24/06/2019
433. INTERVISTA A MARTIN LINTNER CIRCA IL GENDER di Maria Teresa Pontara Pederiva
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Condividiamo con i nostri lettori e lettrici alcuni stralci dell’intervista – recentemente apparsa su SettimanaNews – al teologo sudtirolese Martin M. Lintner, a commento del Documento vaticano sul gender. Lintner, teologo morale e religioso dei Servi di Maria, docente allo Studio teologico di Bressanone, dal 2014 al 2017 presidente dell’INSeCT (International Network of Societies for Catholic Theology), organismo che raggruppa a livello mondiale trentacinque associazioni di teologia cattolica, attualmente è presidente dell’Associazione Internazionale di lingua tedesca per la Teologia Morale e l’Etica sociale. Con Queriniana, ha pubblicato Cinquant’anni di Humanae vitae. Fine di un conflitto – riscoperta di un messaggio, mentre per il prossimo anno è attesa l’uscita di un suo nuovo e importante testo, destinato alla prestigiosa collana “Biblioteca di teologia contemporanea”.

 



D.
Padre Lintner, da teologo morale, che lettura/valutazione dà del documento?

R. Questo documento era atteso da molto tempo. Già più di un anno fa si aveva notizia che il Vaticano stava preparando un testo sulla questione di gender. È interessante che, infine, non sia stato pubblicato dalla Congregazione per la dottrina della fede, bensì da quella per l’educazione cattolica. Ciò significa che il Vaticano non intende esprimersi a livello dottrinale, quanto piuttosto ribadire il diritto di istituzioni pedagogiche e scuole cattoliche di orientare i propri programmi di insegnamento e di educazione secondo l’antropologia cristiana, rifiutando quindi programmi educativi di genere che vengono giudicati negativamente come di stampo prettamente ideologico.

Io credo che il documento non risponda alle aspettative di coloro che si attendevano dal Vaticano una ferma condanna delle teorie di genere, ma non risponda neanche alle aspettative di coloro che avevano sperato che la dichiarazione offrisse un confronto più articolato con le teorie del gender.

 

D. Per quanto concerne la sua esperienza, lei aveva avvertito la necessità di intervenire per fornire un aiuto ai docenti delle scuole cattoliche o altre realtà educative; come spiega il testo?

R. La questione del gender viene discussa da tempo in modo molto controverso. Sicuramente ci sono dei programmi educativi e anche delle forme di attivismo politico che appaiono profondamente problematiche. Per questo un confronto critico con la problematica era davvero necessario.

Tuttavia io vedo un’ambiguità nel testo: si presenta come molto unilaterale. Da una parte si riconosce che esistono delle ricerche sul gender portate avanti dalle scienze umane e che vengono valutate positivamente, dall’altra, però si parla dell’ideologia del gender che invece viene criticata e contrastata. Si identificano fondamentalmente tre aspetti critici: la negazione della differenza e della reciprocità naturale di uomo e donna, la pretesa dell’identità sessuale come opzione individualistica (anche mutevole nel tempo) e, infine, la separazione radicale del sesso biologico e quello socio-culturale. Dopo aver letto vari testi dei cosiddetti “studi sul gender”, devo però dire che io non ho mai riscontrato queste affermazioni. Questi studi sono più complessi e anche più differenziati. È interessante notare che il documento quando cerca di spiegare le teorie di gender non cita nessun testo di studiosi del gender, ma testi del magistero stesso che argomenta su questi studi.

È noto comunque che le espressioni del magistero sono ampiamente influenzate dalle correnti anti-gender che spesso usano anche un tono molto polemico e aggressivo e che troppo spesso non mostrano l’intenzione di confrontarsi adeguatamente e scientificamente con le teorie sul genere.

 

D. Pur con un linguaggio pacato e tutt’altro che polemico, il tema trattato nel documento in realtà ha sempre costituito motivo di divisioni all’interno della comunità ecclesiale e della società intera (c’è chi afferma che la teoria del gender è solo nella mente di chi si dichiara contrario…): come si potrà, a partire da questo documento, costruire il dialogo che viene auspicato?

R. La mancanza del tono polemico è più che significativa, in un documento che porta il sottotitolo “Per una via di dialogo sulla questione del gender nell’educazione”. Può essere letto come un invito ad un dialogo non solo sulla questione di gender, ma – come condizione necessaria per poter fare questo – anche ad un dialogo con i filosofi e le filosofe che si occupano di gender.

Si evidenzia facilmente che le posizioni sopramenzionate, che vengono respinte come ideologiche, non costituiscano affatto la corrente maggioritaria. Quindi, leggendo il testo, si ha l’impressione che sia stata persa l’occasione di entrare veramente in un dialogo critico e approfondito con le stesse teorie di gender. D’altra parte, il documento chiarisce unicamente la posizione cattolica.

La chiarezza di posizioni comunque può anche facilitare un dialogo se una parte ha davvero l’intenzione di ascoltare l’altra e di riconoscerne non solo i punti di incontro, ma anche di accettare le domande giustificate che quella pone alla mia posizione.

 

D. Sul primato della famiglia per quanto riguarda l’educazione di bambini e giovani siamo tutti d’accordo, ma la teoria del gender, nelle scuole, ha sempre costituito quasi un alibi per impedire, da parte di alcune famiglie “conservatrici”, di predisporre percorsi di educazione all’affettività e alla sessualità e, persino, contro il bullismo o la promozione alla parità dei sessi. Non si rischia ora di aumentare queste riserve?

R. È chiaro che i genitori non hanno solo il diritto di educare i propri figli, ma anche la prima responsabilità di farlo. Tuttavia essi devono essere sostenuti anche dalle scuole. C’è bisogno quindi di una buona e fiduciosa collaborazione tra genitori e scuola e non di scontri e/o litigi sulle competenze. Contemporaneamente sia i genitori sia le scuole devono orientarsi secondo quello che è lo stato attuale delle scienze umane, integrando i risultati delle scienze umane in un quadro antropologico. Questo è di particolare importanza nel campo della sessualità e dell’affettività che sicuramente non vanno limitate agli aspetti biologici e medici, ma riconosciuti nella loro valenza umana e spirituale. Il mio timore è comunque che proprio quei genitori che impediscono di predisporre percorsi di educazione all’affettività e alla sessualità nelle scuole, neanche in famiglia parlino poi con i loro figli di queste tematiche.

Il prezzo lo pagano i figli che nella società odierna comunque si trovano a confrontarsi continuamente con queste tematiche e, troppo spesso, in modo ambiguo o, quantomeno, problematico (pensiamo per esempio, al fenomeno ormai frequente del sexting oppure al facile accesso alla pornografia in internet…).

 

D. Per tanti la “teoria del gender” viene assimilata alla realtà del mondo LGBT e, almeno per alcuni cristiani, tutto viene guardato con un certo sospetto: come educare in maniera serena, anche alla luce di questo documento?

R. Le ricerche e le varie teorie sul gender – non si può infatti parlare di una sola teoria al singolare – sono integrate in un lungo processo storico: il documento della Congregazione per l’educazione cattolica lo evidenzia molto chiaramente.

La “prima generazione” è caratterizzata dalla lotta per i medesimi diritti civili di donne e uomini e per il riconoscimento della parità dei sessi. La “seconda generazione” cerca invece di studiare e capire le ragioni per la discriminazione effettiva delle donne in molte culture e società, anche nella Chiesa, e lo fa con l’aiuto della differenziazione tra il sesso biologico (sex) e i ruoli socio-culturali (gender). La “terza generazione” di queste ricerche, infine, cerca di capire la complessità dell’identità sessuale differenziando non solo tra sex e gender, ma anche la dimensione psicologica che include l’orientamento sessuale, il proprio sentire e il concetto di sé.

Questi studi evidenziano sempre come l’identità sessuale sia una realtà estremamente complessa. Già a livello biologico bisogna distinguere almeno tra il livello genetico – anche qui esistono possibili “aberrazioni” cromosomiche –, il livello gonadico ovvero ormonale e, infine, la dimensione fenotipica ovvero corporea. Il documento, parlando per esempio dei fenomeni dell’intersessualità e del transgender, a mio avviso, non coglie adeguatamente questa complessità.

La questione fondamentale comunque non è quella di poter “scegliere liberamente” la propria identità sessuale, perché questa viene piuttosto “scoperta” durante l’adolescenza. Essa viene allora formata attraverso le varie componenti menzionate, ma è altresì frutto di influssi educativi, psicologici e socio-culturali.

La sfida è quella di riconoscere ad ogni persona il diritto di scoprire e di accettare la propria identità sessuale senza venire per questo discriminata, soprattutto quando non corrisponde ad una coerenza chiara tra sesso biologico e gender (femminile oppure maschile) e orientamento eterosessuale. Siccome questa è una richiesta dei movimenti LGBT, le teorie di genere spesso vengono assimiliate al mondo LGBT, ma non esiste motivo di guardare il tutto con sospetto.

 

 

 

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