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Risurrezione?
Hans Kessler

Risurrezione?

Il cammino di Gesù, la croce e la fede pasquale

Prezzo di copertina: Euro 28,00 Prezzo scontato: Euro 26,60
Collana: Giornale di teologia 442
ISBN: 978-88-399-3442-0
Formato: 12,3 x 19,3 cm
Pagine: 240
Titolo originale: Auferstehung? Der Weg Jesu, das Kreuz und der Osterglaube
© 2022

In breve

«Ultima magistrale opera di Hans Kessler, questo libro concentra in sé decenni di ricerche sull’argomento e non ha eguali per densità di informazione, accuratezza di argomentazione, comprensibilità di linguaggio» (Gotthard Fuchs).

Descrizione

A tanti la risurrezione risulta qualcosa di esotico: i racconti pasquali, con i loro tratti favolistici, sembrano poco credibili. Ma i vangeli che tipo di testi sono e di che cosa trattano? Che cosa affermano davvero di quel Gesù che, dopo aver annunciato un messaggio imperituro di giustizia e libertà, finì appeso a una croce? Perché dovette morire? Che cosa si esprime dietro le esperienze pasquali delle sue discepole e dei suoi discepoli? Che cosa può voler dire “risorgere dalla morte”? In cosa consiste oggi la forza di provocazione di questo messaggio?
Il presente lavoro esamina le fonti della fede nella risurrezione e le riporta alla questione fondamentale della comprensione cristiana di Dio: chi è questo Dio che, confessato come il Padre di Gesù, aspira a essere vita piena e illimitata per tutti gli esseri umani? «Per rispondere, cercherò di interrogare le testimonianze bibliche, attenendomi con cautela ai soli fatti riconoscibili» (Hans Kessler).

Recensioni

Hans Kessler, classe 1938, professore emerito di teologia fondamentale presso l’Università di Francoforte sul Meno, offre qui una versione più concisa e aggiornata del suo testo La risurrezione di Gesù Cristo (Queriniana, 2010). Si comincia con una sintetica biografia di Gesù, l’uomo che, per la prima volta, fu buono sotto ogni aspetto (secondo l’ateo Ernst Bloch) e il cui messaggio fondamentale riguardò l’avvicinarsi del regno di un Dio misericordioso e interessato a noi, il quale anticipa la nostra decisione di fede donandoci unilateralmente salvezza e cura.

Gesù vive una sorprendente vicinanza a questo Dio, nella forma di un intimo e fiducioso rapporto filiale, e arriva a sperimentarsi come lo strumento di una salvezza espressa da segni e miracoli (semèia e dynameis) quali compimenti attuali delle antiche profezie. Egli non soltanto parla della bontà di Dio, ma la attualizza a beneficio di altri, in particolare gli ultimi, i poveri, i deboli e gli emarginati. Del resto, Gesù prende come modello i bambini e, cosa insolita per quei tempi, ammette le donne al proprio seguito.

Viene poi ricostruita la diversa formulazione delle attestazioni pasquali, a partire dalle prime brevi confessioni, sobrie e senza dettagli, su Gesù risorto. Si tratta di testimonianze che risalgono alla prima comunità di Gerusalemme, riprese da Paolo dopo la sua conversione e trasmesse ai Corinzi nel 50 circa. A esse fanno seguito i racconti evangelici pasquali, distinguibili in racconti del sepolcro e racconti delle apparizioni.

Queste narrazioni non offrono però una cronaca univoca degli avvenimenti, ma rispondono anzitutto alle domande delle comunità che si succedettero dal 70 al 100 d.C. e che erano convinte della perenne presenza del Maestro e dell’universale valore rivelativo della sua vita. Ad esempio, il racconto lucano di Emmaus individua le modalità e il contesto liturgico in cui l’incontro con il Signore risulta accessibile e convincente anche ai discepoli della seconda generazione: la tesi è che il Signore cammina sulla nostra strada prima che ce ne accorgiamo (cfr p. 114).

Un altro tema affrontato è quello dell’«immortalità» cristiana, che è dialogica e corporea: Dio non lascia cadere nel nulla né il Figlio né coloro che ama. La risurrezione di Gesù non può essere verificata, ma è documentabile la discontinuità storica prodotta sui discepoli di allora (che inaspettatamente guadagnarono una fede coraggiosa) e su quelli odierni (Gesù ci dà tuttora segni e ci interpella, pur restando invisibile).

Nelle apparizioni del Risorto, l’irruzione divina nella vita degli apostoli sollecita anche la loro immaginazione a strutturare la forma rivelativa dell’evento, superando l’antinomia, fissata da alcuni esegeti, tra mero fenomeno psichico (soggettivo) e illuminazione dall’esterno (oggettiva).

Diversi punti del testo di Kessler andrebbero approfonditi ulteriormente: la questione dei «fratelli» di Gesù; la rilevanza secondaria attribuita alla «tomba aperta e vuota» secondo la concezione ebraica e paleocristiana; la distanza dell’ebreo Gesù rispetto alle correnti politico-religiose coeve ecc.

Kessler dedica poco spazio ad argomentare la sua convinzione che una persona possa continuare a essere tale anche senza avere un corpo materiale. La nostra ipseità coinciderebbe con il corpo pneumatico in senso paolino: dopo la morte persisterebbe una «corporeità personale» che vive in Dio e di Dio e sperimenta i precedenti rapporti affettivi in forma nuova e imperitura.

Il cristianesimo orientato a Gesù si configura, secondo l’autore, come religione di elevazione (Aufsteh-Religion) e non solo come religione di risurrezione (Aufstehungs-Religion). La figura dell’esaltazione di Gesù in cielo giustifica la preghiera aramaica «Vieni, Signore Gesù» (Ap 22,20) e s’intreccia intimamente all’idea di risurrezione. Sarà Luca, attorno all’85 d.C., a disgiungere temporalmente i «fatti» in Pasqua, Ascensione e Pentecoste.

Religione di elevazione significa che ogni giorno in cui il Signore è invocato e ogni volta che una persona bisognosa è aiutata ad alzarsi dalla prostrazione soffia lo Spirito di consolazione. L’aldilà è «in mezzo alla vita» che non si rassegna al male.


P. Cattorini, in La Civiltà Cattolica 4146 (18 marzo 2023)

Nell'ultimo mese sono stati pubblicati tre testi (dall'Editrice Queriniana di Brescia) che possono essere una buona lettura sul tema della risurrezione, che recentemente abbiamo celebrato come destino finale del crocifisso Gesù di Nazareth. Il primo è originale e curioso fin dal titolo, Perché le mucche risuscitano (probabilmente). Ovvero, perché mio padre non resterà tutta la vita bloccato in ascensore. Lo ha scritto il giovane domenicano francese Franck Dubois, studioso esperto del padre della chiesa Gregorio di Nizza. Ha insegnato teologia all'università cattolica di Lille e da tre anni è maestro dei novizi al convento di Strasburgo.

Al primo approccio questo saggio è di inaudita originalità, ma alla fine risulta essere un gustoso trattato di ecologia spirituale. Le domande poste in apertura sono strane e stimolanti: «In paradiso ci imbatteremo in leoni diventati vegani? Lassù il calvo recupererà i capelli che aveva in gioventù? Il mio pesciolino rosso potrà finalmente parlare? Gli animali, gli alberi o anche i sassi ci vanno, in paradiso? A Dio preme almeno un po' la salvezza eterna di quelle sue creature che non sono esseri umani?».

La risposta è altrettanto spiritosa: «Una cosa è certa: ci sarà una bella ressa al momento di salire sull'ascensore che porta in cielo!». E cioè, gli animali e gli alberi non hanno la funzione di servire come mero ambiente, mentre l'uomo, come afferma la teologia cristiana, è chiamato a salvarsi. Per Dubois anche bestie e piante attendono di essere salvate. Ma non dipende dalla mucca avere accesso al cielo. La mucca non risuscita in senso proprio, ma viene associata al mistero della risurrezione degli uomini, che hanno la responsabilità della sua salvezza. In altre parole: «L'intera creazione è chiamata a transitare In Dio. Il creato non è un insignificante fondale “usa e getta” di cartapesta, destinato a scomparire alla fine della storia».

Dio è presente al cuore di ogni realtà materiale, agisce tanto sulle anime quanto sui corpi, non si disinteressa del mondo fisico. Anzi, l’ha creato perché rimanga per sempre e si perfezioni. Quindi, è la conclusione del testo, la comunità di destino fra tutti gli elementi del mondo chiama l’uomo a prendersi cura della natura.

Il secondo testo è più impegnativo. Affronta il tema cristiano della risurrezione in modo classico, partendo dai testi biblici. Il titolo è Risurrezione? Il cammino di Gesù, la croce e la fede pasquale (240 pagine). Lo ha scritto Hans Kessler, 83 anni, professore emerito di teologia fondamentale e dogmatica presso l'Università Johann Wolfgang Goethe di Francoforte sul Meno. Da giovane ha fatto l'assistente universitario di Walter Kasper, oggi cardinale, esponente della corrente progressista e innovativa della Curia Romana.

Per tanti la risurrezione è qualcosa di esotico: i racconti pasquali, con i loro tratti favolistici, sembrano poco credibili se li si prende alla lettera. Ma i vangeli – si chiede Kessler – che tipo di testi sono e di che cosa trattano? Che cosa affermano davvero di quel Gesù che, dopo aver annunciato un messaggio imperituro di giustizia e libertà, finì appeso a una croce? Perché dovette morire? Che cosa si esprime dietro le esperienze pasquali delle sue discepole e dei suoi discepoli? Che cosa può voler dire risorgere dalla morte? In cosa consiste oggi la forza di provocazione di questo messaggio?

Il libro esamina le fonti della fede nella risurrezione e le riporta alla questione fondamentale della comprensione cristiana di Dio: chi è questo Dio che, confessato come il Padre di Gesù, aspira a essere vita piena e illimitata per tutti gli esseri umani? «Per rispondere» – afferma Kessler – «io cerco di interrogare le testimonianze bibliche, attenendomi con cautela ai soli fatti riconoscibili».

Il libro è destinato ai contemporanei che dubitano e che non vogliono essere ingannati con idee preconfezionate, ma vogliono approdare a un giudizio oggi possibile efondato. Da un lato è scritto per chi è lontano dalla chiesa, in secondo luogo vorrebbe anche aiutare gli insegnanti di religione perché non abbandonino gli studenti ad idee discutibili.

Il terzo testo edito da Queriniana è scritto dal maggiore teologo evangelico vivente, Jürgen Moltmann, iniziatore della teologia della speranza, e si intilola Risorto nella vita eterna. Sul morire e risvegliarsi di un'anima vivente (144 pagine). «Il mio obiettivo qui – scrive l'Autore – non è presentare una “ars moriendi”, una preparazione alla morte, ma una preparazione alla risurrezione nella pienezza della vita che chiamiamo vita eterna. Quindi, direi, una "ars resurgendi”».

La morte della moglie nel 2016 ha costretto Moltmann a cambiare in modo radicale la propria vita. Non solo, ma ha indotto un teologo come lui – che tanto ha pensato e scritto sulla speranza umana nel tempo storico e nell’eternità – a verificare se tutto quel discorso è vero e regge alla prova dei fatti: la fede è in grado di sostenere un atteggiamento positivo di fronte all'esistenza?

«Ho provato a imparare – afferma – che cos’è la felicità che non passa. Ho cercato di immaginarmi com’è, dopo l'atto finale della morte, la risurrezione di tutta la vita che si è vissuta. Ho riflettuto sul morire e sul risvegliarsi di un'anima vivente».

Quello di Moltmann è un saggio incoraggiante. Per rispondere alle domande: Cosa chiediamo quando ci interroghiamo su una vita dopo la morte? Che cosa esprimono i Cristiani quando parlano di vita eterna? Invita a concentrare il pensiero sull'inizio che sta in ogni fine della vita, anche nella fine di ogni vita umana. Ma che sta anche in ogni cominciamento della nostra esistenza, perché ogni nuovo inizio è una risurrezione.


G. Poletti, in L’Adige 14 maggio 2022, 38

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