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Piccola scuola di preghiera
Anselm Grün

Piccola scuola di preghiera

La vita spirituale

Prezzo di copertina: Euro 16,00 Prezzo scontato: Euro 15,20
Collana: Meditazioni 237
ISBN: 978-88-399-2837-5
Formato: 11 x 20 cm
Pagine: 192
Titolo originale: Kleine Gebetsschule. Vom spirituellen Leben
© 2018, 20192

In breve

A cura di Rudolf Walter

Descrizione

Come si fa a pregare? In che modo si può imparare a farlo? Molti di noi hanno perduto il senso della preghiera e, tuttavia, in fondo, vorrebbero lo stesso saper pregare.
Pregare significa entrare in contatto con il mistero di Dio, dischiudere l’animo a Colui che sta al di là del nostro mondo. Servono fiducia e apertura, ma anche silenzio, capacità di esprimersi ed esercizio. Seguendo l’esempio di Gesù e riscoprendo la prassi della chiesa, in queste pagine Anselm Grün ci indica vari modi per pregare, mostrando diverse possibilità di trovare se stessi grazie alla preghiera, di stabilire un contatto armonioso tra cielo e terra, fino a incontrare Dio nella propria anima.
Ne esce, così, una vera e propria introduzione alla vita spirituale.

Recensioni

Cos’è, oggi, la preghiera? Ha ancora un senso per gli uomini e le donne del nostro tempo? Se – come ha scritto l’a. – «pregare significa immergersi nel mistero di Dio, trascendere la realtà data per aprirsi al Dio che non rimane racchiuso nel nostro mondo, bensì lo travalica» (9-10), occorre nuovamente imparare a pregare al modo di Gesù il quale, pienamente inserito nella tradizione ebraica, faceva largo uso dei Salmi. Le molte modalità di preghiera, unitamente agli atteggiamenti che la caratterizzano, vengono qui ripensate e riproposte per far sentire tutta l’importanza delle preghiere cristiane, che non sono mai solamente individuali. Una vera e propria introduzione alla vita spirituale.
G. Coccolini, in Il Regno Attualità 6/2019, 159

Come si fa a pregare? In che modo si può imparare a farlo? Molti di noi hanno perduto il senso della preghiera e, tuttavia, in fondo, vorrebbero lo stesso saper pregare. Da sempre ci si pone queste domande. Già gli evangelisti descrivono come i discepoli osservassero Gesù, incuriositi dal modo in cui pregava e dal perché trascorresse intere notti in preghiera. Uno di loro gli chiese: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli» (Lc 11,1).

Pregare diventa difficile anche per chi è devoto. Ci si chiede quanto possa essere utile ai fini pratici. Ma pregare significa entrare in contatto con il mistero di Dio, dischiudere l'animo a Colui che sta al di là del nostro mondo. Servono fiducia e apertura, ma anche silenzio, capacità di esprimersi ed esercizio. Seguendo l'esempiodi Gesù e riscoprendo la prassi della chiesa, in queste pagine Anselm Grün ci indica vari modi per pregare, mostrando diverse possibilità di trovare se stessi grazie alla preghiera, di stabilire un contatto armonioso tra cielo e terra, fino a incontrare Dio nella propria anima.

Ne esce, così una vera e propria introduzione alla vita spirituale.


R. Baldoni, in Consacrazione e Servizio 4/2018, 104

Come si fa a pregare? Connettersi col divino, con l'infinito, con un Dio personale, eccetera, è un desiderio innato in ogni essere umano. Per questo, la preghiera, in varie forme e concezioni, è connaturale all'uomo. Ma chi tra di noi cerca di pregare o di imparare a pregare, sa che allo stesso tempo questo grande desiderio così radicato in noi, ci è così altrettanto estraneo, perché la preghiera ci risulta difficile. In una parola, possiamo dire che il nostro rapporto alla preghiera è un rapporto paradossale: un rapporto scisso tra attrazione e fuga.

La preghiera rimane un dono di Dio. È lo Spirito di Dio che prega nell'uomo. Così ci insegna san Paolo, così ci insegna la fede cristiana. Ma questo dono può essere messo a frutto, come in tutte le cose, anche attraverso la collaborazione umana. Per questo gli accorgimenti pratici possono aiutare la fioritura di questo dono in noi.

Inoltre, come puntualizza Anselm Grün nel suo libro Piccola scuola di preghiera, edito dalla Queriniana, il tema della preghiera è in stretta relazione con l'immagine che si ha di Dio: «Se considero Dio soprattutto come colui che aiuta nelle difficoltà, ecco che questo Dio risulta facilmente sostituibile con le molte possibilità che oggi scienza e tecnica ci offrono quando si tratta di risolvere problemi. Pregare significa però immergersi nel mistero di Dio, trascendere la realtà data per aprirsi al Dio che non rimane racchiuso nel nostro mondo, bensì lo travalica» (pp. 9-10).

Grün ci porta nella scuola di preghiera di Gesù stesso partendo dall'episodio di Luca 11,2-4 dove i discepoli chiedono al Signore di insegnar loro a pregare e il Maestro insegna la preghiera del Padre Nostro. L’A. osserva che Gesù indica in prima istanza che cosa dobbiamo pregare, quale debba essere il contenuto della nostra preghiera.

La prima parola della preghiera insegnata da Gesù ci dice il destinatario della nostra preghiera, a chi rivolgere la nostra preghiera. È significativo che il termine greco per la preghiera, proséuchestai contenga un pros, un «a», indicante il primato del destinatario della nostra supplica. La preghiera cristiana si rivolge non semplicemente a Dio, ma un Dio Padre, a un Abbà. La prima supplica vera e propria del Padre Nostro è interessante: essa pensa a Dio, pensa al suo nome, pensa alla sua gloria. Non pretende che Dio sia a disposizione dell'uomo, ma mette l'uomo a disposizione di Dio. LA. spiega che la richiesta che il suo nome venga santificato «significa per me che Dio si rende manifesto come Dio. Egli può manifestarsi come Dio, come il Dio santo che sfugge a ogni parametro umano, che non si lascia afferrare» (p. 15).

Dopo la spiegazione delle suppliche del padre nostro, l'A. si sofferma sulle parabole attraverso cui Gesù insegna a pregare. La prima parabola è quella della vedova importunata da un avversario, la quale si rivolge a un giudice e che ottiene giustizia proprio per la sua insistenza. LA. interpreta questa parabola in forma allegorica vedendo nella vedova l'anima e nell'avversario che la importuna i pensieri, le tentazioni, le difficoltà che ostacolano la preghiera. In seguito, l'A. Analizza la parabola della preghiera del fariseo e del pubblicano, la quale ci presenta un contrasto di immagini che abbiamo di noi stessi quando preghiamo. La preghiera del fariseo è una forma di «narcisismo religioso». Il pubblicano, invece, è più realista, in quanto avverte la sua distanza rispetto a Dio.

Grün analizza poi alcuni momenti in cui Gesù prega, a partire dal battesimo, la scelta dei discepoli, prima della professione messianica di Pietro, la preghiera nell'orto degli Ulivi e, infine, la preghiera di Gesù in croce prima di morire. Successivamente, l'A. analizza la scuola di preghiera dei salmi la quale, secondo Rainer Maria Rilke, «è uno dei pochi libri in cui uno si trova del tutto a casa, per quanto distratto, disordinato e contestato egli sia».

LA. afferma che i salmi mi invitano ad esprimere tutti i moti dell'anima davanti a Dio: «nel pregarli posso sperimentare come, nel momento in cui esprimo davanti a Dio i miei sentimenti - anche la mia rabbia, la mia ira, la mia disperazione, la mia delusione - , tali sentimenti si trasformino» (pp. 36-37). Grün si sofferma sulla nostra difficoltà di pregare alcuni salmi che parlano di violenza contro i nemici e spiega che noi non dobbiamo prendere alla lettera i nemici e gli empi, ma considerarli immagini delle forze negative che vogliono nuocere a noi. Possono essere potenze esteriori o interiori che vogliono tenerci lontani da una vita con Dio.

È interessante ricordare che Gesù stesso pregava i salmi, e per questo sant'Agostino ha ragione a concepire i salmi soprattutto come «preghiera di Gesù». In questo senso possiamo pensare che pregando i salmi stiamo di fatto pregando con Gesù Cristo. Possiamo pregare i salmi come vox Christi, come voce di Cristo, assumendone un nuovo significato. Pregare i salmi e far diventare le parole di Dio parole nostre a Dio. ln questo senso, dobbiamo diventare noi gli autori del salmo.

In seguito l'A. si sofferma sui vari modi di pregare partendo dalla lode. Egli osserva che nella Bibbia vivere (Leben) e lodare (Loben) sono la stessa cosa. Chi non eleva più la lode smette di vivere. Sinclair Lewis afferma: «Lodare non è nient'altro che salute interiore che si fa sentire». Nella lode riconosciamo che non siamo creatori del mondo, bensì creature.

L’A. presenta poi varie forme di preghiera tra cui la preghiera di domanda, di intercessione, il ringraziamento, l'adorazione. A proposito di quest'ultimo gesto di preghiera, l'A. offre una interessante analogia dicendo: «L’adorazione in quanto dimenticarsi ha luogo anche quando serve un tramonto e sono semplicemente presente nell'atto di osservare. Vengo toccato, catturato, e dimentico me stesso non bado neanche ai miei sentimenti» (p. 62). Altre forme di preghiera considerate sono il lamento, le giaculatorie, la cosiddetta "preghiera di Gesù", la preghiera che ritma l'orazione con il respiro. Dopo questo, Grün passa a parlare dell'importanza della gestualità e del corpo nella preghiera.

L’ultima parte del libro, oltre a guardare alla preghiera comune, all'ufficio, guarda anche alla necessaria convergenza tra preghiera e azione. L’A. cita un testo interessante di Reynolds Schneider il quale afferma: «Pregare e agire non vanno separati l'uno dall'altro. Come potrebbe avere buon esito un'azione senza preghiera? Come potrebbe chi prega intensamente non ricevere la forza per agire?».


R. Cheaib, in Theologhia.com giugno 2018

<br>Un'introduzione alla vita spirituale, per imparare (o ritrovare) l'arte della preghiera, recuperarne il significato e il ritmo, il potere rappacificatore. Grün si rifà al Vangelo e a Gesù, che i discepoli osservavano mentre passava intere notti pregando, fino a giungere alla domanda: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Una preghiera che è in stretta relazione con l'immagine che abbiamo di Dio: «Pregare significa immergersi nel mistero di Dio, trascendere la realtà data».


In Jesus 6/2018, 94

Cos’è la preghiera? Come si fa a pregare? Ma serve pregare? Io ho pregato, ma Dio non mi ha ascoltato… Sono cose del passato, oggi non servono più… Il monaco benedettino, esperto anche di psicologia e psicoterapia, pubblica un piccolo libretto, ma molto denso, che raccoglie le indicazioni circa la preghiera che egli stesso fornisce nelle sue meditazioni e nei suoi corsi di spiritualità (con elementi anche autobiografici).

Dapprima Grün invita a porsi alla scuola di preghiera di Gesù, seguendo il Vangelo di Luca (pp. 13-35). Si prega nelle difficoltà, anche se la preghiera può inglobare il pericolo del narcisismo spirituale (vedi il pubblicano di Lc 18,11 che “parla… a se stesso”!). I salmi (pp. 36-45) forniscono una miniera di situazioni in cui l’orante si rivolge a Dio. Essi esprimono le situazioni più varie e i sentimenti più diversi che proviamo anche noi oggi. I salmi li esprimono per noi. Dio ci fornisce le parole stesse con cui rivolgersi a lui… I salmi e Gesù ci insegnano ameno sette modi di preghiera (pp. 46-82): la lode, la domanda, il ringraziamento, l’adorazione, il lamento, le giaculatorie, la preghiera di Gesù o la preghiera del cuore. Spesso lasciamo una candela accesa in chiesa per qualche intenzione. La luce perdura a lungo, più del tempo nel quale possiamo fermarci in chiesa. La candela ci rappresenta…

Ho trovato molto interessanti le spiegazioni circa gli atteggiamenti e i gesti di preghiera (pp. 83-122). Aiutano molto a vivere la preghiera. L’atteggiamento orante può esprimersi con le mani aperte, le mani giunte, l’inginocchiarsi, lo stare in piedi, lo stare seduti, lo stendersi per terra, l’inchinarsi più o meno profondamente, tenere le mani al centro del petto, incrociare le mani sul petto, tenere le mani stese davanti al viso, alzare le mani per benedire, fare il segno della croce. Ci si sente custoditi, abbracciati, consolati, benedetti da Dio. Ci rivolgiamo a Dio in piena dignità e, nello stesso tempo, riconosciamo la sua trascendenza. Ci offriamo totalmente a lui, ci abbandoniamo, proteggiamo il silenzio profondo dell’anima dove non penetrano le attese altrui e ci congiungiamo con il nostro Sé più autentico e vero. Ci sentiamo tranquilli, senza l’ossessione di dire parole pie…

La preghiera è un dialogo con Dio, è silenzio, ma soprattutto è incontro (pp. 123-132). Le quattro tappe indicate da Grün sono: l’incontro con se stessi, la domanda su quale Dio io stia incontrando, il dialogo con Dio, il silenzio che protegge e custodisce la profondità dell’anima, anzi che già è presente in essa… L’autore aiuta a vivere con autenticità anche le preghiere preformate ricevute dalla tradizione (e dalla bocca dei nostri nonni e mamme) (pp. 133-158): Il Padre nostro, l’Ave Maria, il rosario, l’Angelo del Signore, il Gloria al Padre, la preghiera del mattino, quella prima del pasto e quella della sera.

L’ultimo capitolo (pp. 159-180) è dedicato alla preghiera comune: l’esperienza dei primi cristiani. Essa è il fondamento della comunità cristiana, in cui fra l’altro si intercede per altre persone, si esprime la comunione anche nel congedo e nella separazione, smuove il mondo intero. Essa è il vero compito del discepolo di Gesù e convoca l’assemblea nella lode comune. Una breve bibliografia (pp. 187-188) chiude questo libro molto interessante.


R. Mela, in SettimanaNews.it 2 maggio 2018