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L’erede
Leonardo Paris

L’erede

Una cristologia

Prezzo di copertina: Euro 25,00 Prezzo scontato: Euro 23,75
Collana: Biblioteca di teologia contemporanea 205
ISBN: 978-88-399-3605-9
Formato: 15,7 x 23 cm
Pagine: 288
© 2021

In breve

Una cristologia articolata in modo originale attorno al concetto di eredità: Gesù, il Figlio libero e adulto, ha ricevuto tutto dal Padre e lo vive nella libertà. Apre così uno squarcio imprevisto su una dinamica di figliolanza, di eredità e di libertà che coinvolge tutti.

Descrizione

Sulla scena si staglia un uomo. Un uomo libero. Propone un modo nuovo di rapportarsi con il Dio di Israele. Non si tratta di una novità totale, ma di una potente ripresa di temi già presenti nella tradizione del suo popolo, che lui spinge fino alle conseguenze più estreme: la paternità di Dio verso tutti e tutto, la dignità di sentirsi figli amati, il compito esorbitante di trattare gli altri da fratelli. È l’erede. Colui che sa ricevere e trasmettere ciò che ha ricevuto imprimendovi il suo tratto unico.
Da questa figura molti sono affascinati. Per altri tutto questo è semplicemente troppo: pericolosissimo dal punto di vista sociale e quasi blasfemo dal punto di vista teologico. Gli eventi precipitano senza che nessuno li controlli realmente e quest’uomo viene ucciso.
Tuttavia, proprio nella morte, questa figura sprigionerà la propria visione di Dio in tutta la sua forza. Una visione che da allora non smette di attrarre, di scandalizzare, di provocare la realtà. Oggi, come ieri. Da questa vicenda esce per sempre stravolta l’idea di Dio e con essa le forme del potere, della libertà, dell’identità umana.

Una visuale della cristologia innovativa, coinvolgente come lo può essere un romanzo.

Recensioni

«Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra!». Potrebbe essere questa citazione del Vangelo secondo Marco (Mc 12,7) il punto di accesso piú adeguato per presentare L’erede di Leonardo Paris, teologo laico, docente di teologia dogmatica presso l’Istituto superiore di Scienze religiose “Romano Guardini” di Trento. Il volume costituisce la seconda parte di un ideale trittico, la cui prima tavola è rappresentata dalla fortunata opera Teologia e neuroscienza. Una sfida possibile del 2017 (oltre mille copie vendute), mentre la terza sarà – immaginiamo – un volume di taglio prevalentemente trinitario. L’erede della parabola, che il biblista cattolico Meier – spesso citato da Paris – considera come una parabola davvero “gesuana”, vale a dire pronunciata effettivamente da Gesú, diventa una chiave di comprensione della vicenda di questo concreto e singolare uomo di Galilea, autenticamente libero sia di fronte a Dio, sia di fronte agli uomini e alle donne del suo tempo.

Quella che Paris propone, con questo studio audace, è una “cristologia della relazione” o, meglio, delle relazioni. Non sono affatto casuali, pertanto, i numerosi riferimenti a Lacan e a Recalcati (e non solo a loro) e gli intrecci con la sua precedente opera, in cui l’A., in qualità di teologo, si è cimentato in un serrato confronto con le scoperte spiazzanti delle neuroscienze in merito all’identità del soggetto, alla coscienza e alla libertà dell’uomo.

Lo stile adottato dall’A. è particolarmente curato, il testo è provvisto di essenziali note a piè di pagina, che non appesantiscono la lettura, e ogni capitolo è dotato, alla fine, di schede biografiche ragionate, molto interessanti e utili. Nell’Introduzione l’A. disvela il suo ambizioso progetto teso a rappresentare la storia di Gesú come «una storia di libertà» (p. 8), valorizzando a questo fine – in modo pressoché inusitato per quanti discettano di teologia – la dinamica narrativa.

Una storia di libertà, quindi, quella di Gesú, che deve essere narrata a modo di racconto, in dialogo con le strategie narrative tipiche del romanzo e, al contempo, secondo “due fondamentali prospettive teologiche”. La prima riguarda i “motivi della morte” di Gesú e costituisce la prima parte del volume: si tratta dei capitoli da 4 a 7 che iniziano tutti con il lemma “verso la morte”, a ribadire l’intento di indagare le ragioni della morte di Cristo. Tali ragioni tengono insieme, in una sorta di tensione (Spannung) drammatica, la vita e l’omicidio di Gesú e ruotano attorno a “tre nuclei forti” del suo messaggio e del suo operato: quello che Gesú ha detto e fatto attorno al tema del Padre (cap. 4), dei figli (cap. 5) e dei fratelli (cap. 6) porta con sé possibili “motivi” di condanna a morte. Il capitolo 7 – sempre nell’ambito dell’investigazione sulle cause della morte – si sofferma sul “caso”, che è una dimensione costitutiva del vivere dell’uomo di ogni tempo: e se Gesú fosse morto “per caso”? Chiedersi se le cose sarebbero potute andare diversamente da come sono andate è un interrogativo per nulla irriverente e rinvia a un tratto caratteristico della cristologia guardiniana: per il pensatore italo-tedesco, infatti, Cristo avrebbe dovuto essere accolto dai suoi. E invece…

La seconda fondamentale prospettiva che guida il modo di procedere dell’A. – precisamente nella seconda parte del volume – è quella dell’eredità, costituita da tre rilevanti capitoli che rappresentano una sorta di rilettura trinitaria del “fenomeno” Gesú Cristo: l’erede (cap. 8), il Padre dell’erede (cap. 9) e lo spazio degli eredi (cap. 10), cioè lo Spirito. Erede-eredità è una categoria certamente biblica (oltre alla parabola marciana, essa è attestata nella lettera agli Ebrei) e Paris la preferisce ad altri titoli cristologici (tipo il “Figlio” o il “Signore”) «per costringerci a guardare al rapporto di Gesú con il Padre e con i fratelli in modo piú complesso» (p. 9). Tale chiave interpretativa dell’identità di Gesú – che non vuole essere esaustiva, come viene esplicitamente dichiarato – ha il pregio di esprimere in termini piú efficaci il coinvolgimento reciproco, da un lato, del Padre e del Figlio e, dall’altro, dei figli-fratelli (cioè tutti gli uomini e le donne) con il Padre, con il Figlio e tra loro. Anche in questo caso, l’A. arricchisce la categoria biblica erede-eredità delle acquisizioni psicanalitiche, soprattutto lacaniane, che trovano in essa le potenzialità per esprimere in una forma piú adeguata la dinamica fondativa e reciprocamente coinvolgente di soggetto e alterità.

I primi tre capitoli del volume mettono in chiaro le basi del lavoro. Nel primo capitolo, Alla ricerca di Gesú, si delineano alcune scelte attorno a tre “polarità” che per l’A. sono decisive e rinviano anch’esse, in certo modo, alla guardiniana “opposizione polare” (der Gegensatz): cristologia dall’alto – cristologia dal basso; soteriologia ascendente – soteriologia discendente; gratia sanans gratia elevans. Paris è dell’avviso che una cristologia che voglia onorare le sfide del nostro tempo e mettere al centro la libertà del Figlio (p. 243) non possa che prediligere rispettivamente la cristologia dal basso, la soteriologia ascendente e la gratia elevans. Sempre nel primo capitolo sono delineati anche i quattro Gesú (reale, storico, narrato e dogmatico) sulle cui tracce l’A. desidera porsi: non si tratta di figure alternative, quanto piuttosto complementari e in dialogo l’una con l’altra, reciprocamente. Nel secondo capitolo – I motivi di un omicidio – l’A. compie un’ulteriore scelta di campo e individua nell’indagine attorno alle cause della morte l’approccio narrativamente (e teologicamente) piú adeguato per iniziare oggi qualsiasi “discorso su Gesú” (cristo-logia). Al lettore è chiesto di guardare in modo nuovo le vicende che portano alla sua morte, non riconducendo immediatamente ogni cosa allo sguardo retrospettivo degli evangelisti, che collocano i fatti del Nazareno in un quadro prevalentemente teologico. Il terzo capitolo – La storia di un uomo libero – mette al centro dell’attenzione del lettore il tema della libertà: alla morte Gesú non arriva come “sequestrato” dagli eventi, ma da uomo libero, in un intreccio di relazioni e di eredità che egli assume e, sino alla fine, riprende in modo creativo (l’A. parla di “ripresa creativa”). Qui il concetto di libertà è messo in dialogo con le istanze contemporanee ed è svincolato dalle paludi del dibattito dogmatico classico attorno alla peccabilità dell’uomo-Dio.

Qualora volessimo tentare una valutazione critica dell’opera, per quanto concerne gli aspetti che possono apparire per lo meno discutibili, segnalo la scelta della morte (e della ricerca dei motivi della morte) come punto focale per rileggere l’intera vicenda di Gesú. Trattandosi di un luogo comune tra gli autori della “terza ricerca del Gesú storico”, forse era preferibile una maggiore “indipendenza” da tali approcci, i quali escludono sistematicamente la resurrezione dal loro campo di indagine. Come annuncia a ogni piè sospinto il Nuovo Testamento, è proprio la resurrezione ciò che fa la “differenza” tra la “storia” di Gesú e quella di molti altri sedicenti messia del tempo. In secondo luogo, sembra necessiti di ulteriore approfondimento il rapporto – ancora una volta – tra “Gesú storico” e “Gesú dogmatico”: se, come denuncia l’A., è vero che il contributo della ricerca sul Gesú storico entra in minima parte nella dogmatica, è altrettanto vero che si tratta di due piani differenti, che non possono essere né separati ma neppure sovrapposti o confusi.

Ciò detto, lo sforzo dell’A. appare certamente meritorio, se non altro per il coraggio di tentare un dialogo con le domande e le categorie dell’uomo d’oggi. Non si tratta, infatti, di un’opera divulgativa ma di un’opera di concetto che cerca di entrare nel merito delle questioni che stanno a cuore alla cultura contemporanea. Da questo punto di vista, il dialogo con la psicanalisi appare particolarmente fecondo. Anche la scelta della categoria “erede” appare decisamente innovativa: nei manuali di cristologia essa è generalmente negletta, a vantaggio di altre, considerate piú “classiche” e sicure. Si deve poi riconoscere che l’attenzione al Gesú storico e la scelta preferenziale per la cristologia dal basso attuata dall’A. non ci consegnano una cristologia “debole”, in cui il Cristo si confonde tra le nebbie di un passato senza memoria. Tutt’altro. Quella che emerge è una cristologia fortemente trinitaria, in cui Cristo è davvero il Figlio, l’erede del Padre, che rende partecipi della sua eredità, nello spazio dello Spirito, gli uomini e le donne di tutti i tempi. L’A. riesce, inoltre, ad articolare una “cristologia delle relazioni” dinamica e coinvolgente, che vede nella relazione il luogo della costruzione della propria identità. Se questo è vero sul versante delle relazioni intratrinitarie, lo è anche su quello delle relazioni di Gesú con gli uomini e le donne del suo tempo e anche delle nostre relazioni oggi: la libertà è lo spazio cui Cristo ci affida. Siamo cosí chiamati anche noi a scegliere, da uomini liberi e adulti, se rifiutare la sua eredità (anche violentemente, come i vignaioli omicidi della parabola marciana) oppure accettarla da autentici fratelli e figli del Padre.


A. Magoga, in Studia Patavina 3/2021, 576-579

L’opera si legge d'un fiato, tanto è fluido lo stile di scrittura, leggero l'apparato critico, essenziale la problematizzazione. Più difficile è classificarne il genere letterario, dato che il libro non offre una documentazione consistente ed una costruzione articolata, quali ci si potrebbe attendere da uno studio organico. Semmai ha le caratteristiche di un saggio letterario che, con l'obiettivo dì una comunicazione ficcante, assume la categoria deIl"'erede" come principio euristico dell'evento cristologico. Soltanto nel cap. VIII il rilmo rallenta per prendere in esame i soggetti e le dinamiche dell'istituzione ereditaria, necessari alla costituzione del pattern interpretativo della storia di Gesù. Nella ricostruzione dell'intreccio di mosse e contromosse di Gesù emerge il profilo di un uomo libero che, nelle relazioni che eredita ed abita, vive un legame fondamentale con Dio-Abbà, e proprio per questo si lega a noi, dischiudendoci la rischiosa opportunità di una figliolanza possibile.

Gesù sa essere all'altezza di un doppio movimento: vive le relazioni con i fratelli e in questo onora la sua provenienza dal Padre; vive la relazione con il Padre e in questa riprende e ridefinisce tutte le relazioni fraterne (223). La grande pretesa di Gesù non è su di sé, ma su Dio, confessato come Colui che dispiega la sua potenza nell'invitarci da figli adulti in una relazione da vivere con libertà. In questo senso la parola della risurrezione è al tempo stesso gioiosa e inquietante, in quanto esposta ad una corrispondenza che non può essere presupposta. Così la vicenda di Gesù mostra fino a che punto il Padre sia coinvolto con il frutto della sua generazione.

In sede di una valutazione che tenga conto delle esigenze della disciplina teologica, vorrei segnalare almeno tre punti per prolungare il confronto sul piano metodologico e contenutistico.

1) Per chiarire l'orientamento generale della sua ricerca, Paris richiama la disputa legata alla contrapposizione tra una cristologia "dall'alto" e una cristologia "dal basso". Se nella riserva opposta al primo modello ("dall'alto") è riconoscibile la diffidenza nei confronti di ogni ontologizzazione che non faccia i conti con la storia, ci si chiede se davvero nel corpus neotestamentario l'alternativa si ponga e si opti per una cristologia discendente. L’apprezzabile intento di riproporre una fenomenologia di Gesù non trova adeguata formulazione nella proposta di «mostrare come nell'ordinarietà dell'umano si manifesta il divino» (14), perché ciò che consente di superare la dicotomia "alto-basso" è la consapevolezza che la manifestazione ha la forma di una "economia", proprio come articolata negli scritti neotestamentari. Ché, altrimenti, il gergo della manifestazione rimane attestato su di un registro epifanico, ancora esterno al dinamismo effettivo della sua realizzazione. Del resto, in actu exercito,l’esposizione di Paris mostra come non si possa dire Gesù senza dire "Dio" (Padre), rinunciando ad ogni apriorismo che ridurrebbe in particolare la Croce a mero capitolo di una saga teandrica. La novità di (che è) Gesù e la conseguente ritrattazione di "Dio" sono drammaticamente implicate e il Nuovo Testamento offre le condizioni per la riattualizzazione di questo dramma. Non è proprio questo il contributo originale e specifico del genere letterario "vangelo", di concerto con quello epistolare?

2) Se, meritoriamente, intento dell'opera è di comprendere le dinamiche e le sfide che Gesù ha affrontato (11), appare esigua la presentazione del legame di Gesù con l'eredità di Israele. Come si evince dal cuore stesso del kerygma, la referenza alle Scritture è costitutiva dell'inaudito cristologico. In particolare, nel ministero pubblico di Gesù assume un'importanza cruciale la disputa sul sabato. Il Nazareno non ne propone semplicemente "una rilettura più sciolta" (42), poiché ne rende efficacemente presente – con parole e gesti – la verità originaria, nel segno della volontà creativa di Dio che non consente nemmeno all'osservanza religiosa di obnubilare il primato della grazia. Agendo così, Gesù dimostra che la questione ermeneutico-interpretativa della tradizione di Israele è, radicalmente, questione teologica, perché "mette in scena" la voce e l'autorità di Colui che aveva parlato a Mosè. L’ambizione iscritta nella trama narrativa evangelica – con una esplicitezza che tocca il vertice nei racconti pasquali – è di rinvenire nelle Scritture l'anticipazione necessaria del compiersi in Gesù dell'alleanza nuova e definitiva.

3) Pregevole nella sua agilità è la ricostruzione dei moventi della morte di Gesù. Così come è originale la trattazione del caso come "nemico senza volto". Nel dispiegamento della teologia della croce di Gesù la scelta metodologica di Paris trova il suo svolgimento emblematico. Appare convincente la tensionalità nella quale vengono ripensate la paternità di Dio (nello spazio delle identità reciproche), la figliolanza di Gesù (nel segno del potere condiviso) e la fraternità, come nome proprio dell'universalità realizzata nella tragedia del Figlio. Forse rimane un po' troppo implicito il dinamismo genetico – nell'incontro pasquale – di questo bouleversement.

L'A. si avvale ampiamente del contributo del pensiero psicoanalitico, valorizzandone in particolare la tesi dell'identità soggettiva che si costituisce in rapporto alle relazioni di provenienza e nell’assunzione dei legami. Ambizioso è l'auspicio finale di una ritrattazione della metafisica in ordine al rilievo ontologico della libertà che si plasma nel rischio della relazione. Tale è il mistero stesso di Dio, non ripiegato su di una immediatezza autarchica, ma originariamente esposto nel Figlio e ai fratelli che il Figlio ammette – proprio perché muore così – alla condivisione del suo mistero, cioè della sua eredità. Ne va dell'essenziale cristiano, ovvero della proposta di un Dio coinvolto, la cui offerta si rende accessibile solamente in un coinvolgimento personale, che nella cura concreta della fraternità realizza in modo autentico l'originaria verità generativa di Dio.


M. Epis, in Teologia 2/2021, 324-325

Iniziare un manuale di teologia con una citazione di Tolkien, e gli hobbit annessi, subito mi incuriosisce e attira la mia attenzione. Intuisco che l’intento dell’Autore è di parlare di temi fondanti ma con un approccio a portata di orecchio e di occhio, per essere capito e ascoltato.
Leonardi Paris è un giovane teologo laico (1977) all’Istituto superiore di scienze religiose di Trento R. Guardini come docente stabile (e in altre facoltà assieme a ulteriori incarichi). La nota e prestigiosa collana «Biblioteca di teologia contemporanea» della Queriniana ha pubblicato il suo ultimo lavoro al n. 205.
Dopo aver letto le prime pagine di questo testo, e aver scorso l’indice, ho capito che avevo in mano, mi si passi l’accostamento, un manuale-manovale. Manovale per due motivi: 1. perchè come dice l’Autore stesso nasce nell’estate 2020 nel «tenere un corso di cristologia a quindici monache. Non le avevo mai incontrate prima ed è stata un’avventura affascinante. Non è semplice parlare di Gesù alle monache come non è semplice parlare di farina con i pasticcieri, o di legno con i falegnami. Non si può essere superficiali». 2. perchè non lo vedo come un testo chiuso, ma più come un laboratorio aperto.
E Paris è tutt’altro che superficiale. Gli va riconosciuto di addentrarsi nella cristologia con competenza e nel contempo con quella manovalanza che ti fa gustare la cristologia come un qualcosa in divenire, oggi, e non come una disciplina conclusa del passato.
«La vicenda di Gesù – scrive Leonardo Paris nell’introduzione – non è solo un’informazione su fatti del passato, o sulla storia della chiesa, ma parla della possibilità di stare al mondo di fronte a Dio, con Dio, di conoscerlo e di amarlo, ieri come oggi».
Paris è tutt’altro che ingenuo e sa bene che quando si parla di teologia al mondo di oggi, alla donna e all’uomo comune, come minimo non si è compresi. «Ma più grave – dice lui stesso – è se si viene compresi, ma non si viene riconosciuti, ovvero se chi ti ascolta ti dice: questo non è il Gesù in cui credo io».
Guardando l’indice del libro capisco che il taglio che Paris dà alla cristologia nel tempo attuale è che questa sia innovativa e coinvolgente. La parola “erede” è il perno attorno al quale Paris snoda il suo pensiero.
Strutturato in 10 capitoli:
1. Alla ricerca di Gesù.
2. I motivi di un omicidio.
3. La storia di un uomo libero.
4. Verso la morte (1). Il Padre.
5. Verso la morte (2). I figli.
6. Verso la morte (3). I fratelli.
7. Verso la morte (4). Il caso.
8. L’erede.
9. Il Padre dell’erede.
10. Lo spazio degli eredi.
«La storia di Gesù – afferma Paris – si svolge in un tempo e sotto delle condizioni che per molti aspetti sono diverse dalle nostre, non sono paragonabili alla marea di opzioni che ci travolgono oggi. Tuttavia Gesù mostra chiaramente una pista, la possibilità di tracciare un percorso che può trasformare la ridda delle opzioni in opportunità. Se il nostro mondo – chiude l’Autore – coglie una vertigine di incertezza di fronte al baratro di un possibile non-senso, il cristianesimo indica un sentiero, quello tracciato da Gesù, che costeggia il baratro, ma non lo elimina».
La competenza da un lato e l’approcciabilità dall’altro, fanno di questo testo sulla cristologia un modo intelligente di farsi essa stessa nutrimento per ciascuno. Quale corso futuro sarà foriero per Paris nel tracciare un nuovo testo così intagliato? Glielo auguro.


G. Ruggeri, in Recensionedilibri.it 5 marzo 2021