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Ispirazione
Gerald O’Collins

Ispirazione

Verso un’interpretazione cristiana dell’ispirazione biblica

Prezzo di copertina: Euro 32,00 Prezzo scontato: Euro 30,40
Collana: Biblioteca di teologia contemporanea 214
ISBN: 978-88-399-3614-1
Formato: 15,7 x 23 cm
Pagine: 240
Titolo originale: Inspiration. Towards a Christian Interpretation of Biblical Inspiration
© 2022

In breve

Questa trattazione ha il grande merito di far progredire il lettore nella comprensione dell’insegnamento cristiano secondo cui la Bibbia è ispirata dallo Spirito Santo.
E, penetrante e stimolante com’è, offre una solida base sia per sollevare ulteriori questioni critiche, sia per plasmare l’esplorazione teologico-scientifica.

Descrizione

Questo studio di O’Collins è dedicato all’ispirazione della Bibbia, tema a volte trascurato dalla teologia contemporanea.
Il teologo australiano inizia esaminando i punti di vista classici sull’ispirazione. Si concentra poi, mantenendosi saldamente radicato nelle Scritture, sulla loro origine ispirata stando all’Antico e al Nuovo Testamento. Indaga l’influenza ispirante della Bibbia sulla liturgia, sulla predicazione, sull’insegnamento, ma anche sulle arti visive e sulla letteratura.
O’Collins espone dieci caratteristiche dell’ispirazione biblica, sottolineando in particolare la qualità ispiratrice delle Scritture e spiegandone le conseguenze fondamentali, per esempio sulla formazione del canone.
Dopo aver esaminato tre approcci all’interpretazione biblica – l’intenzione dell’autore, il ruolo dei lettori, il primato del testo stesso –, il libro delinea infine una serie di princìpi per confrontarsi sul piano teologico con le Scritture.
Distinguendo in modo accurato l’ispirazione dalla rivelazione divina e dalla verità biblica, O’Collins può fare piazza pulita di tanti falsi problemi. E sottolinea l’impatto dell’opera ispiratrice dello Spirito Santo non solo sugli autori biblici, ma anche sui lettori del testo sacro in ogni tempo e luogo.
Un’opera organica, senza dubbio penetrante e stimolante.

Recensioni

Il libro del noto gesuita australiano costituisce una proposta autorevole per la ricerca teologica contemporanea e ne colma un vuoto. Infatti, come lo stesso G. O’Collins spiega bene nello status questionis che delinea nelle pagine introduttive, l’ispirazione biblica è un tema poco indagato dai teologi: se gli studi di K. Barth e di K. Rahner costituiscono ancora un punto di riferimento, non è facile trovare significativi approfondimenti recenti.

O’Collins all’inizio del suo studio, nel primo capitolo, anzitutto si pone in dialogo con Barth, nella cui opera coglie alcuni elementi di rilievo, quali la distinzione tra la Rivelazione e la Scrittura o l’importanza dell’apostolicità. Il punto nodale, a suo parere, sta nel non ritenere l’ispirazione una qualità del testo biblico in se stesso, ma nel sottolineare l’“evento”, in cui, tramite la Scrittura, la Parola di Dio continua a risuonare ancora oggi nelle parole umane: «questo […] è il cuore della questione per Barth quando espone “l’ispirazione della Bibbia” o, in modo equivalente, “la presenza potente di Dio nella Bibbia» (22). Il dialogo si completa con un’attenta analisi dello studio dell’esegeta cattolico, R.F. Collins, basato sull’insegnamento della Dei Verbum.

Questi, dopo una panoramica di carattere storico, relativa alla riflessione biblico-teologica sul tema, indica alcuni elementi essenziali della dottrina dell’ispirazione, fra cui uno che O’Collins condivide e che costituisce il primo aspetto tipico della sua proposta: uno studio sull’ispirazione non può non partire dal testo ispirato, dalle Scritture. Allo sviluppo di questo primo elemento peculiare O’Collins dedica i capitoli secondo, terzo e quarto, rispettivamente riservati (a) ad alcuni libri “ispirati e ispiratori” dell’Antico Testamento (Genesi, Salmi, Profeti [soprattutto Geremia, Ezechiele e Isaia], Siracide), (b) al Nuovo Testamento, in quanto ispirato dall’Antico, e (c) agli effetti (Wirkungsgeschichte) della Bibbia, ovvero alla “storia della recezione” delle Scritture ispirate nel corso della storia del cristianesimo, ad esempio nella liturgia o nell’insegnamento magisteriale.

Come lasciano intendere i cenni appena fatti, la prospettiva precisa con cui vengono accostati i testi biblici è che questi sono sia ispirati che ispiratori e che sono ispiratori in quanto ispirati. In modo esemplificativo, alcuni passaggi possono esprimere meglio tale prospettiva. Anzitutto, un’affermazione presente nelle pagine sui Salmi: «i vangeli, le lettere di Paolo e altri libri del Nuovo Testamento illustrano in che modo le Scritture ereditate, e in particolare i Salmi, erano accolte come Scritture autorevoli ed erano usate per interpretare la rivelazione di Dio trasmessa attraverso la missione del Figlio e dello Spirito. Sappiamo poco dell’opera specifica dello Spirito nella formazione dei salmi. Però, nella storia del Nuovo Testamento e nella storia successiva, sappiamo moltissimo sul loro impatto ispiratore sulla vita comunitaria e individuale dei cristiani» (40-41). Dopo, la sintesi conclusiva delle caratteristiche del vangelo di Matteo afferma: «ciò che le Scritture ispirate avevano indicato (o almeno prefigurato) nella “Legge e i Profeti”, nonché il linguaggio fornito da questi testi, forgiarono la presentazione e l’interpretazione che Matteo offrì della vita di Gesù. Questo autore ispirato articolò il suo messaggio attraverso le Scritture dell’Antico Testamento, esse stesse ispirate e ispiranti» (64).

Il quinto capitolo costituisce uno snodo tra il precedente elemento peculiare e il secondo. Prima di considerare direttamente l’ispirazione, O’Collins, secondo l’insegnamento della Dei Verbum, ne studia il contesto: la Rivelazione, la Tradizione e la loro relazione con la Scrittura. Nella presentazione dell’articolazione tra queste, merita di essere evidenziata la riflessione relativa alla criteriologia nell’accostare le tradizioni. Nel pensare il permanere della Parola di Dio all’interno del processo della Tradizione, nell’actus tradendi, sono necessari dei criteri per discernere le tradizioni, per vedere cioè se queste esprimano autenticamente o meno la Rivelazione fondatrice. Essi sono formulati in forma interrogativa: «(a) una qualche tradizione specifica aiuta i fedeli a essere guidati più chiaramente dallo Spirito Santo e dal Cristo risorto? (b) Essa valorizza il loro culto comune? (c) Una qualunque decisione su questa o quella tradizione è illuminata e sostenuta dalla riflessione orante sulle Scritture? (d) Una simile decisione ispira i credenti a servire i bisognosi in modo più generoso?» (103).

Il secondo elemento distintivo della proposta di O’Collins, che ultimamente costituisce il cuore della sua trattazione teologica, consiste nell’approfondire il significato di “ispirazione” e nel presentare le dieci caratteristiche di questa, nei capitoli sesto e settimo. Posto che «l’ispirazione biblica può essere detta un impulso speciale dello Spirito Santo, elargito durante la lunga storia del popolo eletto e la molto più breve epoca apostolica» (112), segue un interrogativo che, con la risposta essenziale fornita, contiene in nuce le questioni successive: «dobbiamo affrontare in modo dettagliato la domanda: quale forma ha assunto o non ha assunto l’“impulso speciale” dell’ispirazione? Le nostre risposte influiranno anche su ciò che si intende allorché si chiama Dio l’“autore” delle Scritture» (114). Fra le caratteristiche studiate (esempio: varietà nel dono dell’ispirazione oppure “impulso speciale” nei confronti degli esseri umani), spesso in dialogo con il documento della Pontificia Commissione Biblica sull’ispirazione (2014), vanno poste in rilievo le ultime due.

Una, riprendendo sostanzialmente un argomento di Rahner, collega l’ispirazione con la fondazione della Chiesa: «il dono dell’ispirazione […] apparteneva in definitiva all’unico e non trasferibile ruolo degli apostoli e della comunità apostolica nel testimoniare la risurrezione di Cristo dai morti e la venuta dello Spirito Santo, e nel fondare la Chiesa» (130). L’altra corrisponde al primo aspetto peculiare della trattazione di O’Collins ovvero all’indole ispirante della Scrittura ispirata: «il suo impatto ispiratore deve essere riconosciuto come la caratteristica più significativa dell’ispirazione biblica – l’impulso dello Spirito che ha prodotto la Bibbia e che continua a parlare e a santificare attraverso i testi sacri» (132).

Le conseguenze dell’ispirazione sono studiate nell’ottavo capitolo, che esamina la questione della verità salvifica della Scrittura, il canone e la sua autorità, di indole pneumatologica, cristologica e apostolica. Il terzo elemento caratteristico della trattazione è oggetto di studio degli ultimi due capitoli. L’esordio del capitolo nono solleva il nucleo della questione: «Dio ci parla non solo in quanto è l’autore (attraverso gli scrittori ispirati) del testo delle Scritture, ma anche in quanto le leggiamo e le interpretiamo. Abbiamo bisogno di una visione dell’ispirazione biblica basata sulla parola di Dio espressa in parole umane che si dimostrano ispiratrici quando sono lette, interpretate, predicate e applicate» (152).

Il successivo esame della questione considera le dimensioni di un’interpretazione integrale, attenta a tenere insieme l’intenzione degli autori, quella dello stesso testo e quella dei lettori. Un significativo approfondimento del problema ha luogo nel capitolo decimo, riservato all’interpretazione delle Scritture da parte dei teologi. O’Collins elabora dieci principi (si vedano ad esempio: consenso contemporaneo, provvisorietà escatologica), nel desiderio, pienamente condivisibile, che questi possano «aiutare i teologi a evitare di interpretare erroneamente le Scritture, e a migliorare il passaggio dalla Bibbia alla teologia sistematica» (167).

Il volume di O’Collins, che colma un vuoto nell’orizzonte degli studi contemporanei su un tema importante della teologia, in particolare, si raccomanda per la chiarezza dell’esposizione, che contribuisce a rendere scorrevole la lettura, e per le prospettive che non manca di aprire.


N. Capizzi, in Rassegna di Teologia 1/2024, 128-131

L’autore è un gesuita che ha insegnato a lungo teologia alla Pontificia Università Gregoriana a Roma. Questa esperienza di insegnamento si può cogliere in ogni pagina del testo dove ogni termine e concetto è spiegato chiaramente. Posso confermare, dopo aver letto con molto interesse tutto il libro, che il testo può aiutare a liberare i cristiani da false interpretazioni della Bibbia e può arricchire la visione di ciò che lo Spirito ha conseguito e continua a conseguire nell'ambito dell'ispirazione biblica.

L’autore si è proposto di distinguere (non separare) l'ispirazione biblica, un impulso speciale dello Spirito Santo a mettere per iscritto le cose; l'autorivelazione divina, il principale «materiale originale» per la registrazione ispirata; e la verità della Bibbia, una delle conseguenze fondamentali dell'ispirazione.

Un motivo che ricorre nello studio è Bibbia ispirata e Bibbia ispirante. Viene distinta l'ispirazione come una causa dell'attività dello Spirito, dagli effetti di questa attività. Infine, attraverso la lettura e l'ascolto orante delle Scritture, lo Spirito Santo apre a una nuova comprensione della nostra relazione con Dio, con gli altri esseri umani e con il creato. I testi ispirati prendono vita e diventano parola vivente di Dio.

È vero che l'argomento principale dello studio di O'Collins è l'ispirazione, ma in realtà egli presenta anche chiaramente e con argomentazioni valide la verità della nostra salvezza che si può cogliere dalla lettura di tutta la Bibbia, dalla Genesi all'Apocalisse. È interessante anche l'Appendice: Criticare il sensazionale, una critica a quegli scrittori che scrivono sulla Bibbia ignorando gli studi tradizionali. Quello che essi offrono al posto della fede cristiana e della Bibbia somiglia moltissimo alla post-verità e alle fake news.

In conclusione, si tratta di un libro da leggere con interesse dai teologi e dai biblisti, ma anche dagli amanti delle Bibbia.


T. Lorenzin, in CredereOggi n. 259 (1/2024), 178-179

Chi segue la pubblicistica teologica avrà notato negli ultimi anni un’intensa attività editoriale del teologo australiano Gerald O’Collins, già docente alla Pontificia Università Gregoriana. Il teologo novantenne sta offrendo ai suoi lettori dei volumi che allo stesso tempo fanno il punto sullo status quaestionis e costituiscono un manuale a cui attingere per una comprensione sistematica della tematica. L’ultimo volume tradotto dall’inglese per i tipi della Queriniana tratta dell’Ispirazione con la sfida espressa nel sottotitolo: Verso un’interpretazione cristiana dell’ispirazione biblica. Il titolo rivela già che l’ispirazione biblica è una sfida nell’attuale ambito teologico. Dopo una fioritura di saggi nel XX secolo (ricordiamo ad esempio i contributi di Karl Barth et di Karl Rahner sul tema), la teologia nel XXI secolo ha generalmente accantonato il tema dell’ispirazione biblica. O’Collins non è tenero nel giudizio: «In anni più recenti, i teologi e gli studiosi della Scrittura sembrano aver perso interesse per l’argomento. Parlare meramente di un calo d’interesse sembrerebbe un eufemismo».

Per ovviare a questo problema e a questo silenzio, l’a. fa nei primi capitoli della sua opera un viaggio panoramico nella storia della teologia dell’ispirazione. Così, nel primo capitolo, dialoga con Karl Barth che, negli anni Trenta del Novecento, scrisse nella sua Kirchlicke Dogmatik sul tema dell’ispirazione. L’altro interlocutore è l’esegeta americano Raymond Collins che pubblicò sul tema nel 1989.

Il secondo capitolo ritorna alla Scrittura stessa perché l’a. esprime la giusta convinzione che «un qualunque studio adeguato dell’ispirazione debba essere radicato saldamente nelle Scritture stesse». Così l’a. guarda all’ispirazione nella Scrittura stessa, prendendo in esame alcuni libri anticotestamentari (Genesi, Salmi, Isaia e Siracide) per indagare qualcosa sull’origine ispirata e sull’impatto ispiratore di questi testi. Il capitolo successivo prosegue l’analisi guardando ai testi del NT. Il quarto capitolo, invece, passa a considerare le Scritture in quanto testi “ispiranti”, offrendo una rassegna mondiale dell’impatto ispiratore della Bibbia che emerge nel culto, nella predicazione, nell’insegnamento ufficiale, negli inni, nelle arti visive e nella vita dei cristiani.

Il sesto e il settimo capitolo, abbastanza originali, offrono una considerazione di dieci caratteristiche specifiche e distintive dell’ispirazione biblica. L’a. considera la «qualità ispiratrice della Bibbia» come la sua decima e suprema caratteristica. Il capitolo ottavo è un capitolo classico sul canone. Mentre I capitoli nono e decimo costituiscono una risorsa interessante per riflettere sull’esegesi e sull’uso della Scrittura da parte dei teologi.

In breve, il volume alterna sintesi classica e provocazione coraggiosa su un argomento che passa sovente sotto silenzio, sia per l’imbarazzo teologico sia per pigrizia riflessiva su un tema che resta fondamentale e fondante per la riflessione teologica e per l’esperienza cristiana stessa.


R. Cheaib, in Theologhia.com 1 febbraio 2024

Comunemente ci si riferisce alla Bibbia come «sacra Scrittura»: questa terminologia implica una qualche consapevolezza della ispirazione dei libri biblici. Ma cosa questo significhi veramente e quali siano le conseguenze teologiche ed ecclesiologiche non sempre è chiaro, tanto al credente comune come agli specialisti. Merita un chiarimento anche il ruolo dello Spirito santo nella dinamica della «ispirazione scritturistica»: nel quadro più ampio dell’azione dello Spirito nella vita dei credenti, qual è il tratto specifico dell’ispirazione che riguarda gli autori e gli scritti della Bibbia?

Già nel 2018, al momento della pubblicazione dell’originale inglese, questo volume si era segnalato per il suo valore in sé e perché veniva di fatto a colmare un vuoto di non poco conto tra le ricerche sull’ispirazione biblica. O’Collins esamina il tema partendo dalle riflessioni di illustri teologi come Karl Barth e Karl Rahner, autori di monografie che hanno fatto scuola. Poche opere si segnalano nel XX secolo e praticamente nessuna nel XXI (cap. 1).

Una volta descritto lo stato dell’arte, il gesuita australiano torna indietro alla coscienza che la Bibbia stessa manifesta della sua ispirazione. A questo proposito, si cerca di mostrare l’autocoscienza di alcuni scritti anticotestamentari (cap. 2), nonché il modo in cui gli autori neotestamentari abbiano a loro volta considerato autorevoli i testi dell’Antico Testamento (cap. 3). Quindi si illustra il modo in cui le sacre Scritture hanno segnato il cristianesimo durante la sua storia millenaria: nella liturgia, nell’insegnamento, nell’arte ecc. (cap. 4). Questo capitolo è tra i più istruttivi del libro, perché si sporge su quella che può essere definita la «storia degli effetti dell’ispirazione scritturistica».

I capitoli successivi (capp. 5-8) trattano in modo abbastanza originale alcune questioni teologiche classiche come i rapporti tra ispirazione, rivelazione e tradizione, la formazione dei testi biblici, il canone, la verità della Bibbia per la fede dei credenti. Una sottolineatura merita il cap. 9, che accosta tre aspetti distinti ma per certi versi complementari dell’ispirazione biblica: l’intentio auctoris, l’intentio textus e l’intentio legentis. Infine O’Collins propone dieci “principi” ovvero dieci spunti di ermeneutica pensati per il teologo, impegnato nell’interpretazione della Scrittura.

Si tratta quindi di un volume caldamente consigliabile a chi intende approfondire una questione che è latente nell’ambito degli studi biblici, ma che può restare come imbarazzante «non detto». O’Collins non si sottrae a nessuna domanda, dimostrando così di saper affrontare con apprezzabile perizia tutti i punti salienti di una questione che riguarda trasversalmente varie discipline come l’esegesi, la teologia, la cristologia, la pneumatologia e la storia della chiesa.


D. Candido, in Parole di Vita 4/2023, 57

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