L'A. del saggio si propone di intrecciare neuroscienze, filosofia e teologia con lo scopo di pervenire a una formulazione più aggiornata di alcune tematiche tipiche della riflessione umanistica e della tradizione cristiana.
Nella prima parte del saggio viene dato spazio alla presentazione di alcuni aspetti rilevanti degli studi biologici sul cervello; nella seconda parte vengono fatte emergere le nuove prospettive aperte da questi studi su questioni tradizionali come la coscienza e la libertà; nella terza parte si tenta il confronto con temi teologici rilevanti come l'anima, la libertà, la relazione.
Il tutto è legittimato dalla convinzione che non sia più possibile evitare l'interdisciplinarietà, sia perché le neuroscienze implicano il coinvolgimento di molteplici discipline, sia perché la teologia non può sottrarsi alle sfide che la costringono a oltrepassare i limiti della filosofia tradizionale. Sembra sempre meno accettabile una chiusura in percorsi disciplinari reciprocamente impermeabili, soprattutto per chi si voglia occupare di quella realtà complessa che è costituita dall'essere umano. Per questo la teologia che voglia confrontarsi con le neuroscienze «deve abituarsi a lavorare con il pensiero della complessità» (p. 30) e quindi con i concetti più aggiornati di sistema, di autorganizzazione, di emergenza e altri ancora.
L'interrogativo che la teologia deve porsi è evidente: come intrecciare questi concetti aggiornati con il modo di intendere la coscienza e la libertà? E più precisamente come coniugare l'investimento esclusivo sulla materia da parte delle neuroscienze con l'evocazione, filosofica e teologica, di un mondo alternativo rispetto alla materia in cui far risiedere la coscienza e la libertà? C'è un'«alternativa» a questa alternanza tra materiale e immateriale? I neuroscienziati che si occupano della coscienza possono prendere le mosse solo dal cervello e, per lo più, rimangono ancorati a quanto si arriva a dire osservando la rete estremamente complessa dei neuroni. In questo quadro la coscienza appartiene all'ambito della materia, sia pure in quel sistema organico che si chiama corpo e a cui appartiene anche il cervello. L'A. del saggio osserva che l'approccio neurobiologico porta a considerare la coscienza non come una cosa indipendente dall'ambiente naturale e dal corpo ma come un «processo» legato alla «vita» e al «corpo» (p. 108), dove il corpo è tanto l'ambiente vitale del cervello quanto ciò che viene mappato dal cervello. La libertà condivide la collocazione cerebrale della coscienza con le caratteristiche segnalate per la stessa coscienza ma con una particolare accentuazione dell'aspetto sociale.
Come la coscienza emerge da un cervello che, grazie alla sua collocazione in un corpo, è intrecciato con l'ambiente naturale, così la libertà emerge da un cervello che si avvale delle relazioni tra gli individui. Trascurare questo aspetto ed esaminare solo le dinamiche neurologiche della libertà porterebbe a una visione deterministica che finirebbe per negare la stessa libertà. Indubbiamente il ruolo del cervello è indispensabile con la conseguenza che la libertà, come la coscienza, ha una base materiale.
Lo scambio sociale, però, impedisce di chiudere la libertà entro i meccanismi del cervello impedendone una riduzione deterministica. A questo proposito l'A. propone, fin dall'inizio del capitolo sulla libertà, una sorta di «materialismo non determinista» (p. 83, 93). La questione che a questo punto emerge è di sapere che ne è dell'anima.
La terza parte del saggio inizia occupandosi di tale questione osservando, anzitutto, che dal punto di vista teologico il riferimento all'anima ha il duplice vantaggio di riconoscere il primato di Dio nella storia e la responsabilità dell'uomo verso Dio e la storia (p. 186). Ciò non significa, però, che l'anima sia da intendere come una realtà slegata dalla materia e dal corpo, se non altro perché il Dio così intimamente legato all'anima è anche strettamente legato alla condizione materiale e corporea degli esseri umani. In tal modo si può recuperare la prospettiva neuroscientifica che non separa la coscienza e la libertà (filosoficamente legate all'anima) dal contesto materiale e corporeo. Per accogliere questa prospettiva e non smarrire la valenza teologica dell'anima l'A. del saggio propone di considerare l'anima «come un livello di complessità sistemica e funzionale della materia» (p. 198). A questo tentativo di ripensare l'anima si aggiunge il tentativo di ripensare la libertà con un affondo sulla teologia della Trinità e di ripensare la relazione che costituisce un tema centrale di tutta la teologia e che consente, tra l'altro, un approfondimento interessante sulla creazione. In questi ultimi punti il rapporto con le due prime parti è più diradato e talvolta meno evidente, ma comunque ricostruibile.
Com'è ovvio in tentativi di questo genere le questioni rimaste aperte sono innumerevoli e attendono di essere affrontare con sempre maggiore attenzione all'intreccio non semplice tra aspetti metodologici e aspetti contenutistici, tanto all'interno delle neuroscienze quanto all'interno della relazione tra le neuroscienze e la teologia. Ciò che comunque appare ormai ineludibile è ilsorpasso di una concezione che pretenda di ricostruire la realtà umana e la rivelazione divina assommando cose a cose e concetti a concetti.
All'interno della ormai sempre più ampia letteratura neuroteologica il contributo del presente saggio consiste soprattutto nel sottolineare il primato di una visione contestuale e dinamica della teologia: un primato già avvertito da altri tipi di approccio e che l'attenzione alle neuroscienze può contribuire a confermare e ad approfondire suggerendo talvolta aspetti inediti quanto mai preziosi per chiunque si accinga a impegnarsi nell'intelligenza della fede.<br>G. Bonaccorso, in <i>Studia Patavina</i> 2/2017, 387-389
<br>Una nuova disciplina ha iniziato ad affacciarsi negli atenei di tutto il mondo: le neuroscienze. Questo nuovo ambito del sapere cerca di spiegare la relazione tra mente e cervello. Il progredire della ricerca ha fatto sì che ultimamente si sia potuto affermare che, sebbene le neuroscienze siano ben lungi dall’aver mostrato tutti i meccanismi e i funzionamenti, del cervello conosciamo abbastanza perché si possano tentare di spiegare (o meglio dissolvere, secondo le interpretazioni più radicali) questioni e misteri che dagli albori dell’umanità accompagnano la nostra consapevolezza di essere uomini: libertà, responsabilità, moralità e spiritualità non sarebbero più elementi che caratterizzano la persona, espressioni di ciò che si è chiamato anima o mente ma solo fenomeni dovuti a combinazioni biochimiche nel cervello, sottoposti a leggi meccanicistiche che ne renderebbero prevedibile e controllabile il funzionamento. Questa è la sfida, per riprendere i temi di Paris, che le neuroscienze presentano nella comprensione dell’uomo e delle sue caratteristiche più peculiari.
Il testo in questione si propone di prendere sul serio questi elementi e di cercare di comprendere come questo nuovo e affascinante campo del sapere umano inviti la teologia a guardare in modo rinnovato (nuovo nei termini dell’autore) la persona: mente, coscienza, libertà, anima, relazione con il divino sono gli ambiti principali di questa intenzione. L’A. accompagna il lettore in questo confronto tra teologia e neuroscienze attraverso un cammino scandito in tre parti.
La prima parte, Termini di un confronto, è composta da due capitoli: Il campo da gioco (11-42) che vuole mettere a fuoco il tipo di analisi e le novità presentate dalle neuroscienze e Quali sfide (43-71) in cui si evidenzia un nuovo mainstream culturale che accompagna le acquisizioni neuroscientifiche.
La seconda parte del volume mette al centro la questione della libertà e della coscienza (Coscienza e libertà). Questa sezione è articolata in tre capitoli. Nel primo, Questioni di fondo (75-96), Paris colloca l’attuale dibattito, connesso alle acquisizioni delle neuroscienze, in seno a un mai sopito e mai risolto confronto con materialismo e determinismo che, nelle parole dell’autore, sembrerebbero portare alla completa naturalizzazione dell’uomo. Il secondo capitolo, dal titolo Coscienza in relazione (97-143) tematizza la questione della coscienza. Il terzo e ultimo capitolo che compone questa parte, Libertà in relazione (144-168), in maniera analoga al capitolo precedente tematizza la questione della libertà.
Segue una terza parte del testo dal titolo Sfide teologiche che occupa circa la metà del volume stesso e si articola anch’essa in tre capitoli. Il primo capitolo, Ripensare l’anima (171-216), tenta un’assunzione dei termini precedenti in una riproposizione di questa dimensione umana in un linguaggio e in modi che sappiano tener conto delle sfide presentate dalle neuroscienze. Con finalità analoghe a quelle del precedente capitolo, l’A. fa seguire un’ulteriore sezione, dal titolo Ripensare la libertà (217-259).
Infine, chiude il testo un ultimo capitolo dal titolo Ripensare la relazione (260-314) che tematizza le questioni relazionali con il prossimo e con Dio. Ci sembra importante segnalare come questi tre capitoli si chiudano tutti con una nota che invita il lettore ad approfondire il discorso ampliando l’orizzonte. Nel capitolo sull’anima, Paris offre una nota sull’handicap, in quello sulla libertà sullo Spirito Santo e, infine, in quello sulla relazione, si offre una nota sul capitolo 8 della lettera ai Romani per tematizzare la creazione.
Ci sembra che il testo abbia il notevole pregio di assumere una sfida che la teologia non può e non deve ignorare: la visione dell’umano non è solo una sfida per quanto crediamo e sappiamo sull’uomo ma è, ed è forse qui il valore precipuo di quest’opera, un’occasione preziosa per ridire, attualizzandole e rendendole maggiormente significative per questa cultura, alcune consapevolezze antropologiche tematizzate tradizionalmente dalla teologia. Paris è consapevole, e la sua analisi ne mostra chiaramente la fondatezza, che non tutti i risultati delle neuroscienze sono fondati né che tutto può essere accolto aprioristicamente: il testo ha anche il pregevole intento di iniziare questo processo di discernimento. Ci sembra tuttavia che il testo più che analizzare i risultati delle neuroscienze offra un dialogo e un discernimento su alcune conseguenze filosofiche che taluni autori vogliono far derivare da questi risultati: forse più che la sfida delle neuroscienze ci si confronta con le sfide di alcune filosofie delle neuroscienze.
Pur con queste limitazioni il testo è un valido strumento e una lettura preziosa per chi voglia confrontarsi con il tema e con la prospettiva di questo campo del sapere. Prima di congedarci annotiamo due piccoli e curiosi dettagli: l’opera manca di una parte che si offra a mo’ di conclusione sintetica del percorso fatto e l’indice, per un qualche motivo, si presenta sfalsato rispetto alla reale numerazione delle pagine.
P. Benanti, in
Gregorianum 4/2017, 861-863