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Il dono dell’amicizia
Jean-Paul Vesco

Il dono dell’amicizia

Prezzo di copertina: Euro 9,00 Prezzo scontato: Euro 8,55
Collana: Meditazioni 238
ISBN: 978-88-399-2838-2
Formato: 11 x 20 cm
Pagine: 104
Titolo originale: L’Amitié
© 2018

In breve

Un testo che si legge tutto d’un fiato, capace di ispirare chiunque perché è autentico fino in fondo.

«Un’amicizia non la si merita mai. Semplicemente perché l’amicizia può essere solo donata» Jean-Paul Vesco

Descrizione

A partire da incontri personali, e dalle sue letture bibliche e filosofiche, Jean-Paul Vesco testimonia molteplici dimensioni dell’amicizia. Ci racconta com’è nata l’amicizia nella sua vita, come ne ha accettato il rischio – e il gusto. L’amicizia crea un forte legame, al di là delle differenze generazionali, culturali e religiose. E l’amicizia è anche al cuore della fede cristiana. Ci invita a comprenderlo lo stesso Gesù in più occasioni, come per esempio quando, prima della sua Passione, dice: «Vi ho chiamato amici».

Recensioni

Mons. Jean-Paul Vesco, arcivescovo di Algeri, nel bel libretto, Il dono dell'amicizia (Queriniana 2018), sostiene che l'amicizia non coincide con la fratellanza di sangue, né con la fratellanza di tribù-clan-cultura, né con la relazione coniugale uomo-donna, né con la fraternità della vita consacrata, e nemmeno con la fraternità di una comunità cristiana (cfr. pp.13-17).

Insomma, l'amicizia non deriva da un'appartenenza ereditaria, clanica, culturale o religiosa, ma è frutto di una scelta libera più o meno esplicita, e rifiuta ogni gelosia e legame esclusivo.

Tuttavia, l'amicizia può istaurarsi all'interno di questi tipi di relazione, trasformandoli. Ma appena pensiamo di averla rinchiusa in tali relazioni, essa sfugge. Vesco è convinto che l'amicizia si lascia conoscere per via di reconnaissance, secondo un triplice significato del termine: 1) due amici si "riconoscono" avere qualcosa in comune (il carattere, una passione, una lotta); questo ri-conoscersi oltrepassa tutte le barriere di razza, cultura, origine sociale e religione; "non esiste un'amicizia - scrive Vesco - senza un'alterità-uguaglianza", inventando un termine: "alter-uguaglianza" (p. 18); 2) in secondo luogo l'amicizia si edifica sulla riconoscenza nel senso di "gratitudine", poiché l'amicizia non è mai una relazione dovuta, ma un regalo libero che ci scioglie dai lacci della solitudine; di fronte a un dono, la risposta è un "grazie"; 3) infine, l'amicizia è "ri-conoscenza" nel senso che lo sguardo dell'amico è uno specchio in cui posso ri-conoscermi come sono, con le mie debolezze e fragilità, poiché questo sguardo mi porta sempre oltre a me stesso, rendendomi unico (cfr. pp.17-21).

Sbirciando tra le pagine del Vangelo, lo sguardo di Vesco si fissa sulle amicizie di Gesù (cfr. pp. 23-31), che hanno molto a che vedere con la missione che deve compiere. Quando Gesù scoppia in pianto davanti alla tomba di Lazzaro, la gente esclama: "Vedi come l'amava!" (Gv 11,36). Questo aspetto umano di Gesù non è "troppo umano", non ne nasconde la divinità, anzi la manifesta più pienamente. "Ognuno degli incontri di Gesù, che sono il contenuto stesso dei Vangeli, rappresenta uno di questi frammenti di umanità posti sotto il segno dell'amicizia" (p. 24).

Prendiamo ad esempio l'incontro con Zaccheo (Le 19,1-10). L'esattore delle tasse, odiato da tutti, nascosto tra le foglie dell'albero è "riconosciuto" da Gesù che, guardandolo, non solo lo fa uscire dal suo nascondiglio, ma gli fa anche da specchio in cui si riconosce diverso, nuovo. Zaccheo vede negli occhi di Gesù l'uomo che aspira essere, non quello che la gente dice di lui. E in Zaccheo, sotto lo sguardo dell'amico che si autoinvita a casa sua, la gioia e la conversione diventano un'unica realtà.

L'incontro con l'esattore delle tasse Levi-Matteo (Mt 9,9) è composto da un semplice scambio di sguardi e una frase di Gesù. La qualità di queste relazioni può entrare nella categoria dell'amicizia. Ed è probabilmente questa qualità che fa dire alla gente che Gesù, a differenza degli scribi e dei farisei, "parla con autorità". "Ognuno degli incontri di Gesù può essere letto alla luce di questo sguardo di amicizia che, come la verità, rende liberi. L'incontro è effimero, dura un istante. Il più delle volte è rimasto senza un prosieguo. Eppure tutti gli elementi che fondano le amicizie di un'intera vita sono stati concentrati i quei pochi istanti. Uno scambio di sguardi e tutto è stato detto, e la vita ne è definitivamente cambiata" (p. 26).

Vesco osserva che soprattutto in tre sue relazioni Gesù sembra "aver corso in maniera ancora più personale il rischio dell'amicizia" (p. 27): a) con Lazzaro, per il quale scoppia in pianto al momento della morte; b) con Maria Maddalena, i cui contorni restano misteriosi; c) con il "discepolo che amava", che arriva primo al sepolcro vuoto e riconosce il Maestro all'alba sulla riva del lago dopo la notte di pesca infruttuosa. Con quest'ultimo, Gesù corre un altro rischio, perché si tratta di una relazione privilegiata all'interno del gruppo dei Dodici. Può suscitare una forma di gelosia, come quella espressa da Pietro nell'ultima conversazione con Gesù (cfr. Gv 21,21: "E lui?". "Che importa a te?" - gli risponde Gesù).

[…] Mons. Vesco parla dell'impegno missionario della Chiesa d'Algeria come un'amicizia vissuta su tutti i piani, cioè, come per Teissier: un primo livello, costituito dall'amicizia che si crea nella vita e gli impegni quotidiani; e un secondo livello, più spirituale, in cui la condivisione riguarda le convinzioni di ciascuno. Ci sono allora delle amicizie che, nonostante la storia conflittuale e complessa portata da ciascuno (la storia dell'incontro-scontro islam-Occidente), "resistono nel tempo": "Queste amicizie sono il cemento della Chiesa in Algeria", sottolinea Vesco (p. 78). E ancora: "Quando due credenti degni di fede si incontrano nell'amicizia, sono le loro fedi che si incontrano al di là della differenza delle loro religioni, e questa esperienza è sconvolgente. Si presenta anche una domanda lancinante: in che modo la religione dell'altro, che sarebbe lungi dal farmi vivere, fa vivere questa persona a cui mi sento così vicino?" (p. 80). E conclude con la seguente affermazione: "Si dice che i viaggi formino i giovani; ebbene, mi sembra che l'amicizia sia un buon mezzo, probabilmente il solo, per viaggiare nella religione dell'altro" (p. 83).


P. Tovo, in Missione Oggi 2/2024, 53-56

Quello dell’amicizia è un tema inesauribile. Nell’agile libretto Il dono dell’amicizia (Queriniana, pp. 104, euro 9), il domenicano francese Jean-Paul Vesco, vescovo di Orano, in Algeria, ne propone una trattazione coinvolgente perché profondamente calata nella propria esperienza personale e ispirata costantemente alla figura di Gesù, che ci ha insegnato che l’amicizia è uno dei grandi valori della vita del cristiano autentico.

Essa è una componente fondamentale anche del rapporto matrimoniale, oltreché di quello familiare. È condivisione, che giunge sino all’amore per il nemico, raccomandatoci da Gesù. Il Signore ha vissuto pienamente l’amicizia: con Lazzaro e le sue sorelle, con la Maddalena, con Giovanni. «Ognuno degli incontri di Gesù - scrive l’autore - può essere letto alla luce di questo sguardo di amicizia che, come la verità, rende liberi».

L’amicizia perfetta è quella espressa dalla Trinità. Essa supera ogni differenza, ogni barriera, fino a vedere nel nemico «l’amico sfigurato dal peccato o dalla follia degli uomini», immergendoci così «nel cuore del mistero della croce. Nel cuore del mistero della fede». Impegnarsi sulla strada della costruzione di un autentico rapporto amicale - conclude Vesco - trasforma realmente le nostre relazioni con le persone e con il mondo intero.


M. Schoepflin, in Toscana Oggi 28 luglio 2019, 14

[…] Attraverso citazioni bibliche, testimonianze di martiri, narrazioni di esperienze personali, l’autore offre un quadro del valore dell’amicizia, sia sul piano umano, sia su quello ecclesiale, per costruire la Chiesa, basata sull’Amore di Dio, attraverso Gesù Cristo.


G. Stucchi, in Comolive.it 30 gennaio 2019

«L'idea che ogni incontro ha una portata mistica va affermandosi in me lentamente ma solidamente. Ogni incontro ha un valore mistico perché nel contatto di due persone è già presente l'abbozzo dell'incontro del cielo; già da lungo tempo ciò era diventato per me evidente nell'amicizia, ora mi appare chiaro per ogni incontro». Se andate su internet trovate molto cliccata questa frase del 6 ottobre 1961 del gesuita e prete operaio Egide Van Broekoven, morto nel 1967 a soli 34 anni mentre lavorava in fabbrica ad Anderlecht, schiacciato da alcune lastre di ferro. È tratta dal famosissimo Diario dell'amicizia, pubblicato in Italia da Jaca Book negli anni Settanta e divenuto un vero caso editoriale, soprattutto nel mondo cattolico.

Ora su questo argomento, che riveste un carattere spirituale ma anche psicologico e culturale, esce un bel libretto di Jean-Paul Vesco, teologo e da cinque anni vescovo di Orano. Nato a Lione nel 1962, di professione avvocato, a un certo punto ha avuto un'illuminazione e si è fatto domenicano abbandonando la carriera. L’opera di cui parliamo si intitola Il dono dell'amicizia (Queriniana, pagine 104, euro 9,00) e contiene riflessioni di carattere personale ma anche numerosi riferimenti biblici e teologici, nonché un'appassionata descrizione della vita dei cristiani oggi in Algeria. Ed è così che si scopre che il più grande amico dell'autore è stato Xavier, col quale sin dai tempi del'impegno sindacale a scuola e all'università ha avuto un legame forte, al di là delle rispettive scelte compiute. «Un'amicizia in cui trovavo il riposo», spiega Vesco, perché per lui avere un amico o un'amica (com'è accaduto con Ariane) significa avere un rapporto in cui è possibile trovare uno sguardo benevolo, senza timore di essere giudicati.

L’altro nome dell'amicizia per Vesco è réconnaissance, termine che in francese riveste un triplice significato: riconoscimento, riconoscenza, ricognizione. Riconoscimento è vivere l'amicizia come «alter-uguaglianza», è dichiarare di avere qualcosa in comune nonostante le differenze; riconoscenza significa gratitudine perché l'amicizia è sempre un dono, non la si merita mai; infine, l'amicizia è anche ricognizione, vale a dire vedere nello sguardo dell'amico lo specchio in cui posso riconoscermi così come sono, anche con le mie mancanze e le mie viltà. Ma il riferimento primo va a Gesù e alle sue parole durante l'Ultima Cena: «Non vi chiamo più servi, ma vi ho chiamato amici», si legge nel Vangelo di Giovanni. E se nel suo "discorso d'addio" egli opta per la parola «amici» e non «fratelli» è proprio perché vuole dire un'ultima volta ai suoi discepoli quanto li ami. Ma è a ciascuno di noi che Cristo si rivolge, come ha ben capito Simone Weil quando ha scritto: «L’amicizia pura è un'immagine dell'amicizia originale e perfetta, quella della Trinità, essenza stessa di Dio. È impossibile che due esseri umani siano uno e tuttavia rispettino scrupolosamente la distanza che li separa, se Dio non è presente in ciascuno di loro. Il punto d'incontro delle parallele è nell'infinito».

L’8 dicembre sono stati beatificati 19 martiri d'Algeria, vittime del fanatismo islamista negli anni '90. Fra loro Pierre Claverie, predecessore di Vesco, e i 7 monaci di Tibhirine. È inevitabile per l'autore del libro rifarsi all'esperienza del vescovo assassinato il 1° agosto del 1996 mentre entrava in vescovado assieme a un giovane amico musulmano, che era andato a prenderlo all'aeroporto. Il testamento spirituale di quest'ultimo, che aveva solo 22 anni, ha molte sorprendenti affinità con quello di Christian de Chergé, priore di Tibhirine. In un piccolo quaderno ritrovato dopo il doppio omicidio di Orano, Mohamed Bouckichi invoca la pace e il perdono, come fa padre Christian rivolgendosi a colui che gli toglierà la vita come «l'amico dell'ultimo minuto». Tutti, sottolinea Vesco, dovrebbero rileggersi questi due scritti per ritrovare la possibilità di un incontro fra cristiani e musulmani. Così come i testi lasciati da Claverie, nato in Algeria quando era ancora dominata dai francesi, ma la cui infanzia e gioventù è trascorsa ignorando che anche gli arabi potevano essere il suo prossimo. Cosa che ammette di avere compreso grazie alla fede e di avere vissuto in prima persona una volta diventato sacerdote e vescovo.

Ma un'altra figura formidabile, Charles de Foucauld, diventa un modello da seguire per trovare un senso alla presenza dei cristiani in Algeria, una presenza "senza perché" come ha scritto Benedetto XVI nella Deus caritas est. Aggiunge Vesco: «Spesso ci chiedono che cosa facciamo come Chiesa in Algeria, in un paese musulmano; e qual è l'utilità di una Chiesa "condannata" al silenzio e all'amicizia come soli mezzi per testimoniare il Vangelo. Questa rappresentazione non è vera né falsa. Solo, non è ben centrata. Come se fosse possibile testimoniare il vangelo al di fuori di una relazione di amicizia!». De Foucauld è l'icona di questo desiderio di fraternità universale e in questo senso l'amicizia è la strada più potente perché sovversiva, un'arma contro la violenza e la barbarie. «Seguire Cristo significa rinunciare alla tentazione della forza», insiste Vesco, convinto che il nucleo dell'identità cristiana sia da ritrovare nel Discorso della Montagna, che rappresenta l'essenza stessa del Vangelo e la specificità del cristianesimo rispetto agli altri due monoteismi.


R. Righetto, in Avvenire 21 dicembre 2018

«L’amicizia pura racchiude qualcosa che somiglia a un sacramento», scriveva Simone Weil. È, in fondo, una professione di fede in essa quella che Jean-Paul Vesco, avvocato per formazione e domenicano per vocazione, racchiude in queste pagine.

Dentro letture bibliche e filosofiche, ma anche incontri personali, a testimoniarne le molteplici dimensioni, comprensive dell'accettazione del rischio, e del gusto. Perché l'amicizia crea legami forti, oltre le differenze. Ed è al cuore della fede cristiana.


In Messaggero di Sant’Antonio 11/2018, 81

Nessuno «ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando» (Gv 15,13-14). Il libro ci offre una meditazione su questo comandamento di Gesù, così importante in un tempo come il nostro in cui le relazioni sono avvelenate da competizione e diffidenza. La riflessione si snoda intrecciando biografia personale e lettura evangelica. L’amicizia è quella relazione in cui si può riposare; cioè in cui non si teme di essere giudicati. L’amicizia è anche la relazione in cui si rischia la propria debolezza, scavalcando la tentazione della forza, e la fratellanza non è solo ricevuta ma offerta. Per questo l’amicizia è una particolare forma di amore, di cui si può dire che abbia un carattere sacramentale.
G. Azzano, in Il Regno Attualità 20/2018, 609

«Vi ho chiamato amici», ha detto Gesù prima della Passione. Proprio qui arriva il bel testo del domenicano Jean-Paul Vesco, vescovo di Orano (Algeria).

Una riflessione sul significato dell'amicizia condensata in poche pagine, che si leggono velocemente, vuoi per la capacità divulgativa, vuoi per la testimonianza personale. Vesco spiega che l'amicizia è scuola della differenza e rappresenta il cuore della fede cristiana. «Un'amicizia non la si merita mai. Semplicemente perché l'amicizia può essere solo donata».


In Jesus 10/2018, 92

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