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Il Vangelo e il denaro
André Naud

Il Vangelo e il denaro

Prezzo di copertina: Euro 9,00 Prezzo scontato: Euro 8,55
Collana: Spiritualità 177
ISBN: 978-88-399-3177-1
Formato: 13,2 x 19,3 cm
Pagine: 88
Titolo originale: L’Évangile et l’argent
© 2017

In breve

Non possiamo non pensare ai soldi. Ma, se vogliamo, possiamo farlo da credenti. Quale ideale annunciano i vangeli, quali orientamenti suggeriscono? Come tradurli realisticamente in pratica nel nostro attuale contesto culturale, sociale ed economico?

Descrizione

Poche questioni, nel nostro contesto socio-economico, culturale e politico, occupano tanto spazio nella vita quotidiana quanto quelle relative al denaro. Il lavoro, la professione, i bisogni della famiglia, la sicurezza, il tempo libero: tutto ha a che fare con i soldi. Ma l’atteggiamento che assumiamo di fronte alle ricchezze comporta scelte che definiscono stili di vita e indicano una certa gerarchia di valori. Che cosa dominerà la nostra vita: l’essere o l’avere? L’egoismo o la generosità? I valori materiali o i valori spirituali? Dio o il denaro?
Se allora il denaro è al centro delle preoccupazioni di ciascuno di noi e tocca corde così sensibili, possiamo interrogarci sulla pertinenza del messaggio evangelico su questo argomento. Quale dovrebbe essere l’atteggiamento cristiano di fronte alle ricchezze e al denaro?
Nella sua riflessione densa di sfumature, che non elude alcuna delle difficoltà sollevate dall’interpretazione delle parole di Gesù, André Naud coglie i due grandi valori cristiani di fronte ai soldi: la libertà interiore, da un lato, e la condivisione, dall’altro. L’autore canadese ci ricorda, in modo assai opportuno, l’importanza di liberarsi dalla tirannia dell’avere, per privilegiare l’essere. È questo ciò a cui siamo chiamati!

Commento

Per quanti si interessano di etica cristiana, come semplici credenti o come educatori della fede, è importante precisare bene che cosa dicono i vangeli sull’uso del denaro.

«Il denaro deve servire e non governare!» (Evangelii gaudium 58).

Recensioni

Quale posto occupa il denaro nella nostra vita? O meglio, quale posto dovrebbe occupare? Ancora: quale dev'essere l'atteggiamento cristiano di fronte al denaro in una società caratterizzata dalla libera impresa, fondata sul dinamismo degli individui e le cui leggi sono quelle della competizione, del profitto e della seduzione?

A queste ed altre domande risponde l'interessante e breve testo di André Naud II Vangelo e il denaro (Queriniana, 2017). L'Autore (1925-2002) sostiene che è necessario un discorso più approfondito su un tema che tanti tendono a mettere da parte perché considerato scomodo. Infatti tratta della ricchezza e della povertà, della gestione delle risorse economiche di ognuno, e lo fa attraverso dei passi del Vangelo molto delicati, la cui comprensione non è immediata. In una società che sembra prediligere l'avere e non l'essere, trattare questo tema non è solo urgente, ma anche necessario. È possibile constatare, infatti, un indurimento sempre maggiore dei rapporti sociali. La rivendicazione invade l'ambito delle relazioni sociali. Tutto è monetizzabile. I rapporti di acquisto e vendita sembrano generalizzarsi. In questo contesto, la lettura attenta del Vangelo può illuminare in profondità il malessere che si va estendendo.

La riflessione su tale tema prende spunto in particolare dalle "Beatitudini". Nello specifico, in Matteo si parla di "poveri in spirito", ovvero delle persone che hanno un cuore umile dinanzi a DIo. In Luca i poveri sono invece reali, da contrapporre ai ricchi. Nel primo caso si celebra l'umiltà del cuore, nel secondo invece non si incita alla povertà (come qualcuno sostiene), bensì a offrire una parola di conforto a coloro che sono poveri di fatto, ricordando loro la promessa dell'Aldilà. Il Vangelo sembra invitare tutti a riflettere e far riflettere sui pericoli della ricchezza. Specifichiamo che il denaro, in sé, non è qualcosa di cattivo. È però qualcosa di pericoloso. E questo perché il denaro affascina. È sempre stato così. Proprio per questo motivo Gesù contrappone Dio al denaro. Quando il denaro diventa un idolo allora si trasforma in "Mammona" (a volte anche "Mamona"). Il dio quattrino si sostituisce al Dio Trino.

Il primo male provocato dal culto del denaro consiste in una sorta di alienazione dell'essere nell'avere. Quando affascina, il denaro provoca un secondo male: indurisce il cuore, rinchiude l'uomo su sé stesso. Rende solitari anziché solidali. Rischia di usurpare il posto di Dio nell'anima. Si capisce allora tutta la forza della contrapposizione sottolineata da Gesù fra Dio e il denaro. Ciò che è condannato nel Vangelo, quindi, non è la ricchezza in sé, ma l'atteggiamento di coloro che si lasciano divorare e investire dalle preoccupazioni per i beni materiali fino al punto di divenire, per questa ragione, incapaci di interessarsi alle cose di Dio e a quelle del suo Regno. La necessità di scegliere se servire Dio o Mammona deriva dal carattere totalitario del denaro. Non è qualcosa di poco conto o facilmente gestibile. Per affrancarsi dalla forza seducente del denaro serve allenamento, pazienza, fiducia e anche tanta forza interiore nel non cedere ad ogni desiderio indotto dalla società. L'aiutare il prossimo è una via sicura. Un gesto di generosità non solo aiuta chi lo riceve ma, ancor di più, chi lo compie. La presenza dello spirito di condivisione è visibile nell'emergere delle iniziative e delle istituzioni più varie imperniate sull'idea di solidarietà. Tutto ciò rivela l'altro versante della nostra vita collettiva: quello caratterizzato dall'altruismo, dalla generosità inventiva e perseverante nonostante le difficoltà.

E gli educatori che ruolo hanno nel trasmettere i valori da contrapporre all'atteggiamento egoistico nei confronti del denaro? Un ruolo primario. Innanzitutto, possono far capire che a cambiare dev'essere la mentalità più che le strutture. È la conversione del cuore che porta al rinnovamento della società. Se cambiamo il nostro atteggiamento ascoltando di più la parte spirituale dell'essere umano dedicando un giusto peso - e non eccessivo, come oggi - alle cose materiali, allora la società può davvero essere migliore. Fino ad allora, ognuno cerchi di lavorare su sé stesso estirpando ogni radice di attaccamento morboso al denaro.

Che dire? Un libro consigliatissimo per gli educatori che volessero cominciare a parlare di questo tema anche ai più piccoli. È fondamentale per'l giovani impegnarsi nella costruzione di un'efficace "ecologia del cuore" per far fruttificare i propri talenti e la bellezza nascosta nel cuore di ciascuno. Occorre insegnare ai giovani a credere nell'esistenza delle verità più alte e più belle, se si vuole seminare speranza.


D. De Angelis, in Frammenti di Pace 20 settembre 2018

Poche questioni, nel nostro contesto socio-economico, culturale e politico, occupano tanto spazio nella vita quotidiana quanto quelle relative al denaro. Il lavoro, la professione, i bisogni della famiglia, la sicurezza, il tempo libero: tutto ha a che fare con i soldi. Ma l'atteggiamento che assumiamo di fronte alle ricchezze comporta scelte che definiscono stili di vita e indicano una certa gerarchia di valori. Che cosa dominerà la nostra vita: l'essere o l'avere? L'egoismo o la generosità? I valori materiali o i valori spirituali? Dio o il denaro?

Se allora il denaro è al centro delle preoccupazioni di ciascuno di noi e tocca corde così sensibili, possiamo interrogarci sulla pertinenza del messaggio evangelico su questo argomento. Quale dovrebbe essere l'atteggiamento cristiano di fronte alle ricchezze e al denaro? Nella sua riflessione densa di sfumature, che non elude alcuna delle difficoltà sollevate dall'interpretazione delle parole di Gesù, André Naud coglie i due grandi valori cristiani di fronte ai soldi: la libertà interiore, da un lato, e la condivisione, dall'altro. L'autore canadese ci ricorda, in modo assai opportuno, l'importanza di liberarsi dalla tirannia dell'avere, per privilegiare l’essere. È questo ciò a cui siamo chiamati!
R. Baldoni, in Consacrazione e Servizio 1/2018, 88-89

Poche cose occupano il tempo della persona umana nei suoi traffici quotidiani quanto il denaro. La preoccupazione per il denaro obbliga a una riflessione evangelica che sappia cogliere il peso di tale elemento, chiamato da Gesù Mammona – un falso dio – nel vissuto quotidiano per saper dare ad esso il giusto peso e farne il corretto uso.

Data l'importanza del tema, si dovrebbe dire con l'A. del volume Il vangelo il denaro, André Naud, che l'atteggiamento del cristiano di fronte al denaro è affrontato assai poco di frequente e che tale silenzio è grave e già di per sé pone un interrogativo.

Secondo l'A. il motivo per cui si affronta poco questa tematica è che come umani tendiamo ad affrontare raramente i temi per i quali la riflessione si presenta in condizioni troppo difficili. E la questione del denaro è uno di questi. Riflettere sui soldi all’interno della vita spirituale pone una serie di quesiti scomodi.

L'A., allora, si propone di discernere i passi del Vangelo che possono ispirare e rigenerare il nostro pensiero nel modo migliore, cosicché attraverso di essi possiamo chiarire poi i passi più sconcertanti.

La prima domanda che l'A. analizza è la seguente: il Vangelo propone la povertà come un ideale per tutti? Alcuni passi del vangelo e certa esegesi sembrano favorire una risposta positiva a questa domanda. Commentando ad esempio il vangelo del giovane ricco, Thaddée Matura sottolinea la necessità di non stancarsi della scomodità di questo Vangelo con una «esegesi addolcita» caricandolo su degli “eletti” e di accogliere la scommessa del testo che secondo Matura è questa: il cristiano deve accettare di essere turbato, sconvolto, di avere cattiva coscienza, di non essere mai in regola con un’esigenza inesauribile. Di parere vicino è anche Jacques Ellul che afferma che Gesù deve accettare le parole di questo vangelo come un giudizio. Finché non abbiamo compreso questo giudizio, non siamo liberi. Finché non abbiamo ragguagliato la nostra vita a questo ordine preciso di Dio, rimaniamo sottoposti al denaro.

Ma la domanda che rimane dopo queste due esegesi è questa: è una buona strategia educativa presentare l'atteggiamento cristiano di fronte al denaro come un ideale che non è possibile avere? Questi approcci, per quanto seducenti, sono incapaci di esprimere in modo vivibile e valido il pensiero evangelico sul denaro. Per questo è necessario percorrere un'altra via.

La prima cosa che l'A. sottolinea è il pericolo delle ricchezze. «Se il denaro non è in sé qualcosa di cattivo – tutt'altro –, è però qualcosa di pericoloso, proprio a causa dell'avidità eccessiva che può suscitare. Infatti esso perverte tutta la gerarchia dei desideri quando diventa, per colui che si lascia affascinare, il mammona di iniquità di cui parlava Gesù» (p. 29). Il denaro causa un’alienazione dall'essere all'avere.

Accanto alla suddetta presa di coscienza, bisogna avere chiaro che non è possibile leggere il vangelo come un'ideologia che si dedicherebbe alla «celebrazione della povertà di per sé. Proprio al contrario, Gesù appare come un essere normale, capace di rallegrarsi e di celebrare. Contemporaneamente si preoccupa di migliorare le condizioni di vita più svantaggiati di coloro a cui si avvicina» (p. 33). Quello che dobbiamo cogliere dall'insegnamento di Gesù è che il rapporto con il denaro coinvolge il nostro rapporto con Dio e che «il denaro non è un oggetto senza uno sfondo spirituale». Dobbiamo stare in guardia contro la sua tirannia. Dobbiamo optare per Dio in modo netto e senza equivoci.

Un altro pensiero che l'A. sottolinea è la dimensione sociale del denaro. Per Gesù, l'uomo non è mai solo con se stesso e con Dio quando si tratta del denaro. È sempre ugualmente posto davanti agli altri e in particolare dinanzi ai più bisognosi, quelli che il Vangelo chiama con un termine generico: i poveri.


R. Cheaib, in Theologhia.com 26 gennaio 2018

«II denaro deve servire e non governare!» è il monito di Evangelii gaudium 58. Ma come tradurre in pratica l'esortazione quando ogni giorno abbiamo a che fare con il denaro, anche se solo in termini di mera sopravvivenza o di preoccupazione?

Il teologo canadese si rifà al Vangelo e sottolinea i due cardini cristiani indicatori per ogni azione: il "riserbo", o libertà interiore, e l'amore-carità, la condivisione. «Sei il servo di Mammona? Sei capace di aiutare il tuo fratello nel momento del bisogno?». A ognuno la sua risposta.
In Jesus 1/2018

Sfogliando le pagine del Vangelo e inseguendo Gesù nelle sue «avventure» palestinesi, capita spesso di imbattersi nel tema del denaro: argomento spinoso, che apre la strada a riflessioni su priorità, valori e stili di vita nell'uomo di ieri, oggi e domani. Proprio in rapporto alla ricchezza, come dovrebbe agire il cristiano, chiamato a liberarsi dalla tirannia dell'avere per privilegiare l'essere? Un libro tanto esile quanto profondo, firmato da un teologo canadese che partecipò, in veste di perito, al Concilio Vaticano II.
In Messaggero di Sant’Antonio 12/2017

Il Vangelo e «lo sterco del diavolo», ovvero una delle questioni centrali che il cristiano deve affrontare in un contesto storico-economico, politico e culturale permeato dal denaro. Quale atteggiamento deve egli possedere? Quale gerarchia di valori regolano il suo rapporto con i soldi? Nella Bibbia chiara è la contrapposizione tra Dio e Mammona, ma passi evangelici diversi tra loro non sempre si relazionano in modo lineare: ad esempio Matteo 5,3 («Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli») o Luca 6,20 («Ed egli, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio»). L’a., teologo e filosofo canadese, nella sua breve ma rigorosa analisi coglie due architravi che sempre debbono guidare la prassi cristiana dinanzi al denaro: la libertà interiore e la condivisione.


D. Segna, in Il Regno Attualità 22/2017

Il saggista Christopher Hitchens era solito polemizzare con Madre Teresa, spesso con toni sguaiati e a volte ignobili, accusandola di non voler eliminare la povertà ma solo di alleviare il dolore dei poveri. In realtà tutta l’azione della santa non è stata altro che un’infinita opera d’amore verso i derelitti di Calcutta prima e poi di tante parti del globo: un’opera che non ha probabilmente eguali nel corso del Novecento. Un secolo in cui ha operato anche Dorothy Day, una delle quattro figure di grandi americani citate da Papa Francesco nel discorso al Congresso pronunciato a Washington nel 2015 (gli altri erano Abramo Lincoln, Martin Luther King e Thomas Merton). Per Dorothy, di cui è in corso il processo di beatificazione, era importante combattere la povertà oltre che prendersi cura dei poveri. Madre Teresa e Dorothy Day: due vie complementari del cattolicesimo alla questione della povertà.

«Come vorrei una Chiesa povera... e per i poveri!»: chi non ricorda l’esclamazione, un po’ auspicio pieno di speranza un po’ grido di dolore permeato di autocritica verso la Chiesa stessa, di Francesco incontrando i giornalisti subito dopo la sua elezione a Pontefice? Al Papa sta talmente a cuore il destino dei poveri che a essi ha voluto dedicare una Giornata, celebrata il 19 novembre scorso, nel cui messaggio ricorrono due temi: la povertà come stile di vita proprio del cristiano, intesa come «vocazione a seguire Gesù povero», come «atteggiamento del cuore che impedisce di pensare al denaro, alla carriera, al lusso come obiettivo di vita e condizione di felicità», come «metro che permette di valutare l’uso corretto dei beni materiali»; ma al contempo come invito urgente rivolto a tutti i cristiani a prestare soccorso ai poveri, in un’azione di carità modellata sulla testimonianza descritta negli Atti degli apostoli e capace di far uscire dallo stato di bisogno gli ultimi della Terra.

Che l’esaltazione della povertà propria del cristiano non si accompagni affatto al desiderio di lasciare immutato lo stato delle cose ma sia una spinta al cambiamento lo suggerisce anche un recente libretto del teologo canadese André Naud, Il Vangelo e il denaro, pubblicato da Queriniana (Brescia, 2017, pagine 88, euro 9). Un’opera breve ma dirimente rispetto alla questione rifacendosi espressamente al discorso della montagna e agli altri passi dei vangeli.

Naud invita a distinguere tra povertà spirituale come «umiltà davanti a Dio», come atteggiamento di sobrietà e rinuncia ai beni materiali, e povertà materiale che a suo parere non può costituire un ideale; citando Gustavo Gutiérrez, il fondatore della teologia della liberazione, ricorda come «la povertà è uno stato scandaloso che attenta alla dignità umana e di conseguenza alla volontà di Dio».

Per Naud insomma occorre sottolineare bene le ambiguità e le fluttuazioni che hanno circondato la storia del termine povertà. Se essa è lo stato di una persona che manca di mezzi e che soffre per questa insufficienza, non può essere presentata come un modello, ma «è una situazione da cui ciascuno vuole legittimamente uscire e da cui ciascuno deve aiutare gli altri a uscire».

Del tutto differente la logica del consumismo e dell’esclusivo perseguimento di vantaggi materiali che Naud — sulla scia di pensatori come Gabriel Marcel e Jacques Ellul — denuncia con parole forti. Solo lo spirito di condivisione e il dono possono costituire un efficace contraltare alla mentalità dominante.

«Forse Simone Weil — sottolinea l’autore — è colei che ha affermato nel modo migliore l’assoluta priorità del dovere sul diritto. Con ciò voleva dire che occorre saper imperniare la propria riflessione e la propria azione sull’obbligo che abbiamo verso i bisogni degli altri». Di qui il rinnovato invito a condividere i propri beni e a donare a coloro che sono nel bisogno: «Per Gesù l’uomo non è mai solo con se stesso e con Dio quando si tratta del denaro, è sempre ugualmente posto davanti agli altri e in particolare dinanzi ai più bisognosi».

E non è un caso che padre Giulio Albanese abbia posto all’inizio del suo volume Poveri noi!, uscito da poco per le Edizioni Messaggero Padova (2017, pagine 184, euro 15), le parole di dom Helder Camara: «Quando io do cibo ai poveri, mi chiamano santo, quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, mi chiamano comunista». Come ricorda il cardinale Kasper nella prefazione, si tratta di due facce della stessa medaglia: il vero atteggiamento del cristiano non è il pauperismo, ma la cooperazione “con” e “per” i poveri e la scelta di costruire un modello di sviluppo che tenga conto delle esigenze dei più disagiati e non di chi detiene il potere economico e finanziario.

«La povertà — spiega il missionario comboniano — non è legittimazione della miseria e dello squallore, quasi fosse una sorta d’archetipo della vita umana o rifiuto palese dello sviluppo, quanto piuttosto è denuncia del sopruso, rigetto delle angherie dei nababbi, quelle che precludono il progresso e dunque la condivisione». Ma padre Albanese sferza con chiarezza anche la Chiesa, ricordando il patto delle catacombe che un gruppo di vescovi sottoscrisse durante il Concilio impegnandosi in prima persona a uno stile di vita basato sulla povertà e la comunione dei beni, esattamente come facevano gli apostoli.

Il rapporto con la povertà è stato spesso vissuto con ambiguità dai cristiani. Se nelle prime comunità cristiane esso rappresentava una delle realtà più importanti, anzi decisive, con cui fare i conti, nel corso dei secoli la Chiesa si è abituata a convivere con essa. Un tempo c’era “la Chiesa per i poveri”, dal Concilio abbiamo imparato una “Chiesa con i poveri”, ora siamo richiamati, grazie a Papa Francesco, a una “Chiesa povera”. Una Chiesa che sa stare al fianco dei poveri perché essa stessa dà testimonianza di povertà, sobrietà, misura. Altrimenti rischia di non essere credibile agli occhi dell’uomo contemporaneo.


R. Righetto, in L’Osservatore Romano 14 dicembre 2017

Scomparso a 77 anni nel 2002, Andrè Naud è stato un teologo e filosofo canadese. Docente alla Facoltà di teologia dell’Università di Montrèal, partecipò come perito al Concilio Vaticano II ed è stato autore di vari libri e articoli. L’Editrice Queriniana propone ora la traduzione italiana di un suo volume (Il Vangelo e il denaro, pp. 96, euro 9) che invita a riflettere su di un tema con il quale siamo sempre impegnati a confrontarci come credenti e come cittadini: quello del ruolo dei soldi nella nostra vita.

Si tratta di una questione centrale fin da quando l’introduzione della moneta segnò una vera rivoluzione all’interno dei rapporti sociali. Oggi - si legge nella Presentazione - «le molle e i dinamismi economici delle nostre società sono estremamente complessi», e il denaro, con tutto ciò che vi è connesso, ha assunto un’importanza davvero decisiva: «Il lavoro, la professione, i bisogni della famiglia, la sicurezza, i passatempi: tutto questo parla di soldi». Dunque, l’atteggiamento che ciascuno decide di avere nei riguardi del denaro comporta delle scelte che definiscono il suo stile di vita e la sua gerarchia dei valori.

Anche nell’insegnamento di Gesù la questione della ricchezza occupa un posto di primo piano, e poiché di fronte al messaggio cristiano riguardante il denaro vi sono enormi difficoltà di interpretazione, diventa necessario precisare cosa dicono i Vangeli su di esso. Cercare di chiarire questo aspetto assai complesso e dibattuto ha rappresentato lo scopo che Naud si è prefisso, delineando quale dovrebbe essere l’atteggiamento del cristiano nei confronti dei soldi e della povertà.

Secondo il teologo canadese, indicare nella vita povera un ideale positivo è cosa attraente, prediletta da molti predicatori cristiani, ma, se assolutizzata, diventa falsa, perché derivante da una scorretta interpretazione del Discorso della montagna. Quali sono dunque le verità fondamentali che Naud addita come autenticamente evangeliche in merito all’individuazione del ruolo da assegnare al denaro? Riportiamo le sue parole, che rispondono con chiarezza a questo interrogativo: «Uno è quello che ho chiamato il “riserbo o il senso del riserbo”… la libertà interiore necessaria a ciascuno. L’altro valore è la “condivisione”. Quest’ultima è una delle principali esigenze dell’amore cristiano». Libertà e condivisione possono costituire dunque i punti cardinali per orientarsi in una questione molto difficile.


M. Schoepflin, in Toscana Oggi 12 novembre 2017