme tient debout ou tombe avec la sacramentalité – qu’on y fasse attention : celle-ci est bien plus que le grossier sacramentalisme –, il est indispensable de rappeler que la médiation sacramentelle s’appuie sur la distinction (et non sur l’identification) entre le plan visible et le plan invisible, tout en les tenant inséparables. L’autorité du Christ et l’autorité du ministère apostolique, la vérité en soi et le dogme qui l’indique sont comme le signifié et le signifiant dans un symbole : distincts mais inséparables. Voilà pourquoi l’église catholique conçoit comme sacrements non seulement ses sept actes fondamentaux, mais également elle-même. Mais Karl-Heinz Menke continue sa réflexion. Si, en vérité, l’essence du christianisme est repérée dans le principe de sacramentalité, il faut reconnaître qu’au centre le plus intime de l’identité catholique, au cours des dernières dizaines d’années, s’en sont suivies des blessures plus profondes que celles des temps de la réforme protestante et de l’illuminisme européen. Et cela surtout pour deux motifs : en raison de ce qu’on appelle la post-modernité, comprise ici dans sa complexité, et aussi en raison d’un oecuménisme irénique et superficiel, qui ferme les yeux face à la différence fondamentale existant entre les confessions chrétiennes.


S. Decloux, in Nouvelle Revue Théologique 138/1 (2016) 166-167

«Karl-Heinz Menke, 65 anni, è docente all'università di Bonn e uno dei più noti teologi cattolici tedeschi. Il suo "trattato" ecclesiologico è certamente anche una netta e sincera presa di posizione di fronte al protestantesimo, per un confronto che non ignori durante il dialogo ecumenico anche gli spigoli e non celi sotto un tappeto le questioni di fondo più spinose. Parlare di sacramentalità come categoria ecclesiale globale suppone naturalmente anche la realtà più specifica del sacramento, celebrato nella liturgia, via attraverso la quale si comunica la redenzione e la salvezza operata da Cristo. Se il battesimo è l'ingresso in questo itinerario salvifico, l'eucaristia ne è la vetta finale raggiunta, "sacrificio del corpo e del sangue del Signore Gesù perpetuato nei secoli fino al suo ritorno, segno dell'unità e vincolo della carità", come si professa nel Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 271). Attorno a questo sacramento che, come sanno i cristiani, costituisce il cuore della fede e della vita ecclesiale, si è sviluppato fin dalle origini un lungo scavo di approfondimento che si avvaleva sia della dottrina, sia della stessa evoluzione storico-culturale, sia della costante celebrazione liturgica».


G. Ravasi, in Il Sole 24 Ore del 6 settembre 2015

«Il saggio è tutto teso nel prendere le opportune distanze dal rozzo sacramentalismo. L’a., infatti, sostiene che proprio il non aver saputo mantenere una rigorosa distinzione tra quest’ultimo e il principio di sacramentalità, assunto come il nucleo pulsante del cristianesimo, sia all’origine delle odierne ferite patite dall’identità cattolica».


In Il Regno n. 3/2015