11/12/2015
333. ESSERE OGGI UN MUSULMANO EUROPEO di Dževad Hodžić
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Dopo i recenti fatti di Parigi, riproponiamo a beneficio dei nostri lettori un contributo – in una versione abbreviata – di Dževad Hodžić, docente alla Facoltà di studi islamici dell’Università di Sarajevo e presidente dell’Associazione di bioetica della Bosnia ed Erzegovina. Per la pregnanza delle posizioni ivi espresse, nonché per la loro bruciante attualità, invitiamo chi lo desiderasse a consultare la versione integrale dell’articolo, originariamente pubblicato nel fascicolo 1/2015 della rivista internazionale di teologia Concilium (pagg. 150-159).



Dal punto di vista storico occidentale la caratteristica principale dell’identità islamica è la sua alterità. In questa prospettiva, essere un musulmano ha significato in passato e significa tutt’oggi prevalentemente essere uno straniero, un diverso.

Eppure, oltre alla lunga presenza di musulmani sul continente europeo nei secoli passati, a partire dalla seconda metà del XX secolo vi sono milioni di musulmani che vivono nei paesi dell’Europa occidentale e settentrionale. Queste comunità musulmane aspirano a un loro spazio, a loro diritti e ruoli negli stati e nelle società europee occidentali e sono alla ricerca di moderni fondamenti teologici, culturali e sociali, oltre che di concetti, per definire la loro identità islamica. Dalle risposte politiche, giuridiche e culturali alle loro richieste, come pure dalle risposte che i musulmani europei incontreranno nella loro ricerca di risorse spirituali dentro l’islam per la loro identità religiosa nel moderno contesto europeo occidentale politico-giuridico e culturale, dipendono varie cose nel progetto europeo, planetario e interreligioso della pace e della convivenza.

Partendo da tale convinzione, ci si pone qui la domanda: che cosa significa essere un musulmano europeo? Si tratta di un tema che suscita tutta una serie di interrogativi ulteriori: l’islam è conciliabile con i valori della civiltà e della cultura europea? Su quale futuro possono contare i musulmani in Europa? Quale futuro implica per l’Europa la presenza di musulmani nei paesi dell’Europa occidentale? Quale significato assume la vita musulmana nelle società europee per l’islam, per la sua tradizione religiosa e per il suo pensiero teologico? Come può svilupparsi l’identità islamica in Europa? Che cosa significa islam europeo? Di fronte a quali sfide si trovano i musulmani europei?

I dibattiti attuali sull’islam in Europa abbracciano insomma, sul piano teorico-problematico e nel più vasto orizzonte storico-mondiale, questioni storiche, concettuali e culturali che riguardano l’atteggiamento dell’islam rispetto alle conquiste fondamentali ottenute dall’Illuminismo europeo a partire dal XVII e XVIII secolo, che hanno condotto alla secolarizzazione, alla fede nel progresso, all’individualismo, al pluralismo di valori e di ideologie, all’autonomia e alla razionalità, assieme alla industrializzazione, all’ascesa del capitalismo e alla democratizzazione della vita politica.


1.     L’aspetto concettuale e religioso della questione

A noi interessa in primo luogo l’aspetto concettuale e religioso di tale questione. Ci chiediamo, dunque: che cos’è l’islam? In che cosa consiste esattamente il contenuto religioso dell’islam? Quale dottrina esso sostiene a partire dal suo significato? Soprattutto da una risposta a questi interrogativi dipende che cosa significhi essere un musulmano europeo.

Se l’islam consiste in tutte le abituali forme tradizionali di pensiero islamico e di prassi islamica, se il suo contenuto concerne soluzioni e disposizioni giuridiche che traggono origine dalle interpretazioni storicamente condizionate dalla sharî‘ah, e inoltre, se il significato normativo dell’islam consiste in tutti i versetti coranici e nelle tradizioni orali, se l’islam è un sistema morale e politico di vita individuale e sociale, se l’islam è allo stesso tempo “religione e stato” (dîn wa dawla) – se, dunque, l’islam viene percepito acriticamente in senso tradizionalista, ideologico e storico, allora nello spazio europeo, giuridico, politico e anche culturale, è più o meno impossibile essere un musulmano.

Se però l’islam consiste nel suo messaggio universale, se il contenuto dell’islam sta nel fatto che “si crede e si compie il bene”, se si seguono le tradizioni orali secondo le quali la fede (îmân) consiste nel credere in Dio, nei suoi angeli, nei suoi libri, nei suoi profeti, nel giudizio universale e nella volontà divina, secondo cui l’islam comporta cinque atti religiosi (professione di fede, preghiera, digiuno, elemosina e pellegrinaggio) e secondo cui una buona condotta (isân) significa compiere il bene ed essere sempre consapevoli della presenza di Dio, allora ciò significa, per così dire, che non è una stranezza essere un musulmano europeo. Se dunque si comprende l’islam nel suo messaggio universale, nel suo significato originariamente religioso, allora essere un musulmano in Europa significa essenzialmente la stessa cosa che essere musulmano ovunque nel mondo, e precisamente: credere e fare il bene.


2.     La questione della risposta islamica alla modernità

In secondo luogo è necessario accennare al posto, sul piano storico-mondiale, delle comunità musulmane in Europa e alla responsabilità degli intellettuali musulmani europei, in relazione alle sfide tramite le quali il pensiero islamico è posto a confronto con la modernità attuale[1]. A questo riguardo si deve sottolineare che non basta ripetere, sempre e ovunque, che nel periodo classico della sua storia l’islam ha fornito un grande contributo allo sviluppo teologico, filosofico e delle scienze naturali dell’Europa. Non è così che si riesce a ricuperare quel grande deficit di pensiero critico che, già da secoli, limita il pensiero islamico, lo rallenta e lo addormenta. Il patrimonio islamico di idee si deve confrontare, con molto più coraggio e responsabilità, con le conquiste della modernità.

Le minoranze musulmane, che oggigiorno nelle società europee godono delle libertà democratiche, hanno l’opportunità storica di rappresentare il patrimonio intellettuale islamico in modo più audace e aperto di fronte ai movimenti creativi orientati nel senso della modernità. Sono innovazioni che dicono l’intensità con cui l’islam, nei primi secoli della sua storia, ha preso parte allo scambio intellettuale con altre religioni, filosofie e culture. Per assolvere un tale compito storico è incoraggiante il fatto che, con la fondazione di facoltà di studi teologici islamici e finalizzate alla formazione di imam e insegnanti di religione nelle università europee, si sia posta la pietra fondamentale per una nuova teologia islamica critica, aperta, orientata al dialogo e plurale, che si svilupperà nel contesto europeo.


3.     Dialogo interreligioso e teologia pluralista

Il terzo importante presupposto per il patrimonio di pensiero teologico musulmano nel contesto europeo sta nel costitutivo significato dottrinale del dialogo interreligioso nell’islam. Tenendo conto delle sfide globali di contenuto morale, di politiche di pace, sfide ecologiche e sociali presenti nelle società europee, la teologia islamica può fornire un contributo considerevole a un dialogo interreligioso su scala mondiale, a condizione che esso parta da postulati teologici riassumibili nel modo seguente: nessuna teologia, dunque neppure la teologia islamica, può avanzare la pretesa di possedere un diritto esclusivo alla verità. Ogni pensiero teologico, e dunque anche il pensiero teologico islamico, deve essere autocritico. Il dialogo interreligioso deve basarsi su un rapporto paritario e sul rispetto reciproco tra coloro che accettano tale dialogo. Ogni teologia, e perciò anche quella islamica, deve essere disponibile a imparare dagli altri. Solo sulla base di una teologia islamica aperta, inclusiva, è possibile sviluppare una identità islamica viva, che sarà fondata, costruita e definita nel dialogo e non nel monologo.

In Europa, l’identità culturale musulmana dipenderà in modo determinante dai sistemi formativi musulmani attivi nei paesi dell’Europa occidentale. Più precisamente, l’identità culturale dei musulmani in Europa dipenderà in primo luogo dai modelli di formazione islamica che in futuro i musulmani costruiranno e porteranno avanti nel quadro delle loro comunità. L’intera formazione islamica si è finora esplicitata in Europa facendo ricorso a modelli formativi e concetti interpretativi dell’islam che gli immigrati musulmani avevano qui trasferito attingendo ai patrimoni etnici e tradizionali di concetti, sistemi e istituzioni formative propri dei lontani luoghi d’origine, a cui erano affettivamente legati. La generazione attuale di musulmani nelle società europee occidentali non può comprendere l’islam, nei suoi valori islamici universali, mediante tali modelli formativi, in una lingua in cui tale generazione esiste ora mentalmente, socialmente e culturalmente, ma che può percepire soltanto come un lontano folklore etnico, come una fotografia sbiadita quale ricordo dei suoi antenati. In generale, all’interno di gruppi musulmani di terza generazione è sempre più forte la convinzione che la via giusta stia nel nuovo discorso islamico, che schiude le possibilità di una partecipazione attiva alla vita sociale invece della introversione che era caratteristica delle prime fasi della presenza musulmana in Europa occidentale, nel periodo fra il 1950 e il 1980.

La sfida più importante che si pone alle comunità musulmane nell’Europa occidentale, nel loro sforzo per costruire una identità islamica in questo angolo del mondo, è, in breve, proprio la questione della formazione religiosa nel contesto storico-spirituale europeo.


4.     Il contesto giuridico e politico

Un’ulteriore importante dimensione per la questione della identità musulmana in Europa riguarda la possibilità di una vita islamica nell’ordinamento laico e democratico, giuridico e politico delle società occidentali. Da questo punto di vista sarebbero pure possibili due approcci fondamentali al comprendere la prospettiva musulmana nelle società occidentali democratiche, laiche e liberali.

Si può considerare la modernità europea – come fanno alcuni intellettuali musulmani – come completa esclusione di Dio: il liberalismo come ideologia coloniale del capitalismo e il secolarismo come relativizzazione radicale dei valori religiosi e loro esclusione dalla vita pubblica. Con un tale atteggiamento nei confronti della modernità europea sono possibili soltanto risposte pessimistiche, negative e di rifiuto alla questione dell’identità islamica in Europa.

Dall’altra parte si può guardare alla identità islamica in Europa anche in modo ottimistico, positivo e affermativo, come fanno sempre più autori, teologi e intellettuali musulmani contemporanei. Si tratta di un approccio che viene esposto e formulato, sul piano teologico, in modo sempre più creativo, credibile e teoreticamente articolato in gruppi religiosi musulmani come pure in dibattiti musulmani, interreligiosi, interculturali e politici. Secondo questo secondo approccio la concezione europea liberale della vita politica, giuridica e culturale assicura ai musulmani, in quanto cittadini, tutti i diritti e le libertà sulla cui base essi possono vivere la loro identità musulmana in pace e su un piano di uguaglianza.

In questo senso anche Tariq Ramadan, uno degli autori oggigiorno più citati, conclude così un suo studio sull’islam in Occidente: «Le fonti islamiche permettono ai musulmani, e anzi li incoraggiano, a impegnarsi totalmente, nel pieno rispetto del quadro giuridico prestabilito, nella loro società. I musulmani sono tenuti a far propria una comprensione di sé positiva, responsabile e costruttiva. Ciò non è facile e la sfida principale per le generazioni a venire sarà senza dubbio questa: cambiare l’immagine che i musulmani hanno di se stessi»[2].

Per un atteggiamento aperto verso l’identità islamica nel contesto laico europeo – ne siamo profondamente convinti e vorremmo sottolineare questo punto – si dovrebbero a maggior ragione, alle argomentazioni che già sono presenti nei dibattiti teorici e in quelli pubblici, aggiungere le argomentazioni che individuano nelle fonti religiose interne all’islam i punti d’appoggio per una accettazione musulmana della concezione laica della società. Il principio della laicità, infatti, per l’islam è inaccettabile sul piano cosmologico. Sul piano storico e politico, invece, l’islam postula fin dalle sue origini una differenza fondamentale tra il divino e l’umano. In questo senso si potrebbe parlare di un fondamento islamico della laicità. Il fondamentale postulato teologico dell’islam suona: Dio non assomiglia né a qualcuno né a qualcosa. Questo è il principio della secolarizzazione del mondo e della storia. Nell’islam, con Maometto finisce un’età della storia in cui Dio era intervenuto in continuazione con le sue rivelazioni e si apre un’età della storia in cui tali interventi non avvengono più, in cui noi stessi, quando ci riferiamo a una rivelazione, dobbiamo far uso propriamente della ragione e della sua strategia comunicativa e argomentativa. Se nessuno ha il diritto di porsi, come è nell’islam, tra Dio e gli uomini, ciò significa che nessuno ha il mandato di parlare in nome di Dio, di rappresentare Dio davanti agli uomini e gli uomini al cospetto di Dio.


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Alla fine vorremmo evidenziare il significato della domanda posta all’inizio: che cosa significa essere un musulmano europeo? Sebbene la presenza islamica in Europa abbia profonde radici storiche, la questione dell’identità musulmana in Europa è una questione aperta e tale deve rimanere. L’identità islamica in Europa deve essere storicamente aperta e, dal punto di vista culturale, deve essere dinamicamente e religiosamente motivata. E deve esserlo, precisamente, sulla base di un atteggiamento autocritico nei confronti tanto della tradizione quanto della modernità.


(traduzione dal tedesco di Gianni Francesconi)

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[1] T. Ramadan, L’islam in Occidente. La costruzione di una nuova identità musulmana, a cura di A. Vanoli, Rizzoli, Milano 2006.

[2] T. Ramadan, Essere musulmano europeo. Studio delle fonti islamiche alla luce del contesto europeo, Città aperta, Troina 2002. 




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