Questo nuovo testo di Aristide Fumagalli, professore di teologia morale della Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale di Milano, si presenta – come afferma lo stesso A. nella Nota conclusiva – come una «teologia morale sessuale fondamentale» (p. 396) e come l’offerta di un paradigma metodologico, che può essere applicato alle diverse questioni particolari. Partendo dalla considerazione che la concezione biofisicista del sesso, propria della riflessione teologica e morale del passato, ha impoverito (e talora alterato) la percezione più profonda della sessualità, Fumagalli propone un’accurata ricostruzione dei fondamenti e dei criteri valutativi dell’amore sessuale allo scopo di restituire ad esso l’autentico significato umano.
Questa ricostruzione avviene nel segno del ricupero di una visione integrale dell’umano, che guarda all’agire sessuale, in quanto costitutivo ed espressivo dell’identità personale e delle relazioni interumane, in particolare della relazione uomo-donna, con l’impegno di salvaguardarne e di promuoverne lo stretto nesso con l’amore interpersonale.
Le quattro parti in cui si articola la riflessione ripercorrono le tappe fondamentali della tradizione cristiana al riguardo – dai fondamenti biblici a quelli storico-teologici – per giungere, infine, all’elaborazione di una finissima criteriologia morale che fornisce le linee orientative per la valutazione dei comportamenti.
1. Le odierne interpretazioni scientifiche e culturali. La prima parte del volume (Fondamenti antropologici) si apre con un approccio fenomenologico alla sessualità attraverso una rilettura suggestiva del Cantico dei Cantici, uno dei testi più significativi della letteratura d’amore di tutti i tempi. L’attrazione sessuale, che ha luogo a partire dall’emozione sensibile la quale coinvolge tutti i sensi, si integra nell’attrazione sentimentale, che conduce alla scoperta della singolarità dell’altro, e trova la sua più alta espressione in un legame spirituale in cui confluiscono emozioni e sentimenti e nel quale l’esperienza sessuale acquisisce la dimensione del mistero. La sessualità appare così come un fenomeno complesso, che Fumagalli indaga a più livelli mediante il ricorso a diverse discipline antropologiche e teologiche.
Il primo di questi livelli ha come oggetto un’accurata analisi delle basi biologiche del sesso, condotta con l’ausilio dell’etologia umana e delle neuroscienze e destinata a mettere in evidenza il dimorfismo sessuale – la differenza maschile-femminile risulta fondamentale (anche se non assoluta) – e a rilevarne le dinamiche sottese, con il rifiuto peraltro del riduzionismo biologico in ragione del riconoscimento dell’eccedenza dell’esperienza biologica umana, cioè della sua considerevole plasticità e del rimando, di conseguenza, a un dato meta-biologico. Quest’ultima considerazione rende trasparente – è il secondo livello – l’incidenza del fattore psicologico nell’insorgere dell’impulso sessuale. La ricerca psicanalitica ha messo bene in luce le origini di tale incidenza, risalendo ai processi infantili e sottolineando la pervasività del dato sessuale in tutte le stratificazioni della persona e lungo tutta la sua evoluzione storica. L’aspetto più rilevante è tuttavia costituito – Fumagalli lo mette in evidenza con chiarezza, facendo riferimento soprattutto all’esperienza del fidanzamento – dall’emergere del carattere dialogico e della dimensione simbolica della sessualità umana, fattori che fondano la reciprocità tra i sessi dando luogo a una forma di «dipendenza interpersonale reciproca». I processi segnalati non avvengono in un ambiente del tutto neutro; si sviluppano invece – è questo il terzo livello – in un preciso contesto socioculturale, che incide profondamente sul loro strutturarsi. La sessualità umana si configura infatti come luogo eminentemente culturale, al punto che la sua rilevanza sociale è presente indistintamente in tutte le culture. Per questo un’importanza primaria rivestono le forme di socializzazione attraverso le quali si perviene all'identificazione con il ruolo di genere, le cui differenze non possono mai essere ascrivibili – sta qui la corretta interpretazione della questione del gender – alla sola natura o alla sola cultura, ma sono il prodotto di una loro reciproca interazione.
Da ultimo (ma non in ordine di valore), una funzione essenziale va assegnata all’antropologia, la quale ha a che fare con la dimensione propriamente umana dell’esperienza sessuale in cui affiorano i profondi significati che ad essa afferiscono: dal riconoscimento dell’altro come soggetto colto nella sua singolarità personale all’edificazione della relazione interpersonale, in quanto relazione etica fondata su una reciprocità dialogica, fino al superamento di ogni forma di dualismo e di monismo per fare spazio a un’antropologia simbolica. Fumagalli non manca di sottolineare, in questo contesto, l’esigenza di riguadagnare il corpo alla soggettività e di conferire all’incontro uomo-donna il carattere di unione sessuale e di generazione filiale.
Si deve aggiungere che l’esperienza sessuale ha strutturalmente – come già si è accennato – una dimensione culturale e sociale, in cui carne e parola si implicano vicendevolmente, e dove l’aspetto istituzionale non ha un carattere accessorio, ma è un fattore costitutivo che dà al legame coniugale e genitoriale la possibilità di realizzarsi pienamente. Nel processo dinamico della crescita relazionale, la cui identità narrativa ha i tratti di un vero racconto, si inserisce, da ultimo, la dimensione trascendente, l’apertura cioè a una ulteriorità in cui l’estasi erotica e la generazione del figlio fanno nascere la nostalgia dell’Altro; e nella tenerezza del rapporto uomo-donna si rende presente l’epifania dell’Infinito.
2. Nel cuore del disegno di Dio. Nella seconda parte del volume (Fondamenti biblici), al cui centro vi è l’amore sponsale in Cristo come criterio ermeneutico dell’esperienza sessuale – in corrispondenza al rivelarsi di tale amore viene rivelato il senso autentico dell’amore umano – Fumagalli ripropone l’itinerario attraverso il quale è venuto manifestandosi il disegno di Dio sull’amore sessuale. La definizione dell’uomo come immagine di Dio, propria del libro della Genesi e ripresa dalla successiva letteratura biblica e patristica, al punto di poter essere considerata la categoria portante dell’antropologia cristiana, rinvia, fin dall’inizio, alla relazione uomo-donna. La reciprocità della loro esistenza sta a fondamento del dialogo e dell'integrale comunione di vita, incentrata sul riconoscimento della pari dignità dei partner e sulla bontà della sessualità – l’unità di corpo e di spirito è uno dei tratti qualificanti dell’antropologia biblica – nonché su una fecondità relazionale e procreativa che costituisce il sigillo dell’amore e immette nell’esperienza della fraternità. Il messaggio della letteratura profetica va oltre, inserendo direttamente l’amore sessuale nell’ambito dell’alleanza. Le vicissitudini della vita matrimoniale divengono il luogo della rivelazione del rapporto che intercorre tra Dio e il suo popolo. Si istituisce, in tal modo, una circolarità tra alcune storie concrete – emblematica è la vicenda biografica di Osea – e la descrizione dei caratteri propri dell’alleanza; ma si rende anche evidente l’asimmetria tra l’infedeltà di Israele e l’amore fedele del suo Signore. Immagini allegoriche come quelle della prostituzione, dell’adulterio e della fornicazione si alternano e si intrecciano con la rivelazione di un amore – quello di YHWH – che non viene meno, nonostante tutto, e che spinge l’amore umano verso una dedizione radicale.
L’esplicitazione concreta di questa modalità di vivere l’amore si trova nei libri sapienziali, dove sono proposte figure di uomo e di donna sagge e giuste, che rappresentano un modello esemplare al quale i coniugi dovrebbero ispirare la propria condotta. Pur non mancando talora accenti moralistici e visioni misogine, significativi sono i connotati con i quali l’amore viene descritto: dall’esaltazione della bellezza del corpo e dell’eros – il richiamo è qui al già ricordato Cantico dei Cantici – all’apprezzamento dell’amore fedele, fino alla proposta di regole sapienziali che rendono possibile lo sviluppo dell’armonia nei rapporti. Il matrimonio monogamico, divenuto ormai la forma privilegiata di unione uomo-donna, va vissuto nell’impegno a adempiere la volontà di Dio – emblematico è il matrimonio di Tobia e di Sara – il quale assicura con la sua benedizione la fecondità della sposa e il dono della prole.
Il Nuovo Testamento riprende la tradizione ebraica inserendola nell’alveo della vita nuova comunicata all’uomo dalla venuta di Cristo. La pratica della volontà di Dio, già segnalata, fa dell’unione dell’uomo e della donna una sola caro in Cristo e il matrimonio acquista il significato di espressione immediata dell’agire di Dio. Riferendosi in particolare all’episodio delle nozze di Cana, Fumagalli rileva come l’amore di Cristo sia la fonte dell’amore umano e mette successivamente in evidenza come quest’ultimo non può che svilupparsi in una prospettiva di radicalità – la forte affermazione dell’indissolubilità, da non intendere in senso normativo ma in senso fondativo, come istanza critica di ogni determinazione legislativa, ne è la riprova – in quanto forma (insieme ovviamente al celibato) della vocazione cristiana da vivere nella scia della sequela Christi.
La partecipazione ontologica all’alleanza divina in Cristo fa sì che l’amore umano acquisisca il valore di mistero sacramentale e venga letto alla luce del mistero di amore che lega Cristo alla Chiesa. Le tavole domestiche e i codici familiari, che si trovano soprattutto nelle lettere paoline, pur dipendendo in parte dai modelli socioculturali del tempo, presentano i contorni di una spiritualità incarnata, in cui il corpo è coinvolto nella comunione «nel Signore», e il reciproco concedersi dei coniugi nel rapporto sessuale trova pienezza di senso nel quadro storico-temporale con la naturale apertura al compimento escatologico.
Il matrimonio, in cui occupa un ruolo centrale l’amore coniugale, viene in tal modo ricuperato nel suo significato originario come realtà soggetta a un processo che si distende nel tempo, e la relazione a Dio, implicata nell’esperienza sessuale, fa sì che la chiave di volta che funge da criterio di valutazione morale dei comportamenti sia di natura teologica, o più propriamente cristologica, e che il compito etico della libertà umana consista nell’aderire alla realtà espressa dal sacramento, improntando la vita quotidiana alla sequela del Signore.
3. Il contributo della tradizione e della teologia. La terza parte dell’opera (Fondamenti storico-teologici) è dedicata all’analisi dei vari momenti in cui la morale sessuale cristiana è venuta evolvendosi, sollecitata nei diversi contesti socioculturali dai movimenti e dalle dottrine in essi presenti e dall’esperienza concreta delle comunità cristiane. Il primo periodo affrontato da Fumagalli è il periodo patristico, nel quale la Chiesa si trova a far fronte a numerose dottrine ereticali, che vanno dal rigorismo al libertinismo, ed è, nello stesso tempo, costretta a confrontarsi con il giudaismo e l’ellenismo (soprattutto con lo stoicismo), le due correnti culturali più influenti del tempo. Il riconoscimento che il matrimonio è uno stato di vita cristiano, sia pure introdotto (è questa un’opinione diffusa) in conseguenza del peccato, va di pari passo con il riconoscimento del primato della verginità, in quanto appartenente allo stato originario e destinata a rimanere anche nella vita futura. L’unione sessuale non è demonizzata, purché venga finalizzata alla procreazione, che è tenuta in grande onore poiché fa dei coniugi i veri collaboratori di Dio.
Molti sono gli aspetti problematici – dalla subordinazione della donna, frutto anche della cultura dell’ambiente del tempo, a una visione ambigua della sessualità legata al peccato o quanto meno alla concupiscenza –; ma l’aspetto più preoccupante è costituito dalla promulgazione di una morale negativa, il cui fondamento non sta nella grazia, bensì nella peccaminosità; una morale che conduce a un'interpretazione del matrimonio come rimedio alla concupiscenza. Diverse sono le figure dei padri della Chiesa, che si sono succeduti dal I al VII secolo; su tutte spicca la figura di Agostino, la cui dottrina – si pensi ai tria bona e alla teoria della concupiscenza – pur non rinunciando ad affermare la bontà in sé del matrimonio, dà della sessualità una lettura pessimistica, che avrà largo seguito nella tradizione immediatamente successiva.
Il passaggio all’epoca medioevale coincide con un'elaborazione teologicamente più rigorosa della dottrina matrimoniale. Dopo un periodo iniziale – quello dell’Alto medioevo – in cui l’influenza del rigorismo agostiniano si traduce nell’istituzione di un nesso stretto tra sessualità e peccato, con l’ammissione dell’uso del sesso soltanto in vista della procreazione e con l’aperta condanna della ricerca del piacere, si fa strada, a partire dal XII secolo, una stagione ricca di fermenti positivi. Il matrimonio, definito «profondo mistero» (Ugo di San Vittore) e concepito come unio animarum e come «sacramento» – il primo a inserirlo nel settenario sacramentale è stato Pier Lombardo – è, a pieno diritto, inscritto nell’ambito dell’economia della salvezza, e l’unione sessuale e il piacere ricevono di conseguenza un pieno riscatto.
A dare una strutturazione compiuta a questa prospettiva è soprattutto – lo mette bene in evidenza Fumagalli – Tommaso d’Aquino, il quale non esita ad ammettere la bontà del matrimonio, quale realtà di natura e di grazia, e a concepire l’unione sessuale, che ne è una componente essenziale, come parte integrante della dimensione sacramentale, e dunque come dato altamente positivo. La dottrina dei fini, che riprende la distinzione agostiniana, conferisce il primato al bonum prolis, che è tuttavia il fine che l’uomo condivide con il mondo animale, mentre il bonum fidei e il bonum sacramenti, avendo rispettivamente carattere umano e cristiano, rivestono sul terreno valoriale una maggiore significatività.
Il riconoscimento della natura sacramentale del matrimonio e l’elaborazione di una liturgia nuziale, da cui discende un’etica che ha le proprie radici nel dono della grazia, subiscono una battuta d’arresto nel XIV secolo, in concomitanza con l’affermarsi del nominalismo, il quale, oltre a conferire un’impronta rigidamente individualista alla riflessione morale, apre la strada a una casistica prevalentemente concentrata sui peccati sessuali e funzionale all’amministrazione del sacramento della confessione. Le Somme per confessori, eredi dei Libri penitenziali medievali, sono destinate ad assolvere a questo compito, mentre acquistano sempre maggiore consistenza questioni di ordine giuridico, quali l’accertamento dell’essenza del matrimonio tra consenso e copula o la distinzione dei peccati sessuali in atti secundum o contra naturam.
Grande interesse merita la ricostruzione offerta da Fumagalli a proposito dell’epoca moderna, che si apre nel secolo XVI – il «secolo d’oro della teologia morale» – con la rinascita tomista, e che si sviluppa successivamente sotto la spinta della Riforma protestante e della Controriforma cattolica. La teologia morale cattolica, che si presenta come disciplina autonoma di carattere casuistico dando vita alle Institutiones morales, fa propria la complessa struttura dei «sistemi morali», ai quali ricorrere per la ricerca di soluzioni adeguate alle questioni sul tappeto. La conferma ufficiale del matrimonio come sacramento e la definizione della sua forma canonica, nonché l’introduzione della confessione individuale quale unica modalità di esercizio della penitenza, concorrono, in misura determinante, al costituirsi di una disciplina morale che avrà per molto tempo largo seguito.
A occupare un posto di rilievo è, in questo periodo, lo scontro tra lassismo e rigorismo: si va da chi sostiene la naturalità del piacere sessuale e la liceità dell’atto coniugale per la sola ricerca di esso, a chi ritiene legittimo l’uso del matrimonio soltanto per il perseguimento del fine procreativo, imponendo per il resto l’astinenza totale dai rapporti sessuali, fino a escludere nell’ambito della sessualità la possibilità della parvitas materiae anche in presenza di atti superficiali. Particolare valore acquista, in questo contesto, la posizione di sant’Alfonso, che ha avuto il merito, peraltro riconosciutogli – il grande consenso ricevuto per molto tempo lo testimonia – di proporre una visione equilibrata della morale sessuale – il sistema da lui adottato è l’equiprobabilismo – ispirata alla prudenza razionale e alla benignità pastorale, con una migliore integrazione del rapporto sessuale entro la relazione coniugale.
Il XIX e XX secolo sono caratterizzati dalla presenza di profonde mutazioni socioculturali e dall’intervento sempre più rilevante, in campo sessuale, del magistero della Chiesa. Nella prima fase a prevalere è un atteggiamento apologetico, volto a rivendicare la natura sacramentale del matrimonio, l’identità di contratto e sacramento e la competenza esclusiva della Chiesa nei confronti di tale istituzione, o a riproporre – come avviene nel Codice di diritto canonico del 1917 – la tradizionale gerarchia dei fini, con al vertice la procreazione e l’educazione della prole.
Successivamente, a farsi strada è il rinnovamento personalista, che attribuisce grande importanza alla mutua donazione di sé e alla fecondità spirituale dell’amore (D. von Hildebrand) e che introduce la distinzione tra senso e fine, dando al matrimonio la dignità di una realtà in sé e inserendo in questo contesto la fecondità procreativa. Gli interventi di Pio XI (Casti connubii) rivendicano la santità del matrimonio cristiano con l’implicazione della fedeltà vicendevole e la condanna della contraccezione; mentre quelli di Pio XII, pur ribadendo il primato della finalità procreativa, affrontano più direttamente questioni tecniche (e non solo) – si pensi al giudizio sul ricorso ai tempi biologicamente infecondi e sulla fecondazione artificiale – che assumeranno nel tempo sempre maggiore rilevanza.
Tutto questo rifluisce nel Vaticano II, che ha impresso alla riflessione sull’amore coniugale una svolta decisiva di carattere dottrinale e pastorale, soprattutto attraverso la promulgazione della costituzione pastorale Gaudium et spes, nella quale il matrimonio è definito «intima comunità di vita e di amore coniugale» (n. 48), fondato sul patto (foedus) di mutua donazione tra uomo e donna. Nel postconcilio non sono mancati momenti difficili come quello che ha fatto seguito alla promulgazione dell’Humanae vitae di Paolo VI, enciclica nella quale l’aperta condanna della contraccezione ha suscitato vivaci reazioni sia in ambito teologico-morale che in alcuni settori del popolo di Dio.
Non si possono tuttavia trascurare anche i molti approfondimenti positivi avvenuti in questo periodo, soprattutto nel campo della spiritualità, con l’attenzione rivolta alla comunità coniugale e familiare concepita come «piccola chiesa» e la lettura allargata della fecondità come servizio alla società e alla comunità cristiana, nonché con la reinterpretazione del rapporto positivo tra eros e agape, che mette in evidenza – come ha ricordato Benedetto XVI – la circolarità delle due esperienze, superando la tentazione, oggi frequente, di disumanizzazione dell’amore umano ma anche, all’opposto, quella della sua astratta spiritualizzazione, che finisce per mortificare il corpo e la sessualità.
Si inserisce in questo quadro il contributo di papa Francesco che, nella Amoris laetitia, oltre ad affrontare con lungimiranza pastorale la questione delle «situazioni irregolari», approfondisce i significati umani e cristiani del matrimonio – prezioso è l’originale commento del c. 13 della Prima lettera ai Corinzi applicato alla vita dei coniugi e della famiglia – innestandone la dimensione sacramentale e vocazionale sia nel contesto cristologico – l’amore di Cristo per la Chiesa – che in quello trinitario.
4. I criteri della valutazione etica. Nella quarta (e ultima) parte del volume (Criteriologia morale) Fumagalli offre una riflessione sintetica e sistematica sull’amore sessuale alla luce dell’amore di Cristo; riflessione da cui scaturiscono alcuni fondamentali criteri di valutazione del comportamento morale, che possono venire applicati ai vari ambiti della vita personale e interpersonale nelle diverse fasi del loro sviluppo. L’eros e la philia, cioè l’amore passionale e l’amicizia come condivisione, confluiscono, nella prospettiva cristiana – è questo l’assunto di Fumagalli – nell’agape, cioè in una forma di amore del tutto disinteressato e incondizionato. Quest’ultima espressione dell’amore, il quale comporta il dono di sé agli altri in quanto partecipazione dell’amore di Dio in Cristo, non si oppone all’eros, se esso non viene ridotto a mero istinto biologico, bensì ha, in qualche modo, bisogno di esso per umanizzarsi – come ricorda Benedetto XVI, già precedentemente citato – e per far assumere all’amore cristiano carattere di integralità. L’amore donato da Cristo è infatti la condizione di possibilità dell’amore umano, il quale va vissuto nella logica dell’incarnazione: solo riconoscendo in Cristo la fonte dell’amore autentico, che ha le sue radici ultime nella vita trinitaria, è infatti possibile amare come Cristo ha amato. Il vissuto coniugale e familiare, le cui esigenze di totalità e di fecondità, di fedeltà e di indissolubilità, presentano dimensioni diverse, ha infine bisogno, secondo Fumagalli, per dispiegarsi concretamente e in modo corretto, di criteri orientativi ai quali ancorare la morale sessuale.
Il primo di questi criteri è la disponibilità a vivere per l’altro. Si tratta di rapportare l’amore sessuale all’amore di Cristo mediante la con-donazione. Il dono gratuito dello Spirito spinge ciascuno a ridonare la vita ricevuta: in questa circolazione si verifica la promozione dell’identità di uomo e donna, i quali acquisiscono, a loro volta, l’identità del noi, traducendo la reciprocità in tenerezza, perdono e fedeltà fino alla fine. La specificità dell’amore sessuale rende poi necessario l’appello a un secondo criterio, quella della donazione con tutto se stessi. In gioco vi è qui il coinvolgimento dell’uomo e della donna nella loro integralità – spirito e corpo – evitando tanto la caduta nel dualismo quanto, inversamente, nel monismo. L’adesione positiva a questa visione è legata a una conoscenza appropriata dei dinamismi del corpo e delle potenzialità sessuali – il linguaggio del corpo va appreso mediante un processo di interiorizzazione che esige tempo e che deve dar vita a veri e propri habitus esistenziali –; ma è legata anche all’esercizio della castità coniugale, una forma di ascesi, che ha radici spirituali e che, lungi dall’implicare la negazione del piacere, consente l’attivarsi di un controllo e di un orientamento che consolidano e valorizzano, anche sul piano fisico, la relazione. L’amore sessuale – lo mette bene in evidenza Fumagalli – non può inoltre ridursi a fatto privato; esiste una stretta interazione tra la comunità coniugale e familiare e la società di appartenenza. L’inscrizione del rapporto nel mondo ambiente diviene in tal modo il terzo criterio cui deve fare riferimento la condotta sessuale. In quanto ambito di scambio tra generi e generazioni differenti e struttura aperta a una rete di rapporti esterni, la famiglia è per definizione un soggetto pubblico, chiamata a offrire alla società preziosi servizi e a ricevere, nello stesso tempo, da essa (e dalla cultura) modelli comportamentali e risorse simboliche, che hanno grande importanza per la propria crescita. Il fatto che la comunione familiare è condizione vitale per lo sviluppo della convivenza civile – si pensi soltanto alla responsabilità educativa – implica la messa in atto di politiche adeguate da parte delle istituzioni pubbliche. Non si può infine dimenticare – è questo il quarto (e ultimo) criterio – il dinamismo storico dell’esperienza sessuale, la quale presenta connotati evolutivi che la collocano tra il già e il non-ancora della salvezza. La morale sessuale, più che proporre un catalogo dettagliato di precetti, si presenta come una direzione da perseguire, un sentiero lungo il quale camminare. Radicata nella storicità dell’essere umano, essa soggiace (e non può che soggiacere) alla legge della gradualità, la quale non esita a proporre l’ideale, ma fa insieme i conti con la maturazione progressiva della personalità umana. Questo comporta, da un lato, l’acquisizione della virtù della fortezza, che è garanzia della solidità e della continuità dei rapporti, e implica, dall’altro, l’esercizio costante della virtù della prudenza come mezzo per una corretta valutazione delle concrete esperienze della vita quotidiana.
L’applicazione di questi criteri, che non vanno mai tra loro disgiunti, consente di promuovere un approccio globale alle diverse situazioni nelle quali la vita sessuale si dispiega e costituisce un prezioso contributo alla costruzione di un’etica della sessualità che tenga in considerazione la complessa realtà della relazione uomo-donna, rispettandone le dinamiche e facendo spazio alla molteplicità e alla ricchezza dei suoi significati.
Il volume di Fumagalli, che ha un carattere sistematico – si configura come un vero e proprio trattato, nel senso classico del termine – apre un orizzonte di comprensione del vissuto sessuale in cui si intersecano e interagiscono tra loro, senza soluzione di continuità, aspetti antropologici e aspetti teologici.
Molti sono, dunque, i meriti di questo testo che, per l’ampiezza con cui affronta la tematica dell’amore sessuale e per il rigore metodologico che lo caratterizza, nonché per la chiarezza del linguaggio, frutto anche di una consolidata esperienza di insegnamento, si propone come un’opera fondamentale per un serio accostamento a una disciplina – la morale sessuale – che è andata soggetta nel post-concilio a un consistente rinnovamento. Tra questi meriti non si può non ricordare la struttura originale e organica data all’intero itinerario espositivo della riflessione attraverso la messa a fuoco di alcune dimensioni (religiosa, interpersonale, corporea, culturale e temporale) che, oltre a facilitare sul piano didattico l’apprendimento, consentono di seguire con profitto il cammino (talora accidentato) dell’evolversi della tradizione cristiana, e – è questo senza dubbio uno degli aspetti più innovativi e dei pregi maggiori dell’opera – la coerenza con cui la prospettiva teologica viene trasferita nella delineazione degli orientamenti etici. Un volume, in definitiva, la cui lettura e il cui studio non vanno raccomandati ai soli addetti ai lavori, ma anche ai numerosi operatori pastorali e ai coniugi che hanno a cuore le sorti del matrimonio cristiano.
G. Piana, in
Archivio Teologico Torinese 2/2018, 429-437