Non dobbiamo «profanare con una frenesia festaiola troppo a buon mercato la notte santa, nella quale è stata consacrata anche la nostra vita» (87). Con queste parole accorate Karl Rahner riporta il mistero del Natale all’uomo e l’uomo al mistero del Natale storico del suo Signore e Salvatore.
Il libro Karl Rahner, Dio si è fatto uomo. Breve teologia del Natale, Queriniana, Brescia 20164 (92pp.) raccoglie alcune delle meditazioni del gesuita tedesco noto tra l’altro per la sua cristologia dal basso. La meditazione natalizia di Rahner si distingue per alcuni elementi tra cui primeggia il collocamento del Natale all’interno della gestualità discendente ed empatica di Dio che si chiarisce alla luce di tutto il mistero dell’incarnazione dalla nascita di Gesù a Betlemme fino alla sua morte e risurrezione. Rahner è convinto, infatti, che «solo la ‘fine’ rivela veramente l’‘inizio’» (5).
Rahner riporta la riflessione sul natale all’alveo della nascita di ognuno. D’altronde, è solo nel collocamento vitale e personale che il Natale acquisisce una rilevanza per il soggetto. «Troviamo un accesso al mistero del Natale se partiamo dall’esperienza della vita reale, se […] partiamo ‘dal basso’. In basso, là dove noi siamo e facciamo esperienza anzitutto di noi stessi» (11). Lì, nel mistero della nascita che nessuno di noi ha scelto antecedentemente, incontriamo il Dio eterno che discende «nella situazione senza via d’uscita della nostra carne, della nostra storia, nelle tenebre della nostra morte» (14). Lì, Dio sfata i nostri miti della lontananza del divino, con una prossimità inimmaginabile. Il messaggio del Natale è innanzitutto il messaggio della nascita, il messaggio scandaloso dell’umanità di Dio.
A questa ordinarietà che assume lo Straordinario e naturalezza che assume il Soprannaturale possiamo accedere contemplando i testi canonici riguardo a Gesù. Scrive Rahner in maniera sublime: «Dall’esperienza che le persone attorno a Gesù hanno fatto concretamente con questo Gesù e che, per fare questa esperienza, hanno portato la propria esperienza di se stessi come persone. Sì, queste persone non sperimentarono per prima cosa Dio o un Dio nella figura di un uomo, dalla quale erompeva affascinante a priori il fulgore della divinità. Esse sperimentarono un essere umano com’erano loro stesse, un essere con inizio umano, storicamente condizionato, con una vita comune che tende inesorabilmente alla morte; un uomo che parlava la loro lingua, che accettava fino in fondo con semplicità e naturalezza la sua situazione sociale e religiosa, che sentiva e viveva come tutti gli esseri umani che gli stavano attorno; la sua predicazione religiosa sgorgava dalle rappresentazioni e dagli orizzonti religiosi della sua epoca, con i rispettivi concetti e immagini; un uomo che parlava e taceva, che gioiva e piangeva, che visse e morì; a lui si dava il titolo di rabbì, gli si potevano gettare le braccia al collo; i suoi particolari atteggiamenti potevano essere avvertiti come antipatici ed incomprensibili, dalle sue parole non si doveva assolutamente ricavare a priori e sempre l’impressione che fossero parole che superavano divinamente ogni altra sapienza degli uomini. E il fatto che questa vita sia terminata nella morte, che non fu soltanto la catastrofe definitiva della sua vita psichica, ma anche il deludente e vuoto fallimento della missione che egli aveva rivendicato per sé, altro non fu che la riga finale tirata sotto un’esperienza: qui, un uomo era vissuto con la problematicità senza risposta propria dell’essere umano. Gesù è stato un uomo, un vero uomo, senza alcuna riduzione o troppo affrettate riserve, un uomo come noi» (16-17).
Quest’umanità di Dio ci riconcilia con la grandezza della nostra umanità dalla quale spesso ci distraiamo cercando scenari straordinari per amare l’ordinario.
Rahner – che si inoltra nelle meditazioni anche in approfondimenti teologici di alto livello e confessata complessità – declina il mistero del Natale con questioni teologiche quali l’autocoscienza di Gesù, il contenuto dell’annuncio del Regno di Dio, la portata trinitaria della teologia dell’Incarnazione. Ma il tema che ritorna sovente nella meditazione è proprio quello della significatività della commemorazione della nascita di Gesù che deve contribuire alla rinascita dell’uomo. Il cuore del messaggio del libretto è il seguente: «La luce di Natale ed il canto degli angeli, che glorifica Dio e proclama la riconciliazione definitiva per gli uomini che Dio ama, devono discendere negli abissi della nostra morte, altrimenti quello splendore e quel suono rimangono vani. Natale non è una festa consolatrice, che per un momento vuole confortarci facendoci scordare l’incomprensibilità del nostro destino. Questa festa dev’essere celebrata là dove noi viviamo, nel dramma della nostra morte, poiché la nascita di Gesù è stata l’inizio della sua morte» (54).
R. Cheaib, in
www.theologhia.com 12/2016