24/04/2003
19. Teologia alle soglie del terzo Millennio Intervista a Rosino Gibellini di Vittoria Prisciandaro della Redazione Jesus
Ingrandisci carattere Rimpicciolisci carattere
In occasione della pubblicazione dell’opera, – Rosino Gibellini (ed.), Prospettive teologiche per il XXI secolo (Biblioteca di teologia contemporanea 123) – la giornalista Vittoria Prisciandaro della Redazione Jesus (cfr. 4/2003) rivolge alcune domande sulla situazione teologica alle soglie del Terzo Millennio.


1. Lei ha individuato quattro movimenti del “far teologia”. Può sinteticamente presentarli? Quali sono quelli dominanti? E in che misura oggi sono più o meno presenti?

Il nostro mondo si è fatto complesso, e anche la teologia deve operare su più fronti. In questo bilancio prospettico del pensiero cristiano contemporaneo individuo quattro movimenti. Il primo è impegnato ad affermare ed illustrare l’identità cristiana: è un movimento che si è fatto più consistente nell’epoca del pluralismo culturale e religioso. Un secondo movimento si interroga di più sulla rilevanza del messaggio cristiano nella vita del singolo, nel mondo secolarizzato e nella società pluralista. È chiaro che la rilevanza deve avvenire non a scapito dell’identità, ma per il tramite dell’identità. Un terzo movimento è impegnato a svolgere la dimensione pubblica e sociale del messaggio cristiano: si può pensare a Bonhoeffer, e più recentemente a teologi come Metz e Moltmann. E finalmente il quarto movimento è rappresentato dalle nuove istanze teologiche, che negli ultimi decenni sono andate emergendo: la teologia della liberazione in America Latina, la teologia dell’inculturazione in Africa, la nuova teologia delle religioni in Asia, il pensiero femminile e la teologia femminista nel movimento internazionale di emancipazione delle donne.
Sono movimenti da vedere, in prospettiva, convergenti, e che sono tuttora operanti sia con categorie interpretative sia mediando ispirazione e spiritualità. Forse si può dire che in questi nostri ultimi anni si è andata affermando, da una parte, la ricerca della identità, da distinguere nettamente dal fondamentalismo, che è caratterizzato da una identità religiosa escludente e aggressiva; e, dall’altro, l’urgenza di porre questa identità in relazione costruttiva con altre culture, pratiche e religioni.


2. Quale sarà a suo parere la novità teologica del secolo appena iniziato?

L’opera ambisce a dare una presentazione, da integrare con altre analisi, della situazione della teologia cristiana agli inizi del XXI secolo, e non pretende, né è possibile del resto, divinare il futuro. Sono individuabili sfide e linee di tendenza per affrontarle. Ritorna, nelle mutate circostanze, il discorso sui “segni del tempo”, ai quali la comunità cristiana, anche con il contributo della teologia, presta vigile attenzione.
Tra i fatti maggiori: l’ingresso nella mondializzazione, che richiede un ripensamento della dimensione “cattolica” e “ecumenica” della Chiesa cristiana; il pluralismo delle culture e delle religioni, con cui ora siamo direttamente confrontati, che comporta l’ingresso in un territorio nuovo ed esigente: come essere religiosi inter-religiosamente; il trapasso dalla Modernità alla Post-modernità (comunque debba essere interpretata) con le sue insidie relativistiche, ma anche con le nuove opportunità che offre al discorso e alla pratica cristiana.


3. Per i teologi, in particolare quelli cattolici, quali sono stati e sono gli spazi di collaborazione-mutuo scambio con il magistero pastorale?

La teologia è al servizio dell’annuncio cristiano, e dunque mantiene sempre il necessario contatto con la comunità e con le guide della comunità. Ma essa svolge anche un lavoro di esplorazione, o, per usare l’espressione di Congar, funziona anche come un radar che capta il nuovo. Se ci riferiamo alla recente storia della Chiesa cattolica, dobbiamo ricordare il Concilio Vaticano II, reso possibile anche dall’intenso lavoro teologico di preparazione svolto dalla teologia, in particolare francese, tedesca e nord-americana (per il tema della libertà religiosa). Atti abbastanza recenti, come la visita del Papa alla sinagoga di Roma e alla moschea di Damasco, gli incontri inter-religiosi di Assisi tra i leaders religiosi per pregare e agire la pace, l’allargarsi della rete di solidarietà nei mondi della povertà, sono stati e sono resi possibili anche da una nuova visione della Chiesa e della sua azione nel mondo, a cui ha dato un decisivo contributo la teologia.
Il Concilio ha dato ai teologi cattolici spazi di libertà di ricerca (basti riandare al caso Teilhard de Chardin o leggere il Diario di un teologo di Congar) e insieme ha segnato – per il clima di fiducia introdotto nella Chiesa da Giovanni XXIII – un punto esemplare e creativo di collaborazione tra magistero e teologia, collaborazione che attende di essere ripresa, riattivata e intensificata. Sarebbe arduo entrare qui nei particolari, e richiede uno sforzo di riflessione dell’intera comunità teologica, che dovrebbe essere sollecitato dallo stesso magistero pastorale. La rivista internazionale di teologia Concilium nel suo numero Questioni non risolte (1/1999), con cui ha celebrato a Roma il suo 35° di fondazione, ha tentato qualcosa di simile.


4. Che vivacità (e dove) c’è nel fare teologia oggi? Quale spazio ha la manualistica?

La teologia è tuttora un cantiere vivace e fervido di lavoro, anche se non si registra la creatività degli anni ’60 e ’70, che hanno aperto un varco verso nuove prospettive. Gli anni ’80 e ’90 hanno registrato una ripresa della teologia sistematica, detta anche sbrigativamente Manualistica. I Manuali entrano nella scuola e trasmettono sapere teologico, ripresentato ora rinnovato sotto il profilo biblico, storico, e attento, in molti casi, ai nuovi scenari filosofici e culturali e alle nuove sensibilità teologiche. Ma in questi anni ha avuto sviluppo anche la teologia fondamentale, che non si rivolge solo alla comunità ecclesiale, ma anche alla comunità scientifica e accademica e svolge una imprescindibile opera di mediazione tra teologia e filosofia, tra sapere teologico e cultura.
È un tempo di recezione critica dell’intenso lavoro svolto, e di ri-orientamento nelle mutate circostanze del mondo e della società. Questo mi fa ricordare una famosa espressione di Gogarten nei primi anni ’20 del secolo ormai trascorso, che segnavano l’inizio di un nuovo corso teologico, “Fra i tempi”, che potrebbe ispirare alcune interessanti riflessioni anche per il nostro tempo. Come è noto, si suole parlare del XX secolo come del “secolo breve” (1914-1991). Ma si deve anche citare il recentissimo saggio dello storico francese René Rémond, che riflette sul percorso, che va dalla caduta del muro di Berlino (9 novembre 1989) con la sua portata di aspettative, alla caduta delle Twin Towers di New York (11 settembre 2001), con il suo carico di minaccia, e non osa pronunciarsi su questi “Dodici anni per cambiare di secolo”. La teologia cristiana, dal canto suo, getta ponti sul futuro senza arroganza né rassegnazione, ma nel segno della speranza cristiana.


© Jesus 4/2003

© 2003 by Teologi@/Internet
Editrice Queriniana, Brescia
Teologi@Internet: giornale telematico fondato da Rosino Gibellini