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La fede cristiana spiegata in 50 lettere
Gerhard Lohfink

La fede cristiana spiegata in 50 lettere

Prezzo di copertina: Euro 29,00 Prezzo scontato: Euro 27,55
Collana: Books
ISBN: 978-88-399-2896-2
Formato: 13,5 x 21 cm
Pagine: 288
Titolo originale: Der christliche Glaube erklärt in 50 Briefen
© 2020

In breve

Uno scambio epistolare che introduce i non cristiani alla fede cristiana. E, allo stesso tempo, funge da aiuto per i cristiani che tornano a interrogarsi sulla propria fede.
«Questo mio libro è stata un’esperienza strana. La famiglia cui scrivo non è mai esistita – e tuttavia c’è davvero! A volte mi è capitato di trepidare per questo papà e questa mamma immaginari. Peraltro, devo aggiungere, nel libro sono entrate anche lettere che io ho davvero scritto a destinatari reali».

Descrizione

Questo libro di Gerhard Lohfink introduce i non cristiani alla fede cristiana. E, allo stesso tempo, vuol essere un aiuto per i cristiani che tornano a interrogarsi sulla propria fede.
Gli elementi importanti della fede in Cristo sono esposti, in uno stile divulgativo, sotto forma di un insieme di lettere.
Chi scrive si rivolge a una coppia di coniugi che vorrebbero capire che cosa significa veramente essere cristiani e in che cosa consiste la pratica effettiva della fede. Lo scambio epistolare cerca di rispondere alle molte domande e ai tanti dubbi che man mano sorgono. Il lettore viene coinvolto nell’avvincente storia di una famiglia che, passo dopo passo, ha occasione di crescere nella fede.

Recensioni

In quest'opera Gerhard Lohfink, già professore di esegesi neotestamentaria all'Università di Tubinga, introduce i non cristiani alla fede attraverso un dialogo epistolare con una coppia immaginaria di coniugi che desiderano capire che cosa significhi essere cristiani. Il volume si presenta pertanto come una raccolta di lettere di risposta dell'A., nelle quali egli cerca di far comprendere quali siano gli elementi della fede, adattando il linguaggio teologico a contesti di vita quotidiana.

Lohfink è al tempo stesso l'autore, il narratore e il protagonista dell'opera, e dalle sue lettere veniamo a conoscenza degli interrogativi fondamentali che la fittizia coppia si pone riguardo alla fede, a partire dalla loro vita quotidiana familiare e sociale. La coppia rappresenta quel sorprendente numero di persone che attualmente ricercano informazioni sulla fede cristiana e che contrastano quell'atteggiamento di trascuratezza che ha caratterizzato i nostri ultimi tempi.

Le domande che i coniugi Westerkamp presentano all'A. hanno origine dalle vicende della loro vita, ma seguono un preciso ordine logico di argomentazione, che permette al lettore di intraprendere un puntuale e coerente percorso conoscitivo sulla fede. Ciò si evince già nello scorrere i titoli dei capitoli nell'Indice, che mostrano un progressivo approfondimento dei contenuti della rivelazione divina. L’A.risponde ai più frequenti pregiudizi o malintesi a cui la fede cristiana viene sottoposta da atteggiamenti culturali poco inclini allo studio degli argomenti e alla loroanalisi.

Nelle lettere è possibile incontrare interrogativi sulla fede che potrebbero essere posti anche da un credente e che denotano l'odierna necessità di chiarire i presupposti conoscitivi che introducono al sapere naturale di ciò che si intende per vero e per bene, per poi accedere alla sapienza della rivelazione divina. Per questo Lohfink mostra quanto sia importante illustrare i concetti che derivano dalla stessa rivelazione, come ad esempio: peccato, perdono, misericordia e risurrezione dei morti. L’A. si pone l'obiettivo di spiegare il nesso di tali concetti, perché possa avvenire un'autentica comunicazione e trasmissione della fede.

Ciò che emerge dalla lettura di questa opera è la necessità di saper trovare la via comunicativa per l'evangelizzazione del nostro tempo. Il lavoro che oggi spetta al teologo è molto impegnativo, in quanto egli deve conoscere il linguaggio, la formazione psicologica e culturale dell'uomo e della donna che vivono nell'attuale società, caratterizzata da correnti di pensiero contrastanti e fortemente influenzate dallo scetticismo nella sua forma relativistica. Per quesro il teologo deve saper prima creare un sostrato comunicativo che predisponga la possibilità dell'ascolto, stabilendo in tal modo un canale di trasmissione che gli permetta successivamente di introdurre e guidare le persone all'annuncio della Buona Notizia del regno dei cieli, affinché esse possano accogliere nella propria vita la verità dell'amore salvifico di Dio per tutta l'umanità.


V. Pelliccia, in La Civiltà Cattolica 4112 (16 ott/6 nov 2021) 198-199

Durante il lungo periodo che ho trascorso come Prefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano una delle esperienze più divertenti è stata quella di sfogliare i fondi epistolari, prevalentemente di paternità celebre. Le sorprese erano molteplici. Tanto per esemplificare, molte lettere erano la conferma lampante di una riga di una missiva con cui Cicerone all’amico Lucio Lucceio osava chiedere di comporre una propria biografia, consapevole ormai della sua fama ma ammantandosi del velo di un’umiltà pelosa. Quella riga è divenuta un proverbio: Epistula non erubescit, la lettera non arrossisce perché può esprimere anche quello che non si ardirebbe dire a tu per tu (chi vuole leggere integralmente quello scritto ciceroniano, lo troverà nelle Epistulae ad familiares 5,12). In altri casi era la grafia, talora indecifrabile, a incuriosirmi, confermando un altro detto classico a tutti noto: Gallina scripsit, donde il nostro scrivere «a zampe di gallina» (questa volta era Plauto nel v. 30 del suo Pseudolus). E ancora, quando si inseguiva una raccolta progressiva di lettere, si scopriva l’amarezza di chi in un testo precedente si era lasciato andare a qualche eccesso e confermava un altro motto latino, altrettanto noto, di origine medievale: Verba volant, scripta manent.

Questa divagazione, che potrebbe dilatarsi nei casi più vari (scoprii, ad esempio, un biglietto di Ezra Pound che, in un italiano sgangherato, chiedeva al Prefetto di allora una serie di riproduzioni fotografiche di un manoscritto poetico del ’500), introduce liberamente il sorprendente epistolario inventato da un noto teologo ed esegeta tedesco, Gerhard Lohfink, classe 1934, docente emerito all’università prestigiosa di Tubinga. Indirizzandosi a una famiglia fittizia, i coniugi Westerkamp con la figlia Hannah, egli elabora una corrispondenza di 50 lettere che sono la conferma di una delle trecento massime dell’Oráculo manual pubblicato nel 1647 dal pensatore gesuita spagnolo Baltasar Gracián (e recentemente tradotto e commentato in un’edizione esemplare da Adelphi): «Una lettera è una conversazione scritta». In verità, lo studioso tedesco precisa di aver scelto «la forma epistolare, volendo evitare il più possibile quella del trattato». Infatti, il filo conduttore è nientemeno che la fede cristiana nella sua struttura e nelle molteplici derivazioni e declinazioni, ivi comprese le obiezioni avanzate dall’esterno.

In questa linea Lohfink potrebbe ricorrere al patronato di san Paolo, anche se gli esegeti discutono sul genere letterario delle sue lettere cosparse di segnali epistolari ma nella sostanza più vicine al trattato (si pensi solo alla Lettera ai Romani). Lo spunto simbolico che genera la sequenza del carteggio di Lohfink è offerto da un fatto che si ripete spesso in molte famiglie. «Alcuni mesi fa sua figlia Hannah di nove anni - scrive il teologo - è venuta da lei, dichiarando di voler fare la prima Comunione insieme ad altre bambine della sua classe. Se ho compreso bene la sua lettera, lei, sig. Westerkamp, non è battezzato. Sua moglie invece è battezzata e cresimata, ma poi ha perso ogni contatto con la Chiesa». L’ultima delle 50 missive è indirizzata proprio a Hannah che ormai si è fatta battezzare ed è pronta per la sua prima Comunione. Anche a lei il sacerdote scrive introducendo un’implicita obiezione: «Per te ci saranno ancora decisioni da prendere. La fede va continuamente conquistata di nuovo. Non è una cosa a buon mercato, che si ottiene tanto facilmente. Le cose grandi e belle nella vita sono sempre un rischio. Sai anche che i tuoi genitori si ritrovano davanti a un tale rischio. Tuo padre si chiede se deve farsi battezzare e farsi così accogliere nella Chiesa. Finora non sembra che vi sia nulla di deciso. Tutto è ancora in gioco».

L’approccio è interessante perché esorcizza ogni forma di proselitismo, ma rimane come interpellanza a una scelta consapevole e tutt’altro che scontata ed emotiva. In questa prospettiva s’intesse tutta la «conversazione» epistolare che è implicitamente dialogica, anche se non si introducono le lettere dell’interlocutore, ma sono evocate solo in filigrana. La trama del discorso sulla fede potrebbe essere comparata a una sorta di procedimento cinematografico che parte dal campo lungo e avanza restringendo sempre più e specificando l’orizzonte da riprendere. Così, all’inizio le prime lettere puntano sulle questioni cosmo-antropologiche generali, come la creazione, l’infinito fisico e trascendente, l’evoluzione («dall’animale all’umano»), il male e il dolore.

L’obiettivo progressivamente si restringe e si fissa sulla storia così come è letta attraverso il prisma della fede. Entrano, così, in scena gli attori fondamentali, l’Israele biblico e Gesù Cristo («tutto da Israele, tutto da Dio»), la Legge sinaitica e il Vangelo, il popolo dell’alleanza con Dio e la Chiesa, il Decalogo e il comandamento dell’amore, i libri sacri e così via. In primo piano vengono, infine, messi a fuoco, da un lato, il dialogo orante con Dio (la preghiera) con tutta la sua articolazione esistenziale e, d’altro lato, ci si affaccia sulla morte, il giudizio e l’oltrevita. Il tutto spiegato sempre in modo piano e trasparente, in uno stile quasi narrativo, così da evitare il genere pedante di un catechismo capace di creare reazioni allergiche nei due interlocutori, il marito agnostico e la moglie non praticante.

È, quindi, un testo che - oltre a mirare al mondo della formazione ecclesiale attraverso l’affresco delle figure, dei simboli e dei temi della fede - si rivolge anche a chi desidera ritrovare le ormai sepolte radici della sua vita personale o scoprire un orizzonte forse ignoto, tutt’altro che ingenuo, bigotto o clericale.


G. Ravasi, in Il Sole 24 Ore 24 gennaio 2021