23/08/2012
228. STRUMENTI PER LA STORIA DELLA TEOLOGIA di Marco Vergottini (Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, Milano)
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J.-Y. LACOSTE (ed.), Storia della teologia (Btc 174), Queriniana, Brescia 2011, pp. 440; 


R. GIBELLINI (ed.), Antologia del Novecento teologico (Btc 175), Queriniana, Brescia 2011, pp. 384.



I due testi, che si succedono nella prestigiosa collana «Biblioteca di teologia contemporanea», costituiscono per certi aspetti una parentesi all'interno di una vetrina che si prefigge di offrire al pubblico italiano monografie e saggi che si ripromettono di fornire un contributo particolare e innovativo nella ricerca teologica. Per certi versi, potrebbero apparire due volumi meno pretenziosi, come tali rivolti prevalentemente a lettori principianti, piuttosto che all'esigente platea degli specialisti. 

Un tale giudizio traspare nella Premessa di J.-Y. Lacoste, che espressamente riconosce il rischio di voler comprimere in un unico volume le vicende di venti secoli di storia teologica. E, tuttavia, il teologo francese prende le difese della scelta di offrire una rapida ricognizione sul dipanarsi della storia della teologia cristiana: «Il fatto che sia maneggevole non ne fa ipso facto l'oggetto malfamato che è conosciuto sotto il nome di "manuale"» (5). In realtà, la cattiva fama, o il sospetto, che il genere "manuale" trascina con sé, è a ben vedere del tutto assente nella tradizione letteraria, filosofica, scientifica, giuridica e artistica; se è vero che grandi autori si sono cimentati spesso con grande e impagabile maestria nell'impresa di racchiudere in poche pagine la storia delle idee, passando in rassegna le successioni di pensatori, letterati, scuole di pensiero, codici, "classici" e opere minori, capolavori d'arte e scoperte dell'ingegno umano. Diverso è invece il caso della teologia, in specie di tradizione cattolica, dove il termine «manuale» fa subito scattare il riflesso  condizionato di rinviare alla c.d. trattazione «manualistica», vale a dire a quella produzione teologica estesa fra i secoli XVIII-XX, che rispondeva alla congiuntura di una teologia funzionalizzata al compito pratico della formazione del clero in vista della sua azione pastorale. Di conseguenza, la stagione del manuale puntò a realizzare strumenti agili e schematici, fino ad «impacchettare» il dato rivelato nei diversi trattati di sistematica e morale, con un procedimento per cui l'esposizione della verità cristiana avveniva immunizzandosi pregiudizialmente dalla critica, anche per effetto della impostazione controversistica (antiprotestante) e apologetica (antimoderna) del procedimento teologico. Non è un caso, allora, che fra i diversi trattati risultasse assente una «storia della teologia», semmai spalmata marginalmente nella «storia ecclesiastica», nella «patrologia» o nelle sezioni storiche dell'esposizione del dogma. 

La storia della teologia, coordinata da Lacoste, fa precedere alle quattro consolidate articolazioni (patristica, medievale, moderna e contemporanea) un interessante contributo di P. Gibert, che s'interroga sulla questione se il concetto di teologia sia applicabile alla stessa Sacra Scrittura, la cui problematicità di primo acchito deriva, da un lato, dal fatto che quel termine si è imposto come concetto medievale anacronistico, dall'altro, che si tratta di un concetto greco, contemporaneo sì alla Bibbia, ma estraneo alla sua Welltanschauung

Nel primo caso, le implicazioni medioevali dell'esercizio teologico, che pure nei grandi autori della Scolastica raggiunsero l'acme del genere teologico, non consentono di rinvenire nel corpus biblico un modello analogo, quasi da poter riconoscere nel testo della Scrittura una sorta di prolegomeni all'esercizio del teologare. Nel secondo caso, invece, il concetto di theologia, sotteso al pensiero platonico ed aristotelico, non pare poter trovare un equivalente nell'approccio al divino, contrassegnato in Israele dalla esperienza dell'alleanza con YHWH. In altre parole, pare inevitabile doversi attestare sul luogo comune: lógos vs mythos ovvero ragione vs fede. Nondimeno, nella scia della lezione di P. Beauchamp una tale sistematizzazione può consentire una ripresa meno drastica e definitoria, laddove tanto nell'Antico Testamento quanto nel Nuovo è dato distinguere i tre idealtipi, della legge, della storia/narrazione e della sapienza/discorsività, senza dimenticare poi l'originalità dello svelamento apocalittico della storia, ove una narrazione a forte impregnazione storico-interpretativa istituisce un rapporto con un lógos che l'apocalittica onora, fino a prefigurare una vera e propria figura di teologia.

«L'apocalittica nel gioco delle immagini che appaiono dominanti, travalica il solo campo narrativo della storia per trovare in essa un'intelligenza e un significato che dovranno soddisfare la ragione ferita, contrariamente alle promesse del male, della forza della violenza, dell'annientamento dei giusti [...] Così la "teo-logia" può assumere la sua piena dimensione integrando tutti i generi di espressione delle Scritture che dicono Dio in una pienezza che la scrittura apocalittica conferma. E il Cristo dell'Apocalisse di Giovanni entra a sua volta in questa dimensione cosmica in cui tutto può essere ricapitolato, l'Alpha e l'Oméga della sua proclamazione che dà compimento al lógos aperto in Genesi 1» (38s).

Per Gibert, Bibbia e lógos manifestano in teologia una dialettica di cui la stessa Grecia ha fatto uso (con la coppia dionisiaco e apollineo), che la Scrittura a sua volta traduce nella dialettica di erós e lógos. Proprio la Bibbia, che certo conferisce il primato di espressione alla storia, all'idillio e al rendimento di grazie, pure di fronte all'irrazionalità del male, si imbatte nella sfida di comprendere l'incomprensibile, di fatto dischiudendo lo spazio al discorso di ragione che si esprime come teologia.

Più stabilizzate, ma non per questo di minore interesse sono le altre quattro sezioni dedicate, rispettivamente, alla «Teologia patristica e bizantina» di P. Descourtieux, alla «Teologia medievale» di M. Ozilou e G. Berceville, ai «Secoli XVI-XVIII» e ai «Secoli XIX-XX» di J.-Y. Lacoste. Di quest'ultima stagione il tratto caratterizzante in ambito cattolico, è individuato nell'influsso del concilio Vaticano II sulla teologia cattolica e viceversa. Decisivo al riguardo il ruolo delle costituzioni Dei Verbum, Lumen gentium, Sacrosanctum concilium (manca invece un richiamo a Gaudium et spes), nonché il decreto Unitatis redintegratio e le due dichiarazioni Dignitatis humanae e Nostra aetate. Uno degli effetti più consistenti della ricaduta del Vaticano II sulla teologia è l'avvento della questione della inculturazione, con la messa in mora di un modello teologico universale ed eterno, per lasciare posto a una teologia regionalizzata e contestuale.

A sua volta, l'Antologia del Novecento teologico, è un'ampia raccolta di testi significativi della teologia del secolo scorso, seguendo il metodo storiografico messo in atto nella ricostruzione storica operata da R. Gibellini ne La teologia del XX secolo, giunta alla 6a edizione nel 2007 (con l'aggiunta di un'Appendice, «Il passo del Duemila in teologia»). L'offerta di testimonianze è ampia e incisiva, di grande utilità per chi è agli inizi degli studi teologici, ma sicuramente utile a quanti per professione sono dedicati alla ricerca, perché si suppone che nella messe abbondante dei testi citati sia dato ritrovare qualche testimonianza sconosciuta oppure abbandonata nei labirinti della memoria. Basti ricordare un solo testo, la prefazione alla seconda edizione (1968) di Yves Congar, Vrai et fausse réforme de l'Église, in cui il domenicano francese rilegge la sua opera edita nel 1950 alla luce della «svolta» del Vaticano II. Questi invita a recepire la novità conciliare, l'istanza dell'aggiornamento, senza subodorare una forma di tradimento della fede tradizionale per un adattamento un po' deteriore alla logica del mondo (il riferimento esplicito è al maritainiano Le Paysan de la Garonne). Merita citare per esteso la conclusione della Prefazione congariana: «Si richiede che l'aggiornamento conciliare non s'arresti all'adattamento delle forme di vita ecclesiale ma si spinga ad un totale radicalismo evangelico e all'invenzione, ad opera della chiesa, d'un modo d'essere, di parlare e d'impegnarsi, che risponde alle esigenze d'un totale servizio evangelico del mondo

L'aggiornamento pastorale deve andare fino là. Si tratta di una condizione per andare incontro agli uomini, infatti essi non sono più disponibili in una specie di spazio neutro e vuoto dove la chiesa dei chierici potrebbe ritrovarli, ma impegnati totalmente e pienamente nell'opera terrestre: è là che bisogna andar loro incontro in nome di Gesù Cristo» (163).




© 2012 by Teologia. Rivista della Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale (1/2012) 144-146
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Editrice Queriniana, Brescia (UE)

Jean-Yves Lacoste (ed.)
STORIA
DELLA TEOLOGIA

Biblioteca di teologia 
contemporanea 154 
Pagine 440 





Rosino Gibellini (ed.)
ANTOLOGIA DEL 
NOVECENTO TEOLOGICO
Biblioteca di teologia 
contemporanea 155 
Pagine 384  

 

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