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Etica animale
Martin M. Lintner

Etica animale

Una prospettiva cristiana

Prezzo di copertina: Euro 36,00 Prezzo scontato: Euro 34,20
Collana: Biblioteca di teologia contemporanea 201
ISBN: 978-88-399-3601-1
Formato: 15,7 x 23 cm
Pagine: 304
Titolo originale: Der Mensch und das liebe Vieh. Ethische Fragen im Umgang mit Tieren
© 2020

In breve

Con contributi di Christoph J. Amor e Markus Moling.

Questo l’imperativo di Lintner: «Agisci in modo da non utilizzare mai gli animali semplicemente come mezzi e in modo da essere sempre giusto nei loro confronti».

Descrizione

Gli animali occupano un posto importante nella nostra società. Oggi sempre più persone mostrano di essere sensibili alla sofferenza che gli animali patiscono, specie a quella provocata da allevamenti intensivi.
Nonostante ciò, il nostro comportamento nei loro confronti è stato ed è sempre caratterizzato da grande ambivalenza. Alcuni animali sono oggetto del nostro amore, della nostra protezione e sono sepolti in appositi cimiteri; altri, invece, li cacciamo, li uccidiamo e li mangiamo. Cosa è giusto fare? In base a quali princìpi etici? Quali conseguenze ne derivano per il nostro stile di vita e per le nostre abitudini di consumatori? Dobbiamo forse diventare tutti quanti vegetariani o vegani?
Questo libro innovativo non sostiene una posizione del tipo «tutto o niente». Lintner cerca piuttosto di affrontare le questioni fondamentali per capire come si possa tenere, verso gli animali, un comportamento che sia rispettoso delle loro esigenze specifiche e individuali. Presenta poi le posizioni attualmente dibattute nel campo dell’etica animale e in particolare, tenendo conto di differenze e somiglianze tra essere umano e animali, mette in evidenza la nostra responsabilità, indicando come essa si concretizzi in ambiti come il nostro rapporto con gli animali domestici, l’allevamento a fini di reddito, la sperimentazione animale nella ricerca medica, la caccia e il consumo di prodotti di derivazione animale.
Un grande libro di etica relativa agli animali. Per rispettarli e amarli in un modo che corrisponda alla loro natura.

Recensioni

Non è facile oggi parlare di etica animale perché è una tema delicato, da trattare sul filo del rasoio che separa, da un lato, una certa etica tradizionale e funzionalista e, dall'altro, quella animalista, assai più presente e divulgata. Sono a tutti evidenti i tanti eccessi della contemporaneità: abitini di marca per i barboncini tosati, appellativi familiari («vieni dalla mamma»... «sono i miei figli pelosi»...) attributi agli animali, ecc. E durante il lockdown i negozi di alimenti per animali sono stati sempre pieni di gente e non sono andati in crisi.

Martin Lintner, noto teologo sudtirolese, nel suo pregevole ed esaustivo saggio mette ordine in tutto questo e lo fa con passione, ma al tempo stesso col giusto distanziamento emotivo; In fondo, com'è suo stile, fondendo in sé il calore dell'uomo mediterraneo col rigore dell'altoatesino. Lo fa partendo da lontano con una riflessione fondativa sulla concezione della natura.

Se non si comprende questa non si possono comprendere i problemi ad essa legati. Gli animali sono nella natura, ma sono natura essi stessi. La storia ha avuto diversi atteggiamenti etici nei loro confronti. Quelli classici della filosofia scolastica condensabili nella sintesi dell'Aquinate plantae sunt propter animalia, animalia vero propter homines evolvono nel tempo fino alla moderna visione di Peter Singer (sempre citato, ma al quale, a mio avviso, è stata data troppa importanza) e della sua critica allo «specismo».

La parte storica, filosofica e solidamente fondativa sonda terreni finora pocoesplorati anche nella letteratura specialistica, che si limita spesso a riflessioni di carattere valutativo e normativo su questioni specifiche: la caccia, il vegetarianesimo, gli zoo, ecc. Ovviamente anche questi terni sono trattati e in modo esemplare evidenziando un aspetto non dichiarato esplicitamente, ma che traspare in filigrana e che è stato competentemente colto dall'autore. Ma Lintner non si ferma all'ìmmanente. Va oltre, verso il trascendente, includendo un saggio di Ch. Amor, docente di dogmatica a Bressanone, sulle prospettive di carattere escatologico.

L’ingenua domanda dei bambini che chiedono se il cagnolino morto sia andato in paradiso trova così una matura riflessione. Oltre a questo contributo (insieme a un altro dello stesso autore) vorrei ricordare anche quello di M. Moling, docente di filosofia, sull'inculturazione “filosofica”, se posso chiamarla così, dell'etica animale nella contemporaneità. Ogni visione etica, infatti, è anche frutto del sentire di un'epoca, di uno specifico e irripetibile contesto culturale e come tale va affrontata. Ricordo che tempo fa consultando una serie di antichi manuali preconciliari di teologia morale, parlando dell’uccisione di esseri viventi molti si soffermavano a trattare della tauromachia (la corrida) giustificandola in rapporto ai contesti tradizionali del paese in cui per tanto tempo era stata realizzata. Non si poteva fare à meno, cioè, di trattare l'argomento nella sua specifica cornice storico-culturale.

A rendere ancor più ricco un testo (che di "ricchezze'' ne ha già tante) forse si potrebbe, in una possibile seconda edizione, inglobare anche la trattazione di una diversa ''personalizzazione" animale, non quella eticamente discutibile di cui si è detto prima e che Lintner ci illustra sapientemente, ma della trasposizione letteraria e visiva. Partendo dagli illustri antecedenti storici di Esopo e passando attraverso la magistrale pietra miliare di Walt Disney, con la geniale trovata di dar voce a un topo, questa arriva fino all’attuale film di alta animazione Zootropolis (del 2016 per la regia di B. Howard e R. Moore) dove i personaggi (ovviamente tutti animali parlanti) incarnano il sentire umano. La scena dei bradipi all’ufficio postale è di magistrale bravura e significato. In fondo, guardando il film dimentichiamo che si tratta di animali parlanti. Siamo portati a considerarli persone. È la stessa riflessione a cui ci induce, con equilibrata criticità, il testo di Lintner.

Gli animali non sono persone né sono assimilabili alla persona pur meritando rispetto, come non lo è la natura inanimata e persino il cadavere. Sono compagni di viaggio con le loro peculiarità che non vanno assolutizzate, ma accolte. L’antropocentrismo della visione cristiana rispetto al biocentrismo delle religioni orientali mi sembra che emerga serenamente dal libro di Lintner, anche perché l'autore non ne da mai una visione accentratrice quanto piuttosto tipicamente creaturale. È su questa linea, peraltro, che si articola anche la Laudato si' di papa Francesco (2015) se la si legge nell'esplicitazione del suo sottotitolo come «cura della casa comune».

Il testo in oggetto merita attenzione anche in questa prospettiva.


S. Leone, in CredereOggi 2/2022, 179-181

«Le esigenze dell'etica animale derivano prima di tutto dalla moralità dell'agire umano, in modo tale da non dover essere fondate né nell'animale in quanto tale, né negli interessi o scopi che l'essere umano si prefigge». Martin M. Lintner, professore di Teologia morale e spirituale allo Studio teologico accademico di Bressanone, insieme a due colleghi teologi, Christopher J. Amor e Markus Moling, scrive con grande sensibilità e piglio narrativo un libro di etica animale, partendo anche dalla sua esperienza personale (l'autore è nato e cresciuto in un maso sudtirolese).


In Jesus 9/2022, 91

La responsabilità dell’uomo nei confronti degli animali non si riduce a una gestione materiale della convivenza, né tantomeno a un esercizio proprietario e dispotico dell’ambiente. Evitando sia l’antropocentrismo predatorio sia l’equiparazione indistinta fra tutti gli esseri senzienti, il teologo morale Lintner, assieme a due suoi colleghi dello Studio filosofico-teologico accademico di Bressanone – Christoph J. Amor e Markus Moling –, imposta un trattato sistematico e casisticamente denso.

Nei vari capitoli vengono esaminate le dimensioni spirituali della natura creata, i dilemmi teorici di fondo relativi all’etica animale (Singer, Regan, Nussbaum, Rawls, Jonas, Siegetsleitner sono i filosofi contemporanei più citati) e alcuni concreti campi di azione (custodia di animali domestici, allevamenti e soppressione dei capi di bestiame, sperimentazione biomedica, la pratica della caccia, criteri per il consumo di prodotti animali, la questione della sepoltura, il gene-editing, l’allestimento di circhi e zoo).

Viene infine proposta un’etica cristiana della «concreaturalità»: animali umani e non umani appartengono alla medesima famiglia, sono compagni di viaggio, plasmati a partire dal medesimo fango, destinati alla finitudine e allo scacco mortale, ma attratti dal futuro escatologico di redenzione, che è anticipato e promesso in Cristo (cfr Rm 8,19-22), e orientati verso un regno messianico in cui verranno accolte tutte le forme di vita, che Dio ha fatto e riconosciuto come buone (cfr Gen 1-3; Is 11 e 65), coinvolgendole in una comune amicizia e alleanza (cfr patto con Noè in Gen 9,8-11) e garantendo loro il suo indefettibile amore.

La crescente importanza affettiva che viene attribuita agli animali nella nostra società, la denuncia serrata delle contraddittorie condizioni di sfruttamento e di violenza, la diffusione di comportamenti vegetariani e vegani, tutto questo indica l’attualità della questione animale e rivolge una sfida al pensiero teologico affinché rifletta sul ruolo privilegiato affidato all’uomo nel cosmo. Con una logica di prudenza e gradualità, Lintner ci invita non soltanto alla minimizzazione di danni e sofferenze, ma anche alla tutela della diversità e al rispetto e alla promozione delle esigenze sensitive, cognitive ed emozionali che gli animali esprimono in termini sia individuali sia di specie.

Questo impianto fondativo conduce a individuare le condizioni minime per trattare e utilizzare gli animali in forme degne, moralmente proporzionate e giustificabili in un contesto pluralistico. La lezione dell’enciclica Laudato si’ di papa Francesco è pensata in una duplice direzione. Da un lato, il contatto empatico tra le creature non deve scivolare in una rappresentazione antropomorfica del vissuto animale: la differenza ontologica va riconosciuta, ed è assurdo imporre un’omologazione irrispettosa (quasi che l’essere umano non fosse «nient’altro che» un animale). Dall’altro lato, un rapporto compassionevole verso gli animali non solo impedisce l’abbrutimento coscienziale del soggetto umano, ma onora la bellezza e il valore che essi possiedono in sé e di fronte a Dio: l’uomo non è «tutt’altro da» loro, ed è necessario non trattarli «semplicemente come mezzi» per soddisfare nostri interessi o bisogni.

L’uomo serve i viventi e li benedice, dando il nome alle creature, interpretando la loro aspirazione allo sviluppo e alla generazione, e fungendo da rappresentante dell’amore creatore di Dio, che vuole la vita.


P. Cattorini, in La Civiltà Cattolica 4095 (6/20 febbraio 2021) 309-310

“Un giorno vedremo di nuovo i nostri animali nell’eternità di Cristo. Il paradiso è aperto a tutte le creature”. Queste parole di Paolo VI a un bambino della periferia romana, che piangeva la morte del suo cagnolino, furono citate da Papa Francesco nell’udienza generale del 26 novembre 2014 e riportate il giorno successivo dal Corriere della Sera. Interpellata dal New York Times, Christine Gutleben, a capo della Humane Society Usa – fra le più grandi associazioni a difesa degli animali negli States – commentò: “Se il Papa voleva dire che tutti gli animali vanno in paradiso, allora l’implicazione è che gli animali hanno un’anima. E se è vero, allora dovremmo considerare seriamente come li trattiamo”. Una trentina di anni fa, esattamente nel 1992, il gesuita di Civiltà Cattolica, padre Giovanni Caprile, ricette molte critiche e qualche minaccia per un editoriale che negava la tesi degli animali in paradiso riproposta da Bergoglio in quell’udienza: nell’articolo di Civiltà Cattolica, si sosteneva che “mentre tutti gli altri essere creati sono ‘chiusi’ in sè stessi, nella ricerca, potremmo dire, usando un termine antropomorfico, ‘ egoistica’ di quello che conviene a sè o alla vita e alla conservazione della specie, l’ uomo sa anche amare…”. Cioè è libero di fare il bene o il male mentre l’animale non lo sarebbe. Il che tuttavia è negato da chiunque abbia un cucciolo in casa.

In realtà Papà Francesco ha ben chiara la distinzione tra animali e esseri umani tanto che in un’udienza giubilare nel 2016 ha criticato chi dà amore solo agli animali e si dimentica degli esseri umani: “Quanta gente attaccata a cani e gatti e poi lascia sola e affamata la vicina. No, per favore no!”.
“L’ambivalenza nelle parole del Papa – sottolinea Marco Grieco su Wired.it -riflette la stessa ambivalenza che emerge quando, parlando di anima degli animali, ci si trova di fronte a due tendenze opposte: chi considera l’animale parte del creato, ma funzionale allo sviluppo dell’essere umano, e chi lo umanizza”.

A cercare di fare chiarezza sul tema è un monaco sudtirolese, padre Martin Lintner intervistato da Grieco sul prestigioso sito del quale è un contributore. L’intervista è un tentativo di rispondere a domande su cui la prospettiva cristiana è rimasta indietro. Nel suo libro, Etica animale. Una prospettiva cristiana, (Queriniana 2020), Lintner non dà risposte definitive, ma stimola nuove domande.

Padre Lintner, perché l’etica animale ha un risvolto morale?

“I motivi sono vari. Prima di tutto, sono le condizioni negli allevamenti e nei macelli che rendono necessaria una riflessione etica su come trattiamo gli animali. Vorrei ricordare che ogni anno in Europa per la produzione di carne vengono macellati 360 milioni di maiali, pecore, capre e bovine, in aggiunta un paio di miliardi di pollame. Nei trattamenti di cova si uccidono annualmente più di 300 milioni di pulcini maschi appena nati. Esistono tuttora anche in Europa allevamenti di pellicce con milioni di animali. Ultimamente, a causa di infezioni con il Coronavirus sono stati uccisi milioni di visoni. Vorrei poi ricordare i numeri sul trasporto di animali. Non ci sono cifre ufficiali, ma si stima che ogni giorno nei paesi dell’Unione Europea vengono trasportati circa 3,8 milioni di animali, questo equivale a circa 1,4 miliardi di animali all’anno: un recente studio di The Guardian ha rilevato che l’Ue è il più grande esportatore di animali vivi al mondo con circa l’80% dei trasporti internazionali di animali vivi nel mondo. Sappiamo che molti animali, soprattutto pecore e bovini, vengono anche trasportati in paesi extra-Ue, come Nord-Africa, Medio Oriente e Asia Centrale. Su queste modalità di trasporto, inoltre, spesso mancano i confronti sulla loro conformità alle leggi Ue relative alla protezione degli animali”.

Sull’interesse dei teologi al tema, lei parla di un “buco nero”. Perché?

“Mi riferisco al fatto che, nei libri di teologia della creazione e nei trattati di etica teologica, la questione della relazione uomo-animale e le implicazioni etiche non si trovano o sono insufficienti. Sicuramente su questa lacuna ha influenzato la tradizionale dottrina sugli animali come essere viventi non dotati di ragione ai quali non veniva riconosciuta un’anima immortale. Da un punto di vista filosofico, si trova l’argomentazione che gli animali, non essendo capaci di agire moralmente, non facciano parte della ‘comunità morale’ e che perciò i doveri morali degli uomini nei confronti degli animali sarebbero solo indiretti oppure di secondo grado. Nell’epoca moderno, il dualismo cartesiano che ha distinto tra res cogitans e res extensa, cioè tra esseri capaci di ragionare da una parte e realtà fisiche dall’altra ha avuto come conseguenza una visione meccanicistica degli animali. La capacità di soffrire e sentire emozioni non veniva vista come moralmente rilevante. Oggi troviamo una crescente sensibilità per questi aspetti”.

E oggi, invece, cosa è cambiato nella teologia?

“A livello teologico ci stiamo interrogando sul perché, nella tradizione cristiana, ci siamo quasi dimenticati degli animali. I personaggi che rappresentano un’eccezione come san Francesco d’Assisi o san Filippo Neri – di cui si dice che, a causa del suo amore per gli animali, non mangiava carne – sono rari. Dobbiamo riscoprire anche i fondamenti biblici secondo i quali la vicinanza tra uomo e animali è più grande delle differenze. Nella Bibbia troviamo molte norme che richiedono un giusto comportamento nei confronti degli animali: nella Genesi, dopo il diluvio Dio ha esteso la sua alleanza non solo a Noè, ma anche a tutti gli animali. Per la tradizione cattolica, poi, l’evento salvifico di Cristo include tutta la creazione, animali inclusi. Mi sembra che su questo finora abbiamo riflettuto troppo poco. Certamente dobbiamo riflettere anche su ciò che contraddistingue la specie umana delle specie animali. Ritengo problematici gli approcci filosofici cosiddetti “specistici”. Dall’altre parte, però, dobbiamo superare anche una forma di antropocentrismo che riduce gli animali alla loro funzione per noi uomini e non riconosce che hanno un valore proprio che va riconosciuto e rispettato indipendentemente”.

Possiamo, quindi, fare scelte etiche nel nostro quotidiano?

“Certamente. Dal momento in cui pensiamo a noi stessi come animali, dobbiamo chiederci criticamente come li trattiamo e se rispettiamo i loro bisogni. Allo stesso tempo, dobbiamo stare attenti a non “umanizzarli”, senza proiettare in loro delle aspettative alle quali non possono rispondere. Inoltre, la grande maggioranza di noi consuma prodotti d’allevamento: carne, latte, formaggi, ma anche articoli d’igiene od altri in cui vengono usati prodotti provenienti dagli animali. Secondo me, dovremmo chiederci da quale tipo di allevamento questi prodotti provengono. In moltissimi casi è possibile scegliere senza problemi prodotti vegani, in altri dobbiamo deciderci per prodotti la cui provenienza è presentata in modo trasparente. Oltre la questione dell’etica animale, il consumo di prodotti dell’allevamento ha anche una valenza ambientale. Sappiamo che l’agricoltura industrializzata e gli allevamenti di massa giocano un ruolo significativo nel cambiamento climatico. Anche da questo punto di vista è urgente e necessario un cambiamento sistemico dell’agricoltura. La riduzione del consumo di carne e l’attenzione per la sua provenienza da un’agricoltura ecologicamente sostenibile è, per esempio, una scelta che ciascuno di noi può fare in nome del rispetto verso il pianeta e l’umanità intera”.
In FaroDiRoma.it 7 febbraio 2021

Gli animali hanno un'anima? Anche i cani vanno in paradiso? Il dibattito sull'anima degli animali da qualche tempo è una questione per teologi: e non è detto che Papa Francesco non sia d'accordo con gli animalisti

Chi sa se il soffio vitale dell’uomo salga in alto e se quello della bestia scenda in basso nella terra?” si domanda lo scrittore del Qohelet, il rotolo più misterioso della Bibbia. Nell’antichità, gli animali hanno contribuito al progresso dell’attività umana: dall’era moderna, invece, abbiamo iniziato ad amarli. Ma il nostro rapporto con loro è ambiguo e difficile da definire. Pensiamo alla ricerca sugli animali: è giusto testare vaccini sulle bestie per la nostra salute. Pochi giorni fa in Italia è terminata una lunga battaglia fra la Lega anti vivisezione e i ricercatori delle università di Torino e Parma sulla sperimentazione dei macachi: dopo due anni, i giudici hanno detto che è possibile infliggere sulle scimmie delle minime lesioni cerebrali per consentire la ricerca sulla cecità nell’uomo. Allo stesso tempo, gli scaffali dei nostri supermercati si riempiono di prodotti cruelty-free.

Negli ultimi anni, il nostro rapporto con gli animali è cambiato. Lo dicono i numeri: secondo l’Enpa, nel 2020 si è registrato un boom di adozioni di cani e gatti per un totale di 17.600 animali domestici su scala nazionale: un aumento del 15% rispetto al 2019. Il cambiamento delle nostre abitudini riguarda anche la tavola perché l’Italia, quarto paese produttore di carne bovina, l’anno scorso ha registrato un calo della produzione tale che, dall’ultimo decennio, la sua produzione è diminuita di un terzo (dati Oicb, Sole 24 ore).

La mentalità culturale e sociale sta cambiando anche il nostro immaginario. Durante le fasi del boom economico, Uccelli di Alfred Hitchcock (1963) o Lo squalo di Steven Spielberg (1975) hanno messo in scena un rapporto conflittuale tra l’uomo e il regno animale: fedele a una tradizione favolistica sconfinata, nella lotta con le bestie l’uomo ha sempre visto una parte di sé con cui riappacificarsi, con esiti sempre negativi per l’animale. Giù le mani dai gatti, popolare serie Netflix del 2019, ribalta la prospettiva: da dominatore socialmente accettato, l’uomo si trasforma in assassino condannato dalla platea social. Anche la pandemia di Covid-19 ha influito sulla percezione nelle fasi iniziali: la trasmissione del coronavirus Sars-Cov2 per zoonosi ha evidenziato i comportamenti umani nel collocare gli animali in condizioni disumane, come negli allevamenti intensivi o nei wet market diffusi in Asia. Non è un caso che persino alcune città della Cina, dove manca una legge di tutela per gli animali domestici, abbiano emesso un’ordinanza per vietare il consumo di carne di cani e gatti.

Per questo, domandarsi se gli animali hanno un’anima riflette la complessità della nostra società, ma dimostra che anche la Chiesa cattolica legge i segni dei tempi. Sul primo numero dell’anno di Vogue Italia, dedicato agli animali, padre Antonio Spadaro, stretto collaboratore di papa Francesco, ha rimarcato il legame tra l’uomo e l’essere vivente di fronte alle minacce ecologiche: “Il grido degli animali ci deve svegliare perché́ – scrive il gesuita, citando il papa – la scomparsa di una specie animale è assimilabile alla scomparsa di una cultura”. Poi aggiunge: “Il peccato contro gli animali è la frattura di una connessione radicale tra i viventi, perché il creato non ha frontiere: è di tutti e per tutti”. L’uso di parole come “peccato”, tipiche della teologia morale, sottolinea il grande passo in avanti che il cattolicesimo sta facendo nel campo dell’etica animale.

Non è sempre stato così. I primi a interessarsi del rapporto tra uomini e animali sono stati i filosofi, che sono partiti dal punto di vista dei sensi: se l’animale soffre, allora si deve ammettere la possibilità che vada evitato il male inflitto. Questo punto di vista detto patocentrico – da pathos, dolore in greco – presuppone che la creatura abbia una sua dignità che, in quanto tale, va preservata dall’esperienza della sofferenza inflitta. Da qui parte uno dei più autorevoli filosofi dell’antispecismo, l’italiano Leonardo Caffo, per il quale una vera rivoluzione dell’umanità inizia dal non abusare degli animali, sia sulla tavola, che nella sperimentazione scientifica. La sfida radicale ai nostri stili di vita da parte ha, così, suscitato l’interesse dei primi teologi: se cambia il nostro rapporto con gli animali, non dovrebbe cambiare anche la nostra coscienza?

Quando i primi teologi s’interessarono al tema, non vennero presi in grande considerazione. Per esempio, John Berkman, professore alla Catholic University of America, dopo aver pubblicato il suo saggio, Prophetically pro-life: John Paul II’s Gospel of Life and Evangelical Concern for Animals, venne invitato dalla facoltà teologica a non trattare più il tema. Nel 2007, la teologa Clelia Deane-Drummond, autrice di Animal Ethics: Where Do We Go From Here rimase stupita dall’ignoranza dei suoi colleghi teologhi, ma anche da una certa presunzione fra gli addetti ai lavori nel ritenere il tema superficiale.

Ma il 2014 è l’anno centrale dell’attenzione cattolica per gli animali, tanto che molti – pur senza ammissioni esplicite sull’argomento – credono che la Laudato si’ rappresenti un punto di partenza sul tema della sensibilità animalista, almeno dai tempi di Liberazione animale di Peter Singer, che affronta il tema della lotta allo specismo. Quello stesso anno, la stampa riportò che papa Francesco avesse parlato di paradiso per gli animali a un bambino in lacrime per la morte del suo cane: “Un giorno vedremo di nuovo i nostri animali nell’eternità di Cristo. Il paradiso è aperto a tutte le creature” scriveva Il Corriere della Sera il 27 novembre 2014 riportando le parole di papa Francesco durante l’udienza: in realtà, il papa aveva citato un suo predecessore, Paolo VI. Interpellata dal New York Times, Christine Gutleben, a capo della Humane Society Usa – fra le più grandi associazioni a difesa degli animali negli States – disse: “Se il papa voleva dire che tutti gli animali vanno in paradiso, allora l’implicazione è che gli animali hanno un’anima. E se è vero, allora dovremmo considerare seriamente come li trattiamo”. Poco dopo le ha fatto eco Sarah Withrow King, direttrice del gruppo di attivisti anti-macello Christian Outreach and Engagement, che ha paventato che dichiarazioni del genere “potrebbero influenzare le abitudini alimentari, allontanando i cattolici dal consumo di carne”. Ma la questione non è così semplice. Lo stesso pontefice nel 2014, durante la messa a Santa Marta, aveva criticato i “matrimoni sterili”, quelli cioè in cui i due coniugi scelgono volutamente di non volere bambini: “Forse è più comodo avere un cagnolino, due gatti e l’amore va ai due gatti e al cagnolino. È vero o no, questo?” aveva domandato. E lo stesso tono era tornato durante un’udienza giubilare nel 2016, criticando chi versa amore negli animali e si dimentica degli altri esseri umani: “Quanta gente attaccata a cani e gatti e poi lascia sola e affamata la vicina. No, per favore no!”, aveva esclamato. 

L’ambivalenza nelle parole del papa riflette la stessa ambivalenza che emerge quando, parlando di anima degli animali, ci si trova di fronte a due tendenze opposte: chi considera l’animale parte del creato, ma funzionale allo sviluppo dell’essere umano, e chi lo umanizza. A cercare di fare chiarezza sul tema è un monaco sudtirolese, padre Martin Lintner. Il suo contributo è uno dei più interessanti, perché è un tentativo di rispondere a domande su cui la prospettiva cristiana è rimasta indietro. Nel suo libro, Etica animale. Una prospettiva cristiana, (Queriniana 2020), Lintner non dà risposte definitive, ma stimola nuove domande. 

Padre Lintner, perché l’etica animale ha un risvolto morale?

“I motivi sono vari. Prima di tutto, sono le condizioni negli allevamenti e nei macelli che rendono necessaria una riflessione etica su come trattiamo gli animali. Vorrei ricordare che ogni anno in Europa per la produzione di carne vengono macellati 360 milioni di maiali, pecore, capre e bovine, in aggiunta un paio di miliardi di pollame. Nei trattamenti di cova si uccidono annualmente più di 300 milioni di pulcini maschi appena nati. Esistono tuttora anche in Europa allevamenti di pellicce con milioni di animali. Ultimamente, a causa di infezioni con il Coronavirus sono stati uccisi milioni di visoni. Vorrei poi ricordare i numeri sul trasporto di animali. Non ci sono cifre ufficiali, ma si stima che ogni giorno nei paesi dell’Unione Europea vengono trasportati circa 3,8 milioni di animali, questo equivale a circa 1,4 miliardi di animali all’anno: un recente studio di The Guardian ha rilevato che l’Ue è il più grande esportatore di animali vivi al mondo con circa l’80% dei trasporti internazionali di animali vivi nel mondo. Sappiamo che molti animali, soprattutto pecore e bovini, vengono anche trasportati in paesi extra-Ue, come Nord-Africa, Medio Oriente e Asia Centrale. Su queste modalità di trasporto, inoltre, spesso mancano i confronti sulla loro conformità alle leggi Ue relative alla protezione degli animali”.

Sull’interesse dei teologi al tema, lei parla di un “buco nero”. Perché?

“Mi riferisco al fatto che, nei libri di teologia della creazione e nei trattati di etica teologica, la questione della relazione uomo-animale e le implicazioni etiche non si trovano o sono insufficienti. Sicuramente su questa lacuna ha influenzato la tradizionale dottrina sugli animali come essere viventi non dotati di ragione ai quali non veniva riconosciuta un’anima immortale. Da un punto di vista filosofico, si trova l’argomentazione che gli animali, non essendo capaci di agire moralmente, non facciano parte della ‘comunità morale’ e che perciò i doveri morali degli uomini nei confronti degli animali sarebbero solo indiretti oppure di secondo grado. Nell’epoca moderno, il dualismo cartesiano che ha distinto tra res cogitans e res extensa, cioè tra esseri capaci di ragionare da una parte e realtà fisiche dall’altra ha avuto come conseguenza una visione meccanicistica degli animali. La capacità di soffrire e sentire emozioni non veniva vista come moralmente rilevante. Oggi troviamo una crescente sensibilità per questi aspetti”.

E oggi, invece, cosa è cambiato nella teologia?

“A livello teologico ci stiamo interrogando sul perché, nella tradizione cristiana, ci siamo quasi dimenticati degli animali. I personaggi che rappresentano un’eccezione come san Francesco d’Assisi o san Filippo Neri – di cui si dice che, a causa del suo amore per gli animali, non mangiava carne – sono rari. Dobbiamo riscoprire anche i fondamenti biblici secondo i quali la vicinanza tra uomo e animali è più grande delle differenze. Nella Bibbia troviamo molte norme che richiedono un giusto comportamento nei confronti degli animali: nella Genesi, dopo il diluvio Dio ha esteso la sua alleanza non solo a Noè, ma anche a tutti gli animali. Per la tradizione cattolica, poi, l’evento salvifico di Cristo include tutta la creazione, animali inclusi. Mi sembra che su questo finora abbiamo riflettuto troppo poco. Certamente dobbiamo riflettere anche su ciò che contraddistingue la specie umana delle specie animali. Ritengo problematici gli approcci filosofici cosiddetti “specistici”. Dall’altre parte, però, dobbiamo superare anche una forma di antropocentrismo che riduce gli animali alla loro funzione per noi uomini e non riconosce che hanno un valore proprio che va riconosciuto e rispettato indipendentemente”.

Possiamo, quindi, fare scelte etiche nel nostro quotidiano?

“Certamente. Dal momento in cui pensiamo a noi stessi come animali, dobbiamo chiederci criticamente come li trattiamo e se rispettiamo i loro bisogni. Allo stesso tempo, dobbiamo stare attenti a non “umanizzarli”, senza proiettare in loro delle aspettative alle quali non possono rispondere. Inoltre, la grande maggioranza di noi consuma prodotti d’allevamento: carne, latte, formaggi, ma anche articoli d’igiene od altri in cui vengono usati prodotti provenienti dagli animali. Secondo me, dovremmo chiederci da quale tipo di allevamento questi prodotti provengono. In moltissimi casi è possibile scegliere senza problemi prodotti vegani, in altri dobbiamo deciderci per prodotti la cui provenienza è presentata in modo trasparente. Oltre la questione dell’etica animale, il consumo di prodotti dell’allevamento ha anche una valenza ambientale. Sappiamo che l’agricoltura industrializzata e gli allevamenti di massa giocano un ruolo significativo nel cambiamento climatico. Anche da questo punto di vista è urgente e necessario un cambiamento sistemico dell’agricoltura. La riduzione del consumo di carne e l’attenzione per la sua provenienza da un’agricoltura ecologicamente sostenibile è, per esempio, una scelta che ciascuno di noi può fare in nome del rispetto verso il pianeta e l’umanità intera”.


M. Grieco – M. Lintner, Wired.it 6 febbraio 2021

Rispettare il Creato, animali compresi, in modo coerente, significa anche prendere in considerazione l’ipotesi di una scelta vegetariana e, in ogni caso, informarsi accuratamente sui cibi di origine animale che acquistiamo. Provengono da allevamenti che rispettano il benessere degli animali? Hanno evitato loro sofferenza e paura? Non si tratta di preoccupazioni secondarie ma di questioni che la teologia affronta in modo sempre più approfondito, come spiega padre Martin M. Lintner, servita, docente di etica teologica a Bressanone, già presidente dell’Associazione internazionale di teologia morale e autore di un recente saggio sul tema (Etica animale. Una prospettiva cristiana, Queriniana).

Qual è il fondamento teologico che ci permette di affermare che anche nei confronti degli animali va adottato un comportamento etico?

Vorrei menzionare i racconti della creazione in Gn 1 e 2, che evidenziano la responsabilità che Dio ha affidato all’uomo, cioè la coltivazione della terra come spazio vitale e la cura degli animali. Il concetto teologico dell’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio sottolinea in particolare la sua chiamata ad essere testimone dell’amore del Creatore nei confronti del creato. Per troppo tempo abbiamo frainteso il versetto Gn 1,28, dove si parla di soggiogare la terra e dominare sugli animali. Esso non legittima una dominazione arbitraria, ma richiede una cura come quella del giardiniere che lavora l’orto o del pastore verso il suo gregge. Vanno ricordati anche i numerosi passi biblici che descrivono la necessaria attenzione verso gli animali, basti citare il terzo comandamento, secondo cui anche gli animali hanno diritto del riposo sabbatico. In Gn 9,9-10 Dio estende la sua alleanza anche agli animali. Il salmo 104, che elenca una varietà di specie diverse, è un inno di lode al Dio creatore, che gioisce delle sue opere. Infine, secondo gli inni cristologici (ad es. Col 1,15-20) tutta la creazione è inclusa nell’evento salvifico di Cristo. Tutto questo non può non avere conseguenze sul nostro atteggiamento e comportamento nei confronti della natura e degli animali.

Parlare di giustizia e di benessere degli animali ci deve portare a condannare tutte le forme di allevamento o solo quelle in cui gli animali soffrono?

Nell’etica animale troviamo due principali correnti: una che rigetta rigorosamente ogni forma di utilizzo degli animali, una seconda che invece riconosce come legittimo l’impiego di animali nella misura in cui agli stessi venga ascritto e rispettato il loro valore intrinseco, vale a dire non si riduca l’animale ad un mero valore funzionale agli interessi umani. Anche papa Francesco nella Laudato si’ parla del valore proprio di ogni creatura, della priorità dell’essere rispetto all’essere utili. Riconoscere questo a mio avviso significa anche necessariamente, soprattutto negli allevamenti, rispettare e soddisfare i bisogni fondamentali specie-specifici a livello istintivo, sensitivo ed emotivo degli animali.

Ma anche l’allevamento più rispettoso non può escludere che alla fine gli animali (vitelli, polli, maiali) vengano macellati per produrre cibo. L’uccisione degli animali è eticamente accettabile?

L’uccisione di un animale è un atto di violenza che a mio avviso andrebbe vincolato al dovere di giustificazione. È un male giustificabile solo per evitare un male maggiore, per esempio ove ci si difenda dall’aggressione di un animale selvaggio, oppure per un bene comprovato come la produzione di cibo che altrimenti verrebbe a mancare. Gli animali da allevamento sono capaci di provare sofferenza e paura, due mali comunque da evitare.

La coerenza di un cristiano con la salvaguardia del Creato si misura anche con la scelta di diventare vegetariano o vegano?

Il consumo eccessivo di carne provoca l’aumento degli allevamenti intensivi e la crescente industrializzazione dei metodi agricoli. Entrambe le cose influenzano negativamente lo sviluppo climatico globale. Quindi dobbiamo tentare di risolvere il problema alla radice, riducendo significativamente la quantità del consumo di carne. Io stesso ho deciso di diventare vegetariano. È una scelta personale. Ogni cristiano a mio avviso deve tuttavia informarsi seriamente sulla provenienza dei prodotti di origine animale che acquista o consuma: provengono essi da un’agricoltura ecologicamente sostenibile? Si prende cura del benessere degli animali? Un’etica di consumo prevede un confronto responsabile con domande sulle condizioni di allevamento e di macellazione. Molte persone, dopo essersi debitamente informate, hanno ridotto drasticamente il consumo di carne o hanno scelto un’alimentazione vegetariana o addirittura vegana.

Questa rinnovato atteggiamento verso il mondo animale porterà la teologia a concludere che anche gli animali parteciperanno alla beatitudine eterna?

Nella teologia occidentale in epoca medievale l’interrogarsi sul perché della morte salvifica di Cristo ha prodotto come risposta non la necessità di redenzione di tutta la creazione, ma la redenzione dal peccato. Dal momento che la facoltà di peccare – come pure l’essere dotati di un’anima immortale – è stata riconosciuta solo all’uomo, gli animali sono stati trascurati. La Bibbia invece presenta una visione di compimento della creazione intera, includendo gli animali. Ricordiamo la pace messianica in Is 11,6-8 oppure 65,25. Secondo Mc 1,13 Gesù nel deserto era in compagnia di animali feroci, il che lascia intendere che nel suo evento salvifico si compie la pace messianica e la redenzione di tutto il creato, non solo dell’uomo. Rm 8,18-22 usa il termine “ktisis”, che esplicitamente indica la creazione non umana, che aspetta ardentemente la rivelazione dei figli di Dio.


L. Moia – M. Lintner, in Avvenire 4 febbraio 2021, 25

Nel risvolto di copertina si è fatto fotografare con un gatto dallo sguardo sornione, facendo sospettare che vale anche per lui la confessione autobiografica di Montaigne nei Saggi: «Quando gioco con la mia gatta, chi sa se lei non si diverte con me più di quanto mi diverta io con lei». Il libro, confezionato con la collaborazione di altri due colleghi teologi, Christopher J. Amor e Markus Moling, è firmato da Martin M. Lintner, classe 1972, docente di etica nello Studio filosofico-teologico accademico di Bressanone che, pur essendo in Italia, è di lingua tedesca, come si evince non solo dall'originale del testo ma anche dalla bibliografia finale trionfalmente germanica. Il titolo Etica animale sorprende molto meno oggi rispetto al passato, considerata l'attuale sensibilità animalista che assume talora accenti veementi come nella lotta allo «specismo» condotta da Peter Singer col suo manifesto di Liberazione animale (Il Saggiatore 2015), pronto ad assegnare la qualità di «persona» anche agli animali fino all'eccesso di ritenere - a livello utilitaristico - più grave la soppressione di uno scimpanzé o di un delfino adulto rispetto a quella di un bambino piccolo.

Si deve riconoscere che il testo del teologo sudtirolese/altoatesino conquista il lettore per un dettato quasi narrativo e coinvolgente, capace però - coi suoi colleghi - di scovare tutti gli angoli insospettati, oltre ai capitoli fondamentali, di questa etica molto particolare. L'antropocentrismo tradizionale, basato sugli asserti biblici, assunti talora in modo sbrigativo e assoluto (ad esempio, il celebre binomio della Genesi sul «dominare» e «soggiogare», un lessico in realtà più variegato a livello semantico ebraico), ha fatto accantonare la presenza animale. Essa era ridotta a cornice o a fondale dell'imponente presenza umana, nonostante l'affollamento del bestiario biblico che va dal sacrale «agnello» fino alla fastidiosa «zanzara». Il percorso proposto da queste pagine comprende una tetralogia di tappe che sono difficili da riassumere perché costellate di tante scene tematiche.

I primi due movimenti si allargano a ventaglio sulle questioni fondamentali. Esse si aprono proprio su un'interrogazione capitale: qual è il significato globale di un creato così molteplice nel quale l'essere umano ha, sì, una funzione di rappresentanza divina, ma non in chiave suprematista e tirannica, bensì secondo i canoni dell'etica della responsabilità? Il ventaglio, spalancandosi pienamente, si colora di ulteriori domande: esiste una differenza uomo-animale? Si può parlare di dignità animale? Quali sono stati gli approcci passati (Lintner scopre, al riguardo, un «buco nero») e quelli dell'etica filosofica attuale a tendenza «patocentrica», ossia attenta a riconoscere anche all'animale la gamma dell'esperienza del dolore? E ancora: oltre al citato Singer, come si collocano due figure importanti che si sono dedicate al nostro legame con gli animali, Tom Regan col suo I diritti animali (Garzanti 1990) e Martha Nussbaum che si è orientata a sondare le loro «capacità» applicando anche ad essi la categoria «giustizia» (ad esempio, nelle Nuove frontiere della giustizia. Disabilità, nazionalità, appartenenza di specie, Il Mulino 2007)?

Ricostruito in modo più corretto lo statuto del dialogo con queste creature viventi, che ci accompagnano nel giardino del mondo, dalla vetta dei princìpi si scende fino a valle ove si diramano le strade ben più sassose dei «campi concreti d'azione» che occupano le altre due tappe dell'itinerario di ricerca proposto da questo saggio. Qui non solo gli animalisti - ma tutti coloro che, come Montaigne e Lintner, hanno un gatto o un cane o contemplano l'orizzonte popolato di animali (compresi i pipistrelli e i pangolini saliti alla ribalta in questi tempi di pandemia) - si incontrano con un altro arco ancor più ampio di questioni. Tentiamo solo un'esemplificazione, che subito rende ragione del territorio accidentato in cui ci troviamo a procedere, anche a causa della tentazione di reazioni eccedenti in opposte direzioni.

Pensiamo all'allevamento intensivo, alle relative soppressioni e al consumo di prodotti animali. Tempo fa nelle nostre città sono apparsi manifesti a due registri: sopra, un gattino con la scritta: «Lo mangi di baci»; e sotto, una gallina con la replica: «La mangi arrosto». Si accende, così, il dibattito feroce che vede avanzare la folla in crescita di vegani, vegetariani, pescetariani e così via, a cui si oppongono i «freegani», cioè coloro che invece non esitano a impiattare verdure, carni, pesci e quant'altro. Ma, procedendo in terreni più ardui, ecco la sperimentazione animale, oggetto di invincibile odio e di indomito amore per esigenze terapeutiche. Oppure l'insonne vertenza che ruota attorno agli zoo e ai circhi e, più in generale, alla custodia degli animali. Ma ancor più incandescente è la discussione sull'attività venatoria.

Il discorso si complica ulteriormente quando si assiste a fenomeni culturali inediti come la sepoltura, il lutto o l'attribuzione di legati ereditari agli animali, approdando in sede teologica all'escatologia degli animali, cioè a una loro ascensione paradisiaca, sulla quale già esitava persino per gli umani Qohelet, sapiente biblico di frontiera: «Chi sa se il soffio vitale dell'uomo sale in alto, mentre quello della bestia scende in basso, nella terra?» (3,21). Certo è che nella società odierna il nostro sguardo su queste con-creature è molto mutato, e il saggio di Lintner e dei suoi colleghi ne è un'attestazione qualificata e meditata, capace di incrociare e giudicare pacatamente le diverse sensibilità, senza ignorare che talora l'animale può diventare quasi la virtù dell'amicizia personificata per certe persone totalmente sole e dimenticate dagli altri esseri umani, ma anche non evitando di penetrare nell'oscuro sotterraneo della zoofilia.

Pur lasciando che «l'animale sia animale e l'uomo sia uomo», è possibile, in modo forse un po' ingenuo, ripetere col Molière dell'Anfitrione che «le bestie non sono così bestie come si pensa», nonostante non ci facciano domande né ci muovano critiche. Ne erano consapevoli i santi che, come Francesco d'Assisi, interloquivano con esse: non bisogna dimenticare che la favolistica, da Esopo a Fedro, da La Fontaine a Parrault, ha proiettato negli animali quella sapienza di cui spesso gli uomini sono privi. Anzi, nella Gaia scienza con palese (ma non troppo) paradosso, Nietzsche temeva che essi «vedessero nell'uomo un essere a loro uguale che ha perduto in maniera estremamente pericolosa il sano intelletto animale, vedessero quindi in lui l'animale delirante, che ride, che piange, l'animale infelice».

Per concludere, si deve notare che in questi ultimi anni in modo inatteso gli animali sono stati scoperti anche dai teologi, al punto tale che dal 2009 esiste a Münster persino un «Istituto di teologia zoologica»... E l'opera godibile e suggestiva del professore di Bressanone e dei suoi colleghi ne è una testimonianza efficace, capace di allegare persino il delizioso film di animazione Pets. Vita da animali (2016) sulla «vita segreta» della fauna domestica che popola Manhattan!


G. Ravasi, in Il Sole 24 Ore 3 gennaio 2021

Se dovessimo valutare l’importanza di un argomento, oltre che dal numero delle pubblicazioni, anche dalla qualità e profondità con cui esso ha fatto la sua comparsa nel dibattito pubblico e specializzato, potremmo dire che il tema degli animali è uno di quelli che maggiormente hanno occupato la scena dei dibattiti filosofici e teologici, ma anche etici, politici, ecologici e perfino dietetici della prima decade del XXI secolo e che, negli anni seguenti, hanno visto la radicalizzazione di alcune tesi abbozzate già sul finire del XX secolo.

Ma perché questa «messa-in-questione» dell’animale? Come dev’essere valutata tale rinnovata attenzione – anche da parte della teologia cristiana – di un’etica della liberazione animale che aveva fatto la sua apparizione (per restare nel XX secolo), già a metà degli anni Settanta, a opera di Peter Singer (Animal Liberation, New York 1975) e che aveva portato a una corposa riflessione circa i «diritti degli animali» a opera di Tom Regan (The Case for Animal Rights, Los Angeles 1983)?

Una risposta composita a queste domande viene ora offerta dalla scelta, da parte dell’editrice Queriniana, di pubblicare nella prestigiosa Biblioteca di teologia contemporanea il volume di Martin M. Lintner (docente di Etica teologica presso lo Studio teologico di Bressanone) Etica animale. Una prospettiva cristiana (al cui interno possiamo leggere alcuni saggi del teologo dogmatico Christoph J. Amor e del filosofo Markus Moling). Questo contributo, dal carattere eminentemente etico-teologico e pratico, pubblicato originariamente nel 2017 in Austria, dalla Tyrolia Verlag, con il titolo Der Mensch und das liebe Vieh. Ethische Fragen im Umgang mit Tieren (L’uomo e il caro animale. Questioni etiche nel rapporto con gli animali), viene ora a colmare una colpevole mancanza di riflessione teologica su una questione di particolare attualità (basti solo pensare che nel 2020 – secondo l’Eurispes – i vegetariani e i vegani in Italia sono, rispettivamente, l’8,9% e il 6,7% della popolazione complessiva).

La responsabilità umana

Con questo lavoro, Lintner intende offrire al più ampio pubblico possibile un’introduzione all’etica animale in prospettiva cristiana, facendo dialogare tra loro sia la riflessione teologica (dove la dottrina della creazione, ma anche l’escatologia e l’etica fungono da chiavi di volta di un ripensamento del valore degli animali nell’ordo creaturarum), sia quelle scienze biologiche ed evolutive che, da molteplici punti di vista, si sono occupate degli animali iuxta propria principia.

La posizione che viene assunta in questo contributo – come spiega l’autore nell’Introduzione – è quella secondo cui «non è che si debba rifiutare radicalmente l’utilizzo degli animali, ma le bestie devono essere trattate e accudite in modo tale da tenere debitamente conto delle loro esigenze e facoltà sul piano sensitivo, emozionale e cognitivo, tanto di quelle proprie della specie quanto di quelle individuali».

Il volume – detto in altri termini – offre una risposta, teologicamente motivata e ben inserita nel contesto culturale e scientifico odierno, circa le modalità con cui l’essere umano è chiamato a rapportarsi responsabilmente agli animali quale parte integrante della propria vita, nella consapevolezza che proprio la loro presenza non è da considerarsi né ininfluente, né estemporanea nella visione cristiana, ma va colta nel quadro di quel dono della vita originariamente pensata e voluta dal Creatore medesimo fin dall’inizio.

Sebbene il mondo degli animali, per la teologia cristiana occidentale, sia ancora oggi, di fatto, «una “terra incognita”», Tommaso d’Aquino – nella Summa contra Gentiles – ha sapientemente ricordato che «gli errori circa le creature talora allontanano dalla fede, perché sono incompatibili con la vera conoscenza di Dio» e che, proprio per questo motivo, si potrebbe forse dire che un erroneo approccio agli animali ha sottratto qualcosa di essenziale «alla virtù di Dio che opera nelle creature», contribuendo ad allontanare molti uomini del nostro tempo dalla stessa dottrina cristiana.

Da questo punto di vista, la modalità con cui l’essere umano ha trattato gli animali (è questo il significato complessivo del termine tedesco Umgang presente nel sottotitolo del volume tedesco) fa emergere chiaramente quanto sostenuto da Herwig Grimm e cioè che «chi parla degli animali, mette a tema l’essere umano». E non per un antropocentrismo di maniera che deve essere superato, ma perché – come ha affermato Jacques Derrida – lo sguardo sull’animale da parte dell’essere umano è la rivelazione di quell’inumano e disumano che abitano nell’uomo stesso, ma può diventare anche uno dei luoghi dove esercitare la giustizia, cioè quella «mistica degli occhi aperti» (J.B. Metz) che si fa sensibile al dolore di tutte le creature (anche degli animali non umani).

Supremazia dell’uomo sull’animale?

La scansione del volume in quattro parti invita il lettore ad appropriarsi teologicamente del tema in questione. La I parte è incentrata sul posto dell’essere umano nell’ambito della creazione. I racconti sull’inizio restituiscono, per Lintner, due idee fondamentali che stanno a fondamento della visione biblica sugli animali. La prima è che esiste sicuramente una differenza tra animale ed essere umano, dal momento che quest’ultimo è creato da Dio a sua immagine e somiglianza, ma anche una comunanza, perché sia gli uni che gli altri, significativamente creati lo stesso giorno, condividono lo stesso suolo e quel soffio vitale che è lo stigma della comune mortalità.

La seconda è che, immediatamente dopo la decisione da parte di Dio di creare l’uomo a propria immagine e somiglianza, Dio assegna all’uomo il compito di dominare la terra (cf. Gen 1,26). Nonostante tale ingiunzione stia alla base, per molti, dell’ideologia dello sfruttamento sconsiderato del pianeta e di tutte le forme viventi (il cristianesimo sarebbe in tal senso il colpevole del quale bisognerebbe sbarazzarsi), il mandato del «dominium terrae» – ricorda Lintner – «non significa in nessun modo un’autorizzazione a intervenire arbitrariamente sulla natura o a comportarsi irresponsabilmente con gli animali», ma richiama il «dovere di conservare e favorire la vita, di non provocare sofferenze e di non distruggere la vita» (47).

Se l’uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio che gli ha assegnato il compito di soggiogare la terra e di dominare sugli animali, questo va esercitato secondo un atteggiamento di responsabilità e di cura nei confronti di quell’ambito creaturale che egli è chiamato a riconsegnare al Creatore e, per quanto riguarda gli animali, a riconoscerne il valore, difendendoli «nella loro vulnerabilità». Sebbene «questa modalità di vedere gli animali in senso antropocentrico pervada tutta la tradizione biblica», essa non giustifica alcun comportamento arbitrario verso gli animali, che restano parte del disegno salvifico di Dio. Esiste, in altri termini, una bontà sostanziale di tutte le cose create; Dio è amico della vita e per nessuna creatura prova disgusto (cf. Sap 11,24-26).

È a partire da questo dato biblico fondamentale che, secondo Lintner, va colta la portata della riflessione circa l’urgenza di un’etica animale che, avviata nel XVIII secolo da Jeremy Bentham, ha attraversato tutto il XIX secolo (con Immanuel Kant, Karl Marx, Friedrich Nietzsche, Arthur Schopenhauer e Sigmund Freud), arrivando a occupare la scena filosofica del XX secolo (basti pensare, oltre ai citati Peter Singer e Tom Regan, a pensatori del calibro di Jacob von Uexküll, Martin Heidegger, Karl Jaspers, Jacques Derrida, Ralph Acampora, Giorgio Agamben e Martha Nussbaum).

In tal senso, Lintner parla di una sorta di «buco nero» nella storia dell’Occidente e, cioè, del fatto che la modalità con cui, nella maggior parte dei casi, sono stati pensati e considerati gli animali non solamente «non è all’altezza del dato biblico», ma denota che l’etica che si è andata sempre più imponendosi non è minimamente «un’etica della vita delle creature di Dio», ma piuttosto «un’etica della vita cristiana carente» (67).

Un’etica animale per una vita umana etica

Sono proprio questi autori che, invece, hanno cercato di spostare l’attenzione da una considerazione degli animali di tipo essenzialmente gnoseologico (l’animale non è degno di considerazione in quanto non ha un’anima razionale) a una di tipo esperienziale (l’animale soffre, in quanto dotato di un’anima sensitiva) giungendo lentamente, ma inesorabilmente, a considerarli come soggetti a pieno titolo degni di attenzione e di cura. La svolta di pensiero rinvenibile in questi autori ha condotto – come mostra Lintner nella II parte del suo libro dedicata a Questioni filosofiche fondamentali di etica animale – ad aprire in molti nostri contemporanei spiragli di consapevolezza etica di grande impatto, anche per quanto riguarda la trasformazione dei propri stili di vita, a partire dalla conoscenza della vita stessa degli animali, sia come specie sia come singoli.

Ogni animale è capace di sentire – cosa, peraltro, già sottolineata da Aristotele – e di soffrire (quanto detto da Bentham rimane un punto di non ritorno), deve poter vivere una vita degna di questo nome (si parla sempre di più di «benessere animale»), e l’essere veramente umano non può non comportarsi se non umanamente verso l’animale, pena il suo più radicale abbruttimento morale e la riduzione di se stesso a «bestia» (qui la lezione kantiana – come del resto ha ricordato Albert Schweitzer – rimane ancora oggi insuperata).

Ma la domanda etica fondamentale che Lintner stesso non si astiene dal porre, anche in riferimento agli autori con i quali egli stesso entra in dialogo, è questa: data la comunanza, ma anche la differenza tra esseri umani e animali, è eticamente giustificato trattarli diversamente? Se il punto di vista senzientistico o patocentrico (accettato da quanti afferiscono all’Animal liberation – come ricorda Markus Moling) pare attribuire uno status morale agli animali non umani tale da non poterli in alcun modo trattare in modo diverso da come devono essere trattati gli esseri umani, quale etica animale deve essere adottata dall’essere umano per essere veramente tale?

È questa la domanda fondamentale che sta alla base dei dibattiti odierni, e la risposta a questa domanda trasforma radicalmente il modo di porsi di fronte agli animali. Chi, da un lato, sottolinea la comunanza e l’uguaglianza (biologico-evolutiva, emozional-cognitiva e persino morale) tra esseri umani e animali, sorvolando su e, addirittura, disconoscendo e rifiutando qualsiasi differenza fondamentale tra loro (nei dibattitti la dicitura usata spesso è: «animali non umani» e «animali umani»), sarà inevitabilmente condotto a sostenere un’etica animale radicale nella quale risulta proibito qualsiasi «uso» di animali (da qui la scelta, per molti assolutamente necessaria e conseguente, di un veganesimo assoluto).

La prospettiva dell’etica animale in prospettiva cristiana propugnata da Lintner, invece, pur riconoscendo molti elementi comuni tra gli esseri umani e gli animali, ritiene che tra loro esista una differenza tale che, pur restando problematica ogni uccisione di un animale, diventa fondamentale ricorrere a «motivi necessari adeguati per i quali un animale debba essere ucciso o per i quali sia meglio che un animale muoia piuttosto che continui a vivere» (136).

Esiste, da questo punto di vista, un concetto etico-teologico fondamentale, capace di illuminare, seppure problematicamente – per Lintner – la relazione tra uomo e animale, e cioè quello di «dignità della creatura» – mutuato dalla teologa moralista tedesca Heike Barankze (Würde der Kreatur?, Zürich 1997) – che, se da un lato sottolinea come centrale l’essere umano, dall’altro non tace assolutamente circa la dignità dell’animale. Questo concetto, che ha nella cultura occidentale molteplici radici (da quella biblica a quella illuministico-kantiana, passando attraverso quella stoica), ha il merito di superare un’etica semplicemente patocentrica, cogliendo l’idea secondo cui ogni creatura ha un proprio «valore specifico» che la rende degna di rispetto e protezione.

Baranzke ritiene sia necessario far dialogare tra loro due tradizioni che nella storia occidentale non sempre hanno saputo convivere: la tradizione della «bontà (bonitas) di ogni creatura» (cf. Gen 1,31), che richiama la benedizione impartita da Dio sia agli uomini che agli animali (cf. Gen 1,22.28); e la tradizione della «dignità (dignitas) dell’uomo», che afferma la sua preminenza su tutte le altre creature in quanto creato a immagine e somiglianza di Dio (cf. Gen 1,26-28). Secondo Baranzke sarebbe davvero fecondo per l’elaborazione di un’etica del creaturale riuscire a integrare tra loro queste tradizioni entro il dibattito sulla bioetica animale, che molto spesso sembra invece arenarsi in una differenziazione antagonista tra la bontà di tutti gli esseri di tipo psicofisico e la dignità dell’essere umano di tipo morale. Se «con la dignità-dignitas dell’uomo sta o cade la bontà-bonitas di ogni creatura, inclusa quella dell’uomo», si può sostenere che «la moralità del soggetto agente è la condizione di possibilità del carattere di valore assoluto della persona umana e del carattere di valore relativo delle entità non personali e, quindi, anche degli animali».

Detto in altri termini: la bontà (bonitas) appartiene essenzialmente a tutti gli esseri, animali compresi; la dignità (dignitas) è prerogativa essenziale dell’essere umano, che è chiamato da Dio a esercitarla con responsabilità verso tutto l’ambito creaturale. Come scrive Lintner: «Ciò significa che l’essere umano deve rispettare e proteggere la dignità degli animali non umani (bonitas) per essere all’altezza della propria dignità (dignitas)».

Una sfida rivoluzionaria

Da questo punto di vista, la III parte del volume è una riflessione circa alcuni campi concreti di azione nei quali l’uomo è chiamato a esercitare la sua dignità verso il mondo creaturale animale. L’allevamento degli animali domestici e la loro utilità (cioè: utilizzazione) per l’uomo; gli esperimenti sugli animali; la caccia (grazie al contributo dedicato di Markus Moling); e una riflessione sugli aspetti etici riguardanti il consumo di prodotti animali chiariscono come la strada di questo esercizio sia molto complessa e tutt’altro che semplice in una società nella quale «il benessere animale è subordinato al profitto economico, l’animale viene ridotto alla fine al suo valore economico e si accettano dolori e sofferenze a carico degli animali, senza che ci siano motivi di inevitabilità o necessità che li giustifichino» (165); ma è proprio qui che, forse, a motivo di tale drammatica situazione, la sfida per un’etica animale in prospettiva cristiana diventa stimolante, anzi: rivoluzionaria.

In questa parte il lettore si troverà di fronte a una moltitudine di situazioni, delle quali molto spesso pare non rendersene conto ma che, considerate nell’insieme, manifestano un panorama di sfruttamento che richiama la necessità di fare ricorso a un principio fondamentale nella valutazione etica di queste stesse situazioni: la cooperatio ad malum. Questo non significa soltanto la necessità di valutare in senso morale in quali circostanze e a quali condizioni, spesso inconsapevolmente, ciascuno, anche come cristiano, cooperi a compiere delle azioni ingiuste anche verso le creature animali, ma – in positivo – sottolinea come un’autentica etica animale in prospettiva cristiana sia chiamata a rispondere mediante scelte concrete alla domanda: «Come essere giusti con gli animali?»

È un’etica concreta quella oggi richiesta, oltre che agli uomini di buona volontà, anche ai cristiani. «Un’etica della concreaturalità» – così la chiama Lintner – e una prassi che riesca ad attestare come l’essere umano sappia esercitare la sua libertà mettendosi al servizio della vita, secondo quella «forma di responsabilità che Dio gli ha attribuito per renderlo partecipe dell’opera divina della creazione e per permettergli di contribuire alla costruzione di un mondo che sia l’ambiente di vita per gli uomini e per gli animali» (239), evitando sia un antropocentrismo erroneo che un biocentrismo radicale.

Considerare gli animali come «concreature» significa riconoscerli come portatori di valori propri, coabitanti assieme all’essere umano – di quello spazio vitale che è la creazione di Dio, inclusi in quell’alleanza noachica che Dio ha stipulato con l’uomo dopo il diluvio (cf. Gen 9). Questa «con-creaturalità» afferma che «esseri umani e animali formano una comunità di destino», nella convinzione che «la creazione intera è colpita dal peccato dell’uomo, ma anche che l’uno e l’altra sono coinvolti nella storia della salvezza e nella redenzione operata da Cristo». È qui – come chiusa del volume – che viene affrontata la questione, oggi particolarmente sentita da molti nostri contemporanei, della vita dopo la morte degli animali, cioè, se gli animali vadano in cielo.

Tale domanda, che potrà sembrare a molti addirittura esagerata, viene giustamente tenuta aperta dal teologo dogmatico Christoph J. Amor, oltre che a partire dalla crescente richiesta, fatta da più parti, di cimiteri per animali e, più in particolare, di cimiteri per uomini e animali insieme, da una riflessione teologica più complessiva su questo tema che anche papa Francesco – nella sua enciclica Laudato si’ – ha affrontato, sottolineando come nella visione biblica «lo scopo finale delle altre creature non siamo noi», ma «tutte avanzano, insieme a noi e attraverso di noi, verso la meta comune, che è Dio, in una pienezza trascendente dove Cristo risorto abbraccia e illumina tutto» (LS 83).

Pur rimanendo aperte molte domande circa il destino della vita degli animali dopo la morte, una teologia della creazione e dell’alleanza può avanzare elementi significativi tali da permettere ai cristiani «di pensare che Dio, in una forma loro adeguata, porterà anche gli animali al compimento» (271).


G. Coccolini, in Il Regno Attualità 16/2020, 475-478

L'altemo rapporto uomo-animali e le conseguenze che ne derivano in termini di scelte etiche sono l'oggetto dell'ultimo testo - tradotto ora in lingua italiana da Queriniana - del religioso sudtirolese Servo di Maria, Martin Maria Lintner, docente di teologia morale a Bressanone e Innsbruck. Forte di un'esperienza personale che l'ha visto crescere in un maso di montagna a due passi dal Santuario di Pietralba, a stretto contatto con ogni sorta di animali domestici delle Alpi (mucche, galline, conigli...), Lintner racconta iI quotidiano di una vita contadina ieri e oggi, ma soprattutto l'urgenza di fondare anche in campo cattolico un'etica animale per colmare un gap che ha registrato un colpevole ritardo della Chiesa su questi temi. In altre parole: riflettere come si possa concretizzare un'etica animale in un contesto culturale di una sempre maggiore sensibilità e attenzione nei confronti degli animali non priva di contraddizioni diventa sempre più necessario oggi quando assistiamo sempre più frequentemente alle proteste degli animalisti per la sperimentazione animale, ma chiudiamo un occhio di fronte a quella signora impellicciata seduta in un banco alla messa...

Nato da un interesse di studio per il diploma alla Facoltà cattolica di teologia all'università di Vienna (fondamentali le discussioni con l’etologo Kurt Kotrschal), il tema si è andato via viaampliando negli anni e per Lintner questo significa dare la parola a studiosi come Albert Schweitzer, Peter Singer (il filosofo che ha sviluppato una propria visione sul rapporto con gli animali, fondatore nel 2006 dell'Oxford Centre for Animal Ethics),Tom Regan, Martha Nussbaum e molti altri come Richard David Precht, Ursula Wolf, Anne Siegetsleitner, Leonie Bossert...

Significativa, in questo contesto, la sua accoglienza più che positiva espressa nei confronti della prima enciclica sull'ambiente che papa Francesco ha pubblicato nel 2015: «Si tratta, non da ultimo, di riscoprire e rendere feconda la ricca eredità biblica, a cominciare dalla teologia della creazione per arrivare all'escatologia, vale a dire alla dottrina di ciò che possiamo sperare per il compimento non solo degli esseri umani ma anche dell'intera creazione».

«In questo libro - scrive Lintner - non si intende dare una fondazione dell'esigenza morale che chiede ad ogni essere umano di agire in modo moralmente buono e giusto. Si darà invece per presupposto che l'esperienza di essere interpellati dal dovere è un elemento essenziale dell'auto-esperienza e dell'auto-osservazione umana». Gli esseri viventi sono quindi "oggetti morali" - destinatari di obbligo morale e inclusi nella comunità morale - e ogni essere umano ha il dovere di rendere conto delle sue azioni nei loro confronti: è un concetto di responsabilità che cresce con la comprensione personale di ciò che per abitudine viene considerato giusto e delle conseguenze delle proprie azioni. Di conseguenza, eccoil concetto di "dignità animale" e l'imperativo categorico di "etica animale": agisci in modo da non utilizzare mai gli animali semplicemente come mezzi per soddisfare i tuoi interessi, bensì rendere giustizia ai loro bisogni sia a livello di specie che individuale. «Le esigenze dell'etica animale derivano prima di tutto dalla moralità dell'agire umano, in modo tale da non dover essere fondate né nell'animale in quanto tale, né negli interessi o scopi che l'essere umano si prefigge».

Forte il suo ribadire a più riprese la necessità di un dialogo tra le discipline, laiche e teologiche - scienze della natura, filosofia e teologia - che si occupano di creature e nella fattispecie di animali. Interessante, e coinvolgente per i non addetti ai lavori, il richiamo al contesto culturale, alla cinematografia a partire dal film di animazione Pets-Vita da animali di Chris Renaud (titolo originale The Secret Life of Pets)del 2016: la vitaa New York che registra la presenza di circa due milioni di quattrozampe cui vanno aggiunti molti altri animali "domestici" quali gatti, porcellini d'India, conigli, uccelli ornamentali, pesci, serpenti, tartarughe...

L’analisi di Unmer prende in esame le concezioni della natura e il posto dell'essere umano nel creato, immagine di Dio alla luce dell'etica della responsabilità. "Soggiogare" non significa "depredare" e l'antropocentrismo che ha caratterizzato secoli di cristianesimo viene oggi superato dalla Laudato si' (n. 118): gli animali sono inseriti nell'alleanza con Dio anche nella promessa di salvezza che accomuna il destino di uomini e animali come descritto per l’Arca di Noé. «Quando l'essere umano pone se stesso al centro, finisce per dare priorità assoluta ai suoi interessi contingenti, e tutto il resto diventa relativo» (LS 122).


M.T. Pontara Pederiva, in Presbyteri 5/2020, 399-400

L’infanzia trascorsa in un maso sudtirolese - a contatto con ogni sorta di animali domestici, cani, gatti, mucche, pecore, capre, conigli, polli … - a due passi dal Santuario della Madonna di Pietralba è l’esperienza da cui prende le mosse padre Martin Maria Lintner, religioso dei Servi di Maria, docente di teologia morale a Bressanone e Innsbruck e ben conosciuto anche a Trento per i suoi frequenti interventi.

Nella traduzione di Queriniana, per la collana «Biblioteca di teologia contemporanea», arriva sugli scaffali Etica animale, un testo che raccoglie le riflessioni nate da un interesse di studio per il diploma alla Facoltà cattolica dell’Università di Vienna. È nella capitale austriaca che il religioso ha potuto far tesoro delle conversazioni con l’etologo Kurt Kotrschall, ma nel libro si dà spazio anche alle parole di studiosi come Albert Schweitzer, Peter Singer (il filosofo che ha fondato nel 2006 a Oxford il “Centre for Animal Ethics” sviluppando una propria visione del rapporto con gli animali), Tom Regan, Martha Nussbaum, Richard David Precht, Ursula Wolf, Anne Siegetsleitner, Leonie Bossert ...

All’inizio dell’Anno speciale dedicato alla Laudato si’ è significativa la sua piena approvazione dell’enciclica di papa Francesco pubblicata nel maggio 2015, un documento che colma il ritardo della Chiesa cattolica su questi temi. È in quest’ottica che Lintner colloca il suo lavoro: «In questo libro - scrive - non si intende dare una fondazione dell’esigenza morale che chiede ad ogni essere umano di agire in modo moralmente buono e giusto. Si darà invece per presupposto che l’esperienza di essere interpellati dal dovere è un elemento essenziale dell’auto-esperienza e dell’auto-osservazione umana». Sarà allora la “responsabilità” la chiave di lettura del rapporto uomo/creato. Tutti gli esseri viventi sono “oggetti morali” - destinatari di obbligo morale e inclusi nella comunità morale - e ogni essere umano ha il dovere di rendere conto delle sue azioni nei loro confronti. Di conseguenza il concetto di “dignità animale” e l’imperativo categorico di “etica animale”: agisci in modo da non utilizzare mai gli animali semplicemente come mezzi per soddisfare i tuoi interessi.

La responsabilità su cui fa leva p. Lintner si rivela l’unica arma per combattere la distruzione del pianeta anche per quanto riguarda la biodiversità animale. Degno di nota, infine, il tono del discorso che non “invade” mai il campo scientifico, ma lo valorizza.


M.T. Pontara Pederiva, in Vita Trentina 22 (31 maggio 2020) 12

Dalla vita in un maso del Sud Tirolo – dove fin da bambini si è in contatto con gli animali domestici, mucche, galline, conigli – alla riflessione sul come si possa concretizzare un’etica animale in un contesto culturale di una sempre maggiore sensibilità e attenzione nei confronti degli animali: è questa la scelta originale di Martin M. Lintner, religioso suditirolese dei Servi di Maria e docente di teologia morale a Bressanone e a Innsbruck, in un testo che esce in questi giorni nella traduzione italiana per i tipi di Queriniana di Brescia (Biblioteca di teologia contemporanea) dal titolo Etica animale. Una prospettiva cristiana

Con uno stile narrativo che si rafforza pagina dopo pagina, Lintner “racconta” il rapporto uomo-animali con un’attenzione particolare alla vita delle Alpi su cui aveva focalizzato il suo interesse di studio per il diploma alla Facoltà cattolica di Teologia all’Università di Vienna. È là che il religioso aveva potuto contare sulle discussioni con l’etologo Kurt Kotrschal e su quella che si può definire una riscoperta della teologia su questi temi. Nel libro si dà la parola anche a studiosi di etica come Albert Schweitzer, Peter Singer (il filosofo che ha sviluppato una propria visione sul rapporto con gli animali, fondatore nel 2006 dell’Oxford Centre for Animal Ethics), Tom Regan, Martha Nussbaum e molti altri come Richard David Precht, Ursula Wolf, Anne Siegetsleitner, Leonie Bossert, quasi a voler sottolineare il ritardo della Chiesa cattolica, una lacuna che diventa un debito da risarcire per ricucire un gap oggi sempre più evidente nel contesto occidentale.

Alla luce di queste considerazioni esposte nella presentazione non stupisce l’accoglienza più che positiva espressa nei confronti della Laudato Si’, la prima enciclica sull’ambiente che Papa Francesco ha pubblicato nel 2015: «Si tratta, non da ultimo, di riscoprire e rendere feconda la ricca eredità biblica, a cominciare dalla teologia della creazione per arrivare all’escatologia, vale a dire alla dottrina di ciò che possiamo sperare per il compimento non solo degli esseri umani ma anche dell’intera creazione».

Fondamentale la tesi circa la necessità di un dialogo tra le discipline, teologiche e laiche – scienze della natura, filosofia e teologia – che si occupano di creature e nella fattispecie di animali. Interessante, e coinvolgente per i non addetti ai lavori, il richiamo al contesto culturale, a partire dalla cinematografia, per fare un esempio, dal film di animazione Pets - Vita da animali (titolo originale The Secret Life of Pets) del 2016: la situazione in una metropoli come New York che registra la presenza di circa due milioni di quattro zampe cui vanno aggiunti molti altri animali “domestici” quali gatti, porcellini d’India, conigli, uccelli ornamentali, pesci, serpenti, tartarughe.

«In questo libro – scrive Lintner – non si intende dare una fondazione dell’esigenza morale che chiede ad ogni essere umano di agire in modo moralmente buono e giusto. Si darà invece per presupposto che l’esperienza di essere interpellati dal dovere è un elemento essenziale dell’auto-esperienza e dell’auto-osservazione umana». Gli esseri viventi sono quindi “oggetti morali” – destinatari di obbligo morale perché inclusi nella comunità morale - e ogni essere umano ha il dovere di rendere conto delle sue azioni nei loro confronti: è un concetto di responsabilità che cresce con la comprensione personale di ciò che per abitudine viene considerato giusto e delle conseguenze delle proprie azioni. Sorge, di conseguenza, un imperativo categorico di etica animale: agisci in modo da non utilizzare mai gli animali semplicemente come mezzi per soddisfare i tuoi interessi, bensì rendere giustizia ai loro bisogni sia a livello di specie che individuale».

Ma cos’è in fin dei conti l’etica animale? «Le esigenze dell’etica animale – risponde Lintner – derivano prima di tutto dalla moralità dell’agire umano, in modo tale da non dover essere fondate né nell’animale in quanto tale, né negli interessi o scopi che l’essere umano si prefigge». È un appello urgente, quello lanciato nel libro, ad un trattamento più “umano” degli animali e a comportamenti di consumo e stili di vita più consapevoli dei loro effetti sugli animali.

Il testo si snoda tra le concezioni della natura e sul posto dove si colloca nel creato l’essere umano, immagine di Dio alla luce dell’etica della responsabilità: «soggiogare» non significa «depredare» e l’antropocentrismo che ha caratterizzato secoli di cristianesimo viene oggi ampiamente superato dalla Laudato si’ (n. 118). Gli animali sono inseriti nell’alleanza con Dio anche nella promessa di salvezza che accomuna il destino di uomini e animali come descritto nell’episodio dell’Arca di Noé. «Quando l’essere umano pone sè stesso al centro, finisce per dare priorità assoluta ai suoi interessi contingenti, e tutto il resto diventa relativo» (LS 122).

Molto interessante l’analisi delle riserve e aperture del cristianesimo nei confronti del darwinismo che molti nel secolo XIX videro come un attacco alla fede cristiana con il sollevamento di tutta una serie di problemi teologici e antropologici. Prima l’enciclica Humani generis e poi l’accettazione di Giovanni Paolo II mostrano al contrario la non contraddizione con la teologia cattolica come recita il Catechismo: «Dio crea le cose in modo che siano capaci di cooperare alla propria evoluzione» in quanto Dio non abbandona il mondo-in-divenire, perché la sua provvidenza si estende a tutta la creazione e quindi anche al processo dell’evoluzione.

In questa ottica si può allora parlare di «dignità animale» (come recita il titolo del volume di Kurt Remele): non si tratta di un antropomorfismo, anacronistico e discutibile sia sul piano filosofico che giuridico, ma di una necessità che ha il carattere di una denuncia e di un appello: un orizzonte verso il quale si orientano in prospettiva i diritti umani. Per tale motivo «il concetto di dignità, nella misura in cui se ne può sufficientemente motivare l’utilizzo per analogia rispetto agli animali, potrebbe avere una funzione guida per tutta l’etica animale». E la dignità animale diventa il fulcro per il riconoscimento del valore proprio degli animali. 

Non possono che restare aperti, ma oggetto di rigorosa riflessione, alcuni temi alquanto problematici quali l’uccisione e la macellazione degli animali, l’allevamento degli animali domestici e la loro «utilità» per l’uomo (cfr. E l’uomo incontrò il cane di Konrad Lorenz), la protezione degli animali, le esigenze di allevamento come l’uso di ormoni da ingrasso, la prassi di indossare pellicce (vietata per legge del 2015 dal governo tedesco), l’utilizzo degli animali a scopo alimentare, il controllo della fertilità e le tecniche di riproduzione, compresa la tecnologia genetica.

Nella conclusione emerge come si tratti di questioni etiche complesse e di ampia portata, questioni che giungono solo da qualche anno alla riflessione della teologia cattolica, ma soprattutto si evince come «la problematica etica fondamentale si presenta sempre nel caso in cui il benessere animale è subordinato al profitto economico». Ancora una volta è «l’economia che uccide», per dirla con un’espressione molto usata da Papa Francesco, a guidare, e portare fuori strada, anche l’uomo contemporaneo, vuoi si tratti di un allevatore o di un consumatore. Entrambi, però, soggetti morali carichi di responsabilità.


M.T. Pontara Pederiva, in VaticanInsider 22 maggio 2020