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Sinodalità e riforma
Rafael Luciani, Serena Noceti, Carlos Schickendantz (edd.)

Sinodalità e riforma

Una sfida ecclesiale

Prezzo di copertina: Euro 50,00 Prezzo scontato: Euro 47,50
Collana: Biblioteca di teologia contemporanea 211
ISBN: 978-88-399-3611-0
Formato: 15,7 x 23 cm
Pagine: 432
© 2022

In breve

Prefazione del cardinal Mario Grech, segretario generale del sinodo dei vescovi

Il presente volume – curato da R. Luciani, S. Noceti e C. Schickendantz e in uscita contemporanea in edizione inglese, spagnola, portoghese – offre un apporto di grande qualità alla riflessione sulla sinodalità. I contributi che raccoglie affrontano coraggiosamente questioni aperte e argomenti problematici, ed esprimono le riflessioni di venti studiosi/e, fra i massimi esperti a livello mondiale; molti di loro sono membri della commissione teologica e della commissione metodologica del sinodo dei vescovi. Ne risulta un contributo imprescindibile per il prossimo sinodo dei vescovi (2021-2023), ma anche per lo stesso cammino sinodale della chiesa italiana (2021-2025).

Descrizione

Papa Francesco, fin dall’inizio del suo pontificato, ha sollecitato la chiesa intera alla conversione pastorale e alla riforma. Tale prospettiva si è strettamente saldata con la maturazione di una coscienza e di una forma sinodale di chiesa. Ciò rappresenta una sfida straordinaria, perché comporta un cambiamento dei paradigmi, una revisione delle strutture esistenti, la creazione di nuove pratiche.
Il presente volume – curato da Rafael Luciani, Serena Noceti e Carlos Schickendantz – si offre come apporto alla riflessione in corso sulla sinodalità, ricco com’è di preziosi contributi che raccolgono le riflessioni di venti studiosi internazionali, uomini e donne. Tutti affrontano coraggiosamente questioni aperte e argomenti problematici. Lo fanno pensando insieme – sinodalmente – e intrecciando diverse competenze disciplinari, in una riflessione attuale sul mistero della chiesa che richiede, nondimeno, di considerare le implicazioni sul piano storico, fenomenico e istituzionale.
Le quattro parti del volume suggeriscono la logica aperta e dinamica che ha guidato la ricerca: si tratta di costruire la sinodalità; di riconfigurare ministeri, carismi, servizi; di creare consenso; di sinodalizzare le istituzioni. La ricostruzione del dibattito teologico e canonistico in atto si salda, allora, con l’individuazione di nuove possibili vie di sinodalità effettiva in tutti i contesti e a tutti i livelli della vita ecclesiale.
Questa pubblicazione, nata da un progetto del Gruppo iberoamericano di teologia, contribuisce al processo di riforma sinodale della chiesa per concorrere alla «edificazione del corpo di Cristo» (Ef 4,13) nell’unità della fede e dell’amore.

Commento

Questi i nomi del gruppo internazionale di autrici e autori che hanno contribuito al volume, fra i quali compaiono anche quelli dei due sottosegretari del sinodo dei vescovi:
Nathalie Becquart (Italia); Raúl Biord Castillo (Venezuela); Alphonse Borras (Belgio); Agenor Brighenti (Brasile); Catherine E. Clifford (Canada); Margit Eckholt (Germania); Massimo Faggioli (USA); Anne Béatrice Faye (Burkina Faso); Gloria Liliana Franco (Colombia); Carlos M. Galli (Argentina); Arnaud Join-Lambert (Belgio); Rafael Luciani (Venezuela); Santiago Madrigal (Spagna); Luis Marín de San Martín (Italia); Serena Noceti (Italia); Gilles Routhier (Canada); Ormond Rush (Australia); Carlos Schickendantz (Cile); Dario Vitali (Italia); Myriam Wijlens (Germania).

Recensioni

Chiesa sinodale e riforma sono, in questo momento, due temi che fanno da sfondo all’attuale stagione ecclesiale; il libro che presentiamo raccoglie i contributi di un gruppo di studiosi iberoamericani che si sono confrontati su questi due argomenti.

L’idea di fondo, che accompagna i singoli testi, è quella di affrontare alcuni snodi problematici dell’attuale dibattito sulla Chiesa sinodale, a partire dalla riforma. O meglio, il leitmotiv che mi è sembrato di cogliere in questa ricerca nasce da una ricomprensione della sinodalità, vista come l’attiva partecipazione dell’universitas fidelium, per la promozione di un vero e proprio processo di riforma e di cambiamento.

“Sinodalità” è uno dei termini più usati nell’odierna letteratura teologica, e in particolar modo ecclesiologica. Oggi si riscontra un utilizzo piuttosto frequente del concetto di sinodalità; tutto ciò ha fatto sì che questo concetto, piuttosto astratto per la verità, non assuma più un significato univoco. Per questa ragione, chiunque voglia in qualche modo approfondire la sinodalità della Chiesa, è necessario che espliciti l’orizzonte di comprensione all’interno del quale intende muoversi. I contributi di questa ricerca sembrano muoversi da una Chiesa sinodale “dal basso”, che vada a strutturare/cambiare anche la sua fisionomia istituzionale, facendo sì che la sinodalità non possa essere identificata unicamente come espressione della realtà collegiale dei vescovi insieme al Romano Pontefice, bensì riguardi tutta la Chiesa e non solo una parte (“alcuni”) di essa (cf G. Lafont, Petit essai sur le temps du pape François, Paris, Cerf 2017).

Lo svolgimento teoretico del libro parte da una riappropriazione della questione con una rinnovata interpretazione della tradizione, che permette di inquadrare in maniera innovativa la prassi sinodale della Chiesa. È quanto sembra emergere nel famoso passo di At 15, che diventa un’esplicitazione della dedizione comunitaria già espressa nel famoso sommario lucano di At 2,42. In questo testo, nonostante alcuni suoi risvolti irenici (tipico procedere letterario dell’A. che convenzionalmente chiamiamo Luca), si evince la priorità di una sinodalità, nel suo agire e decidere, quale partecipazione attiva e consapevole di tutti i membri della comunità. La sinodalità, in questa prospettiva comunionale, non può essere svincolata dalla persona, o meglio dalle persone, in quanto la Chiesa, proprio nella paradossalità della sua natura teandrica, si manifesta attraverso i credenti in Cristo (lo Spirito e Noi). Tuttavia, non si “rinchiude” in essi, né tantomeno la sinodalità, quale connotato essenziale della comunità cristiana, può essere ridotta e strutturata secondo i canoni della democrazia, o peggio ancora, di una teoria della comunicazione. Ciò che è in ballo, a nostro avviso, è l’identità stessa della Chiesa Cattolica.

Il volume si struttura in quattro parti che sintetizzano le coordinate di fondo della ricerca: la prima parte è intitolata “costruire sinodalità”; i contributi di questa sezione auspicano una riforma nel senso di un processo di sinodalizzazione di tutta la Chiesa e a tutti i livelli, che investe lo stile, le strutture, i processi e gli eventi.

La seconda parte porta il titolo “Riconfigurare i ministeri, i carismi e i servizi”, che è la parte più interessante della ricerca; essa si concentra sull’importante soggettività del laicato nell’ottica di “una sinodalizzazione” di tutta la Chiesa. Si segnala, in questa sezione, il significativo contributo dello storico M. Faggioli, sulla questione del rapporto tra ministero episcopale e Chiesa locale. L’A. mette in risalto come questa relazione, dal punto di vista ecclesiologico, abbia riguardato più la relazione/connessione al Collegio e al Primato, che all’universitas fidelium, perdendo di vista quell’evoluzione che a partire dalla svolta conciliare, ha valorizzato l’importante ruolo del popolo di Dio.

La terza parte è, invece, intitolata “Creare consensi: una possibilità reale”. Questa sezione raccoglie anche scritti provenienti da differenti prospettive ecumeniche che tentano di ripensare le procedure delle istituzioni per coinvolgere, in questo processo decisionale, tutto il popolo di Dio. Il contributo della teologa S. Noceti si articola intorno alla presa in considerazione del ruolo di tutte le componenti della compagine ecclesiale. La teologa fiorentina sostiene che il tema della Chiesa sinodale non possa ridursi solo ed esclusivamente al dialogo o meglio al modello comunicativo, ma va esteso ad una vera e profonda comunicazione di tutti i “soggetti ecclesiali”. Soltanto recuperando l’importante svolta dell’assise conciliare è possibile recuperare quella dinamica comunicativa creativa, che apporta decisive novità al cammino sinodale nella Chiesa.

La quarta parte del volume è intitolata “Sinodalizzare le istituzioni”; questa costituisce la sezione in cui si analizzano gli organismi istituzionali ecclesiali esistenti e solleva numerose domande e interrogativi su come queste istituzioni possano apportare decisivi cambiamenti nella Chiesa, ma non solo. Il contributo di C. Schickendantz di Santiago, uno dei curatori del volume, rimarca i numerosi discorsi ideali che, nella Chiesa, si sono portati avanti negli ultimi anni rispetto alle sue realizzazioni istituzionali. L’ultimo contributo, in particolare, del teologo italiano Dario Vitali insiste su come l’istituzione del Sinodo dei vescovi abbia compiuto numerosi progressi in virtù anche dall’attuale stagione ecclesiale, che con Papa Francesco, attraverso la costituzione apostolica Episcopalis Communio (2018), ha trasformato il Sinodo dei vescovi in un vero e proprio processo sinodale per tutta la Chiesa. Tuttavia restano aperte numerose questioni in relazione alla natura del Sinodo dei vescovi, quale organo di supporto al Romano Pontefice. Il teologo Vitali auspica che il sinodo possa diventare il cantiere aperto di un esercizio sinodale costante e perpetuo nella vita delle comunità cristiane.

Il bilancio critico dell’opera è ricco di spunti e sollecitazioni e, allo stesso tempo, molto eterogeneo. Si parla di una riconfigurazione dei ministeri, ma non si delineano suggerimenti in tal senso; sembra inoltre che ci siano molte prassi sinodali ispirate alla riforma luterana. Ma qual è il proprium della Chiesa Cattolica? Quest’ultima ha una sua specificità?

La sinodalità, nell’attuale dibattito teologico, viene spesso confusa come opinione della maggioranza oppure, peggio ancora, è vista come una spartizione di ruoli e di “poteri”.

Il valore profondo della Chiesa sinodale è legato al suo essere nella storia e nella capacità di rispondere ai “segni dei tempi”, a partire dai diversificati contesti in cui la comunità cristiana è chiamata ad operare.

La sinodalità, così come oggi viene proposta nei diversi scenari ecclesiologici, svolge l’importante ruolo di offrire nuove strutture all’esperienza della comunità cristiana, capaci di inverare lungo il cammino della storia l’identità originaria della Chiesa. Se quanto affermato trova una corrispondenza al vero, allora, come ebbe già a sostenere nel post-Concilio il teologo Karl Rahner, ciò deve avvenire in ragione del suo elemento fondativo (Vorbild) che è – e resta sempre – l’evento trinitario. Ma questo è solo un paradigma ideale? Senza alcun riscontro nella prassi ecclesiale?

La sinodalità, infatti, come pratica ecclesiale della comunione che accomuna la totalità dei battezzati non può essere esplicitata unicamente secondo alcuni desueti criteri burocratici o sociologici. Non solo: la prassi sinodale, se interpretata e verificata all’interno di un orizzonte che trovi nella dinamica trinitaria il suo presupposto epistemologico e ontologico, può essere realmente in grado di favorire, nell’orizzonte dello Spirito, la communio che la costituisce, facendola così divenire espressione visibile e concreta della Chiesa stessa.

L’azione dello Spirito come azione sinergica e/o sinodale della comunità si esprime «nel ritenere, praticare e professare la fede trasmessa» e nella «singolare unità di spirito tra vescovi e fedeli» (DV 10). L’azione dello Spirito struttura quindi la comunità rendendola soggetto vivo e vitale della fede, attraverso i vescovi, che «mossi dall’impegno per l’universale missione affidata agli apostoli, unirono i loro sforzi e i loro intenti, per incrementare il bene comune e quello delle singole chiese» (DV 10).

Una volta colto il senso più propriamente teologico della sinodalità, si può recuperare quanto ha evidenziato la svolta conciliare, nei suoi aspetti più eloquenti, cioè come i sinodi non siano soltanto forme di rappresentazione della sua struttura gerarchica e collegiale, ma espressioni di tutta la comunità in cammino nella storia.


N. Salato, in Rassegna di Teologia 3/2023, 425-427

È dal maggio del 2021 che la chiesa italiana è in cammino sinodale, agganciata a quello del Sinodo dei vescovi (Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione)che sta preparando la sua assise universale per il 2023. Si sta delineando «il sogno di una chiesa come “casa di Betania” aperta a tutti», restando in permanente ascolto (orientato) e con i cantieri aperti «della strada e del villaggio», «dell'ospitalità e della casa», «delle diaconie e della formazione spirituale». Certo il cammino è ancora lungo (2025), e non si hanno ancora dati ufficiali sufficienti per un’analisi puntuale di come si stia navigando. Non pare, tuttavia, che le esperienze qualifìcate siano numerose, anzi. E nemmeno che sia alle stelle l'entusiasmo di diocesi, parrocchie e aggregazioni varie (a parte, ovviamente, le Conferenze stampa rilasciate). Diversamente da alcune esperienze come quella della chiesa di Germania (molto discussa) o di quelle, più esperte, dell'America Latina.

Peraltro, il testo che presentiamo trova la sua scaturigine proprio da un progetto di studio del «Gruppo iberoamericano di teologia» (2019), ristrutturato e coordinato da Rafael Luciani, Serena Noceti e Carlos Schickendants. Da quando anche la chiesa italiana si è posta in stato di sinodalità, le pubblicazioni sono aumentate esponenzialmente a tutti i livelli. Ci si interroga sul nostro essere chiesa e c'è chi considera, per l'ordine del giorno del sinodo, le problematiche pratiche che urgono (irrisolte) da decenni e chi, invece, si attesta sul versante più teologico metodologico della sinodalità in sé come espressione di ecclesialità. Un compito non facile anche perché la sinodalità è già molto complicata anche solo sul versante antropologico, figuriamoci sul versante dei rapporti ecclesiali dopo centinaia di anni di efficienti relazioni piramidali, di clericalismo appassionato e di tranquillo paternalismo. Per non parlare del potere, che ancora oggi gran parte ritiene di esercitare come servizio.

Il cammino sinodale non può essere ben visto né ben vissuto se continuiamo a ritenerci latori di molte certezze e pochi dubbi; preoccupati per le visioni morali non negoziabili e non per le condizioni di vita più critiche; vigili e pugnaci nel perseguire preminenze (culturali?) e privilegi non per vigilare su corruzioni e abusi; pronti a una comoda obbedienza e indisponibili alla fatica della partecipazione e della responsabile testimonianza di fede. È un modello questo di chiesa che da noi non è ancora in crisi.

Per tale ragione la riforma trainata da papa Francesco è discussa e pare discutibile. Quale sinodo allora? Almeno quello che ponga in radice la fondamentale questione della credibilità (nostra personale e delle nostre comunità e aggregazioni sul territorio, le diocesi coi loro pastori, il vaticano col pontefice) dell'annuncio della buona novella (non della buona novella in sé, come spesso si equivoca). Possiamo tornare a essere credibili se salvaguardiamo ancora modelli di chiesa discutibili oggi? Un sinodo serve, dunque. Ma ci serve capire anche di cosa si stia parlando, perché la presunzione (di alcuni, non pochi) di godere cognizioni e grazie di stato può far contrabbandare le consuete pratiche pastorali come esercizio di cammino sinodale.

Il libro che presentiamo ha tutto per riuscire a chiarire e formare sinodalità nel suo significato più vero, ritornando utile soprattutto a chi presume già di sapere. Il libro spazia ampiamente (428 pp. totali) approfondendo il paradigma sinodale, dimostrandone l'importanza nella gestione delle strutture e soprattutto la fecondità sul versante pratico. E si capisce, leggendolo, perché la chiave di volta della sua corretta attuazione e della consapevolezza del modello sia proprio inevitabilmente l'aggiornamento strutturale. Di belle parole ce ne sono già tante.

Il volume è suddiviso in quattro parti lodevolmente incorniciate da un'Introduzione (pp.11-25) che inquadra la sinodalità come la migliore espressione contemporanea dell'ecclesiologia conciliare. Le quattro parti rispondono sostanzialmente a quattro domande: come si costruisce sinodalità? (pp. 29-143), come debbono essere riconfigurati ministeri, carismi e servizi? (pp.147-222), come si crea consenso nella chiesa? (pp. 225-334), come «sinodalizzare le istituzioni»? (pp. 409).

La prima parte è composta da cinque capitoli con la collaborazione di M. Wijlens (Sfide teologiche), C.M. Galli (chiese regionali), R. Luciani (tutta la chiesa), A. Borras (diritto canonico); L. Marin de San Martin (sfida e speranza). La seconda parte è composta da cinque capitoli con i contributi di M. Eckholt (Sensus fidelium);A.B. Faye (il femminile), G.L. Franco (vita consacrata), M. Faggioli (ministero episcopale), N. Becquart (primato, collegialità e sinodalità). La terza parte è costituita da sei capitoli che vede gli interventi di O. Rush (tradizione e consenso), S. Madrigal (potere e autorità), S. Noceti (comunicazione generativa), A. Brighenti (sinodo dei vescovi), R. Biord Castillo (l'esperienza del Venezuela), C.E. Clifford (l'esperienza anglicana). L’ultima parte è costituita da quattro capitoli con gli interventi di C. Schickendantz (accountability),A. Join-Lambert (sinodi diocesani), G. Routhier (conferenze episcopali), D. Vitali (sinodo dei vescovi).

Alla fine della lettura viene spontaneo chiedersi se può bastare lo sforzo di un adattamento e/o aggiornamento di conciliare memoria, oppure se si rende invece necessario (e urgente ormai) uno sforzo di riforma più concreto per imboccare il cammino sinodale, perché per l'Italia almeno sembra l'invito a entrare in una nuova cultura ecclesiale, una nuova forma vitae.Se si perde di vista la crisi di credibilità che non il vangelo (ripetiamo), ma la chiesa (le chiese) oggi patisce si vanifica ogni cosa perché la sinodalità è strettamente congiunta alla riforma, come bene riassume il titolo del volume. E quali sono i motivi della riforma, tali sono anche quelli della sinodalità, in quanto questa è metodo e l'ermeneutica di quella.

Un libro da tenere a portata di mano, pronto per un confronto che aiuti a ricavare il meglio dai vari strumenti di lavoro che comunità, diocesi e conferenza episcopale hanno varato e vareranno, per sostenere il cammino sinodale.


D. Passarin, in CredereOggi 6/2022, 175-178

Il volume in esame, frutto di un progetto del gruppo iberoamericano di teologia, svetta all’interno dell’ampia e variegata produzione teologica contemporanea sul tema della sinodalità come dimensione ineludibile della riforma della Chiesa. Si tratta di un testo molto stimolante che, pur essendo stato scritto da diversi autori, si distingue per l’unitarietà della sua proposta.

I temi fondamentali che vengono affrontati, e che corrispondono alle sezioni dell’opera, sono l’identità teologica della sinodalità, l’esercizio dei carismi e dei ministeri, il consenso ecclesiale e la presenza della logica sinodale nelle attuali istituzioni ecclesiastiche. Gli autori si collocano tra i nomi più importanti della teologia internazionale, e tra di essi compaiono i due sottosegretari del sinodo dei vescovi. La prefazione del volume, poi, è a firma del cardinale Mario Grech, segretario dello stesso sinodo. Si tratta dunque di un volume che è espressione non solo della ricerca teologica, ma in qualche modo anche di quella parte dell’istituzione ecclesiale a cui papa Francesco ha affidato particolari responsabilità per la promozione della sinodalità e della riforma della Chiesa.

I vari contributi sono di diverso taglio, spaziando da studi specialistici a testimonianze su eventi sinodali, ma ciascuno di essi contribuisce a suo modo a offrire considerazioni non scontate sulla sinodalità e sulla riforma ecclesiale. Il lettore non specialista potrà trovare al loro interno le idee fondamentali che da alcuni decenni sono divenute ampiamente condivise negli studi ecclesiologici e che papa Francesco ha divulgato a più riprese, come quella del sensus fidei e dell’identità carismatica di tutti i membri della Chiesa, del suo essere un popolo che cammina nella storia e del suo carattere pluriforme in ragione della molteplicità delle culture in cui vive.

Anche il lettore specialista, però, potrà trovare in diversi saggi delle riflessioni che non sono scontate. Ad esempio, si può citare la rilettura onesta e documentata del Vaticano II e della sua difficoltà a elaborare una teologia dell’episcopato e un’ecclesiologia di comunione che sia realmente funzionale alla sinodalità ecclesiale, o le ragioni dell’attuale mancanza di una normativa canonica che recepisca e tuteli lo stile sinodale nella Chiesa. D’altra parte, come sottolineato da diversi autori, la sinodalità non può essere semplicemente frutto di norme canoniche, in quanto richiede anzitutto una disposizione interiore, cioè la capacità – soprattutto dei pastori – di vivere uno stile relazionale incentrato sulla reciprocità e non sul potere, e quindi di condurre in modo corrispondente i processi decisionali. Insomma, se il lettore potrà trovare nelle pagine di quest’opera numerosi suggerimenti utili a orientare la prassi ecclesiale in senso sinodale, è avvertito che in assenza di un cambio di mentalità queste idee non potranno cambiare la prassi ecclesiale.

In questo modo il volume apre la strada a una lettura del tema della sinodalità e della riforma in chiave educativa. Il problema diventa quello di formare seminaristi, presbiteri e vescovi a uno stile relazionale di reciprocità, cioè a permettere al vissuto e al creduto delle loro comunità di incidere realmente sul loro discernimento. Questo approccio permetterà pure di mettere a tema in modo più rilevante i problemi concreti che sorgono quando un pastore cerca di guidare una comunità cristiana in modo sinodale. Del resto, lo stesso papa Francesco, presentato in diversi contributi come modello di una guida capace di sinodalità, sa pure prendere decisioni in modo molto direttivo e ben poco sinodale quando sono in gioco questioni urgenti che gli stanno realmente a cuore.

Accanto a questa problematica educativa e pratica, che ovviamente resta inevasa, vi è la questione della teologia del ministero ordinato, che pur essendo congruente con gli interessi degli autori, non viene affrontata se non in chiave storica, soprattutto in rapporto all’insegnamento del Vaticano II. A questo riguardo, si sottolinea a più riprese come sia nel concilio che nell’attuale Codice di diritto canonico vi sia una forte resistenza a riconoscere una facoltà deliberativa a organismi in cui sono presenti dei laici, quasi perché il munus regendi dei pastori non possa essere inibito sul piano giuridico. Probabilmente dietro a questa questione si colloca una teologia del ministero ordinato che, se in teoria ha superato la visione sacrale, lascia comunque il pastore in una posizione top-down nei confronti della sua comunità, e quindi disfunzionale rispetto alle istanze della sinodalità. Finché non si affronterà questo problema sul piano sistematico, e non solo storico, diventerà molto difficile ottenere un cambiamento significativo negli stili di leadership all’interno della Chiesa cattolica. Nell’auspicio che gli autori coinvolti in quest’opera preziosa possano presto esercitarsi su questo tema, quasi per completare e rendere più efficace il loro importante contributo alla riforma sinodale della Chiesa, non si può che consigliare la lettura dei loro contributi, ringraziandoli per gli innumerevoli stimoli che hanno offerto al cammino delle Chiese.


M. Nardello, in Rivista di Teologia dell’Evangelizzazione 52 (2/2022), 551-553

Nathalie Becquart (Italia); Raul Biord Castillo (Venezuela); Alphonse Borras (Belgio); Agenor Brighentì (Brasile); Catherine E. Clifford (Canada); Margit Eckholt (Germania); Massimo Faggioli (USA); Anne Béatrice Faye (Burkina Faso); Gloria Liliana Franco (Colombia); Carlos M. Galli (Argentina); Arnaud Join-Lambert (Belgio); Rafael Luciani (Venezuela); Santiago Madrigal (Spagna); Luis Marin de San Martin (Italia); Serena Noceti (Italia); Gilles Routhier (Canada); Ormond Rush (Australia); Carlos Schkkendantz (Cile); Dario Vitali (Italia); Myriam Wijlens (Germania).

Potrebbe sembrare eccessivo riportare l'intero elenco dei collaboratori di quest'opera, cui va aggiunto l'autore della prefazione, ossia il cardinale Mario Grech, segretario generale del Sinodo dei vescovi. Mi sembra invece che la lista dica già molto. Oltre alla cattolica varietà delle provenienze geografiche, si trovano 7 donne e 13 uomini; tra di loro preti, religiosi e religiose, laici e laiche, qualcuno sposato e qualcuno no; sono ovviamente tutti impegnati nella docenza universitaria, ma in aree disciplinari differenti, con biografie personali spesso intrecciate a vari campi d'azione ecclesiali. Ci sono anche un vescovo e diversi esperti impegnati a vario titolo nel Sinodo, compresi due sottosegretari.

Dato che il tema del lavoro al centro del poderoso volume è la necessità di una riforma della Chiesa in senso sinodale, la cui radice più profonda è nella consultazione dell'universitas fidelium, cioè dell'intero popolo di Dio e delle sue molteplici soggettualità, la presenza in questo volume di una varietà simile di autori e autrici ci sembra un tratto di stile importante, oltre ovviamente all'indubbia competenza di esperti di livello mondiale nei rispettivi settori.

I venti contributi fissano il punto della situazione e aprono dibattiti su ciò che è da pensare e da fare, senza nascondere alcuni nodi estremamente problematici per cui urgono percorsi possibili. Lo scopo condiviso è chiarito nell'introduzione: «Una vera e permanente riforma della Chiesa deve includere una rinnovata riflessione su se stessa e anche la ricerca di un nuovo modo di procedere ecclesiale, per realizzare una trasformazione che deve interessare non solo la propria identità e missione, ma anche il modo in cui la Chiesa definisce le identità e i rapporti di tutti i soggetti ecclesiali, e la maniera in cui si vivono le dinamiche comunicative all'interno delle sue strutture».

Le quattro sezioni in cui si articolano itesti sono altrettanto chiare nell'indicare la direzione di marcia: 1) Costruire sinodalità; 2) Riconfigurare i ministeri, i carismi e i servizi; 3) Creare consensi: una possibilità reale; 4) Sinodalizzare le istituzioni.


M. Ronconi, in Jesus 7/2022, 90-91

In una stagione in cui la Chiesa è intenta a riscoprire la sinodalità come suo tratto costitutivo, sussiste un rischio d’inflazione per ciò che concerne l’uso del termine. L’esito sarebbe la svalutazione della forma e del contenuto della sinodalità, per esempio con una lettura solo «cosmetica», incapace di trasformare la realtà ecclesiale nella sua interezza. Uno dei rimedi a questa svalutazione è la ricerca teologica, la quale costringe i singoli e le comunità a non accettare compromessi al ribasso sul senso di una Chiesa sinodale, anche grazie al contributo di papa Francesco.

Il volume Sinodalità e riforma. Una sfida ecclesiale, pubblicato da poco nella prestigiosa «Biblioteca di teologia contemporanea» dell’editrice Queriniana, ha qui il proprio obiettivo. Configurandosi quasi come un manuale, il testo fa approfondire ad autori diversi un ampio ventaglio di temi raggruppati in 4 parti: l’edificazione della sinodalità; il ripensamento dei ministeri; la creazione del consenso; la sinodalizzazione delle istituzioni.

Data la diversit dal punto di vista biografico, della formazione, della provenienza, il volume si caratterizza anche per un approccio ecumenico e globale, oggi sempre più necessario per un’adeguata comprensione delle dinamiche centrali del cattolicesimo. Si nota poi un approccio interdisciplinare che interseca storia, teologia e diritto canonico.

I saggi contenuti nel testo sono preceduti da un’Introduzione che esplicita il senso del titolo e ne offre una contestualizzazione ecclesiologica: la sinodalità ha nel concilio Vaticano II il suo riferimento più importante, poiché gli sforzi di papa Francesco sono radicati nell’esortazione di Paolo VI a ricevere il Concilio in spirito di «perenne riforma», il che evidenzia il legame tra l’idea di riforma nella Chiesa e ciò che tale riforma può realizzare sul piano della sua identità, della sua missione e dei suoi rapporti interni ed esterni. La nuova fase di recezione del Concilio avviata da Francesco si capisce anche come «ritorno alle fonti», ma ciò vale allo stesso modo per l’approfondimento della sinodalità nella Chiesa: il ressourcement come processo attivo e creativo.

La prima parte del volume, su come «costruire sinodalità», mette l’accento sulla conversione in quanto atteggiamento irrinunciabile della vita della Chiesa, da cui dipende l’idea stessa di riforma, che non può mai essere solo «spirituale» né solo «strutturale». E ciò in forza del fatto che anche (forse in primo luogo) una vita credente si serve di mediazioni tanto in un verso quanto nell’altro.

Al cuore di questa riflessione si trova l’immagine di una Chiesa «popolo di Dio»: gia ripresa dal Concilio e non a caso anche da Francesco nel corso del pontificato. È a una «teologia della comunione sinodale» che il testo mira attraverso un’analisi dei fondamenti trinitari, cristologici, pneumatologici ed eucaristici della sinodalità, i quali mostrano la «sintesi ecclesiologica» del Vaticano II in un’ottica non riduttiva, perché è impensabile che «tutto sia detto con il concetto di comunione», usato soprattutto di recente.

Del resto, come scrive uno degli autori, «la semplificazione intellettuale non si adatta alla ricchezza della Chiesa né al pensiero complesso», così approfondire la sinodalità non è soltanto un ritorno alle fonti ma anche una via di aggiornamento, il quale si rivolge al diritto canonico in vista di una sinodalizzazione «effettiva» e non solo «affettiva» di tutta la Chiesa.

La seconda parte del testo, su come «riconfigurare i ministeri, i carismi e i servizi», comporta necessariamente uno sguardo ai soggetti che fanno la Chiesa: anzitutto i laici, già considerati membri passivi o definiti a partire da un confronto con i chierici, il cui primo riconoscimento consiste in una riconsiderazione del sensus fidei, il senso della fede di tutta la Chiesa che non si sbaglia nel credere; in seconda battuta i religiosi, colti a volte dallo spaesamento derivante dall’impressione di abitare una «terra di mezzo»; trasversalmente a questi due soggetti le donne, ancora troppo poco presenti in ruoli d’autorità o processi di partecipazione; nonché tutti i ministri ordinati, il cui ripensamento è diventato urgente in una Chiesa che vive un tempo di profondi cambiamenti, e in particolare i vescovi, che al Concilio furono oggetto di una riflessione sulla collegialità che oggi non puo esimersi dal confrontarsi con il concetto di sinodalità. L’intuizione di fondo è che una Chiesa sinodale sia una Chiesa-soggetto-di-soggetti.

La terza parte, su come «creare consensi», ruota intorno alla sinodalità in senso pratico, anche sulla base di casi esemplificativi quali il Sinodo panamazzonico del 2019, il Concilio plenario tenutosi in Venezuela tra gli anni 1996-2006 e alcune esperienze di dialogo anglicano-cattolico. Ma è il rapporto tra sinodalità, tradizione ecclesiale e idea di consenso a proporre la cornice teologica di base: è questa una relazione fondamentale per comprendere la nascita della Chiesa stessa e conseguentemente i suoi possibili sviluppi. Già l’emergere di un canone biblico, per esempio, va considerato «il risultato di un processo che tende al consenso nella diversità». Il consenso nella Chiesa è stato raggiunto in diversi modi nella storia, pertanto nuovi processi per un raggiungimento del consenso ai nostri giorni possono continuare a essere elaborati, provati, discussi.

L’eredità del Vaticano II al riguardo può dirsi perfino eloquente: l’apertura ecumenica promossa dal Concilio può dire molto sul modo con cui ci si rapporta nella Chiesa cattolica e sul modo con cui la Chiesa cattolica si rapporta con gli altri. In un momento in cui è importante che le comunità ecclesiali facciano esperienza di sinodalità, è facile comprendere come la Chiesa debba imparare a rimettersi insieme senza pretese di uniformità. Nel testo si propone anche il modello in vigore presso il Consiglio ecumenico della Chiese (CEC), dove il consenso si concepisce come ricerca di un pensiero comune che può prescindere dalla pratica del voto.

La quarta e ultima parte, su come «sinodalizzare le istituzioni», tocca infine realtà e aspetti la cui rilevanza, principalmente di tipo strutturale, è emersa soprattutto negli ultimi anni: dalla necessità di un’accountability per le istituzioni nella Chiesa all’opportunità rappresentata dai sinodi diocesani, dal ruolo delle conferenze episcopali alla nascita e riforma del Sinodo dei vescovi, l’organismo voluto da papa Paolo VI e rivisto da papa Francesco mediante la pubblicazione della costituzione apostolica Episcopalis communio, nel 2018.

Il libro, il cui concepimento si deve al Gruppo iberoamericano di teologia, non è una pubblicazione con la quale si possa aggirare facilmente il confronto, in particolare se interessati o impegnati a vario titolo in questo momento di storia della Chiesa. Si concentra su un tema proposto all’opinione pubblica ecclesiale ancor prima del Sinodo sulla sinodalità indetto dal papa nel 2021, ma tornato in auge sicuramente grazie a esso.

Il testo è uno studio ragionato la cui dimensione d’opera collettiva è un punto di forza non solo perché s’interroga sull’attuazione della sinodalità, né solo perché riflette su varie istanze di riforma. Le ragioni per le quali questa raccolta di saggi merita d’essere letta affondano soprattutto nel genere d’approccio proposto, che è innanzitutto ecclesiale.


A. Ballarò, in Il Regno Attualità 12/2022

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