In una stagione in cui la Chiesa è intenta a riscoprire la sinodalità come suo tratto costitutivo, sussiste un rischio d’inflazione per ciò che concerne l’uso del termine. L’esito sarebbe la svalutazione della forma e del contenuto della sinodalità, per esempio con una lettura solo «cosmetica», incapace di trasformare la realtà ecclesiale nella sua interezza. Uno dei rimedi a questa svalutazione è la ricerca teologica, la quale costringe i singoli e le comunità a non accettare compromessi al ribasso sul senso di una Chiesa sinodale, anche grazie al contributo di papa Francesco.
Il volume Sinodalità e riforma. Una sfida ecclesiale, pubblicato da poco nella prestigiosa «Biblioteca di teologia contemporanea» dell’editrice Queriniana, ha qui il proprio obiettivo. Configurandosi quasi come un manuale, il testo fa approfondire ad autori diversi un ampio ventaglio di temi raggruppati in 4 parti: l’edificazione della sinodalità; il ripensamento dei ministeri; la creazione del consenso; la sinodalizzazione delle istituzioni.
Data la diversit dal punto di vista biografico, della formazione, della provenienza, il volume si caratterizza anche per un approccio ecumenico e globale, oggi sempre più necessario per un’adeguata comprensione delle dinamiche centrali del cattolicesimo. Si nota poi un approccio interdisciplinare che interseca storia, teologia e diritto canonico.
I saggi contenuti nel testo sono preceduti da un’Introduzione che esplicita il senso del titolo e ne offre una contestualizzazione ecclesiologica: la sinodalità ha nel concilio Vaticano II il suo riferimento più importante, poiché gli sforzi di papa Francesco sono radicati nell’esortazione di Paolo VI a ricevere il Concilio in spirito di «perenne riforma», il che evidenzia il legame tra l’idea di riforma nella Chiesa e ciò che tale riforma può realizzare sul piano della sua identità, della sua missione e dei suoi rapporti interni ed esterni. La nuova fase di recezione del Concilio avviata da Francesco si capisce anche come «ritorno alle fonti», ma ciò vale allo stesso modo per l’approfondimento della sinodalità nella Chiesa: il ressourcement come processo attivo e creativo.
La prima parte del volume, su come «costruire sinodalità», mette l’accento sulla conversione in quanto atteggiamento irrinunciabile della vita della Chiesa, da cui dipende l’idea stessa di riforma, che non può mai essere solo «spirituale» né solo «strutturale». E ciò in forza del fatto che anche (forse in primo luogo) una vita credente si serve di mediazioni tanto in un verso quanto nell’altro.
Al cuore di questa riflessione si trova l’immagine di una Chiesa «popolo di Dio»: gia ripresa dal Concilio e non a caso anche da Francesco nel corso del pontificato. È a una «teologia della comunione sinodale» che il testo mira attraverso un’analisi dei fondamenti trinitari, cristologici, pneumatologici ed eucaristici della sinodalità, i quali mostrano la «sintesi ecclesiologica» del Vaticano II in un’ottica non riduttiva, perché è impensabile che «tutto sia detto con il concetto di comunione», usato soprattutto di recente.
Del resto, come scrive uno degli autori, «la semplificazione intellettuale non si adatta alla ricchezza della Chiesa né al pensiero complesso», così approfondire la sinodalità non è soltanto un ritorno alle fonti ma anche una via di aggiornamento, il quale si rivolge al diritto canonico in vista di una sinodalizzazione «effettiva» e non solo «affettiva» di tutta la Chiesa.
La seconda parte del testo, su come «riconfigurare i ministeri, i carismi e i servizi», comporta necessariamente uno sguardo ai soggetti che fanno la Chiesa: anzitutto i laici, già considerati membri passivi o definiti a partire da un confronto con i chierici, il cui primo riconoscimento consiste in una riconsiderazione del sensus fidei, il senso della fede di tutta la Chiesa che non si sbaglia nel credere; in seconda battuta i religiosi, colti a volte dallo spaesamento derivante dall’impressione di abitare una «terra di mezzo»; trasversalmente a questi due soggetti le donne, ancora troppo poco presenti in ruoli d’autorità o processi di partecipazione; nonché tutti i ministri ordinati, il cui ripensamento è diventato urgente in una Chiesa che vive un tempo di profondi cambiamenti, e in particolare i vescovi, che al Concilio furono oggetto di una riflessione sulla collegialità che oggi non puo esimersi dal confrontarsi con il concetto di sinodalità. L’intuizione di fondo è che una Chiesa sinodale sia una Chiesa-soggetto-di-soggetti.
La terza parte, su come «creare consensi», ruota intorno alla sinodalità in senso pratico, anche sulla base di casi esemplificativi quali il Sinodo panamazzonico del 2019, il Concilio plenario tenutosi in Venezuela tra gli anni 1996-2006 e alcune esperienze di dialogo anglicano-cattolico. Ma è il rapporto tra sinodalità, tradizione ecclesiale e idea di consenso a proporre la cornice teologica di base: è questa una relazione fondamentale per comprendere la nascita della Chiesa stessa e conseguentemente i suoi possibili sviluppi. Già l’emergere di un canone biblico, per esempio, va considerato «il risultato di un processo che tende al consenso nella diversità». Il consenso nella Chiesa è stato raggiunto in diversi modi nella storia, pertanto nuovi processi per un raggiungimento del consenso ai nostri giorni possono continuare a essere elaborati, provati, discussi.
L’eredità del Vaticano II al riguardo può dirsi perfino eloquente: l’apertura ecumenica promossa dal Concilio può dire molto sul modo con cui ci si rapporta nella Chiesa cattolica e sul modo con cui la Chiesa cattolica si rapporta con gli altri. In un momento in cui è importante che le comunità ecclesiali facciano esperienza di sinodalità, è facile comprendere come la Chiesa debba imparare a rimettersi insieme senza pretese di uniformità. Nel testo si propone anche il modello in vigore presso il Consiglio ecumenico della Chiese (CEC), dove il consenso si concepisce come ricerca di un pensiero comune che può prescindere dalla pratica del voto.
La quarta e ultima parte, su come «sinodalizzare le istituzioni», tocca infine realtà e aspetti la cui rilevanza, principalmente di tipo strutturale, è emersa soprattutto negli ultimi anni: dalla necessità di un’accountability per le istituzioni nella Chiesa all’opportunità rappresentata dai sinodi diocesani, dal ruolo delle conferenze episcopali alla nascita e riforma del Sinodo dei vescovi, l’organismo voluto da papa Paolo VI e rivisto da papa Francesco mediante la pubblicazione della costituzione apostolica Episcopalis communio, nel 2018.
Il libro, il cui concepimento si deve al Gruppo iberoamericano di teologia, non è una pubblicazione con la quale si possa aggirare facilmente il confronto, in particolare se interessati o impegnati a vario titolo in questo momento di storia della Chiesa. Si concentra su un tema proposto all’opinione pubblica ecclesiale ancor prima del Sinodo sulla sinodalità indetto dal papa nel 2021, ma tornato in auge sicuramente grazie a esso.
Il testo è uno studio ragionato la cui dimensione d’opera collettiva è un punto di forza non solo perché s’interroga sull’attuazione della sinodalità, né solo perché riflette su varie istanze di riforma. Le ragioni per le quali questa raccolta di saggi merita d’essere letta affondano soprattutto nel genere d’approccio proposto, che è innanzitutto ecclesiale.
A. Ballarò, in
Il Regno Attualità 12/2022