03/09/2021
494. LA TEOLOGIA ITALIANA DA' BUONI FRUTTI - PARTE II Tra onore pubblico e auspicio urgente di Paolo Costa e Andrea Grillo
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Dal 25 al 28 agosto 2021, la European Society for Catholic Theology (ESCT) si è riunita a convegno presso l’Università di Osnabrück, in Germania. Circa centottanta teologi da tutta Europa hanno riflettuto, sulla scorta di diverse discipline teologiche, per dare forma a una innovativa teologia della creazione e a un’etica della sostenibilità. Hanno inteso dare un contributo alla trasformazione della teologia cattolica in una prospettiva globale, ossia «in direzione di una teologia performativa e liberatrice». Nel corso di un raffinato programma culturale nella chiesa di St. Johann, sempre a Osnabrück, sono stati poi assegnati due premi a pari merito per il “Libro teologico dell’anno” (sezione teologi senior): rispettivamente a Paolo Costa (Trento) e ad Andrea Grillo (Savona). Dopo il discorso di premiazione, pronunciato da Marie-Jo Thiel – potete trovarlo nella puntata precedente del blog –, riportiamo ora i discorsi di ringraziamento tenuti dai due vincitori italiani. In entrambi i casi l’opera vincitrice è stata pubblicata dall’Editrice Queriniana; si tratta rispettivamente di La città post-secolare. Il nuovo dibattito sulla secolarizzazione; e di Eucaristia: azione rituale, forme storiche, essenza sistematica.


Un volto privato in uno spazio pubblico (di P. Costa)


Ricordo nitidamente l’impressione che mi fece il discorso pronunciato da Hannah Arendt alla consegna del Premio Sonning quando ero uno studente all’Università di Milano. All’inizio del suo ragionamento Arendt riflette sulla distinzione tra “persona” privata e pubblica, per poi citare con approvazione una celebre terzina di W.H. Auden:

 

Le facce private in luoghi pubblici

sono più sagge e simpatiche

delle facce pubbliche in luoghi privati.

 

Anch’io parlo qui come un volto privato in uno spazio pubblico, mentre riconosco senza remore che il mio libro – che avete gentilmente deciso di premiare – ha alle spalle un terzetto di autori aggiuntivi.

Il primo è padre Rosino Gibellini, all’epoca direttore della casa editrice Queriniana di Brescia, che dieci anni fa mi chiese di scrivere il libro e, alla fine, mi ha incoraggiato a finirlo quando ero restio a portarlo a termine.

La seconda è l’istituzione che ha sostenuto il percorso ventennale che mi ha portato a realizzare un libro così sfaccettato: la Fondazione Bruno Kessler e il suo Centro per le Scienze Religiose. Voglio citare qui almeno il nome di uno dei direttori del Centro, Antonio Autiero, che ha creduto in me quando io stesso dubitavo delle mie capacità. 

Il terzo e ultimo autore implicito è il mio defunto amico Davide Zordan, un brillante teologo cattolico che è morto troppo presto ed è universalmente rimpianto. Davide non solo mi ha insegnato molte cose cruciali negli anni in cui abbiamo condiviso lo stesso ufficio, ma è stato per me, soprattutto, un fulgido esempio di che cosa significhi essere un credente, un “vero” credente, in un’età post-secolare. Non ho mai dimenticato quella lezione.

Quindi, per farla breve, l’intuizione che vorrei trasmettere nel mio breve discorso è che un premio può essere, come ha brillantemente sostenuto Arendt, «qualcosa che ci arriva davvero gratuitamente, quando la dea Fortuna ci sorride, splendidamente incurante di qualsiasi fine, aspettativa o traguardo che abbiamo coltivato consapevolmente o seminconsciamente», ma la creatività che ne è alla base è spesso il prodotto di una comunione autentica. Tale è stato chiaramente il caso di La città post-secolare.

In ogni caso, grazie per l’onore pubblico che avete conferito alla mia persona privata, che ve ne è infinitamente riconoscente.



Un buon auspicio (di A. Grillo)

Desidero ringraziare il Comitato di valutazione della European Society for Catholic Theology per l’attribuzione del premio al mio volume sull’Eucaristia. Si tratta di un testo nel quale ho sintetizzato tre registri che strutturano il sapere eucaristico: il classico discorso teologico-sistematico, la narrazione e la esperienza liturgica della eucaristia, ma anche la nuova coscienza nata tra XIX e XX secolo sulla base delle “scienze umane”. In questo modo la presentazione del “trattato” sulla eucaristia ha assunto, progressivamente, caratteri sorprendentemente nuovi, che possono essere esposti soltanto con una nuova “sapienza pluridisciplinare”.

In modo particolare vorrei sottolineare che il testo che avete voluto premiare prova a concepire la riforma liturgica come “condizione necessaria” per una nuova teologia sistematica della eucaristia. Questo credo che sia uno dei compiti della prossima generazione di teologi della eucaristia e dei sacramenti: diventare coscienti che la “sistematica” è profondamente mutata proprio con la recezione del concilio Vaticano II e della riforma liturgica da esso derivata. È sufficiente fare il confronto tra gli “indici sistematici” della prima edizione del Denzinger e dell’ultima (Denzinger-Huenermann) per assistere alla trasformazione della comprensione teologica del sacramento, mediata dal nuovo ruolo della azione rituale e della partecipazione di tutta l’assemblea ad essa, con il modificarsi della forma, della materia e del ministro del sacramento.

Singolare e sorprendente mi sembra il fatto che in questo libro venga assunta come decisiva la più netta contestazione della legittimità del motu proprio “Summorum pontificum”, con la sua teoria infondata di una vigenza parallela di due forme diverse e contraddittorie del rito romano. E che, in questi ultimi giorni, un nuovo motu proprio, “Traditionis custodes”, abbia riaffermato ufficialmente, dopo quattordici anni di confusione, che l’unica forma del rito romano è quella scaturita dalla riforma. Questa affermazione autorevole ristabilisce così una profonda corrispondenza tra il cammino del magistero pastorale, la riflessione del magistero accademico e l’esperienza di gran parte del popolo di Dio.

Questa bella novità permette di affermare che la prospettiva offerta in questo volume debba essere perseguita e approfondita come una forma di piena fedeltà alla tradizione. Una tradizione che, per restare viva, deve essere tradotta. Come un auspicio in questa direzione mi sembra di dover interpretare anche il premio che oggi viene attribuito a questo libro. Di questo auspicio sincero e urgente, prima ancora che del premio, sento di dovervi ringraziare dal profondo del cuore.







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