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Periferie
Emanuele Iula

Periferie

Dall’eterotopia alla rigenerazione

Prezzo di copertina: Euro 17,00 Prezzo scontato: Euro 16,15
Collana: Nuovi saggi 98
ISBN: 978-88-399-0998-5
Formato: 12 x 20 cm
Pagine: 240
© 2020

In breve

Che cos’è una periferia? Come nasce? Come funziona?
E come fare per rigenerare chi vive quotidianamente in quei luoghi di esclusione?


Una riformulazione sostanziale del nostro modo d’intendere le periferie, oggetto di una specifica attenzione pastorale nel magistero di papa Francesco, per aprire nuovi cammini di senso.

Descrizione

Il tema delle periferie urbane continua a rappresentare uno scoglio sociale su cui si infrangono numerose politiche pubbliche. La loro perenne attualità nei fatti di cronaca non è solo segno di un limite politico. C’è una sconfitta che avviene più a monte e che riguarda il modo in cui le periferie sono spesso state mal comprese.
In questo complesso scenario, il paziente sforzo dell’autore consiste nel ricostruire il profilo umano di chi abita le periferie. Oltre che luogo (terra di mezzo: né centro città, né aperta campagna), esse divengono esperienza, quella dell’essere messi a distanza e privati di una relazione fondamentale. Iula disegna così l’ontologia sociale dell’essere periferico e, alla fine del percorso, rende visibile il contributo che viene dalla teoria generativa: lì dove la separazione sitrasforma in un possibile radicamento, prima, e in memoria della svolta, poi.

Recensioni

«Tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del vangelo» (Evangelii gaudium 20). Il riferimento alle periferie (rigorosamente al plurale) è divenuto famigliare nel lessico ecclesiale dalla pubblicazione dell’Evangelii gaudium (2013), documento nel quale il termine ricorre per ben nove volte. A questa insistenza pastorale su un fenomeno urbanistico iniziato a livello globale negli anni ’60 non sempre è corrisposta un’adeguata riflessione teorica. Prova a colmare questo vuoto l’elaborato studio di Emanuele Iula, gesuita romano specializzatosi in etica e filosofia politica a Parigi, autore di diversi saggi sull’etica generativa. Ed è proprio facendo ricorso alla chiave della generatività che l’A. vede la prospettiva piú promettente per affrontare un tema complesso come le periferie (da cui il sottotitolo del libro), uscendo dalla loro interpretazione foucaultiana come “eterotopie”, cioè luoghi completamente altri rispetto a tutti gli altri, non addomesticabili con gli strumenti del pensiero, della politica e della cultura. Per Iula l’eterotopia è «la gemella diversa dell’utopia» (p. 15), nel senso che, a differenza delle utopie, le eterotopie si sviluppano in un luogo reale e non fantastico. Inquietano e non incantano.

Nel primo capitolo (Affinare lo sguardo), Iula mostra come il concetto di eterotopia, pur non coincidendo con quello di periferia, tuttavia sia utile per cogliere le problematiche connesse alle periferie, che non sono solo «le zone dismesse dalla città, quelle lontane dal centro, ma tutti i luoghi che segnano una separazione e una disparità sociale tra individui considerati normali, quindi degni del “centro”, e individui considerati al di fuori di questa normalità» (p. 29). Un esempio concreto della struttura di una periferia è dato dal quartiere Zen di Palermo, che Iula analizza riprendendo lo studio di Ferdinando Fava. Nel secondo capitolo (Nascita della periferia) i due concetti di periferia (quello classico e quello foucaultiano) vengono comparati con uno sguardo fenomenologico, concludendo con un’osservazione precisa: «Ciò che fa una periferia è l’emergere di una distanza» (p. 83). La struttura distanziale si caratterizza per un rigido controllo dell’accesso, per l’esclusione e il nascondimento.

L’ontologia sociale tracciata nel secondo capitolo sfocia nel terzo (Esseri periferici) in una fenomenologia degli abitanti delle periferie, accumunati da uno stigma indelebile. Nascere e vivere in periferia significa condividere lo stigma di alcune distorsioni sistemiche causate dall’assenza dello stato e dal mancato controllo sociale di un territorio. Gli abitanti del quartiere Zen, alla pari di realtà simili come Corviale, Scampia ecc., sono stigmatizzati, «indipendentemente da qualsiasi merito o demerito personale» (p. 120), fino a essere confinati all’interno di uno spazio dove fa da regina la follia, per contrasto alla ragione normativa. Tutto ciò, come viene raccontato nel capitolo quarto (L’azione del centro), è reso possibile dall’assenza di una normatività che il centro nega sistematicamente alle periferie, lasciandole nello squilibrio. Nel quinto e ultimo capitolo (Rigenerare le periferie), Iula si impegna nella formulazione di alcune prospettive generative, valorizzando un saggio della filosofa americana Judith Butler. È possibile vivere una vita buona all’interno di una vita cattiva a condizione di «ripensare il vivere sociale intorno all’asse che è dato dai legami e dalla loro qualità» (p. 201). Occorre entrare nella logica intergenerativa del dono per recuperare la speranza nel discorso sulle periferie: ciò comporta il saper «dare ciò che non si ha a chi non c’è ancora, in vista del momento in cui non ci saremo piú» (p. 210, corsivo dell’A.). Ciò comporta una conversione intellettuale ed etica: «Deve esserci resistenza nei confronti della vita cattiva in modo da favorire quella buona» (Judith Butler).


S. Didonè, in Studia Patavina 67 (2020) 3, 573-574

Non è il centro, non è la campagna, è una distesa di anonimi palazzi, alveari umani dove la stessa umanità alle volte non è più riconoscibile: quei coaguli urbani privi di connotati estetici sono le periferie. Su di esse sono naufragate le politiche sociali, anche le più generose, una sconfitta che appartiene a tutti.

L’a., gesuita romano, invita a riflettere su ciò che può essere definito come l’ontologia sociale dell’essere periferico, vale a dire delineare pazientemente il profilo umano, perché di questo essenzialmente si tratta, di chi abita, suo malgrado, nella periferia più alienante.

Un nuovo cammino di senso, come ci invita papa Francesco, che potrebbe trasformare la «terra di mezzo» in un probabile radicamento, in una svolta rigenerativa.


D. Segna, in Il Regno Attualità 14/2020, 416

L' immagine pubblica delle nostre periferie urbane ha un consolidato tenore negativo: luoghi di disagio che resistono ai tentativi di intervento pubblico. Questi fallimenti politici sono l'indizio di un fallimento che sta più a monte, di un limite culturale nella comprensione di questi luoghi. Occorre perciò entrare nella periferia, per ricostruire l'esperienza umana che vi si svolge.

È questo il compito che l'A. si è dato. A una periferia concepita prevalente come luogo segnato da una negazione (non-città e non-campagna), egli contrappone una visione della periferia come esperienza di vita. Questo "luogo di mezzo" fra la città e la non-città è abitato da un'umanità "di mezzo", contraddistinta da un'esperienza dalla mancanza di una relazione paritaria. La sfida consiste nel trasformare questa separazione in radicamento: questa è la chiave della rigenerazione sociale.

Lo strumento di analisi è la teoria nota come "etica generativa", alla quale l'A. ha già dedicato diversi saggi. Questo libro ci fa capire come i nostri tessuti periurbani abbiano bisogno di un'analisi in profondità, non limitata al problem solving di determinate emergenze sociali, ma in grado di illuminare dei percorsi che possono generare novità di vita.


M. Bossi, in Aggiornamenti sociali 5/2020, 438

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