29/09/2010
175. La questione del sacerdozio di Johannes Röser1 (Friburgo, Germania)
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Sulla questione del sacerdozio si è discusso molto. Per questo motivo il diffuso settimanale cattolico di lingua tedesca “Christ in der Gegenwart” ha promosso un’inchiesta tra il clero in Austria. I dati dell’inchiesta sono poi stati commentati dal noto teologo pastoralista dell’Università di Vienna, Michael Zulehner, autore tra l’altro di una “Teologia pastorale” in quattro volumi editi in lingua italiana dalla Queriniana a cura di Bruno Seveso. In questo articolo il caporedattore del settimanale che ha promosso l’inchiesta presenta la discussione che si è svolta durante l’estate 2010. All’articolo segue una Documentazione sintetica dei “Risultati dell’inchiesta”. 

La crisi della fede viene aggravata dalla crisi del sacerdozio
Benedetto XVI ha creato il Pontificio Consiglio per la “nuova evangelizzazione”2, che dovrebbe, prima di ogni altra cosa, aiutare a risvegliare la domanda su Dio, la fede in Cristo, nell’Occidente un tempo cristiano e oggi divenuto ampiamente secolarizzato. Per compiere questo non c’è bisogno, a dire il vero, di autorità amministrative curiali nel servizio episcopale, ma di sacerdoti, che siano vicini alle altre persone e capiscano le loro situazioni di vita, le loro speranze, i loro desideri e dubbi. In compagnia di queste persone si dovrebbe sillabare il grande enigma sconvolgente dell’essere e del tempo, della finitudine e dell’eternità; in breve, sviluppare ulteriormente l’essere-cristiano nell’orizzonte dell’esperienza moderna del mondo.
Perciò è strano che venga messa in campo ogni volta da parte dei vescovi – che celano le proprie debolezze di governo – come argomento di difesa contro le richieste fondate di riforma del sacerdozio il fatto che non ci sarebbe una mancanza di preti, bensì una scarsità di fedeli. Il rapporto numerico tra sacerdoti e fedeli non sarebbe assolutamente negativo. Dichiarazioni simili sarebbero insuperabili quanto ad assurdità. Inoltre se Gesù non avesse coinvolto alcun discepolo e nessun apostolo, a quel tempo non ci sarebbe stato alcun cristiano e così anche il rapporto numerico non sarebbe stato sfavorevole.
Con la voglia di modernizzarsi?
Ciò significa che Benedetto XVI sarebbe stato colpito particolarmente dalla situazione nella Repubblica Ceca [26-28 settembre 2009]. Il paese un tempo con un’impronta profondamente cristiana ora è una delle nazioni più atee al mondo. Così egli avrebbe concepito il suo piano per i nuovi messi papali. Ad ogni modo non solo l’ateismo e il secolarismo sfidano il cristianesimo. Molto più seria nel frattempo è la grande maggioranza dei battezzati che non vogliono più saperne della chiesa. Si tratta di persone che assolutamente confessano di credere “in qualche modo” in Dio e che considerano tuttavia un’istituzione superata l’ambiente religioso a loro consueto. Per ricuperare questi pensatori di buona volontà occorrono particolarmente molti buoni sacerdoti giovani esperti del mondo, con la voglia di modernizzarsi e ricettivi. Di questi c’è mancanza.
Il teologo pastoralista di Vienna (Austria), Paul Michael Zulehner3, è giunto a concludere, in una ricerca recente fatta tra i parroci austriaci, che più un parroco è giovane, più è grande lo scetticismo e la distanza dalla cultura moderna e dalle proposte di modernizzazione. Chi ha una cosiddetta vocazione tardiva, su cui sono rivolte molte speranze, si mostra nella generazione dei “più giovani” addirittura come il più forte “scettico della modernità”. Fin qui Zulehner. L’agenzia di informazioni austriaca Kathpress scrive: «Chi […] è entrato in seminario o presso un ordine religioso dopo la maturità è evidentemente più aperto al mondo di quanti vengono con una vocazione più matura. E potrebbe essere che sul criterio dell’obbligo del celibato ha luogo attualmente una scelta per cui sempre più trovano accesso al ministero sacerdotale quei candidati scettici nei riguardi della modernità». Poi, oltre a questo, ci sono anche richieste di riforma per i cosiddetti viri probati, padri di famiglia che vengono ordinati sacerdoti ad una certa età, che fanno apparire le cose in un’altra luce. Questi sono uomini sposati, ma sono anche, in quanto “chiamati successivamente”, più maturi e forse molto più scettici a proposito della modernità rispetto a quanto fa bene al cristianesimo del nostro tempo?
L’inchiesta rivolta a 500 parroci, organizzata dalla radio austriaca e di cui si è occupato Zulehner, contiene esiti ulteriormente sensazionali. Si dà per certo che le idee della direzione e quelle del popolo della chiesa «sono sempre più in contrasto tra loro» e questo nel frattempo lo si scopre tuttavia anche tra i sacerdoti e i loro vescovi. La grande maggioranza dei parroci è sempre meno d’accordo con lo sconforto, l’atteggiamento di difesa e con il rifiuto di riforme da parte dei vescovi. Esistono – come l’agenzia di informazioni cattolica riferisce circa le notizie elaborate da Zulehner – «divergenze considerevoli tra parroci e direzione della chiesa». Ci sarebbe, a detta del pastoralista, «un estremo bisogno di agire». Il “ricco tesoro di esperienza” dei parroci dovrebbe essere impiegato per un’opera di riforma della chiesa.
I pastori d’anime vogliono riforme
Quanto i parroci si siano già allontanati dalla mentalità ministeriale dei loro superiori lo indica, tra l’altro, il fatto che l’80 per cento dice che sarebbe venuto il tempo di abrogare l’obbligo del celibato per le guide spirituali delle comunità, in vigore solo per la parte romano-latina della chiesa mondiale cattolica, e di introdurre delle regolamentazioni come quelle esistenti nelle chiese orientali legate al papa o nelle chiese ortodosse. Anche per un sacerdozio delle donne si esprime di gran lunga la metà dei parroci interrogati. La maggioranza di loro dice di pensarla diversamente dal proprio vescovo su molte questioni importanti. Ma Zulehner osserva anche qua e là un certo indebolimento della capacità di sostenere il conflitto, della volontà di portare avanti una discussione seria. Ci sarebbe la tendenza «per cui i sacerdoti non protestano più apertamente contro la posizione delle guide della chiesa, ma procedono per la loro strada di propria responsabilità […] e che così facendo sarebbero anche più contenti in media rispetto a qualche anno fa».
Nonostante ciò, nel loro complesso, le risposte dei parroci austriaci indicano, in modo incoraggiante e che crea speranza, che molti pastori d’anime accolgono bene ed interpretano correttamente i segni dei tempi e le loro necessità – dei credenti così come di quanti sono lontani. Chiaramente tra i preti si è formata una sensibilità per quel che è necessario e per le riforme. Ed esiste una volontà di riforma. Quindi se i sacerdoti delle parrocchie anche più di prima si fanno portavoce, avvocati del popolo di Dio, la direzione della chiesa – da qui fino a Roma – alla lunga non può fare a meno di vedere e non passerà oltre.
La questione del sacerdozio è al momento il problema d’inquietudine numero uno tra i cattolici – e questo non solo, come spesso è stato fatto per calmare gli animi, nei paesi di lingua tedesca, ma in molti settori del mondo, in America Latina ad esempio o negli Stati Uniti. E per l’Africa, dicono molti conoscitori della situazione, dipenderebbe da molteplici finzioni il fatto che l’osservanza locale della solitudine sessuale da parte dei preti sia osservata. In riferimento alla vita personale senza matrimonio più dei due terzi dei parroci interrogati in Austria si sono espressi in questo modo: «Ho trovato una mia via particolare, di cui mi sento responsabile!». E Zulehner commenta questi scarni ed ambigui accenni: non sarebbe stato compito dello studio presente andare più a fondo nella questione «di cosa nel compimento concreto ciò significhi», ovvero di quali forme di rapporti qui è possibile intendere.
La questione del sacerdozio e il problema del futuro di essere cristiani muove da parecchio anche le lettrici e i lettori delle nostre pagine informative. Nel corso degli anni e negli ultimi tempi sono giunte moltissime missive di posta elettronica, lettere, dibattiti da cui risulta chiaro che la stragrande maggioranza vede come impellente il bisogno di riforme. I più sono di certo consapevoli del fatto che certe riforme da sole a livello di ministero ecclesiastico non significano di per sé un rinnovamento della fede. Ma un sacerdozio riformato potrebbe se non altro creare, come clima, una migliore comunicazione e attenzione alle “soglie” della nuova domanda in merito a Dio.
Consigliere per la fede, accompagnatore per la vita
Per rendere noto l’“insieme delle sensazioni” di una larga opinione pubblica, la nostra rivista da questo autunno ha promosso parecchie iniziative tra quanti non partecipano alla vita della chiesa, con una inchiesta legata al tema: “Un nuovo sacerdozio”. Queste non si sono ancora concluse, ma finora hanno già risposto all’incirca 5000 persone. In un profilo abbiamo valutato quanto è stato fatto. I dati non sono naturalmente rappresentativi nel senso della scientificità dei sondaggi d’opinione e non ne soddisfano le attese. Ma le tendenze e le prospettive che si riconoscono al fondo confermano i punti nodali e documentano un bisogno immediato di fare qualcosa.
Come nelle altre ricerche anche da noi una stragrande maggioranza degli intervistati vede un fatto di libera scelta il celibato per i sacerdoti anche nella chiesa occidentale. Un 15 per cento desidererebbe ancora che solo uomini non sposati accedessero al sacerdozio. Quasi i due terzi si esprimono per un sacerdozio femminile.
Come sempre viene stimato molto il sacerdote – nonostante gli scandali degli abusi sessuali. Per quasi il 70 per cento degli intervistati, che in ogni caso potevano barrare più possibilità di risposta, è stimato il fatto che i sacerdoti, per loro, costituiscano dei consiglieri per la fede e degli accompagnatori per la vita. Quasi il 60 per cento vede nel prete l’annunciatore della lieta novella, e uno su due vede il sacerdote come mediatore di Dio. Ancor più significativo è ciò che i preti sono per quanti hanno votato in minoranza: maestri morali. Lo hanno crociato solo il 4 per cento. La chiesa dovrebbe riflettere quando si presenta all’opinione pubblica dei media secolari, per esempio, in occasione delle grandi feste, privilegiando sempre l’appello alla morale e ai valori. È notevole anche che il sacerdote come ministro del culto sia tra le ultime fila. Solo il 6 per cento dice sì a questa affermazione, e i pastori d’anime sono considerati necessariamente da un decimo degli intervistati manager della vita religiosa, e quali rappresentanti della gerarchia addirittura dal 7 per cento. Ciò che ci si aspetta dai preti è che essi si pongano solidarmente al fianco di quelli che cercano, di quanti sono mossi, da chi è preso e di chi religiosamente dubita.
Ciò si riflette ancora una volta nell’interrogativo di che cosa la gente più è colpita dai preti. La punta è del 70 per cento con una vita spirituale credibile, seguito dalla vicinanza con le altre persone e il forte impegno per gli altri (in ogni caso intorno al 60 per cento). Il valore più basso va alla forte autorità (5 per cento). Nell’area di mezzo si sistemano le stime diverse, dove colpiscono (il 25 per cento) soprattutto la curiosità intellettuale e l’inquietudine spirituale dei preti. Per ogni due questo significa una buona formazione teologica. L’interesse artistico è per contro poco atteso: lo hanno barrato solo il 6 per cento.
Abbiamo anche chiesto che cosa affligge di più i preti. Il 73 per cento ha risposto: il fatto di sperimentare una pressione sempre maggiore a causa degli ambiti più grandi in cui operano. Certamente portano in un vicolo cieco questi atti amministrativi nati da una difficoltà per mancanza di spirito di riforma. Tra il 50 e il 60 per cento degli interrogati spiega che è impoverente se i sacerdoti vivono soli, se agiscono in modo conservativo-tradizionale, se si comportano autocraticamente e giudicano tutto come lontani dalla vita di ogni giorno. Al di sotto di questa media – di un buon 11 per cento – è presente lo scontento che il sacerdote trasmetta poco della tradizione. Solo il 16 per cento si manifesta afflitto se i preti non vengono riconosciuti socialmente come si dovrebbe. Di nuovo, il 45 per cento si preoccupa che il sacerdote non ha gli attributi della maturità umana necessaria.
Aspettative dai vescovi
Che cosa ci si augura per il futuro del sacerdozio? Il valore più alto con quasi l’80 per cento lo raggiunge l’affermazione seguente: più apertura e coraggio di fare riforme. Ai gradini inferiori della scala ci sono i valori più bassi, per cui tutto potrebbe rimanere come è (3 per cento), compreso il fatto che si dovrebbe ritornare alle concezioni precedenti (quasi il 5 per cento). Una forte maggioranza vuole vie di accesso aperte alla vocazione sacerdotale. Inoltre più della metà desidera un cambiamento fondamentale nella comprensione del ministero. E quasi la metà degli interrogati chiede un colloquio a livello di chiesa mondiale sul futuro del sacerdozio con l’ausilio di un concilio ecumenico.
Tutto ciò – se visto quantitativamente – non costituisce dei test probanti, ma come tale affronta i segni del tempo. La stragrande maggioranza dei credenti impegnati ecclesialmente presi dal mezzo del popolo di Dio, come quei battezzati che per ora sono lontani dalla chiesa, si domanda quando alla fine ci sarà un approccio ai problemi a livello locale, regionale e mondiale da parte della guida della chiesa, senza pacificare oppure restare nel chiuso della propria cameretta escludendo l’opinione pubblica, ma decidendo in modo aperto ed energico. È a detrimento della consapevolezza di sé e dell’autocomprensione dei vescovi come è della loro autorità di servizio originalmente apostolica, conferita non dal papa ma da Cristo stesso, se essi muovono passi con cautela e fanno accenni di riforma alla presenza per esempio della stampa, ma poi – spesso dopo critiche da parte di collegi conservatori – fanno di nuovo dietrofront e negano ogni cosa anziché restare fermi e dire: «Questa è la verità, e io non posso fare diversamente!».
Così come è la situazione non si può procedere. Tutti lo sanno. C’è bisogno prima di tutto della forza della guida episcopale-collegiale, di un dialogo di attacco all’interno delle singole e tra diverse conferenze episcopali a livello europeo come intercontinentale. I vescovi non possono per molto tempo sfuggire alle proprie esigenze teologiche e alla piena potestà apostolica, nel senso di ascoltare i credenti (sensus fidelium), agire secondo i segni dei tempi e trovare il coraggio per riformare le cose. Non domani – ora.

Note
1) È nato nel 1956. Dopo lo studio della teologia a Friburgo e a Tubinga (Germania), dal 1981 è caporedattore dal 1995 del settimanale cattolico in lingua tedesca Christ in der Gegenwart. 
2) L’annuncio è stato fatto durante la celebrazione dei vespri per i santi Pietro e Paolo la sera del 28 giugno 2010. 
3) Presso la Queriniana è autore della Teologia pastorale in 4 volumi, 1992.

© Christ in der Gegenwart (Verlag Herder, Freiburg i. B.) n. 28, 11 luglio 2010
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Traduzione dal tedesco a cura della Redazione Queriniana
Forum teologico, a cura di Rosino Gibellini
Editrice Queriniana, Brescia (UE)
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