20/10/2011
202. UN PAPA CERCATORE DI DIO Con la sua visita di stato in Germania, 22-25 settembre 2011, Benedetto XVI non ha risposto a molte aspettative. Ma ha posto accenti significativi in merito alla sostanza della fede di Johnnes Röser e Michael Schrom1
Ingrandisci carattere Rimpicciolisci carattere

È stato un momento di silenzio – e tuttavia il più commovente dell’intero viaggio: quando Benedetto XVI nello stadio olimpico di Berlino nello stesso giorno ha dato la comunione a disabili in sedia a rotelle e ad una malata terminale. Nel luogo stesso in cui Hitler rendeva omaggio nel 1936 allo splendore sportivo dei corpi ed eroicizzava ciò che è atletico, forte, potente e bello, perché faceva cancellare la cosiddetta “vita indegna di essere vissuta” e la Germania cadeva nella più grande catastrofe, tre quarti di secolo dopo il papa tedesco distribuiva il sacramento della vita – primo e ultimo viatico per l’uomo sempre più debole, che è condannato a morire e sarà sostenuto unicamente dalla speranza in germe di redenzione vera da parte di Dio nella vita eterna.


Benedetto XVI ha spiegato il motivo della sua visita nel corso del ricevimento offerto dal Presidente federale Christian Wulff nel castello di Bellevue a Berlino: il suo è stato un venire «per incontrare la gente e parlare [...] di Dio» [L’Osservatore Romano - OR 23 settembre 2011, 7]. Come la religione ha bisogno della libertà, così la libertà ha bisogno della religione – così ha citato il riformatore sociale e vescovo di Mainz, Wilhelm Emanuel von Ketteler che, nel XIX secolo, combatté opponendosi ad una chiesa di stato che imbavagliava e tentò di chiarire che la sfera spirituale delle persone cristiane al tempo stesso caratterizza la sfera spirituale del loro essere cittadini.

Religione o non religione: nessuna delle due è una questione privata. Come una persona riflette sulla vita, quale significato vi trova, se crede in Dio oppure no, o se si scaglia contro il cristianesimo e lo combatte – così sempre il clima sociale, politico e dello stato e molte decisioni pubbliche, persino la legislazione, vengono determinate da questo. Nulla vi è di insulso, non importa secondo quale spirito – o spirito distruttivo – si lavora, si vive, si agisce.

Al Parlamento federale papa Benedetto XVI, dopo la precedente violenta polemica da parte di diversi deputati secondo cui il leader di una religione non avrebbe nulla da cercare nella casa della democrazia, ha tenuto un discorso filosofico, che ha sorpreso e ha trovato un riconoscimento trasversale da parte dei partiti. E questo anche perché ha rotto in modo spettacolare la retorica e la routine che sono abituali in questo forum. Il papa si è mostrato molto sensibile al che e a come si possa riuscire a creare, alla luce di una ragione naturale, accessibile a tutti gli uomini, e di un pensiero sulla legge naturale pervaso da questa, un diritto buono. Benedetto XVI ha proposto un elegante arco fino all’età precristiana chiarendo che, indipendentemente dalle convinzioni religiose e dalle pretese di rivelazione spirituali, esistono fonti di conoscenza, che sono radicate nell’essere stesso e nel più profondo di tutto ciò che, puramente positivistico e così arbitrario, si pone come norma, come ordine.


L’ecologia dell’uomo

Per chi crede, la ragione oggettiva e soggettiva naturalmente provengono allo stesso modo dalla ragione creatrice di Dio. Nell’interazione della natura e della ragione Benedetto XVI vede, nonostante tutte le differenze spirituali, culturali, religiose o ideologiche, qualcosa di universale, di unificante e di vincolante per il diritto e la dignità umana, per l’umanità in generale.


In questo contesto si è prestata molta attenzione ad un’allusione del papa al movimento ecologico, che ha svegliato la consapevolezza che qualcosa nel nostro rapporto con la natura non va, «che la materia non è soltanto un materiale per il nostro fare, ma che la terra stessa porta in sé la propria dignità e noi dobbiamo seguire le sue indicazioni» [Discorso dinanzi al Parlamento federale nel Reichstag di Berlino, OR 24 settembre 2011, 7]. Di conseguenza, vi è una “ecologia dell’uomo”. Pure questi ha un equilibrio interiore, un equilibrio spirituale e mentale, che egli non deve rovinare. L’uomo possiede una natura «che deve rispettare e che non può manipolare a piacere» [ibid.].

Rimane una questione aperta se, come Benedetto vede questa armonia di natura e di ragione naturale, egli interpreti questo equilibrio più staticamente, come diritto naturale e come una sorta di legge immutabile – o dinamicamente. La semplice “conservazione” della creazione contraddice certamente l’evoluzione reale di tutte le cose, della natura e della cultura ad essa associata: il cambiamento, lo sviluppo, il progredire determina tutto ciò che è. L’essere è divenire, in breve, è progresso. La ragione naturale, così come il papa la concepisce, è contraria o amica del progresso, è pessimista o ottimista? Il papa ha evitato di chiarire ciò. Tuttavia ha aggiunto, interrogandosi e promovendo la plausibilità dell’idea di Dio, un’osservazione interessante. «È veramente privo di senso riflettere se la ragione oggettiva che si manifesta nella natura non presupponga una Ragione creativa, un Creator Spiritus?» [ibid.]. Questo punto di vista dovrebbe, di conseguenza, però, portare a riconoscere la ragione umana, voluta da Dio, dunque come creativa, dinamica, in grado non solo di ricevere, ma anche – cosa che il papa, tuttavia, respinge sempre con scetticismo – di “fare”, con divina dignità, in modo assolutamente non arbitrario, casuale, o a piacere.

La questione politica è stata tematizzata al Parlamento come un grande problema culturale, che Benedetto XVI ha posto nel vasto orizzonte della storia intellettuale europea. L’identità dell’Europa egli la vede provenire da un processo dinamico, da un allargamento di prospettive e da una fusione di orizzonti, dall’incontro di Gerusalemme, Atene e Roma, dalla fede in Dio di Israele, dalla filosofia ellenistica e dal pensiero giuridico dell’antichità romana.

Che e come il papa abbia scoperto lo spirituale nella politica, è un fatto che ha toccato molti parlamentari, nonostante le diverse visioni del mondo. I parlamentari, che pensavano di doversi assentare per protesta, hanno evidenziato una incapacità intellettuale e si sono esposti pubblicamente con la loro ignoranza culturale.


Benedetto in visita a Lutero

Mentre l’apertura politico-filosofica del viaggio del papa è riuscita bene, alcuni avvenimenti nell’ulteriore corso della visita, soprattutto per quanto riguarda le aree problematiche interne alla chiesa, hanno causato pesanti irritazioni. Come momento ecumenico saliente nella terra della Riforma, la visita nel monastero agostiniano di Erfurt di Martin Lutero è stata attesa con tensione. Tanto più perché Benedetto XVI aveva precedentemente nutrito le speranze con il suo stesso desiderio di dare una forte priorità a questo punto del programma. Il papa non ha lodato nei suoi discorsi resi pubblici il Rinnovatore o il Riformatore. Questi termini Benedetto XVI li ha evitati in modo cospicuo. Si è riferito invece al sacerdote cattolico e monaco, che aveva lottato per tutta la vita intorno a una cosa sola: «Come posso avere un Dio misericordioso? 2» [OR 25 settembre 2011, 8].


Nell’incontro a porte chiuse con una delegazione evangelica il papa ha ripreso la domanda e ha chiesto di superare «l’errore dell’età confessionale», di «aver visto per lo più soltanto ciò che separa, e non aver percepito in modo esistenziale ciò che abbiamo in comune nelle grandi direttive della Sacra Scrittura e nelle professioni di fede del cristianesimo antico» [ibid.]. Benedetto XVI ha indicato l’ecumenismo principalmente come impegno nel procedere insieme contro la secolarizzazione della società e l’alienazione da Dio, nel mantenere viva, anzi, nel risvegliare la questione di Dio. Quale portata potrebbero avere gli sforzi ecumenici all’interno, per gli stessi cristiani divisi, purtroppo è una riflessione che non è stata affrontata dal papa. Non ha comunque chiuso le porte.


Il veto evangelico dimenticato

Molti hanno percepito come particolarmente triste il fatto che Benedetto XVI non abbia trovato alcuna parola ufficiale redentiva a favore della comunione eucaristica, da tempo di fatto istituitasi, tra coniugi e famiglie di confessioni diverse e, al suo posto, abbia spiegato perché egli – a differenza dei politici nelle visite di stato – non abbia potuto portare alcun «dono ecumenico dell’ospite» [Atto ecumenico a Erfurt, OR 25 settembre 2011, 9]. Tali speranze costituirebbero «un fraintendimento politico della fede e dell’ecumenismo» [ibid.]. Anche il tentativo messo in pratica dal presidente del consiglio della Chiesa evangelica tedesca, Nikolas Schneider, di salvare davanti alle telecamere la situazione mentre si recava dal papa per indurlo ad un saluto di pace, è sembrato piuttosto confuso, impotente.

I molti sforzi di dialogo teologico scientifico, i testi di convergenza e le trattative sono, in realtà, solo un «un fraintendimento politico»? Dopo tutto, Benedetto XVI ha elogiato espressamente il vescovo Lohse e il cardinal Lehmann che, sulla scia della visita di Giovanni Paolo II in Germania trent’anni fa, hanno intensamente lavorato per indicare e, infine, per affermare che le reciproche e precedenti condanne dottrinali oggi non toccano più le due parti in gioco

Purtroppo, in questo contesto, il papa non ha ricordato neppure ciò che egli ha fatto, vale a dire il suo forte impegno per la Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione (25 giugno 1998) [Enchiridion Œcumenicum 7, Dehoniane, Bologna 2006, 885s. (nn. 1831s.)], un documento che ha trovato, per suo tramite in qualità di prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, come primo testo ecumenico di alto livello, un riconoscimento giuridico vincolante da parte del Vaticano e, dall’altra parte, della Federazione luterana mondiale. Nella festa della Riforma del 1999, il 31 ottobre 3, il documento ha ricevuto valore con la firma di una ulteriore e chiarificante dichiarazione ufficiale comune. Tuttavia il suo impatto storico è rimasto pallido, il che tra le altre cose è imputabile al fatto che allora, a livello di preliminari, circa 180 professori evangelici di teologia si appellarono al veto e così la Dichiarazione fu privata dell’autorità da parte protestante.


All’epoca, sono stati significativi studiosi evangelici ed esperti che fanno opinione a parlare di “ecumenismo edulcorato” affermando di essere raggirati dai cattolici. Ed è stata una giornalista evangelica di un importante quotidiano tedesco a condurre una vera campagna contro il riconoscimento di questa Dichiarazione, con “successo” perché questo documento è poco recepito nella chiesa evangelica nei paesi di lingua tedesca, a differenza del luteranesimo a livello mondiale 4.

La dichiarazione Dominus Iesus 5, che il Vaticano emise un anno dopo, un documento con effetti ecumenicamente devastanti, che negò in senso proprio alle chiese evangeliche di essere chiesa, può essere certamente letto come una risposta all’atteggiamento di chiusura da parte evangelica, dopo che il magistero dei teologi evangelico non agì secondo le intenzioni di Ratzinger, anzi, gli preparava così una grossa delusione ecumenica. Questi fatti e il succedersi temporale degli eventi vengono oggi prevalentemente taciuti allorché vengono attribuite le colpe solo a Roma. Anche l’ecumenismo è “psicologia” e “politica” in parti sostanziali, con tutte le debolezze e le capacità umane.

Ma principalmente l’impegno ecumenico era, è e rimane una questione di fiducia, di stima reciproca, anche di amicizia personale, così come l’hanno vissuto i pionieri dell’intesa, che sono stati poi sostituiti da una più giovane generazione di teologi più risoluta, la quale si preoccupò maggiormente di un ecumenismo fatto di profili e di delimitazioni corrispondenti.


Chi può per questo dire Amen 


La freddezza percepibile sia dal punto di vista retorico sia fisico di Benedetto di fronte agli evangelici non dovrebbe in ogni caso essere esagerata. Il papa sa bene che è ecumenica molta pratica che, nella dottrina ufficiale, se necessario, è consentita come casi particolari, ad esempio la reciproca ospitalità eucaristica. Anche nel libretto per la grande festa eucaristica con il papa a Friburgo si trova, prima della comunione, una nota molto aperta di spiegazione ai non cattolici: «La ricezione della santa comunione è espressione della nostra unione intima con Cristo. All’amministrazione della comunione ad ogni credente viene mostrata la santa ostia con le parole “il corpo di Cristo”. Chi partecipa alla comunione deve poter dire con cuore sincero “Amen”: Sì, credo che in questo pane è presente Cristo stesso». Perché non dovrebbe poterci essere un ulteriore sviluppo in questo percorso?

Il Lutero cattolico di Erfurt non è certamente il riformatore di Wittenberg. La visita di Benedetto in Turingia è stata molto ben pensata circa la scelta del tempo storico e del luogo. Ha attirato l’attenzione il fatto che il papa nella predica teletrasmessa non abbia citato Lutero, soprattutto, e non abbia ricordato né la Riforma né la imminente festa della Riforma. Allo stesso modo si è astenuto da ogni accenno alla problematica storica del papato. Viceversa si è inoltrato in questa espressamente più tardi, là, dove si è sentito meglio spiritualmente, capito e a casa: tra gli ortodossi.


Appello agli ortodossi

In un’atmosfera cordiale a Friburgo Benedetto XVI così si è espresso: «Fra le chiese e le comunità cristiane, l’Ortodossia, teologicamente, è la più vicina a noi; cattolici ed ortodossi hanno conservato la medesima struttura della chiesa delle origini […]. E così osiamo sperare […] che non sia troppo lontano il giorno in cui potremo di nuovo celebrare insieme l’eucaristia» [Incontro con gli ortodossi nel seminario di Friburgo, OR 26-27 settembre 2011, 3]. L’attuale vescovo di Roma, guardando indietro ha la sua «amicizia personale con rappresentanti delle chiese ortodosse» [ibid.], attraverso cui «h[a] potuto conoscere e apprezzare l’Ortodossia in modo sempre più profondo» [ibid.]. Egli ha pure tematizzato i conflitti sul primato di giurisdizione del papa, cioè la pretesa primazia giuridica. Bisognerebbe continuare per raggiungere «la sua giusta comprensione» [ibid.]. Benedetto XVI ha ripreso le considerazione di Giovanni Paolo II sul fatto che una distinzione tra la natura e la forma dell’esercizio del primato potrebbe essere utile per «darci fruttuosi impulsi» [ibid.].

Il papa ha anche elogiato gli sforzi delle chiese nazionali di più forte unità intraortodossa che, ad esempio, in Germania si sono ritrovate in una conferenza dei vescovi comune. Tuttavia, egli non ha affrontato i molti litigi intraortodossi, e neppure il fatto che le forze ortodosse influenti considerino un’eresia la chiesa cattolica e il papato e demonizzino il mondo moderno come moralmente corrotto. Può un cattolico-ortodosso essere capace di solidarietà, che il papa con grande simpatia tenta di raggiungere, per meglio giustificare la fede in Dio nella modernità come una ecumene con le chiese evangeliche della libertà, che nei punti essenziali hanno già superato l’antimodernismo persistente cattolico e ortodosso?

Pubblicamente Benedetto XVI non si è espresso su cosa pensa a riguardo del processo di dialogo proposto dall’arcivescovo Robert Zollitsch, presidente della Conferenza episcopale tedesca, sulle giornate ecumeniche 6, la carenza di sacerdoti e il conseguente abbandono della cura pastorale a quel novanta per cento di cattolici che non hanno un buon rapporto o non hanno praticamente più contatti con la loro chiesa. Egli ha indicato la necessità di una rievangelizzazione, ma non ha associato a questa le problematiche relative al rinnovamento del ministero spirituale.

«Il papa in tutte le questioni più urgenti non L’ha lasciato solo?», è stato chiesto a Zollitsch in una conferenza stampa. Egli ha spiegato che il papa, in sede privata a pranzo con i membri della Conferenza episcopale avrebbe assolutamente apprezzato l’“iniziativa di dialogo” della chiesa che, tuttavia, nel frattempo, ufficialmente è stata concettualmente declassata a “processo colloquiale”.

Più volte Benedetto XVI si è mostrato critico circa il “fare”, in ambito religioso, ecclesiastico strutturale e liturgico. Ciò è avvenuto in modo curioso quasi più luteranamente di Lutero, perché Benedetto in realtà molto radicalmente si aspetta che ogni rinnovamento provenga della grazia, dal dono della fede, che andrebbe accolto senza presupporre una propria “prestazione” e giustizia delle opere. La grazia presuppone la natura e la perfeziona, dice per contro un vecchio dogma teologico. Sarà il papa mentalmente e spiritualmente molto meno “cattolico” di quanto si pensi?

Tra i servizi liturgici più suggestivi figurava una preghiera serale con 30.000 giovani che hanno trasformato il terreno di esposizione della fiera di Friburgo, urbanisticamente piuttosto desolato, in un mare di luci. Un palco illuminato a giorno, coperto da una tenda circolare quasi sospesa, ha ampiamente annullato un’architettura, prevalente nelle altre liturgie e che imponeva la distanza, in modo che anche da lontano si aveva l’impressione di venir assorbiti in questo cerchio notturno di preghiera. In aggiunta a ciò, molti giovani appartenenti ad associazioni cattoliche hanno dichiarato al papa, faccia a faccia, perché sono coinvolti in questi gruppi e cosa in essi vivono. Benedetto ha di nuovo scelto un linguaggio che attira i giovani senza alcun moralismo. «Non esiste alcun santo [...] che non abbia conosciuto anche il peccato e che non sia mai caduto. Cari amici, Cristo non si interessa tanto a quante volte nella vita vacilliamo e cadiamo, bensì a quante volte noi, con il suo aiuto, ci rialziamo. Non esige azioni straordinarie, ma vuole che la sua luce splenda in voi. Non vi chiama perché siete buoni e perfetti, ma perché Egli è buono e vuole rendervi suoi amici» [OR 26-27 settembre 2011, 6].


Giovani e sogni di Chiesa

La veglia dei giovani ha mostrato che un’intima religiosità e l’entusiasmo per il papa lasciano spazio anche per le proprie opinioni in materia di chiesa e di morale. Così, all’apertura dell’evento, i moderatori hanno dato delle opinioni, invitando i giovani ad esprimere il loro parere, con un cuscino rosso o verde, se erano d’accordo o no con determinate affermazioni cattoliche. È stato confermato ancora una volta che la stragrande maggioranza dei giovani cattolici desidera le riforme, ma ciò non ha pregiudicato il raccoglimento legato al posto e l’entusiasmo per il papa.

Altrettanto commovente è stata la devozione mariana alla romantica luce serale di Eichsfeld, dove circa 100.000 persone – molte più di quanto annunciate – hanno preso parte alla celebrazione. Molti di loro hanno conservato la fede e hanno mantenuto l’educazione religiosa dei loro figli nelle più atroci circostanze, la dittatura atea comunista 7. Il papa li ha ringraziati di cuore ed è stato gioiosamente toccato da una “generazione di nati dopo” che gli ha detto come voglia compiere il proprio cammino verso Dio partendo dalla solidità del patrimonio cattolico.

Con un discorso giudicato da tanti partecipanti e giornalisti più contraddittorio o di rifiuto ma, a ben guardare, un grande discorso, papa Benedetto XVI ha concluso nel Konzerthaus di Friburgo la sua visita ufficiale di stato. Quasi meditativa, alla maniera di una riflessione spirituale, egli ha cercato di presentare il proprio sogno di chiesa, dopo che alla messa celebrata nello stadio olimpico di Berlino aveva respinto i «sogni di chiesa» [OR 24 settembre 2011, 11] e giudicato duramente gli sforzi di riforma della chiesa che diffondono «insoddisfazione e malcontento», «se non si vedono realizzate le proprie idee superficiali ed erronee di “chiesa”» [ibid.]. Benedetto XVI ha infine espresso il proprio desiderio di cambiare, ma di genere diverso. «La chiesa non sono soltanto gli altri, non soltanto la gerarchia, il papa e i vescovi: chiesa siamo tutti noi, i battezzati» [Discorso ai cattolici impegnati, OR 26-27 settembre 2011, 10]. Certo, «un bisogno di cambiamento» [ibid.] è presente. La chiesa dovrebbe muoversi e restare in movimento. Essa deve consegnarsi completamente al mondo, andare nel mondo, ma non farsi comune al mondo, non secolarizzarsi. Benedetto XVI si è dichiarato energicamente per una chiesa che rinunci ai privilegi, al potere e alle forze esterne, che viceversa si concentra in semplicità e sobrietà su quel che dovrebbe essere per lei essenziale e su quel che fa sua forza interiore: accettare la sua missione alla sequela di Cristo e proclamare agli uomini il Dio benigno, misericordioso e redentivo.


Per la Chiesa dei poveri

Questi passaggi sono stati compresi da non poche persone come un’indicazione di come superare l’attuale diritto della chiesa di stato, che gode in Germania di una stretta cooperazione, per una netta separazione dei due ambiti. In particolare i dipendenti della chiesa hanno espresso sorpresa e anche preoccupazione per quello che un tale “ritiro” probabilmente significherebbe per l’educazione religiosa, per le opere caritatevoli, educative, ma anche per il finanziamento di molti servizi della chiesa, dall’aiuto allo sviluppo sino alle pressioni politiche, per le facoltà teologiche nelle università, anche per l’intero complesso della tassa ecclesiastica. Anche i vescovi, e altre persone impegnate nella chiesa si sono affrettati, dopo simili parole, ad acquietare gli animi dicendo che il papa in nessun caso avrebbe potuto pensare all’abolizione della tassa ecclesiastica e all’abbandono di altri privilegi attributi dal diritto della chiesa di stato. Gli impulsi dati sono stati pensati probabilmente come “plurisignificativi”. Ma sono reali? oppure è possibile che una classe di funzionari della chiesa, a fronte certo delle sfide che ci aspettano, ha più paura del papa, che vorrebbe vedere la presenza esterna coperta da una sostanza cristiana interiore? Benedetto XVI si è comunque chiaramente lamentato dei «fedeli “di routine”» [Nella spianata dell’aeroporto turistico di Friburgo la messa con i fedeli, OR 26-27 settembre 2011, 9] che «nella chiesa vedono ormai soltanto l’apparato, senza che il loro cuore sia toccato [...] dalla fede » [ibid.]. Per contro ha lodato gli «agnostici, che a motivo della questione su Dio non trovano pace» [ibid.]. Essi sarebbero più vicino al regno di Dio.

Lunghi passaggi del discorso di Friburgo hanno ricordato l’appello di un gruppo di vescovi per le riforme del Terzo mondo e d’Europa, impegnati socialmente, “progressisti” e persino di “sinistra” durante il concilio Vaticano II a favore di una chiesa dei poveri che, nella sequela di Cristo povero si fa povera, ma è tanto più ricca in spirito e più solidale con coloro che stanno sul lato in ombra della vita. Una chiesa de-borghesizzata per la liberazione dal “filisteismo” ecclesiastico. In questo contesto Benedetto XVI vede nella secolarizzazione, da lui viceversa denunciata altrove, una possibilità di purificazione e di “riforma” – qui il termine è usato per l’unica volta nel suo viaggio. Ma questa deve venire dall’interno. «Le secolarizzazioni infatti [...] significarono ogni volta una profonda liberazione della chiesa da forme di mondanità: essa si spoglia, per così dire, della sua ricchezza terrena e torna ad abbracciare pienamente la sua povertà terrena. Con ciò condivide il destino della tribù di Levi che, secondo l’affermazione dell’Antico Testamento, era la sola tribù in Israele che non possedeva un patrimonio terreno ma, come parte di eredità, aveva preso in sorte esclusivamente Dio stesso, la sua parola e i suoi segni. Con tale tribù, la chiesa condivideva in quei momenti storici l’esigenza di una povertà che si apriva verso il mondo, per distaccarsi dai suoi legami materiali, e così anche il suo agire missionario tornava ad essere credibile» [Ai cattolici impegnati, OR 26-27 settembre 2011, 10]. Ma cosa significa un così deciso “rinunciare al mondo” e “al potere” non solo per i comitati diocesani e le conduzioni delle chiese, ma per l’intera gerarchia e quindi per la guida apostolica suprema, per i ministri della Curia romana, e persino per il papato? L’ideale e la realtà – e questo sarebbe certamente degno di un discorso del papa.

Di tutto ciò che si discute come “utile” di questa visita in Germania una cosa è diventata chiara: Benedetto XVI vuole suscitare, nella sua – piuttosto platonica – comprensione della chiesa, un esame di coscienza e una riforma propria e degli altri, e favorire un approfondimento della vita laica e religiosa rivolte a Dio. Benedetto XVI si basa su una combinazione del patrimonio ignaziano e francescano: essere interamente nel mondo, cercare e trovare Dio in ogni cosa – e questo in povertà e semplicità, che rende indipendenti dai beni terreni, siano essi ideologici, istituzionali, o materiali. Essere più cristiani piuttosto che avere più chiesa. «Essere aperti alle vicende del mondo significa quindi per la chiesa distaccata dal mondo testimoniare [...] la signoria dell’amore di Dio. E questo compito, inoltre, rimanda al di là del mondo presente: la vita presente, infatti, include il legame con la vita eterna. Viviamo come singoli e come comunità della chiesa la semplicità di un grande amore che, nel mondo, è insieme la cosa più facile e più difficile, perché esige nulla di più e nulla di meno che il donare se stessi» [Ai cattolici impegnati, OR 26-27 settembre 2011, 10].

Benedetto XVI si comprende come un cercatore di Dio in mezzo a cercatori di Dio che vuole incoraggiare la ricerca di Dio sia dei credenti sia di coloro che non possono o non possono più credere. In tutti i punti problematici del suo pontificato, non si può apprezzare abbastanza ciò per cui questo papa – in un certo senso con Lutero – lotta: la vita non è una zona franca da Dio, ovunque. Anche dove non c’è Dio, lui c’è. Anche in tutti i nostri problemi con Dio e nei dubbi su Dio egli è qua come speranza contro ogni speranza. «Dove c’è Dio, c’è futuro».

_____________________

Note

1) JOHANNES RÖSER, caporedattore di Christ in der Gegenwart, nato nel 1956, ha studiato teologia a Friburgo e Tubinga ed è giornalista dal 1981. Tra i suoi interessi: religione e teologia, società, le scienze naturali, l’America Latina e l’Africa. È autore di varie pubblicazioni presso Herder di Friburgo.
MICHAEL SCHROM, redattore di Christ in der Gegenwart, nato nel 1968, ha studiato teologia a Monaco e Parigi. Formazione come giornalista e prime esperienze a Monaco. Tra i suoi interessi: film, giovani e religione, spiritualità.

2) Cf. WA - Luthers Werke (Weimarer Ausgabe) 37, 661 (Predigten des Jahres 1534, n. 73).

3) Consenso sulla dottrina della giustificazione. Dichiarazione ufficiale e Allegato, in Enchiridion Œcumenicum 7, Dehoniane, Bologna 2006, 913s. (nn. 1884s.).

4) Sull’intera questione, cf. ANGELO MAFFEIS (ed.), Dossier sulla giustificazione. La dichiarazione congiunta cattolico-luterana, commento e dibattito teologico, Queriniana, Brescia 2000.

5) Dominus Iesus circa l’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della chiesa (6 agosto 2000), in Enchiridion Vaticanum 19, Dehoniane, Bologna 2004, 657s. (nn. 1142s.).

6) [L’Ökumenische Kirchentag è un incontro di laici delle due confessioni in Germania, cattolica e protestante. Il terzo incontro si svolgerà nel 2017, anno in cui si festeggiano i 500 anni della Riforma]. 

7) [SED - Sozialistische Einheitspartei Deutschlands, il Partito unitario socialista Tedesco, fondato nel 1946 e disciolto nel 1990].




© 2011 by Christ in der Gegenwart 40, Freiburg, 2 ottobre 2011 (Herder, Freiburg)
© 2011 by Teologi@Internet
Traduzione dal tedesco della Redazione Queriniana 
Forum teologico diretto da Rosino Gibellini
Editrice Queriniana, Brescia (UE)

"
Teologi@Internet: giornale telematico fondato da Rosino Gibellini