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Hans Küng
Stephan Schlensog (ed.)

Hans Küng

L’opera di una vita

Prezzo di copertina: Euro 22,00 Prezzo scontato: Euro 20,90
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Collana: Giornale di teologia 436
ISBN: 978-88-399-3436-9
Formato: 12,3 x 19,3 cm
Pagine: 192
Titolo originale: Lebenswerk. Freunde und Theologen zu Hans Küng
© 2021

In breve

«Ho ricevuto in dono una vita ricca sotto tutti i punti di vista. Non sono “stanco della vita”, bensì “pago della vita”: così come, secondo la Bibbia, sono morti “sazi di giorni” sia Abramo e il re Davide, sia Giobbe» Hans Küng.

Descrizione

Solo a torto Hans Küng (1928-2021) potrebbe essere ridotto a “teologo ribelle” oppure a “contestatore del papa”. Perché è stato precursore e visionario, ottenendo ascolto in settori come l’economia e la politica. È stato prete e pastore, abituato a porgere orecchio alle preoccupazioni di chi gli si rivolgeva in cerca d’aiuto. È stato uno dei pochi teologi conosciuti e rispettati anche da un pubblico laico e da rappresentanti di altre fedi religiose, in tutto il mondo.
La sua emozionante biografia intellettuale non solo è stata plasmata da temi diversissimi, ma ha anche mostrato tante sfaccettature differenti. Lo spettro di argomenti coperti dalla sua opera teologica è semplicemente impressionante, così come il suo impegno indefesso per un rinnovamento della teologia, per la riforma della chiesa, per l’ecumenismo, per il dialogo interreligioso e per un’etica globale.
Nei contributi di questo libro, amici, teologhe e teologi rendono omaggio dalle più diverse prospettive all’opera multiforme di Küng e mostrano l’importanza duratura del pensiero di questo autore d’eccezione.

Recensioni

Sacerdote cattolico e professore di teologia senza missio canonica dal 1979, Hans Küng è morto nell’aprile del 2021 a 93 anni. Diversamente da altri che entrarono in conflitto con le Congregazioni romane, non mancò mai il suo impegno a servizio della chiesa lavorando alacremente sui temi ecumenici, del dialogo interreligioso, del rapporto tra fede e scienza, ma anche l'infallibilità, il celibato, il sacerdozio alle donne. Negli ultimi anni della sua libera docenza e sino alla fine si dedicò alla promozione della pace tra le religioni e di un'«etica globale» per un «mondo planetario», si direbbe con Ernesto Balducci. Ma sono molte di più le questioni da lui discusse. E sono ancora in gran parte «questioni» teologiche di cui si discute ancor oggi.

Solo per i lettori più giovani è opportuno mettere in fila alcune suggestioni, indicative del multiforme, acuto e geniale, lungimirante, provvido anche se inquieto suo pensiero.

Nel 1957 discusse la tesi sulla giustificazione (in dialogo con Karl Barth), che gli valse l'attenzione del Sant'Uffizio. Breve: 42 anni dopo abbiamo ascoltato la Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione; non poco. Anni Sessanta e Settanta: scrive più tomi sulla chiesa e sul papato (ricordate Infallibile?) che appellano strutture ecclesiali di governo più collegiali e democratiche. Un sessantennio dopo si indice addirittura un sinodo ad hoc sulla sinodalità. Non poco. Agli anni Settanta risale la sua opera più diffusa e più disorientante: Essere cristiani, nella quale parlando di Gesù Cristo ne sottolineava fortemente la dimensione umana cercando di sganciare la dottrina dalla metafisica greca. Breve: oggi la ricerca-storica su Gesù si trova sempre più di fronte all'interrogativo di come sia possibile che un uomo di una determinata epoca storica possa parlare di se stesso (direttamente e indirettamente) e agire in modo tale che Dio stesso sia pienamente in gioco in lui. Facile l'accusa di neoarianesimo, ma difficile rispondere senza ricorrere alla metafisica.

Evidentemente alcuni pilastri della cristologia sembrarono traballare così tanto che Küng “venne fermato” («giornata nera per la teologia», ebbe a dire Karl Lehmann, poi cardinale). Pochi teologi allora gli espressero pubblica solidarietà. Eletto papa il suo ex professore e collega di Tubinga, Joseph Ratzinger, gli chiese udienza {2005): si ebbe un breve comunicato stampa. Riabilitazione? Küng ci sperò. Ma solo con papa Francesco visse l'incontro come riconciliazione con la chiesa.

Certamente il suo è un pensiero non facile da inquadrare e necessita di una valutazione più complessa e approfondita proprio per l'ampiezza dei territori percorsi (cristologia, ecclesiologia, ecumenismo, multiculturalismo religioso, etica, ateismo, riforma della chiesa, secolarizzazione, fine vita... sono ventiquattro i volumi della sua opera omnia!)e per l'intreccio che inttattiene con la cultura laica, la società e la politica. Fu uno dei pochi teologi che seppero dialogare con il mondo laico entrando in sintonia con quei linguaggi. Col suo pensiero si confrontarono responsabili della politica, delle religioni e del mondo economico. Ricordiamo solo: otto volte dottore honoris causa e insignito di numerosi premi dalle altre chiese. Duro, aspro, finanche provocatore coi teologi e gli ecclesiastici, ma dialogante, attento e fraterno con i lontani e il mondo laico. Comunque pur sempre nel cuore un cattolico, anche se a modo suo (Yves Congar). Fino alla fine.

Infatti, in piena malattia (era affetto dal Parkinson) nel 2015 discusse di Sterbhilfe («aiuto a morire», più che di Euthànasie)turbando ancora una volta l'orientamento in merito della morale cattolica (Morire felici? Ma cf. anche Della dignità del morire).

Ma veniamo al nostro libro. Per un teologo di questa vaglia e una teologia così dibattuta ci si aspetterebbe un profìlo, sia pur veloce, un po' più tratteggiato. Diversamente da quello qui presentato. Il curatore, S. Schlensog, segretario generale della «Fondazione Weltethos» creata dallo stesso Küng, coordina una serie di lavori scritti allo scopo di illustrare chi è stato veramente Küng ed esporre essenzialmente le coordinate di fondo del suo pensiero. Un omaggio postumo reso più intenso e vivido dall'Appendice all'edizione italiana (pp. 153-187) che riporta alcuni testi pronunciati durante le sue esequie (Tübingen, 16 aprile 2021). Manca qualsiasi prefazione (non avrebbe guastato, dal momento che non sono molti i conoscitori di Küng al di fuori delle ritrite solite "opinioni").

Si inizia subito con il contributo di J. Rahner (pp; 5-35) che puntualizza le questioni legate alla chiesa e alla sua riforma per terminare con una domanda necessaria: «Che cosa resta? Domande irrisolte» (p. 22); segue il contributo di Häring (pp. 37-84) che approfondisce «la spina della cristologia e della dottrina su Dio di Hans Küng». Poi c'è P. Schmidt-Leukel (pp. 85-114) che vaglia «gli impulsi di Hans Küng per una teologia delle religioni». C. Dierksmeier, quindi, si chiede: «Come convincere gli atei e gli agnostici dell'etica globale?» (pp. 115-141). Conclude il tracciato l'intervento del curatore che tenta, da profondo conoscitore del nostro teologo, di fare un breve «bilancio di vita» (S. Schlensog, pp. 143-150). Già scorrendo l'indice del volume, quindi, il tutto appare un po' raccogliticcio e per nulla organico. Tuttavia, riesce a offrire materiale per ulteriori (necessarie) riflessioni (critiche o meno). Permette anche di percepire come alcune delle istanze richiamate da Küng siano state fatte proprie da questo pontificato e vadano a costituire quella zona critica oggetto di continue querelle.

L’auspicio è che la teologia (almeno quella più avveduta e colta) ripercorra alcune tra le tematiche centrali di questo incauto ma consistente e intenso teologo.


D. Passarin, in CredereOggi 6/2022, 171-173

Teologo centrale per la cultura cattolica della seconda meta del Novecento, Hans Küng e stato oggetto di un’accesa diatriba da parte di alte gerarchie della Chiesa. Un conflitto con la Congregazione per la dottrina della fede che si inasprì sino al punto da provocare, nel 1979, la revoca dell’autorizzazione all’insegnamento della teologia: una condanna emblematica di una fra le personalità più autorevoli del concilio Vaticano II.

Paradossalmente per Küng vale quanto egli stesso disse in occasione della cerimonia funebre del teologo evangelico Karl Barth: «Per Karl Barth era importante la Chiesa intera, e ciò significa, in secondo luogo, in una dimensione spaziale: la Chiesa del mondo intero».

Sul pensiero di Küng Stephan Schlensog, teologo e per decenni il suo più stretto collaboratore, ha coordinato i contributi di altri 4 studiosi tesi a dare testimonianza dell’importanza che ha avuto in passato e che, soprattutto, sarà destinata ad avere la sua opera nei prossimi anni.

Ad aprire il volume e Johanna Rahner, docente di Dogmatica, storia dei dogmi e teologia ecumenica alla Facolta cattolica di Teologia dell’Università di Tubinga, che, nel saggio intitolato «Tra Neckar e Tevere. Chiesa ed ecumene in evoluzione» offre un excursus della parabola teologica del teologo svizzero prendendo le mosse, provocatoriamente, da Martin Lutero, dunque dalla Riforma protestante, per la quale vale il principio dell’Ecclesia semper reformanda. Ovvero l’opposto di una Chiesa che si percepisce come una società perfetta, che determina la propria autorità a partire dall’eterno e non dal mutevole: «Solo le mura della catholica offrivano protezione contro il diluvio della modernità, in cui il mutevole e il variabile, cioè il divenire, lo svanire e il riemergere, vennero compresi come il segno di un tempo nuovo» (7).

Rahner inquadra il pensiero di Küng relazionandolo con altre fondamentali figure a lui coeve (Pesch, Metz, Kehl) al fine di evidenziare la sua volontà di proporre una Chiesa che può oltrepassare gli stretti confini istituzionali per giungere a una communio costituita dal Risorto e riattualizzata nell’eucaristia. Una Chiesa necessariamente in missione che si proietta all’esterno per incontrare gli altri, in grado, al contempo, di dialogare con la coscienza moderna dell’essere umano senza per questo perdere la propria identità.

Il secondo saggio, «Secondo le Scritture e, insieme, conforme ai tempi. La spina della cristologia e della dottrina su Dio di Hans Küng», è opera di Hermann Häring, docente emerito di Teologia e teoria della scienza alla Radboud Universiteit di Nimega (Olanda). In esso l’autore riflette sull’opera Dio esiste? giungendo alla conclusione che per Küng credere nell’eterno non significa postularlo come possibile o necessario, piuttosto manifesta l’intenzione che sia «accettato quale reale» (80). Infatti, prosegue Häring, «Küng si riferisce a una comprensione della realtà e dell’essere umano realmente esistente, assolutamente razionale. Questo capire consenziente è liberato, oltre che profondamente riconosciuto come umano e prossimo alla realtà. Non è qui preteso, ma riconosciuto» (80).

Le conseguenze di questo approccio furono evidenti nell’appassionato interesse che Küng ebbe per le religioni diverse dal cristianesimo (ebraismo e islam innanzitutto): un cammino da fare con milioni e milioni di esseri umani con i quali s’instaura un processo di comunicazione in cui «non si dovrebbe combattere per il mio e il tuo, per la mia verità – per la tua verità» (Küng, Teologia in cammino. Un’autobiografia spirituale, Mondadori, Milano 1987, 286).

I due successivi saggi, «Gli impulsi di Hans Küng per una teologia delle religioni. Per una teologia cristiana credibile» di Perry Schmidt-Leukel, docente di Scienze religiose e teologia interculturale a Münster, e «Come convincere gli atei e gli agnostici dell’etica globale?» di Claus Dierksmeier, docente di Etica economica e della globalizzazione a Tubinga, illuminano ulteriori aspetti di Hans Küng.

Il primo, analizzando l’impegno profuso da quest’ultimo nello scavo teologico interreligioso, fa emergere quelle che attualmente sono denominate le «strutture frattali»: «la varietà dei tipi di religione profetico, mistico e sapienziale si replica all’interno di una grande tradizione religiosa sotto forma di una diversità interna, in cui gli elementi del profetico, del mistico e del sapienziale ritornano» (112).

Il secondo mette a fuoco i valori di base che, per l’autore di Essere cristiani, possono permettere a credenti, atei e agnostici di entrare in dialogo pacifico fra loro in maniera tale che possano trovare «la via di un’autodeterminazione responsabile cosmopolita e, allo stesso tempo, continuare a procedere con passo sicuro» (141). Chiesa del mondo intero, appunto.


D. Segna, in Il Regno Attualità 22/2022, 717

>[…] Prorompente è stata la fama e la popolarità di Hans Küng (1928-2021), giovane teologo presente al Concilio Vaticano II, divenuto nei decenni successivi una sorta di vessillo della contestazione ecclesiale. In realtà, la sua personalità acclamata e persino strumentalizzata, multiforme, geniale, dirompente, merita un giudizio storico più fluido capace di registrare molte variazioni e sfumature. È ciò che fanno i brevi testi raccolti da Stephen Schlensog, segretario generale della Fondazione Weltethos, voluta dallo stesso Küng.

È evidente l'aspetto simpatetico delle testimonianze che, però, riescono a centrare alcuni crocevia indiscussi che il teologo svizzero ha affrontato: la cristologia, l'ecclesiologia, l'ecumenismo, il multiculturalismo religioso, l'etica globale, il confronto con l'ateismo, la riforma della Chiesa, la secolarizzazione.

Uno dei meriti di Küng fu il saper parlare al mondo laico, talora con qualche semplificazione e accondiscendenza o equivoco, convincendo molti che la teologia non è un remoto discorso di accademie del passato, ma una spina necessaria nel fianco di un mondo distratto e superficiale.


G. Ravasi, in Il Sole 24 Ore 13 febbraio 2022

«Ho ricevuto in dono una vita ricca sotto tutti i punti di vista. Non sono “stanco della vita” bensì “pago della vita”. Secondo la Bibbia sono “sazi di giorni” sia Abramo e re Davide sia Giobbe». È la frase-testamento che ha accompagnato negli ultimi tratti della sua lunga vita il teologo svizzero e sacerdote cattolico Hans Küng, morto nell’aprile del 2021 a 93 anni. E un libro, curato dal suo più stretto collaboratore Stephan Schlensog, ripercorre i tratti accademici (anche quelli più accidentati come la sospensione dalla cattedra in Teologia in una università cattolica per volere dell’ex Sant’Uffizio) ma anche esistenziali del teologo di Tubinga.

Il volume (Queriniana, pagine 192, euro 22) già nel titolo molto evocativo reca il senso del suo perché: Hans Küng. L’opera di una vita. Il testo rappresenta un omaggio postumo al grande pensatore e perito al Concilio Vaticano II e ospita contributi di grandi studiosi che hanno, con le loro chiavi ermeneutiche, spiegato in profondità chi è stato veramente Küng. Grazie ai saggi di Claus Dirksmeier, Hermann Häring, Johanna Rahner e Perry Schmidt-Leukel emergono anche i tratti biografici meno conosciuti di Küng, dalla passione per Karl Barth (a cui dedicò la sua tesi di dottorato), l’amato Mozart, Lutero alla stima di un gigante insospettabile di simpatie kunghiane come Hans Urs von Balthasar per il saggio giovanile La Chiesa.

Il volume permette soprattutto di riprendere in mano i suoi testi più significativi e di ritornare idealmente anche ai suoi contributi più controversi, come il famoso volume del 1970 Infallibile? Una domanda che tentò, a modo suo, di scardinare il primato dell’infallibilità petrina sancita dal Vaticano I (la sua tesi fu sconfessata da un teologo non certo conservatore come Karl Rahner). Affiorano le parole di stima di due colleghi e professori come Küng destinati, sotto Giovanni Paolo II, a divenire cardinali come Karl Lehmann e Walter Kasper e di come entrambi spesero parole in difesa dell’amico e della sua teologia. Ma emerge anche la sua visione del 1968, la sua contestazione all’enciclica di Paolo VI Humanae vitae, il dialogo con le religioni non cristiane, il confronto sulla figura di Gesù e il “Cristo della fede” che intrattenne con il suo collega all’università di Tubinga e quasi coetaneo Joseph Ratzinger.

Dalle istantanee di questo volume emerge comunque l’attenzione di Küng alla vita della Chiesa cattolica, la sua attenzione allo sport (era un provetto nuotatore) alla dignità («il pudore della testimonianza», come direbbe Paul Ricoeur) con cui ha portato avanti la sua esistenza fino alla fine lottando con il morbo di Parkinson. La pubblicazione non nasconde l’“ermeneutica delle differenze”, secondo una felice definizione di Yves Marie Congar, che contraddistinse tutta la vita di Küng, ma rende comunque omaggio a un uomo che nonostante tutto (compresa l’ammirazione della Chiese evangeliche di Germania per il suo pensiero) si sentì un teologo in comunione, a modo suo, con la Chiesa di Roma.


F. Rizzi, in Avvenire 7 dicembre 2021, 22

Stephan Schlensog è segretario generale della fondazione Weltethos e per decenni è stato il più stretto collaboratore di Hans Küng, curando le pubblicazioni dell’Opera Omnia. La prestigiosa casa editrice Queriniana traduce dal tedesco (a cura di Guido Ferrari) e pubblica un nuovo volume nella nota collana «Giornale di teologia» 436.
«Nei contributi di questo libro – si legge nella presentazione – amici, teologhe e teologi rendono omaggio dalle più diverse prospettive all’opera multiforme di Hans Küng e mostrano l’importanza duratura del pensiero di questo autore d’eccezione».
Il testo è così strutturato: 1. Tra Neckar e Tevere. Chiesa ed ecumene in evoluzione, di Johanna Rahner. 2. Secondo le Scritture e, insieme, conforme ai tempi. La spina della cristologia e della dottrina su Dio di Hans Küng, di Hermann Häring. 3. Gli impulsi di Hans Küng per una teologia delle religioni. Per una teologia cristiana credibile, di Perry Schmidt-Leukel. 4. Come convincere gli atei e gli agnostici dell’etica globale?, di Claus Dierksmeier. 5. Studi per un’etica mondiale. Il bilancio di vita del teologo Hans Küng, di Stephan Schlensog. Seguono testi di Appendice all’edizione italiana.
Hans Küng, si legge nella presentazione al testo «è stato prete e pastore, abituato a porgere orecchio alle preoccupazioni di chi gli si rivolgeva in cerca di aiuto. È stato uno dei pochi teologi conosciuti e rispettati anche da un pubblico laico e da rappresentanti di altre fedi religiose in tutto il mondo».


G. Ruggeri, in RecensionediLibri.it 30 ottobre 2021