22/05/2007
92. Pentecoste il coraggio di osare di Karl Rahner
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L'invocazione dello Spirito santo e l'appello a lasciarlo operare significano che si è pronti ad accogliere nella vita l'imprevisto, l'incalcolabile, il vecchio che diventa nuovo e viceversa. Molto spesso sono segni che nella situazione concreta non si ha una risposta ben chiara e quindi si fa valere come risposta una fiducia, segreta e non sempre adeguatamente riflessa, in base alla quale il problema viene affrontato, tenuto aperto e continuato a studiare, perché il passato ci offre sì un fondamento sufficiente per sperare, ma solo per sperare.

La parola dello Spirito santo non offre alcuna ricetta che dovrebbe solo essere applicata. Impone invece di osare, tentare, prendere delle decisioni che non possono essere più pienamente giustificate da principi generali (la legge e la lettera). La parola dello Spirito santo pone ad ognuno singolarmente, nella sua insostituibile unicità, l'interrogativo: hai il coraggio di osare, tentare, resistere alle pressioni della grande massa (sia essa tradizionalista o progressista)? hai fiducia in qualcosa che in definitiva non si lascia provare per via razionale, anche se costituisce la sapienza più alta della ragione? hai fiducia nello Spirito santo?

Con questo coraggio ognuno nella chiesa deve assolvere il proprio compito, anche se a prima vista non si concilia con quello che l'altro fa da parte sua. Ciascuno deve agire con la coscienza che il dono da lui ricevuto e il compito a lui assegnato è diverso da quello conferito dallo Spirito all'altro. Infatti, il dover riconoscere l'unità dello Spirito nella molteplicità dei suoi doni, vuol dire appunto che ci sono molti doni. Non si deve affatto evitare nella chiesa un antagonismo, una tensione tra i diversi doni.

Se questi doni ci si presentassero chiaramente come già unificati, non avremmo più bisogno dello Spirito santo, che per sé costituisce questa unità e non ce la fa percepire proprio perché egli non può esser colto o manipolato da noi.

Questa unità ci è data solo nella misura in cui assolviamo il compito affidatoci dallo Spirito e perciò facciamo quello che spetta a noi e non agli altri, sperando, nell'amore, che tutti questi doni formino un'unità, anche se non riusciamo ancora a vedere e regolare questa unità, anche se dobbiamo testimoniare la fede in tale incomprensibile unità con quella unità che possiamo realizzare da soli nell'umiltà e nella sottomissione volontaria.

Ma come possono coesistere contemporaneamente questo coraggio di utilizzare i singoli doni a noi concessi dallo Spirito santo e la volontà di ricondurre all'unità tutti i doni presenti nella chiesa? Questa unità, in ultima analisi, non è frutto della ragione che con i suoi principi tutto sistematizza, ma dono dello Spirito santo, che si offre a noi in modo che non lo possiamo affatto manipolare. Non dovremmo avere timore di fronte a questo Spirito, anzi dovremmo lasciarlo agire, assumendo ciascuno un atteggiamento di autocritica nei propri confronti. Allora il rinnovamento creativo della chiesa per opera dello Spirito riuscirebbe meglio di quanto potremmo noi che vogliamo plasmare la chiesa secondo i principi in nostro possesso.


da Karl Rhaner, Frammenti di spiritualità per il nostro tempo. Prospettive della fede, Queriniana, Brescia




© 2007 by Teologi@Internet
Traduzione dal tedesco di Alfredo Marranzini
Forum teologico, a cura di Rosino Gibellini
Editrice Queriniana, Brescia (UE)
Teologi@Internet: giornale telematico fondato da Rosino Gibellini