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L’umiltà, un dono nascosto
Françoise Le Corre

L’umiltà, un dono nascosto

Prezzo di copertina: Euro 13,00 Prezzo scontato: Euro 12,35
Collana: Spiritualità 221
ISBN: 978-88-399-3821-3
Formato: 13,2 x 19,3 cm
Pagine: 112
© 2023

In breve

Virtù discreta, l’umiltà vanta parecchie imitazioni: l’orgoglio segreto dei timidi, la dissimulazione borghese delle proprie capacità, l’umiliazione esibita di certe forme di devozione. Il libro manda in frantumi questo gioco di specchi. Perché umiltà equivale a realismo: è quel che ci consente di vedere ciò che altrimenti resterebbe inosservato.

Descrizione

È introvabile, l’umiltà. Troppo rumore la spaventa: ha bisogno di silenzio, di calma, di apparente indifferenza. La pubblicità non le si addice.
Eppure a volte sembra che “faccia tendenza”: ci viene imposta dalla logorrea mediatica e noi dovremmo convincerci che è un dato di fatto ovvio. Ritorna come appello persino sulla bocca dei potenti: nei loro discorsi, quando si rivela utile a “indorare la pillola”, ma specialmente nelle negoziazioni difficili, nelle lotte politiche, nelle campagne elettorali. Ma a quale costo?
Tendete l’orecchio: provate, al di sotto dei rumori della vita, a ritrovare il brusio della memoria. Forse, nel fruscio dei ricordi e nella durezza del presente, sentirete risuonare l’eco dell’umiltà. La riaccoglierete con dolcezza, lontano da ogni cupidigia e spirito di conquista.
Ecco la ricerca di questo libro: qui la vena meditativa e mistica si sposa con accenti veri, tratti dall’esperienza personale dell’autrice.

Recensioni

Parlare delle virtù oggi sembra anacronistico. «Devono essere stimolanti, insegnabili, trasmissibili: in altre parole, esemplari. Per questo motivo hanno bisogno sia di parole che di immagini; di maestri, di eroi e di santi. Focalizzano l’attenzione, uniscono una comunità, raccolgono il consenso delle coscienze, stimolano le energie», scrive la 64enne filosofa e giornalista francese Françoise Le Corre nel volume L’umiltà, un dono nascosto, pubblicato da Queriniana. E argomenta: «In un certo senso, l’umiltà è introvabile. Troppo rumore la spaventa. Ha bisogno di silenzio, di calma e di apparente indifferenza. Non si può veramente volerla per se stessi, e neanche aspettarsela da questo o quello. Essa non si nota, si prende solo al volo, come una possibilità, un’occasione, un dono, una grazia. Avanza protetta solo da un velo di ignoranza. Contrariamente alle virtù abituali, la pubblicità non le si addice».

Quindi in un tempo sovraesposto come il nostro, in cui sembra contare soltanto apparire, essere guardati e riconosciuti, questa attitudine dell’anima con «quella leggera e trasparente innocenza a cui appartiene» si ritrova forse davanti al Presepe e riascoltando quel versetto evangelico in cui Gesù invita a imparare da lui, «mite e umile di cuore», per trovare l’autentico riposo, la pace interiore. Perché la vera umiltà trova qui la vera sorgente: se esibita, invece, è negata e falsa.

Al netto delle immagini e delle parole, dunque, implica un viaggio introspettivo di ascolto attento: «Al di sotto dei rumori della propria vita, forse piena, spesso troppo piena, cerchino di ritrovare il mormorio della memoria. E all’origine della propria esperienza personale, si ascolti ancora... Forse (senza dubbio!) nel fruscio dei ricordi, nella durezza del presente, se ne sentirà qualche eco». Ma bisogna vigilare per non confondere banalmente umiltà con umiliazione «che, in un primo tempo, rinchiude, avvilisce e impedisce».

Già caporedattrice di “Études”, la nota rivista dei gesuiti francesi, l’autrice suggerisce un percorso umano e spirituale, innervato da tratti meditativi e talora mistici, per chiarire che l’umiltà conduce fuori da sé stessi, «placa la tensione di voler essere compresi e riconosciuti. Scioglie i nodi. È nemica di tutti i bozzoli, di tutte le protezioni, ride dei bastioni e i bastioni si incrinano. Essa è ciò che apre: occhi, orecchie, intelligenza, cuore. Si pone risolutamente davanti a ciò che esiste; offerto, anche se opaco».

D’altronde la parola stessa, che deriva da humus/terra, spinge a un bagno di realismo. Imparando a vedere, «inesauribile scoperta, piena di speranza e di infinite prospettive». Perché, argomenta l’autrice alla luce di diverse esperienze personali, «i più grandi progressi si fanno nella fiducia, senza che ce se ne accorga, sotto la guida dell’umiltà che a volte si sposa così bene con l’umorismo! È la possibilità di andare l’uno incontro all’altro». Disarmata e disarmante, «la grazia dell’umiltà che contempliamo in certi sguardi ci porta a questo abbandono fiducioso, con dolcezza, con amicizia. La loro contagiosa semplicità ha del miracolo».


L. Badaracchi, in Avvenire 12 gennaio 2024