11/11/2011
204. IL CONCILIO A RISCHIO DI SVENDITA? di Andreas R. Batlogg SJ (Redattore-capo di Stimmen der Zeit)
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Nell’ottobre 2009 ci si chiedeva: «L’ultimo concilio è materia di trattativa? Si può, su singoli testi dei 16 approvati tra il 1962 e il 1965, mercanteggiare  come in un bazar?» A tal riguardo si citava da una dichiarazione dei vescovi tedeschi, del 5 marzo 2009: «I documenti del concilio Vaticano II appartengono irrinunciabilmente   alla tradizione cattolica». La cui “autorità dottrinale” non si può «congelare all’anno 1962»: lo stesso Benedetto XVI aveva affermato questo in una lettera del 10 marzo 2009 ai vescovi di tutto il mondo, con la quale egli spiegava il suo modo di procedere nei confronti della tradizionalista Fraternità sacerdotale San Pio X – a proposito della remissione della scomunica ai quattro vescovi scismatici. Uno «strisciante scavo e smontaggio» del concilio veniva indicato,  all’inizio del testo citato, come pericolo incombente: «Il legittimo intento del papa è e deve essere l’unità della chiesa» - ma a quale prezzo? Anche a costo di lasciar svalutare il concilio oppure di dimezzarlo?

Molte cose parlano ora in favore dell’importanza  di ciò che va ricordato 50 anni più tardi, per interi tre anni, dal 2012 al 2015 - con conseguenze incalcolabili non solo per ciò che si chiama «eredità del concilio». È stata lesa  -  si dà il caso – anche l’immagine del papa stesso, il quale non solo fu consulente teologico personale dell’arcivescovo di Colonia, il card. Joseph Frings, ma fu anche perito conciliare ufficiale. La biografia teologica di Joseph Ratzinger è strettamente intrecciata con il concilio.

Ora, l’Ufficio stampa vaticano, il 14 settembre 2011, dopo la conclusione dei complessivi otto giri di colloqui, tenutisi tra ottobre 2009 e aprile 2011, di una commissione di studio mista -  composta da rappresentanti della Fraternità sacerdotale S. Pio X e della Congregazione per la dottrina della fede -  ha pubblicato una dichiarazione:  il suo compito era di «esporre le difficoltà  dottrinali essenziali su temi controversi e discuterle in modo approfondito, per chiarire le rispettive posizioni e motivazioni». Tale scopo sarebbe stato raggiunto. La Congregazione per la dottrina della fede considera «come base fondamentale per il cammino verso una completa riconciliazione con la Sede Apostolica l’accettazione del testo del preambolo dottrinale»: «Questa dichiarazione dottrinale»  (presentata il 14 settembre) «enumera alcuni principi dottrinali e criteri interpretativi della dottrina cattolica che sono necessari per garantire la fedeltà al magistero della chiesa e il ‘sentire cum ecclesia’».

Quali «principi dottrinali e criteri interpretativi» siano con ciò intesi, il comunicato stampa non lo dice. Allo stesso modo rimase segreto il contenuto del “preambolo”. Tutti i fedeli hanno però il diritto di conoscere tale contenuto. Deve irritare anche la successiva affermazione della dichiarazione della Congregazione per la dottrina della fede: «allo stesso tempo essa permette una legittima discussione sull’esame e l’interpretazione teologica di singole espressioni e  formulazioni che si trovano nei documenti del concilio Vaticano II e del successivo Magistero».

Una reazione ufficiale della Fraternità, su cui il Vaticano conta nei prossimi mesi, manca ancora. Da essa dipende una soluzione canonica del suo status futuro – come «conseguenza di una eventuale e sperata riconciliazione», come conclude la dichiarazione. In definitiva, non tradisce forse il concilio nel suo insieme chi espone «singole espressioni e formulazioni», che pur sono espressione di un pluriennale processo decisionale, alla «legittima discussione», senza precisare fin dove essa possa arrivare? Le due parti intendono realmente la stessa cosa quando parlano di un «concilio pastorale»? Il carattere dogmatico vincolante del Vaticano II è ugualmente chiaro a tutti gli interessati?

Il teologo dogmatico Wolfgang Beinert, che prende parte regolarmente agli incontri del «gruppo dei discepoli» del papa a Castegandolfo, alla radio ecclesiale di Monaco ha parlato del fatto che un “ritorno” dei membri della Fraternità S. Pio X è difficilmente immaginabile. Per venire incontro all’altra parte ognuna delle due parti dovrebbe «per così dire compiere un suicidio teologico».  Ecumenismo, libertà religiosa e libertà di coscienza restano i tre «punti di frizione» più importanti. Se al riguardo una delle due parti esce dai propri limiti, essa perde la propria faccia – e la sua credibilità. Non è forse vergognoso che al direttore della Fraternità San Pio X, il vescovo Bernard Fellay, siano state prospettate «richieste minime»?  «Per il Vaticano e il concilio», così afferma Beinert, «la tradizione inizia con la Sacra Scrittura e abbraccia anche il primo millennio della storia della chiesa, dal quale la riforma della messa, ad esempio, trae alimento. Le forme tradizionaliste d’oggi, invece,  in fondo fanno iniziare la tradizione nel basso Medioevo. Di conseguenza la messa tridentina è per loro irrinunciabile. Ma essa proviene da un altro spirito, e la questione allora è: è lo stesso lo spirito al quale le due parti si riferiscono?» A questa tradizione ampia hanno rinviato già Paolo VI e Giovanni Paolo II.

Concessioni in singole formulazioni sono una cosa  - e già questo sarebbe abbastanza negativo  e in definitiva una svendita, anche a prescindere dalla costante e sprezzante retorica quotidiana dei membri della Fraternità S. Pio X, che dal 1962 sospettano ovunque soltanto decadenza. L’altra questione è lo «spirito del concilio»: essa non può essere risolta con delle acrobazie intellettuali verbali come «ermeneutica della rottura», che la Fraternità S. Pio X dà per scontata, oppure «ermeneutica della riforma», o «della continuità», della quale il papa ha ripetutamente parlato. Se i membri della Fraternità S. Pio X «non accettano il concilio», così si esprime il card. Joachim Meisner in modo inaspettatamente chiaro, «essi devono prima rimanere fuori» – non senza sottolineare che la chiesa «non li abbandonerà», neppure in caso di rifiuto del preambolo. Comunque essi si decidano, c’è molto in gioco – e scarso è il genuino spazio di gioco.



© 2011 by Stimmen der Zeit (Heft 11, nov. 2011)
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Traduzione dal tedesco di Gianni Francesconi 
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