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Mistica degli occhi aperti
Johann Baptist Metz

Mistica degli occhi aperti

Per una spiritualità concreta e responsabile

Prezzo di copertina: Euro 20,00 Prezzo scontato: Euro 19,00
Collana: Giornale di teologia 363
ISBN: 978-88-399-0863-6
Formato: 12,3 x 19,5 cm
Pagine: 256
Titolo originale: Mystik der offenen Augen. Wenn Spiritualität aufbricht
© 2013

In breve

Quella della fede cristiana non è una mistica “naturale”, senza un volto. È una mistica ben caratterizzata nel senso della giustizia e della solidarietà: una mistica “estroversa”, che cerca il volto dell’altro, che porta all’incontro con l’altro sofferente, l’altro infelice, l’altro vittima. Per alimentare una spiritualità responsabile, efficace, concreta.

Descrizione

«La fede cristiana è una fede che cerca la giustizia. Certamente, i cristiani sono sempre anche dei mistici, ma non sono esclusivamente mistici nel senso di una spirituale esperienza di sé, bensì nel senso di una spirituale esperienza di solidarietà. Sono prima di tutto “mistici con gli occhi aperti”. La loro mistica non è una mistica naturale senza volto. È, piuttosto, una mistica che cerca il volto, che porta prima di tutto all’incontro con gli altri che soffrono, all’incontro con la faccia degli infelici e delle vittime… Gli occhi aperti e vigili ordiscono in noi la rivolta contro l’assurdità di una sofferenza innocente ed ingiusta; essi destano in noi la fame e la sete di giustizia, della grande giustizia per tutti, e ci impediscono di orientarci esclusivamente all’interno dei minuscoli criteri del nostro mondo di meri bisogni» (J.B. Metz).

Recensioni

«La trascendenza non è astrazione, ma riconoscere l’alterità salvifica di Dio. Questa la proposta di Johann Baptist Metz, il fondatore della teologia politica».


G. Ravasi, in Il Sole 24 Ore del 29 settembre 2013

«È audace il libro Mistica degli occhi aperti di Johann Baptist Metz. Profetico di quella profezia che non di rado si eclissa nei libri di alcuni teologi di professione dietro le fasi lunari di un’erudizione lodevole ma non di meno arida e disincarnata. La sua proposta di "mistica degli occhi aperti" intende far convergere, attraverso un’analogia eloquente "mistica" (spesso raffigurata con gli occhi chiusi al mondo) e occhi aperti, ovvero attenzione al mondo, alla storia, all’uomo e agli echi del mistero dell’Incarnazione. Seppure il libro sia una raccolta di brevi saggi, interventi, discorsi, meditazioni, si scorge un concatenamento e una convergenza di visuale che rendere difficile la lettura selettiva di alcune parti a scapito di altre. Si è infatti attratti, dall’inizio alla fine, dal magnetismo autenticamente cattolico, di quel cattolicesimo raro ma indispensabile, che con un solo sguardo ingloba Dio e l’uomo, l’amore del cielo e la fedeltà alla terra. Ci troviamo simultaneamente dinanzi a un ascolto della fede, dell’al di là, dell’Eterno e auscultazione del secolo, dell’al di qua, del tempo. È autenticamente cattolico perché interrompe teologicamente "il dualismo sempre crescente tra storia della fede e storia della vita, tra mondo della fede e mondo della ragiona, tra professione di fede ed esperienza" (p. 5). Da degno figlio teologico e spirituale di Karl Rahner, Metz non presenta una spiritualità del concreto all’acqua di rose, ma radica – avvalorando – la spiritualità nel tronco solido e fecondo e radicale della teologia. Così la spiritualità forgiata non svolge la "funzione tappabuchi" in un mondo ormai post-religioso. Non si presenta neppure come un’alienante tranquillizzante, ma si erge come spinta, anzi come viscerale esigenza ed efficace scossa per un impegnativo risveglio. In questa prospettiva, non guarda alla giustizia come una mera esigenza sociale-etica, ma come un tema strettamente e profondamente teologico».



R. Cheaib, in www.zenit.org del 21 gennaio 2014

«La proposta teologica elaborata da Metz non intende ridurre la fede a politica, né sostituire il cristianesimo con l’umanesimo, né ancora meno dimentica le dimensioni intellettuali ed esistenziali della fede, ma vuole restare a fianco dell’uomo, sentire le ansie e le attese della storia e soprattutto rendersi compagna delle sofferenze degli esiliati dal dolore. Essere speranza di futuro per coloro che non hanno più futuro ecco "il compito antico e sempre identico della teologia – di parlare di Dio e di testimoniare la sua parola – nelle condizioni e secondo le esigenze di ogni situazione storica". Metz arriva a questa convinzione attraverso un travaglio personale e struggente, travaglio della storia contemporanea segnata dalle tre "crisi" del secolo scorso con cui egli si confronta: la sfida marxista alla teologia, Auschwitz e la negatività della storia, la provocazione del Terzo mondo. Il limite della teologia moderna consisterebbe per Metz nel non aver saputo fronteggiare la secolarizzazione, causando "una strana e pericolosa schizofrenia tra teoria teologica e prassi religiosa". La teologia invece deve essere incarnata, deve reggere il confronto con il vissuto dell’uomo, "dovrebbe passare da una generica accettazione degli impulsi moderni e da una posizione di secolarizzazione astratta, a una teologia politica"; dovrebbe insomma poter diventare una ermeneutica teologica nel contesto sociale contemporaneo, uscendo fuori da una teologia privatizzata, che prescinde dal carattere sociale della rivelazione e della salvezza. Metz ha aperto uno squarcio nel pensiero teologico ancora troppo chiuso in tanti convincimenti solo intellettuali, c'è spazio, invece, per poter organizzare una teologia della prassi come prassi di liberazione».


G. Matino, in Avvenire del 20 ottobre 2013

«Arguzia e profondità sono le cifre che connotano quest’opera felicemente più "sciolta" di tante altre dell’Autore, senza essere meno consistente».


Settimana 42, del 24 novembre 2013

«Testo sconsigliato a chi non sopporta affermazioni vere e taglienti come questa:
"La religione cristiana non esiste per rispondere a tutte le nostre domande,
ma per non far dimenticare le domande cui non sappiamo rispondere"».


M. Ronconi, in Jesus 12/2013, 97

«L’incalzante riflessione di Metz consegna al lettore un auspicio e un’urgenza: quella di un cristianesimo sempre più consapevole della storia dell’uomo e della fede e di cristiani dagli occhi "nuovi", vigilanti nell’intus-legere e profetici, liberati e liberanti, che scrutino le vie di una "rivolta della speranza" (p. 238)».


M. Ceschia, in Studia Patavina 60 (3/2013) 750-752

«Un volume che prende di petto la situazione del cristianesimo nel contesto della secolarizzazione con un’ottica e una sensibilità stimolanti».


B. Salvarani, in Settimana 29/2013, 14