01/10/2023
544. E LE DONNE DIACONO? Il popolo di Dio chiede. Il Sinodo risponde? di Phyllis Zagano
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L’Instrumentum laboris del Sinodo sulla sinodalità che sta per aprirsi a Roma solleva una serie di domande, per guidare il discernimento e suscitare una riflessione, concernenti anche il ruolo delle donne nella compagine ecclesiale. Chiede infatti: «Come può la chiesa del nostro tempo compiere meglio la propria missione attraverso un maggiore riconoscimento e promozione della dignità battesimale delle donne?». E si osserva, poco sotto: «In modo sostanzialmente unanime, pur nella differenza delle prospettive di ciascun continente, tutte le Assemblee continentali invitano a prestare attenzione all’esperienza, allo status e al ruolo delle donne». In questo quadro, emergono come decisivi anche la questione ministeriale in senso lato e, più precisamente, il tema dell’accesso delle donne al diaconato. Phyllis Zagano, da sempre sensibile a questo tema, si impegna qui in una sintesi chiara a beneficio dei lettori, presentandocela senza ambiguità né giri di parole.


<a href="https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Golden_Delicious_apples.jpg">Ivar Leidus</a>, <a href="https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0">CC BY-SA 4.0</a>, via Wikimedia Commons

 

L'Instrumentum laboris afferma: «La maggior parte delle Assemblee continentali e le sintesi di numerose Conferenze episcopali chiedono di considerare nuovamente la questione dell’accesso delle donne al diaconato. È possibile prevederlo e in che modo?».

L’opinione di persone e gruppi di pressione da entrambe le parti è nota. Ma le opinioni non sono fatti, e il lobbismo non è discernimento. Il Sinodo sulla sinodalità è un esercizio di discernimento e il vero discernimento dipende dalla formula tripartita “Vedere, giudicare, agire”. La prima azione richiede fatti; la seconda richiede preghiera; la terza richiede consenso.

Il processo inizia dunque con i fatti. Se alcune interpretazioni differiscono, l’esistenza delle donne diacono è ben nota e accettata dagli studiosi. Questo dato di fatto dev’essere considerato alla luce dello Spirito santo. Allora, e solo allora, si può cercare il consenso.

I cinque punti che seguono sono fondamentali per discernere se la chiesa può riammettere le donne al diaconato.

 

Le donne hanno operato come diacone

Senza dubbio le donne hanno esercitato il ministero diaconale nella chiesa primitiva, almeno fino al XII secolo. L'enorme quantità di prove inizia con san Paolo che presenta Febe come «diacona della chiesa di Cencre» (Rm 16,1-2). Sebbene nessuno sostenga che Febe fosse ordinata sacramentalmente, si ritiene che abbia svolto un ministero equivalente a quello dei sette personaggi dal nome maschile, riportati dagli Atti degli apostoli, nessuno dei quali è chiamato “diacono” (Atti 6,1-7). Molteplici fonti attestano che, periodicamente e in vari luoghi, le donne assistevano al battesimo e alla confermazione delle donne, erano responsabili della catechesi delle donne e dei bambini, portavano l'eucaristia alle donne malate e le ungevano, si occupavano delle parrocchie, gestivano servizi sociali e svolgevano il servizio diaconale all'altare.

 

Le donne sono state ordinate a questi ministeri

È impossibile affermare che ogni ministero diaconale sia stato svolto da tutte le donne diacono che la storia ricorda con testimonianze liturgiche ed epigrafiche. Esistono diversi riti liturgici per l'ordinazione diaconale; almeno uno è destinato a essere utilizzato per i diaconi di entrambi i sessi. Cinque liturgie sono conservate presso la Biblioteca apostolica vaticana e altre si trovano in biblioteche e monasteri in tutta Europa e altrove. Le donne venivano ordinate diacone dai loro vescovi in chiesa durante la celebrazione eucaristica, alla presenza del clero, mediante l'imposizione delle mani e l'invocazione dello Spirito santo; si autocomunicavano al calice; il vescovo imponeva loro la stola e, cosa importante, venivano denominate diacone.

 

Il diaconato non è il presbiterato

Con lo sviluppo e la crescita della prassi della chiesa, il diaconato è stato essenzialmente inglobato nel ministero ordinato. Nel XII secolo praticamente nessuno veniva ordinato diacono se non doveva essere ordinato presbitero. In primo luogo, gli uomini ricevevano la tonsura e diventavano così chierici. Poi si procedeva attraverso le fasi che portavano al presbiterato: ostiario, lettore, esorcista, accolito, suddiacono, diacono e infine prete. Questa pratica, nota come cursus honorum, è esistita fino a poco dopo il concilio Vaticano II, che in Lumen gentium 29 stabilisce: «A un livello inferiore della gerarchia si trovano i diaconi, ai quali vengono imposte le mani “non per il sacerdozio, ma per un ministero di servizio”». La lettera apostolica Ministeria quaedam di Paolo VI (1972) ha soppresso la pratica della tonsura, i cosiddetti ordini minori e il suddiaconato, sostituendoli con i ministeri istituiti di lettore e accolito. Oggi il mezzo ordinario per accedere allo stato clericale è l'ordinazione diaconale. Nel 2009 papa Benedetto XVI ha codificato la modifica apportata da Giovanni Paolo II al n. 1581 del Catechismo della chiesa cattolica, per cui il canone 1009, § 3, del Codice di diritto canonico recita: «Coloro che sono costituiti nell'ordine dell'episcopato o del presbiterato ricevono la missione e la capacità di agire nella persona di Cristo capo, i diaconi sono invece abilitati a servire il popolo di Dio nella diaconia della liturgia, della parola e della carità».

 

Le Chiese ortodosse stanno recuperando la tradizione

L'Ortodossia ha una chiara tradizione di donne diacono – "diaconesse" è il termine preferito – e c'è una discussione significativa all'interno delle chiese ortodosse sul recupero della tradizione. Per esempio, un saggio del liturgista Cipriano Vagaggini, pubblicato su Orientalia Christiana Periodica, dimostra la lunga tradizione dell'ordinazione delle donne diacono in Oriente. L'argomento comune contro la sua ricerca e quella di altri è che le donne non venivano "ordinate", ma solo "benedette", e questa confusione si è estesa all'analisi delle testimonianze liturgiche occidentali. Le liturgie per l'ordinazione diaconale di uomini e donne sono tuttavia pressoché identiche, e la principale distinzione spesso è costituita dai nomi dei santi invocati (Febe o Stefano, per esempio) o dai pronomi utilizzati. 

 

La Chiesa ha bisogno del ministero diaconale delle donne

Sostenere che non sia possibile ripristinare il diaconato per le donne significa contestare il ministero diaconale stesso. Mentre i ruoli delle donne e degli uomini erano diversi nella chiesa primitiva, nulla impedisce alle donne di svolgere oggi tutti i compiti e le mansioni dei diaconi. Il ministero diaconale della liturgia, della Parola e della carità non deve essere limitato. Nel 2021 papa Francesco ha stabilito che le donne possono essere insediate nei ministeri istituiti di lettore e accolito, entrambi richiesti prima di una ordinazione diaconale. Le donne sono già formate come predicatori, ma senza ordinazione non possono tenere l'omelia durante la messa. Le donne già formate in diritto canonico non possono essere giudici unici nei procedimenti canonici perché non sono chierici. In tutto il mondo le donne svolgono la maggior parte delle opere di carità, spesso con finanziamenti esterni e separatamente dalle strutture diocesane e parrocchiali. Come ha affermato il Vaticano II a proposito degli uomini «che svolgono effettivamente le funzioni dell'ufficio diaconale», «è giusto rafforzarli con l'imposizione delle mani» (Ad gentes 16).

Ordinare le donne al diaconato costituirebbe un grande messaggio alla chiesa e al mondo intero: le donne possono davvero essere l'immagine di Cristo risorto, le donne sono fatte a immagine e somiglianza di Dio.

L'importante è che i membri del Sinodo, e tutta la chiesa, discernano in preghiera i fatti di questa o di qualsiasi altra questione che viene loro sottoposta, alla luce dello Spirito santo e nella convinzione che Dio non negherà alla chiesa ciò di cui ha bisogno.







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