L’autore di questo libro non ama, giustamente, giri di parole e va al punto: «La cristianità è dietro di noi. La cristianità non ritornerà».
La nota e apprezzata Collana «Giornale di Teologia» (Gdt) dell’Editrice Queriniana si arricchisce di un bel testo del giovane teologo domenicano belga, Dominique Collin (che con Queriniana ha pubblicato Il cristianesimo non esiste ancora – Gdt 426). Sempre mirate e intelligenti le scelte che Queriniana decide di pubblicare in questa Collana, preziose e utili per poter abitare – con altrettanta intelligenza – il tempo attuale.
«Non udiamo più l’inaudito del Vangelo – scrive Collin, classe 1975 – perché lo abbiamo legato troppo alla memoria, al bisogno di trattenere e di fissare, e che è il segno che siamo assenti a noi stessi».
Questo libro è realistico, scevro da ogni difesa del passato di una cristianità che non c’è più. Ma non per questo significhi che non vi sia più Cristo. Se oggi dico a una persona per la strada che cosa evoca in lei la parola Vangelo, è quanto mai probabile che mi sento dire in forma interrogativa: è forse legato alla storia di Gesù, di Dio…?.
«Il Vangelo – evidenzia l’Autore – è considerato dai più come una visione particolare del mondo legata a una storia passata». Chiedermi perchè il Vangelo parla sempre meno può essere utile. Ma ancor più necessario credo che sia il domandarmi: come renderlo oggi, udibile?
«D’ora in poi – scrive a tal proposito Collin – poiché l’epoca attuale rende inudibile, se il Vangelo parla ciò avverrà unicamente attraverso l’ascolto del suo inaudito. Coloro che non hanno ancora inteso che un a(v)venire è possibile – scrive don Dominique – possano intendere che il Vangelo è questa parola inaudita che, fra tutte le notizie, è la sola che sia buona da condividere».
Scorrendo le pagine di questo libro, Collin esplora sia diversi passi della Bibbia e come questi sono rivelatori – inauditi appunto – per ciascuno di noi. «L’indurimento del cuore – sottolinea l’Autore -: ecco che cosa ci impedisce di intendere l’inaudito. Cuore inteso – dice Collin riferito al soggetto, persona – come il ‘luogo’ da cui egli sceglie di aprirsi o no all’inaudito. L’intimo non designa il privato, e ancor meno il ripiegamento dell’io su se stesso. Al contrario indica il luogo di incontro possibile fra l’io e l’Altro, il che di conseguenza, significa paradossalmente sia l’uscita da sé, sia il rientrare in sé».
G. Ruggeri, in
Recensionedilibri.it 3 marzo 2021