22/06/2023
538. FIORIRE E APPASSIRE TUTTI INSIEME Assaggi di ecoteologia – 2 di Elizabeth A. Johnson
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Riprendendo il filo della riflessione precedente, in questo secondo momento Elizabeth Johnson sottolinea come se il cristianesimo (insieme ad altre tradizioni religiose) custodisce in sé la fede in un Dio amante di tutta la creazione, e di tutte le creature, esso stesso sembra aver alimentato dei modelli di pensiero incapaci di riconoscere il valore di ogni realtà creata, imponendo fin nello stesso tessuto umano una gerarchia, d’essere o di genere, che ormai richiede un radicale ripensamento.

 

 

Gli ostacoli: una gerarchia fra gli esseri…

Vi sono tanti motivi per i quali abbiamo perso il senso di comunione con i nostri simili. Uno di essi sono le nostre indiscutibili capacità intellettive e volitive. Siamo in grado di pensare in maniera simbolica e di esprimere i pensieri con un linguaggio verbale. Facciamo domande. Inventiamo cose. Doniamo conforto e cura. Violentiamo e uccidiamo. Siamo capaci del più profondo amore altruistico, come anche di autoilluderci e di compiere atti barbari e malvagi.

Per via di queste capacità è diventata prassi comune nel pensiero religioso e secolare dell’era moderna pensare agli esseri umani come separati dal mondo naturale, invece che come una parte ad esso interconnessa. Qui punterò su un singolo fattore di separazione che si è rivelato particolarmente tossico nel campo della teologia: la “scala dell’essere”. La storia è interessante.

Quando il cristianesimo delle origini si diffuse nell’Impero romano, venne a contatto con una versione della filosofia greca che insegnava che il mondo è composto da due elementi: materia e spirito, ovvero corpo e anima. Poiché la divinità è puro spirito, i filosofi ritenevano che più spirito un essere possedeva, più simile a un dio poteva essere, e più vicino al divino; maggiore era la materia, più ci si allontanava. La filosofia usò questo schema per classificare gli abitanti del mondo secondo una gerarchia di esseri.

Al gradino più basso c’era la materia non vivente, come i sassi; salendo si trovavano le piante (sono vive e producono semi), poi gli animali (in grado di muoversi). Al gradino più alto sulla Terra si collocavano gli esseri umani (dotati di animo razionale e corpo); più su c’erano gli angeli (puro spirito senza corpo). Dalla pietruzza all’albicocca, dal cagnolino alla persona, fino ai principati e alle potenze! Invece che in una catena circolare di parentela, questo modello struttura il mondo secondo una piramide, con gli umani al vertice della creazione terrestre.

La teologia ha attinto a questo schema per insegnare che gli esseri umani – con il loro spirito superiore – è bene che governino sulle piante e sugli animali. In termini tecnici, piante e animali avevano valore strumentale piuttosto che intrinseco “agli occhi di Dio” (prendete nota di queste parole). Di conseguenza, alla fine del mondo piante e animali scompariranno: siccome il loro scopo è di provvedere ai nostri bisogni, quando la vita umana sulla Terra sarà conclusa – quando non avremo più bisogno di loro per cibarci, vestirci, proteggerci, aiutarci nei lavori pesanti – la loro finalità sarà stata soddisfatta ed essi cesseranno di esistere.



… e una gerarchia dentro la razza umana

Oggigiorno le intellettuali femministe complicano il quadro facendo notare come questa scala sia stata rivoltata verso l’interno, addirittura sulla stessa razza umana. Ha dato credito all’affermazione per la quale i maschi avrebbero più spirito delle femmine. Gli uomini, possedendo la ragione e la capacità di agire, sono più simili agli dèi rispetto alle donne, che vengono identificate con le emozioni e i mutamenti del corpo, che sanguina e genera la vita, come la stessa Madre Terra. Pertanto le donne sono per loro natura subordinate ai maschi, i quali in virtù del loro spirito superiore posseggono gli strumenti per governare – una legge che, vorrei far notare, può facilmente rivelarsi violenta e sfruttatrice.

Questa scala dell’essere si dimostrò ancor più crudele nel XV e XVI secolo, quando i Paesi europei iniziarono ad esplorare terre a loro sconosciute. Gli intellettuali di quella cultura aggressiva e imperialista ritenevano che la superiorità umana desse agli esploratori il diritto di sfruttare i minerali, le foreste e gli animali degli altri Paesi per il loro profitto. Ancor più crudele si rivelò il sostegno offerto da questo sistema all’idea del maschio europeo bianco come essere superiore nell’incontro con le popolazioni africane e indigene. Attribuendo alle persone di colore anime di qualità inferiore e con un’intelligenza inferiore, indentificandole più con la loro corporeità, vedendole più vicine agli animali che agli esseri umani, gli Europei ritennero di avere il diritto di conquistare, trasferire e ridurre in schiavitù milioni di individui a fini di lucro. La dottrina della chiesa, in considerazione del suo legame con la scala dell’essere, aveva pochi strumenti da offrire per resistere alla disgregazione devastante di intere comunità e delle vite delle persone. Le conseguenze terribili della schiavitù e del razzismo si fanno sentire ancora oggi.

Ho trovato sconsolante constatare quanto in profondità questa gerarchia dell’essere e la sua antropologia dell’élite di maschi bianchi si sia fatta strada nel DNA del pensiero e della spiritualità cristiani. Non solo ha sbarrato la strada all’equità e alla giustizia nella comunità umana, ma la sua convinzione che gli umani dominano la natura ha anche aperto la porta a secoli di sfruttamento sfrenato del mondo naturale. L’odierna mancanza di preoccupazione da parte di molti cristiani per le devastazioni del pianeta può essere parzialmente rintracciata nell’influenza continua esercitata da questa concezione. Se le altre creature hanno meno valore agli occhi di Dio, perché dovremmo curarcene?


[Prima puntata: Assaggi di ecoteologia - 1]


[Terza puntata: Assaggi di ecoteologia - 3]




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