Disponibile
Alla sequela di Gesù
Christoph Benke

Alla sequela di Gesù

Storia della spiritualità cristiana

Prezzo di copertina: Euro 30,00 Prezzo scontato: Euro 28,50
Collana: Introduzioni e trattati 49
ISBN: 978-88-399-2199-4
Formato: 15,8 x 23 cm
Pagine: 288
Titolo originale: In der Nachfolge Jesu. Geschichte der christlichen Spiritualit.t
© 2019

In breve

Due interi millenni di spiritualità cristiana ricondotti all’idea unificante di “sequela”.

Descrizione

La sequela di Gesù è il filo rosso di questo libro. Seguire le orme di Cristo, che è opera dello Spirito per eccellenza, si concretizza in ogni epoca e in ogni ambiente in forme diverse, caratteristiche, peculiari.
Qui Christoph Benke passa allora in rassegna i principali momenti dello sviluppo della spiritualità cristiana: dalla Bibbia ad oggi. L’autore, nella sua esposizione, mette a fuoco le figure più significative della fede di una data fase storica e, in più, consente di accedere alle fonti e ai testi originali della tradizione spirituale, non senza giungere a una sintesi per ciascuna delle varie epoche individuate. Di questa vasta rassegna, nel bilancio finale si tirano le fila in prospettiva sistematica, mentre gli indici conclusivi permettono al lettore di reperire velocemente tutti i temi trattati.
Avere dinanzi agli occhi le diverse forme di sequela è di grande aiuto quando si tratta di vivere oggi una forma convincente di spiritualità cristiana.

Recensioni

È Cristo Signore che dà forma alla vita del credente mediante lo Spirito Santo. E il credente nel rapportarsi a Gesù Signore lo ripresenta come realtà che riverbera in tutta la propria vita secondo modalità soggettive autentiche che ineriscono la psicologia, la storia, le vicende personali, la conversione, le difficoltà, i peccati. I tratti comuni dell'uomo spirituale assumono l'impronta singolare del soggetto credente e in tal senso incontriamo una varietà ampia di realizzazioni. Tuttavia, ci sono particolari realizzazioni spirituali che superano la singola persona del credente e interessano (per unitarietà e sintesi) le strutture oggettive dell'umano spirituale, risultando perciò particolarmente atte a intercettare e interpretare un'epoca, a indicare una via collocandosi con ciò all'origine delle spiritualità storiche (e dei rispettivi itinerari spirituali).

È questo l'ambito dell'opera di Benke (docente di teologia spirituale, discepolo di G. Greshake e parroco a Vienna) che sin dal titolo dichiara di pensare e presentare la storia della spiritualità mediante la categoria della sequela di Gesù. Nella Prefazione (pp. 5-7) ne spiega i motivi: sequela non dice un'idea, ma determina un'esperienza e circoscrive una relazione non un postulato o una sensazione. Le vicende che intende illustrare nella loro scansione storica (chiesa antica [pp. 36-73], medioevo [pp. 74-137], epoca moderna [pp. 138-169] e «modernità» [pp. 170-225]) sono quelle «delle figure più significative della fede» che hanno saputo rispondere all'azione di Dio sotto la regia dello Spirito Santo.

Ovviamente la scelta di queste figure singolari rassegna quelle note e narrate anche in altre storie della spiritualità, salvo alcune sorprese che lasciamo al lettore scoprire. Interessante, poi, la scelta metodologica di chiudere non solo ogni capitolo, ma anche ogni paragrafo con una «attualizzazione» che aiuta a fare sintesi e a intrecciare confronti. È un bel testo, che non deluderà lo studentee il lettore che ama l'essenzialità.

Inutile, però, cercare le eccellenze delle esperienze spirituali di area ortodossa, anglicana o riformata. In tal senso l'autore è chiaro fin dall'inizio: «È necessario fare una scelta. Nel nostro caso il baricentro sta nella prospettiva cattolica» (p. 5). Nella parte finale («Presente» [pp. 226-272]) l'autore si concentra su quanto è successo in merito dal Vaticano II in poi, alla molteplicità dei movimenti ecclesiali e di nuove comunità, per chiudere con una «sintesi» forse un po' troppo rapida. Quattro paginette per dire dell'importanza della prospettivastorica della spiritualità (quando sappiamo che non basta contestualizzare storicamente la spiritualità ma è necessario reclamare il carattere storico della stessa spiritualità); quattro pagine per accennare ai «criteri» della spiritualità cristiana (non basta dire della centralità del mistero pasquale di Cristo, del riferimento alla Parola e ai sacramenti, il senso della storia e il cristocentrismo nella visione di Dio e dell'uomo e dell'uomo peccatore, il riferimento ecclesiale ed escatologico; occorre anche, diremmo con R. Guardini, indagare come vengono approcciate alcune opposizioni polari come visibile e invisibile, interiore ed esteriore, molteplicità e unità, tempo e in temporalità, contemplazione e azione, amore di Dio e amore del prossimo, grazie e legge…); quattro pagine per dire del rapporto spiritualità-teologia; infine, le otto pagine dedicata in «zona cesarini» alla spiritualità mariana non sono l'epilogo migliore per un libro che si è aperto e in gran parte presentato sotto i migliori auspici.


D. Passarin, in CredereOggi 242 (2/2021), 167-168

La storia della spiritualità cristiana potrebbe essere vista da tante prospettive. Ogni prospettiva regala ricchezze diverse esattamente grazie alla luce del punto prospettico. Nel suo volume sulla storia della spiritualità cristiana, Christoph Benke sceglie il punto prospettico panoramico ma indicativo della sequela. Il volume riprende e amplia un’opera di successo dell’autore intitolata Kleine Geschichte der christlichen Spiritualität [Piccola storia della spiritualità cristiana] pubblicato nel 2007.

Spiritualità

Parlare di spiritualità implica un chiarimento del concetto “spirituale”. Quando Paolo intende indicare il distintivo cristiano, egli fa riferimento a un nuovo modo di esistenza. Per descrivere questo modo, l’apostolo impiega il greco pneumatikós, spirituale, “essere-nello-Spirito” (ad esempio 1 Cor 2,15). «Chi si fa compenetrare e trasformare dallo Spirito (in greco pnêuma) del Cristo glorificato come nuova ed efficace presenza di Dio e poi orienta in modo conseguente la sua vita, vive “pneumaticamente”, spiritualmente» (p. 12). Per tradurre quest’esperienza, gli autori latini useranno l’aggettivo spiritualis. Questa parola divenne in seguito di uso generale. Il sostantivo spiritualitas è documentato nel V secolo e designa la perfezione cristiana.

Nella Bibbia – spiega Benke – ci sono tre concetti che indicano concretamente la direzione della spiritualità: pietà, perfezione e santità. Quanto alla pietà, essa deriva dal greco eusébeia. Il termine viene usato nelle lettere pastorali (ad esempio in 1 Tim 6,11 e 2 Pt 1,3) e indica il rispetto dei valori, l’adorazione cultuale che si deve a Dio. La perfezione – cosa ben distinta dall’odierno perfezionismo – ricorda che l’osservanza dei comandamenti e l’integrità morale sono buone, ma non sono ancora tutto. L’amore è «il vincolo della perfezione» (Col 3,14; cf. Rm 13,8-10). Compresa in senso cristiano, la perfezione è una vita condotta nella radicale consapevolezza della stoltezza della croce (1 Cor 2,6), è quindi conformità a Cristo (Col 1,28). La santità, infine, indica anzitutto la realtà di Dio, in sé inaccessibile per l’essere umano. Ma questi è entrato nella santità di Dio grazie all’opera mediatrice di Gesù. In Cristo, la santità è una chiamata rivolta a tutti. I cristiani sono già «santi in Cristo» (cf. 1 Cor 1,2; 6,11). “Santificato” dice che la santità è qualcosa che avviene nell’uomo.

Sequela

Abbiamo fatto riferimento al titolo del libro che evoca la sequela e, di fatto, l’ultimo volto biblico che abbiamo evocato implica la natura cristica della santità del cristiano. Parlare di sequela implica necessariamente il volto relazionale della spiritualità cristiana. Essere spirituali nel cristianesimo non è fare un’ascesi solitaria, ma è stare con Cristo, imitare Cristo, seguire Cristo, unirsi a Cristo. Scrive l’a.: «L’immagine della “sequela” ha bisogno almeno di due persone per essere sviluppata. Tra la persona che precede e quella che segue deve esserci un legame e, almeno in forma iniziale, deve essere istituita una relazione. L’immagine presuppone dunque che ci sia una persona che precede. Questa indica la direzione e la meta. La persona che segue si fa guidare. Ciò avviene guardando, in modo in certo modo abituale, alla guida che sta davanti» (p. 18). Oltre a questo aspetto duale, c’è un'altra dimensione che risalta dall’espressione sequela, ovvero il fatto di un «netto divario» tra le due persone. Se uno non fosse avanti, se non fosse precedente, l’altro non lo seguirebbe. Per questo, chi sta dietro guarda verso chi sta davanti e lascia definire il cammino da colui che lo precede. Da qui l’ingresso dell’altro concetto divenuto fondamentale nella spiritualità cattolica: l’imitazione (in greco mímesis).

Alla luce della fenomenologia della sequela, l’autore ripercorre le varie epoche della storia cristiana per vedere le diverse concretizzazioni della sequela scandendo le parti del suo lavoro secondo il ritmo dettato dalla definizione di spiritualità di Friedrich Wulf. Quest’ultimo afferma che la spiritualità cristiana è «la risposta esistentiva dell’essere umano, prodotta dallo Spirito, all’azione santificatrice di Dio compiuta nel suo Spirito. Tra l’azione di Dio e la risposta umana, quasi come un anello unificante, c’è lo Spirito, lo Spirito dell’amore, che è stato riversato nei nostri cuori (cf. Rm 5,5). Egli unisce l’azione di Dio e dell’umanità; crea comunione; egli fa sì che ogni agire umano, che si riferisce al compimento di uomo e mondo, alla salvezza, sia in fondo grazia, e ogni grazia accettata diventi propria dell’essere umano, entri nella sua stessa attività ed esistenza».

Alla luce di questa densa citazione, Benke sviluppa il suo progetto di una storia della spiritualità partendo dagli albori della spiritualità nella sequela Christi e cercando di rispondere man mano che avanza l’esplorazione e la presentazione alle seguenti domande: perché oggi è importante per la fede occuparsi della storia della fede? quali modelli di sequela (di spiritualità cristiana) si possono mettere a fuoco (tipologia)? che cosa – in base ai progetti di sequela presentati – costituisce una spiritualità cristiana? in che relazione stanno la sequela con la chiesa, la molteplicità con l’unità? che relazione c’è tra spiritualità e teologia?

Ignazio d’Antiochia

Prendiamo, a mo’ d’assaggio, due esempi di sequela provenienti non solo da due epoche, ma da due sensibilità diverse, ma convergenti nella passione e nella centralità dell'amore di Dio. La trattazione di Benke procede con sintesi che riassumono passaggi importanti nel pensiero e nella prassi dell’autore/personalità scelta e citazioni dirette delle opere per permettere un contatto diretto con i testi.

Ignazio, incoronato martire prima del 117 d.C., è il secondo successore di Pietro per la Chiesa di Antiochia. Scrisse sette lettere alle comunità cristiane. Sono scritti preziosi perché sono addirittura anteriori agli scritti tardivi del Nuovo Testamento. Ignazio – spiega Benke – aspira alla comunione di passione con il Dio sofferente (riferendosi con questo a Cristo). Usa quindi il verbo greco sym-pathêin, com-patire. Ignazio è un vero folle di Cristo, un folle d’amore. Questa follia si tocca con la mano leggendo le sue lettere: «Se, infatti, queste cose sono state fatte in apparenza dal Signore nostro, anche io sono incatenato apparentemente. Perché mi sono consegnato alla morte […]? Ma quando sono vicino alla spada, sono vicino a Dio, in mezzo alle belve, sono in mezzo a Dio […]. Sopporto tutto per partecipare alla sua passione, dandomene la forza egli stesso» (Agli Smirnesi 4, 2). Ignazio esprime con la parola “imitazione” il profondo desiderio di vicinanza e di identificazione personale con il Cristo sofferente: «È bene per me morire in Gesù Cristo piuttosto che regnare sino ai confini della terra. Io cerco colui che è morto per noi, voglio colui che è risorto per noi. La rinascita mi si avvicina. […] Permettetemi di essere imitatore della passione del mio Dio» (Ai Romani 6, 1.3).

Ignazio è convinto che la sequela di Cristo si compie solamente nel martirio. L’unità con Cristo c’è quindi solamente per il martire. In base a questo si possono comprendere la tranquillità di Ignazio e la sua richiesta di non fare nulla per liberarlo dalla sua condizione. Egli affronta con consapevolezza la morte crudele: «Io scrivo a tutte le chiese e annunzio a tutti che muoio volentieri per Dio, se voi non me l’impedite. Vi prego di non essere per me di un’inopportuna benevolenza. Lasciatemi essere pasto delle belve, per mezzo delle quali mi è possibile raggiungere Dio. Sono frumento di Dio e sono macinato dai denti delle belve per diventare puro pane di Cristo. Piuttosto accarezzate le belve perché diventino la mia tomba e non lascino nulla del mio corpo […]. Allora sarò veramente discepolo di Gesù Cristo […]. Pregate Cristo per me, affinché con questi mezzi diventi vittima di Dio. […] Ora incomincio ad essere un discepolo. Niente di visibile e invisibile mi impedisca per invidia di raggiungere Gesù Cristo» (Ai Romani 4, 1-2; 5, 3). Non sorprende allora che la preghiera che chiede non è quella di essere liberato, ma di essere “vittima”, non degli uomini, ma di Dio: «Pregate Cristo per me, affinché con questi mezzi diventi vittima di Dio» (Ai Romani 4, 2).

Francesco di Sales

Francesco di Sales (1567-1622) combina mistica e pastorale. La sua esperienza personale di Dio, quella che si considera come la sua “seconda conversione”, all’età di vent’anni circa, lo conduce dall’angoscia del senso di colpa che lo faceva sentire rifiutato da Dio a un senso grande della dimensione positiva del cammino di sequela.

Per mostrare il lato positivo della sua spiritualità, Benke attinge a una sua lettera nella quale scrive a “lettere maiuscole” a Jeanne Françoise de Chantal come regola generale: «OCCORRE FAR TUTTO PER AMORE E NULLA PER FORZA; OCCORRE AMARE L’OBBEDIENZA PIÙ DI QUANTO SI TEME LA DISOBBEDIENZA! Vi lascio lo spirito della libertà».

Nel corso della sua attività pastorale, Francesco di Sales scrive due trattati spirituali (Introduzione alla vita devota - Filotea; Trattato dell’amore di Dio - Teotimo) e numerose lettere. Una parte importante dell’insegnamento di Francesco di Sales è la connessione necessaria tra mistica e prassi. Sintetizzando il suo afflato, Benke scrive: «Se la mistica resta in sé stessa, non è (ancora) cristiana. Essa porta all’“estasi dell’azione”. Mistica e pastorale vanno di pari passo» (p. 154).

La spiritualità di Francesco è profetica per la sua epoca e sintetica per ogni epoca. In un’epoca in cui tende ad affermarsi un rigorismo scrupoloso concentrato sulla perfezione morale, Francesco ricorda che il coronamento della perfezione è la carità. Così scrive nel Trattato dell’amore di Dio: «L’uomo è la perfezione dell’universo, lo spirito è la perfezione dell’uomo, l’amore quella dello spirito e la carità quella dell’amore: ecco perché l’amore di Dio è il fine, la perfezione e l’eccellenza dell’universo». Questa prassi dell’amore si fonda su una coscienza radicata nell’amore e nella provvidenza di Dio: «Il mio passato non mi preoccupa più, appartiene alla misericordia divina, il mio futuro non mi preoccupa ancora, appartiene alla provvidenza divina. Ciò che mi preoccupa è l’adesso, qui e oggi; esso però appartiene alla grazia di Dio e all’impegno della mia buona volontà».

Liberata dall’amore di Dio, la persona umana può vivere una sequela libera e gioioa: «Vi ho detto questo, e lo riscrivo: non voglio una pietà isolata, inquieta, triste, scontrosa e arida; ma una pietà moderata, tenera, piacevole e serena, in una parola una pietà libera e gioiosa, amabile davanti a Dio e agli uomini».


R. Cheaib, in Theologhia.com 19 gennaio 2021

La storia della spiritualità di Cristoph Benke intende offrire ai propri lettori «una visione complessiva delle tappe e impostazioni importanti della spiritualità cristiana» (Prefazione, p. 5): una sintesi ragionata, dunque, che assume come chiave di lettura la sequela di Gesù nella storia della fede, in alcuni modelli esemplari. Il risultato finale ha sicuramente i pregi di una sintesi ben organizzata nelle sue parti, ma talora inevitabilmente schematica. Tuttavia per coloro che desiderano avere un approccio complessivo alla spiritualità biblico-cristiana, con un baricentro «nella prospettiva cattolica» (Prefazione, p. 5), il volume è agile e stimolante nelle piste di attualizzazione proposte.

L’A. apre la sua trattazione con una riflessione sul concetto di spiritualità (Fondamenti, pp. 9-35), rilevando come il termine sia «cangiante: perché esso è indipendente dalla religione ed è concepito individualmente o, classicamente, è collegato alla religione e da essa ispirato» (p. 9). Si tratta dunque di un’idea complessa, spesso associata a percorsi eterogenei tra loro e tuttavia sempre connessa al dialogo, all’incontro, alla relazione. Per un’esigenza di chiarificazione, quindi, Benke articola una breve storia del termine in ottica cristiana, illustrandone i precedenti biblici (pietà, perfezione, santità) e quelli non biblici (ascesi e mistica). L’A. giustifica poi la scelta del filo rosso della sequela: «In un’epoca in cui la spiritualità non è più determinabile con chiarezza, la sequela è il modello base più originario, perché biblico e più idoneo, perché sempre ancora fresco, della nostra presentazione esemplificativa della storia della spiritualità cristiana» (p. 17).

L’idea di sequela viene vagliata, offrendone una piccola fenomenologia: Benke evidenzia come si tratti di un concetto dinamico, che coinvolge l’integralità della persona e si distingue dall’idea di “imitazione” che appartiene alla letteratura post-biblica. L’A. intende, dunque, coniugare l’interesse cronistorico e quello teologico: in questo contesto, «i modelli di sequela descritti servono, non ultimo, come materiale di una teologia della spiritualità» (p. 22). Prioritario è indagare quali siano i paradigmi di sequela nella Scrittura (cf. pp. 23-35): nell’Antico Testamento Benke individua l’esemplarità delle figure di Abramo ed Eliseo insieme alla personalità di confine che è il Battista. Nel Nuovo Testamento, in Gesù di Nazaret, il regno di Dio irrompe nella vita dei primi discepoli e la sequela è connotata da alcune caratteristiche rilevanti: il peregrinare escatologico (cf. pp. 29-30), la collaborazione al regno di Dio (cf. pp. 30-31), la croce in filigrana all’esperienza (cf. pp. 31-32). Peculiari sono, poi, la sequela post-pasquale (cf. pp. 32-34) e l’attesa escatologica che nella metafora della verginità ebbe presto un referente privilegiato (cf. p. 35).

Il percorso storico spirituale fa emergere alcune personalità ritenute dall’A. esemplari (se ne potevano scegliere anche altre), sintetizzando in tematiche-parole chiave la spiritualità dell’epoca considerata e avendo cura di segnalare una ripresa attuale e attualizzante: il tema della sequela è, in tal mondo, non solo declinato nella storia in maniera diacronica ma anche esplorato nei suoi significati perenni, profetici e rielaborati in esperienze capaci di coniugare cose “antiche e nuove”.

Nel quadro della chiesa antica (pp. 36-73) il tema della sequela è vagliato nell’esperienza del martirio, del distacco dal mondo (l’ascesi del cristianesimo primitivo) e del monachesimo cristiano. La Fraternità di Gerusalemme – l’esperienza del monachesimo urbano – è emblematica di una sequela rivissuta come ricerca monastica di Cristo, sulla spinta degli impulsi dell’epoca dei padri (cf. p. 71). La questione di una perdita, di una certa stagnazione della sequela apre la sezione sul medioevo (pp. 74-137). Benke registra un’accentuazione della prestazione sull’amore nell’alto medioevo (cf. p. 80), insieme a esperienze di innovativa forza spirituale a partire dal secondo quarto del XII secolo, da Bernardo di Chiaravalle ai movimenti pauperistici alle nuove vie laicali, sino alla mistica. Contrappunti attuali sono individuati, per la vita contemplativa e monastica, nella personalità di Thomas Merton (pp. 89-91); per i movimenti pauperistici sono richiamate le acquisizioni del Vaticano II e della teologia della liberazione (pp. 104-107); la spiritualità laicale trova una sua continuità e innovazione nei movimenti ecclesiali e nelle nuove comunità spirituali (pp. 119-120).

In questa sezione Benke approfondisce anche il concetto di “mistica” (cf. p. 120), indicando a riguardo figure esemplari (Gregorio di Nissa, Matilde di Magdeburgo, Giovanni Taulero, gli “spiriti liberi”), aprendo quindi alla lettura attualizzante della “mistica degli occhi aperti” di J.B. Metz (pp. 133-134). La sezione sull’epoca moderna (pp. 138-169) mette a tema ancora la relazione tra mistica e sequela, a partire dal presupposto della sicurezza fondata solo in Dio affermata da Martin Lutero (pp. 139-140) e dalla mistica spagnola di cui sono considerate le personalità di Teresa d’Avila (pp. 141-147), entro il più ampio scenario della spiritualità carmelitana, e di Ignazio di Loyola (pp. 147-153). L’A. prosegue soffermandosi sul rapporto tra mistica e sequela nel panorama della spiritualità francese del XVII secolo (Francesco di Sales, Maria dell’Incarnazione, Jeanne-Marie Guyon, Pierre de Bérulle), per tratteggiare infine alcune prospettive sintetiche della «spiritualità dell’epoca nuova» (p. 168). L’arco temporale che Benke identifica come “modernità” (pp. 170-225) affronta anzitutto l’indagine sulla figura della sequela tra idealismo e romanticismo (pp. 170-181). Personalità paradigmatiche in questo contesto sono Anna Katharina Emmerick, Johan Adam Möhler, Sören Kierkegaard. Il modello spirituale della “rappresentanza” nel XIX secolo (pp. 182-195) come sequela della passione di Gesù è attestato dalle esperienze di Teresa di Lisieux, Léon Bloy, Reinhold Schneider. Una sequela come consegna di sé che trova una concretizzazione attuale nel vissuto del gendarme francese Arnauld Beltrame (pp. 193-195). Il XIX secolo conosce anche un versante politico della sequela (pp. 195-208): una estroversione che presuppone l’introversione della mistica, declinata secondo diversi stili da Bonhoeffer, Hammarskjöld, Sobrino. La sequela si attua in maniera peculiare nelle periferie, ai margini (pp. 210-224): ne sono esempio i “folli di Cristo”, Simone Weil, Paolo dall’Oglio, Ruth Pfau, personalità che toccano in maniera significativa la nostra storia e ci immettono nel “Presente”, ultima sezione del volume (pp. 226-272). Benke tematizza in queste pagine – in maniera schematica – gli impulsi spirituali dell’oggi, operando una chiara sintesi e offrendo criteri per discernere una spiritualità cristiana (pp. 250-254) e gli stili nei quali essa si realizza nella storia (pp. 254-260).


M. Ceschia, in Studia Patavina 2/2020, 369-371

L’a. ricostruisce una storia della spiritualità cristiana presentando le principali figure che hanno incarnato lo spirito del cristianesimo: il lettore si orienta in un panorama lungo 2000 anni individuando gli elementi di unità. Preziose le pause riflessive al termine di ogni periodo storico, per ricavare i caratteri generali assunti dalla spiritualità cristiana e stabilire dei confronti fra i diversi periodi. La scelta metodologica di privilegiare l’analisi di casi esemplari è fondata sulla convinzione teologica che la spiritualità cristiana è stata prodotta dallo Spirito Santo, e che occorre studiarla nelle figure e nelle forme di sequela da esso suscitate. Sarebbe dunque auspicabile un ulteriore vol. che approfondisca anche figure del cristianesimo ortodosso.
L. Bosi, in Il Regno Attualità 8/2020, 223-4

[…] Una recente «storia della spiritualità cristiana», rubricata nel titolo sotto il termine tipico evangelico del discepolato, Alla sequela di Gesù. Autore è Christoph Benke, un sacerdote austriaco, coi titoli accademici giusti, ma impegnato anche nella pastorale parrocchiale ordinaria.

Non molti sanno che il celebre Vade retro, Satana, rivolto da Gesù a un Pietro un po' ottuso, non è un esorcismo contro un tentatore, bensì un invito a «mettersi in cammino dietro» il Maestro, seguendone (la «sequela») le orme, anche quando s'inerpicano sull'erta scoscesa e pietrosa del Calvario, senza lasciarsi tentare dallo scoramento diabolico.

La trama storica del volume è scandita dalla diacronia, ritmata a sua volta su un pentagramma che non è solo cronologico. Infatti il tempo della Chiesa antica, che comprende la scelta radicale del martirio o quella aspra dell'ascesi e affascinante del monachesimo, si differenzia dal Medioevo che apre nuove vie anche per i laici, si erge sui picchi della mistica, si spoglia delle ricchezze nell'imitazione del Cristo povero secondo lo stile di san Francesco. È, invece, Lutero nell'età moderna a spostare l'asse sul primato assoluto di Dio che ha un contrappunto nel «reclamare il mondo per Dio» operato da Ignazio di Loyola, mentre il linguaggio dell'amore irrompe, prima, con Teresa d'Avila e, poi, con Francesco di Sales.

Si apre, così, la modernità con un ricco arcobaleno di esperienze dai colori squillanti, coi nomi – tanto per citare i più famosi – di Kierkegaard, Teresa di Lisieux, Bonhoeffer e persino di un generoso Segretario generale dell'ONU, Dag Hammarskjöld, per non parlare di Simone Weil. Curiosamente Benke fa salire sulla ribalta anche p. Paolo Dall'Oglio, il noto gesuita dal 2013 considerato disperso a Raqqa in Siria, con la sua proposta della sequela di Cristo nella «chiesa dell'Islam».

Chiesa antica, Medioevo, Età moderna, modernità-contemporaneità convergono verso l'ultimo quadro, il quinto del pentagramma: è quel «presente» sbocciato dal Concilio Vaticano II e fiorito in un «ventaglio di stili» che permettono uno sguardo finale panoramico. Quello disegnato da Benke è, quindi, un affresco ove la spiritualità s'intreccia con la storia e la cultura. Si riesce, così, a capire perché un agnostico radicale come Bertrand Russell abbia scritto un saggio sul Misticismo e la logica, riconoscendo che «i più grandi filosofi hanno sentito il bisogno sia della scienza sia della mistica... che è un'intensità e profondità di sentimento riguardo a tutto ciò che si concepisce a proposito dell'universo».


G. Ravasi, in Il Sole 24 Ore 15 marzo 2020

Fino dal giorno in cui Gesù, camminando lungo il mare di Galilea, chiese a Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni di seguirlo, il cristianesimo si è identificato con la sequela del Nazareno: essere cristiani ha significato e significa «andare dietro» (Mt 4,19) a Lui. Per tale motivo, è da considerare assai opportuna la scelta di Christoph Benke di intitolare un suo interessante volume Alla sequela di Gesù. Storia della spiritualità cristiana (Queriniana, pagine 288, euro 30,00), nel quale viene sottolineato con chiarezza il nesso inscindibile fra la vita di fede e il mettersi sulle orme di Cristo.

Il libro si apre con un capitolo dedicato ai "Fondamenti", in cui l'autore spiega con chiarezza il valore delle parole "spiritualità" e "sequela", che lungo i secoli, e in specie negli ultimi decenni, hanno subito una lunga e complessa evoluzione. Una volta operati questi essenziali chiarimenti terminologici, Benke dichiara quale sia lo scopo del suo lavoro: «L'intento è quindi quello di passare in rassegna il tema della sequela di Gesù – e quindi della "spiritualità", risalendo la storia sino al passato più recente».

Dopo essersi brevemente soffermato su "La sequela nella Bibbia", l'autore concentra la propria attenzione sul periodo della Chiesa antica, e in questo contesto tre sono i fenomeni presi in esame: il martirio, l'ascesi e il monachesimo. Nella parte dedicata al Medioevo, il lettore incontrerà figure ed esperienze di altissimo spessore, veri e propri fari sulla strada della spiritualità cristiana: Colombano e Bernardo, Francesco e Chiara, il movimento delle beghine e i grandi mistici. Successivamente, Benke guarda con attenzione al periodo della Riforma cattolica, illuminato, fra gli altri, da Teresa d'Avila e Ignazio di Loyola, Francesco di Sales e Pierre de Bérulle. Avyicinandosi all'oggi, Benke sottolinea il valore di numerosi testimoni, tra cui Anna Katharina Emmerick, Teresa di Lisieux e Simone Weil. Per ciò che concerne il nostro tempo, l'autore opera una breve e interessante ricognizione di quanto si è concretizzato nella vita della Chiesa nell'ultimo mezzo secolo circa. Il libro si conclude con alcune interessanti pagine dedicate alla spiritualità mariana.

Christoph Benke, sacerdote austriaco, direttore spirituale del Centro per studenti di teologia dell'arcidiocesi di Vienna, dichiara di aver scelto di occuparsi della spiritualità cattolica, sperando tuttavia che il suo libro possa essere accolto positivamente anche da chi non è neppure cristiano. Tale auspicio lo ha spinto a mostrare come e quanto molte esperienze di sequela che hanno caratterizzato la storia del cristianesimo possano risultare importanti anche per l'uomo contemporaneo. D'altro canto, l'invito rivolto duemila anni fa ai pescatori della Galilea continua a risuonare con forza.


M. Schoepflin, in Avvenire 12 gennaio 2020, 21