17/07/2003
22. Dibattito sui movimenti nella Chiesa nell’orizzonte di una ecclesialità aperta di Rosino Gibellini
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Il recente fascicolo di Concilium 3/2003 I movimenti nella Chiesa (edito da Alberto Melloni) ha richiamato l’attenzione della stampa (da L’Espresso a Repubblica), ed è stato presentato a Roma al Centro pro Unione con la partecipazione di John L. Allen, National Catholic Reporter, Carlo F. Casula, Università di Roma 3, Rosino Gibellini, Queriniana, Giacomo Puglisi, Centro pro Unione, Dario Vitali, Pontificia Università Gregoriana.
Pubblichiamo l’intervento di Rosino Gibellini in quell’occasione, intervento che è stato ripreso in una conversazione a Radio Vaticana.



Si potrebbe, forse, scomodare Aristotele, che dell’“essere” afferma pollakòs léghetai: l’essere si dice «in molteplici modi». Anche la parola “movimento” nel suo uso teologico ed ecclesiale si dice in molteplici modi, come mostra con dovizia di riferimenti Alberto Melloni nell’articolo-editoriale del recentissimo fascicolo della rivista internazionale di teologia Concilium (3/2003). Ci sono nella chiesa «movimenti di riforma» come il movimento ecumenico; «movimenti di mobilitazione» come l’Azione cattolica; ci sono «movimenti-chiesa», che sono nati o si sono consolidati nel post-concilio e che si presentano come le leve della «nuova evangelizzazione». La domanda che circola in molti ambienti cattolici, e che qui viene formulata esplicitamente, suona: «C’è un rischio di settarizzazione, se la maternità della chiesa si presenta come ragione di competizione tra figli e figliastri?».

1. Il tema dei movimenti nella chiesa rimanda ad un tema più originario, e cioè alla chiesa nella sua totalità come movimento. Lo storico del cristianesimo antico, Claudio Gianotto, nel suo articolo introduttivo, breve ma ben documentato, passa in rassegna gli studi sulle origini del cristianesimo e, dunque, su quello che può essere chiamato il movimento di Gesù. Se ci restringiamo al dibattito storico-teologico, il movimento di Gesù (Jesusbewegung) ha rivitalizzato la ricerca sul Gesù storico, la new quest, che era ferma al rapporto tra il Gesù della storia e il Cristo della fede, e ha contribuito a configurare quella che ora va sotto il nome di third quest, la «terza ricerca» sul Gesù storico, caratterizzata, tra l’altro, dall’intento di riportare il personaggio storico di Gesù all’interno del giudaismo e dell’ambiente storico-sociale in cui aveva operato. Su questa ricerca due nomi in particolare sono indicati per la risonanza che hanno avuto: lo studioso di Heidelberg del Nuovo Testamento, Gerd Theissen (1977) e lo studioso nord-americano rappresentate del Jesus Seminar, John Domenic Crossan (1991). Ma si potrebbe aggiungere anche il nome dell’esegeta cattolico nord-americano John Meier, con la sua vasta opera in corso di pubblicazione, Un ebreo marginale (1991ss.).
Quando si parla del movimento di Gesù si possono intendere due realtà, e cioè il movimento suscitato da Gesù tra i suoi discepoli e seguaci durante la sua vita pubblica; oppure il movimento delle origini, che si ispirava a Gesù, e che costituisce, appunto, il cristianesimo delle origini. Ma, per estensione, come è andato affermandosi in sede di teologia sistematica, la chiesa, nella sua totalità, soprattutto nel tempo del pluralismo religioso, è vista come «il movimento di Gesù»: si potrebbe qui rimandare al teologo Edward Schillebeeckx, e pertanto la rapida e documentata ricostruzione di Gianotto avrebbe potuto essere completata da riflessioni di teologia sistematica, tesa ad illustrare la recezione della categoria di Jesusbewegung, «movimento di Gesù», oltre la ricerca biblica e storiografica, come caratterizzazione generale della chiesa cristiana.

2. Ma il tema del fascicolo di Concilium sono i movimenti nella chiesa, in particolare quelle realtà ecclesiali che Melloni nel suo editoriale–introduttivo chiama i «movimenti-chiesa». La domanda è: con questi movimenti è forse in atto nel cattolicesimo una diffusa deriva di settarizzazione? Qui si può rimandare a due saggi, l’articolo di Luca Diotallevi in chiave sociologica, e l’articolo del teologo tedesco Alexandre Ganoczy in chiave di teologia sistematica.
Luca Diotallevi mostra come, in termini di sociologia della religione, non si possa più applicare il «glorioso» schema «chiesa vs. setta», aggregando i movimenti al polo della setta. Sarebbe, sociologicamente, applicare un’ipotesi vecchia per problemi nuovi. In una società globalizzata non sarebbe più utilizzabile per l’analisi delle organizzazioni religiose una semplice opposizione tra chiesa e sette. Diotallevi, quindi, spedisce garbatamente al mittente la domanda formulata nell’articolo-editoriale, che era stata, in fondo, l’ipotesi euristica per questo dossier internazionale sui «movimenti nella chiesa», anche se il sociologo rende attenti al rischio della «lacerazione del tessuto ecclesiale» e avverte che urge la necessità di un «discernimento del pluralismo religioso intra-ecclesiale».
Sostanzialmente convergente con questa linea si muove il denso articolo ecclesiologico di Alexandre Ganoczy. Per il teologo di Würzburg, settario sarebbe «la chiara volontà di separarsi dalla grande chiesa, accompagnata dalla pretesa di possedere una ecclesialità alternativa, l’unica vera in esclusiva». Dunque, setta come ecclesialità oppositiva, alternativa e esclusiva. E questo non sarebbe il caso dei movimenti. Ganoczy utilizza nel suo intervento alcune categorie interpretative, che aveva già utilizzato nei suoi studi di teologia sistematica, dove opera una costante correlazione tra categorie teologiche e categorie scientifiche.
In uno studio sulla Trinità (2001) aveva introdotto il concetto di sinergia, con cui nella fisica e nella biologia si descrive la cooperazione dinamica e processuale di vari elementi. La sinergetica dischiude la possibilità di esprimere in modo nuovo, attraverso la metodologia dell’analogia, la dinamica trinitaria dell’amore di Dio e il suo «agire concreativo». Il concetto di sinergia viene ripreso anche a proposito dei movimenti. Egli afferma: «La sinergia tra strutture tradizionali e strutture nuove risulta il più delle volte fruttuosa».
E in uno studio comparato sulla teoria scientifica del caos e sulla fede nella creazione (1995) aveva avanzato considerazioni, qui riprese, sulla «comunità tra caos e ordine». In quel saggio aveva scritto: «È considerato dannoso per il sistema quel disordine che è provocato in maniera irreversibile da tensioni e da irrigidimenti settari, simili all’entropia paralizzante, non però quella “beata inquietudine” (selige Unruh) di cui parla Lutero, che è indispensabile per la coesistenza e per la concreatività di carismi tanto diversi. […] Così il caos ecclesiale e il rinnovamento dell’ordine ecclesiale si controbilanciano. La loro interazione è condizione per la crescita della comunità». E ancora: «L’unità, che deve essere costantemente ricercata, può percorrere “vie caotiche”: come l’unità dell’unico Dio essa non è semplicemente numerica e aritmetica, ma dev’essere concepita come unità di unificazione». È un concetto che ricorre nell’articolo di Concilium, dove scrive: «Questo caos assomiglia, a mio giudizio, a quello che oggi viene studiato in fisica nella “teoria del caos”, unitamente alle sue leggi, e che viene riconosciuto come una fase di turbolenza, da cui possono nascere nuove possibilità di ordinamento».
Ganoczy chiude il suo intervento su Concilium con una visione prospettica in chiave di ecclesialità aperta: «Nei prossimi decenni continueranno a diffondersi un ateismo razionalmente legittimato, ma anche un ateismo decadente e riduzionistico. Dall’altro lato spunteranno come funghi dal terreno gruppi religiosi e quasi religiosi di ogni genere. Le grandi chiese e le religioni mondiali non li dovranno respingere, ma li dovranno accogliere come una sfida che le induce a rinnovarsi in modo adeguato al loro tempo. Così la libera concorrenza con l’irreligiosità, nonché fra le religioni e le chiese – questa speranza non è infondata – condurrà anche a promuovere l’uomo».


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